Candy Candy

"Incontro nel vortice" di Alys Avalos, Traduzione della più famosa fanfiction di Candy in lingua spagnola

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*Kiar@*
view post Posted on 19/5/2012, 01:09 by: *Kiar@*     +1   -1




CAPITOLO XIV - CONTINUAZIONE



Candy era sola nella sua camera. Aveva lavato e inamidato il vestito di lino bianco che Miss Pony e Suor Maria le avevano inviato come regalo di compleanno, e ora lo stava ripiegando con cura e attenzione. Intendeva conservarlo in una cassa, aveva deciso di non indossarlo più: era stato il suo vestito da sposa, sarebbe stato il ricordo del giorno in cui aveva giurato amore eterno all’uomo della sua vita, non poteva portarlo per una semplice passeggiata nel parco.

Accarezzò delicatamente la fine organza che adornava lo sprone e i bottoncini a forma di perla. Il ricordo delle dita nervose di Terry che la sbottonavano fu inevitabile. La giovane sentì il fuoco salirle alle guance e si abbandonò a quella calda sensazione. Chiuse gli occhi e sentì di nuovo i baci e le parole d’amore. Poi mise il vestito nella cassa e si distese sul letto, abbandonando la mente ai ricordi più dolci e intimi. Con la mano cercò l'anello di smeraldo che teneva al collo con una catenina d'argento, ben nascosto sotto l'uniforme, e lo strinse con tenerezza.

Proprio il giorno prima Candy aveva ricevuto le lettere di Terence e ogni parola del suo sposo le pulsava nelle vene in ogni momento del giorno e della notte. Con gli occhi chiusi si ripeté le frasi che ormai sapeva a memoria, come in un dialogo segreto.

“… Adesso mi sveglio e penso a “noi”, e resto estasiato da questo meraviglioso sentimento che alcuni chiamano speranza”.

“Ah, Terry!” sospirò “il mio cuore è pieno di speranza … se penso che forse sto aspettando un figlio, un figlio tuo”.

“Leggo mille e mille volte le tue parole d’amore e immagino i tuoi cari occhi, angelo mio! … guardarti nei tuoi immensi occhi verdi …”

“Anch’io desidero tanto vedere i tuoi occhi e sentire le tue braccia calde attorno a me!”

“… pensare a te è una gioia che guarisce la mia anima e mi dà la forza di continuare …”

“È lo stesso per me, amore, ma saperti in mezzo a una nuova battaglia mi riempie di timore e preoccupazione!” pensò con una fitta di paura.

“Sono nelle mani di Dio e sono certo che Lui mi proteggerà per farti felice …”

Ah, Terry! – disse a voce alta, ma come sentì il rumore della porta che si apriva, si affrettò a ricacciare le lacrime.

In quel momento Flanny entrò nella stanza tenendo gli occhiali in mano mentre con un fazzoletto immacolato si asciugava gli occhi umidi.

- Flanny! – esclamò Candy, presa alla sprovvista sia alla vista delle lacrime dell'amica, sia alla sua improvvisa comparsa in un'ora del giorno in cui avrebbe dovuto essere di turno.

- Candy! – fu tutto quello che Flanny riuscì a dire prima di rifugiarsi tra le braccia della compagna.
La giovane bionda abbracciò teneramente la bruna cercando delle parole di conforto per quell’agitato cuore. Rimasero abbracciate per un po’ finché Flanny sentì di aver versato tutte le sue lacrime. Allora sedettero entrambe sul letto di Candy, che teneva ancora nelle sue le mani della collega.

- Ti va di condividere con me quello che hai qui? – chiese Candy indicandosi il petto – o preferisci stare un po’ in silenzio?

- Candy, io … - balbettò Flanny esitante – Credo sia meglio parlarne – si risolse, chiedendosi quanto delle sue pene fosse il caso di confidare all’amica.

Scostò dalla fronte una ciocca di capelli bruni e trasse dalla tasca una busta strappata, mostrandola a Candy.
- Questa lettera è di Yves – spiegò sconsolata.

- Non sapevo che ti scrivesse – fece Candy un po’ confusa.

- Infatti non lo fa … perché dovrebbe?... È Julienne che gli ha scritto, e mi ha dato la lettera per farmela leggere.

Candy rivolse a Flanny uno sguardo interrogativo. Improvvisamente una lunga serie di dettagli, gesti, mezze parole e reazioni di Flanny acquistarono senso, e Candy poté leggere negli occhi dell'amica come in un libro aperto.

- Flanny … tu … tu ami Yves! – mormorò senza ancora poter credere a quello che gli occhi color caffè le avevano rivelato.

- No, no, no! – cercò di negare Flanny, timorosa di far conoscere i suoi sentimenti più intimi – Sono solo … preoccupata … io … - balbettò incapace di dare una spiegazione logica.

- Se non è così perché stai piangendo? E perché balbetti? Questa non è la Flanny che conosco!

- Solo perché sei talmente innamorata di Terence, devi credere che tutti siano innamorati? – fu l’ultimo tentativo di difesa di Flanny.

- Dai, Flanny, hai detto che avevi voglia di parlare. Ti farebbe bene essere davvero sincera con me ... Che hai da perdere? - chiese Candy nel suo tono più dolce.

Nonostante la reticenza iniziale, finalmente Flanny si arrese all'affetto dell'amica. Dentro di lei ammise che, poiché Candy era ormai sposata con Terence, non aveva più senso nasconderle i suoi sentimenti.

- E va bene – disse deviando lo sguardo e stringendo nervosamente il fazzoletto nella mano – è proprio vero, Candy, io … io … sono innamorata di lui.

- Perché non me lo hai detto prima? - chiese Candy confusa.

- Perché ti saresti fatta da parte – rispose Flanny mentre una nuova lacrima le scendeva sulla guancia – Io non volevo questo. Non voglio esser scelta per la carità di un’altra donna. Non è il mio stile … chiamalo orgoglio, se vuoi … e poi, chi dice che tu non avresti finito col ricambiarlo? … Yves ne sarebbe stato così felice … come potevo interferire?

- Ah, Flanny! Sei stata in silenzio tutto questo tempo e io sono stata così cieca da non accorgermene! Che amica distratta sono stata!

- No, no, Candy. Non fartene una colpa – rispose Flanny con un sorriso triste e comprensivo – Come potevi immaginare le mie pene segrete quando avevi già le tue preoccupazioni?

- Flanny, sei una grande amica! – disse Candy profondamente commossa, abbracciandola.
Per un po' le due donne rimasero in silenzio abbracciate, consapevoli che il filo invisibile che le univa era diventato più forte.

- Ma adesso basta parlare di me! – disse Candy in tono deciso sorridendo – Devi dirmi perché sei così triste … È qualcosa nella lettera di Yves?

- Beh, si – sussurrò Flanny con un profondo sospiro – Stava lavorando ad Arras, ma adesso è stato inviato con l’ospedale da campo al seguito del Quarto Esercito Francese! Stanno andando verso sud, Candy! Potrebbe essere molto pericoloso, i tedeschi hanno posizioni molto forti in quella zona. Ho paura, Candy! ... Ricordo ancora com'è morto il dottor Duvall! - Flanny piangeva in silenzio, senza singhiozzi, stringendo i pugni e senza trattenere le lacrime.

- Non piangere così, Flanny – disse l’amica cercando di mostrarsi forte, nonostante il suo cuore avesse fatto un sobbalzo nell’apprendere che l’esercito francese stava marciando verso sud. Cos’era mai? Un presentimento? Cercando di non farsi dominare dai suoi propri timori, Candy strinse nelle sue le mani di Flanny - Yves starà bene, vedrai. Devi solo confidare in Dio e lasciare che sia Lui a proteggere i nostri uomini al fronte. Dobbiamo essere forti! ... Guarda Julie, quanto è stata coraggiosa per quasi quattro anni! - disse nel tono più sereno possibile.

- Hai ragione – ammise Flanny – Non so perché mi sento così, lui a me non pensa proprio. Voi ragazze siete preoccupate per i vostri mariti, ma io ... lui nemmeno mi scrive!

- Ma potrebbe essere il momento giusto per cominciare a scrivergli tu – suggerì Candy con un sorriso furbo.

- Sei diventata matta, Candy? – rispose Flanny scandalizzata – Non saprei cosa dirgli ... e poi ... non esiste la minima possibilità che possa piacergli una come me.

- Flanny Hamilton! Non osare sottovalutarti! Sei una gran donna e, se Yves non lo capisce, vuol dire che non ti merita. E comunque … per me c’è sempre una possibilità per quelli che hanno il coraggio di provare.

- Non so, non mi va di cominciare a sognare solo per subire una grande delusione – fece Flanny sulla difensiva.

- Ma che cosa vuoi, Flanny? – le chiese Candy con veemenza aggrottando le sopracciglia – Vuoi aspettare di diventare vecchia per rimpiangere tutto quello che non hai osato tentare? Stupidaggini! - Balzò in piedi mettendo le mani sui fianchi - Ti ho mai chiesto niente per averti tirata fuori da quella trincea, quella volta? – chiese all’amica rivolgendole uno sguardo di sfida.

- No … perché? … - chiese Flanny senza capire.

- Bene, lo farò ora - rispose Candy sorridendo ancora, ma con un'espressione decisa nello sguardo verde - Adesso resterai qui e scriverai una lettera a Yves, mentre io terminerò il tuo turno. Non provare a uscire finché non l’avrai scritta! E quando avrai finito, la spedirò io stessa! – ordinò e, prima che Flanny potesse proferire parola, uscì dalla stanza.

La brunetta cercò di fermare l’amica ma, quando cercò di aprire la porta, vide che Candy l’aveva chiusa portando la chiave con sé. Un po’ irritata Flanny sospirò agitando le braccia.

- Come hai osato, mocciosa maleducata! – gridò, senza ottenere risposta.

Per un po’ camminò avanti e indietro, mentre una folta serie di pensieri ribelli all'idea di Candy le frullavano nella mente. Qualche minuto dopo finì col sedersi al piccolo scrittorio che le due ragazze condividevano, prese un foglio bianco di carta e cominciò a scrivere.
Quando Candy non sentì più i passi nervosi di Flanny al di là della porta, si allontanò attraverso il corridoio dirigendosi verso il padiglione dove avrebbe dovuto sostituire la collega. Mentre camminava avvertì nuovamente la fitta al cuore.

“Il sud … il sud di Arras? Che battaglia ci deve essere laggiù?” si ripeteva mentalmente “Mi sa che sto diventando troppo apprensiva … Terry in questo momento deve’essere a Saint Michel! I giornali hanno detto che gli americani stanno combattendo là!”

Candy non sapeva che la battaglia di Saint Michel era terminata la mattina precedente e che Terry stava in quel momento viaggiando verso nord. I bollettini non avevano detto nulla riguardo a quella mobilitazione, gli Alleati volevano prendere il nemico di sorpresa.

:rose rosa:



Quella sera il Colonnello Vouillard chiamò Flanny Hamilton nel suo ufficio. La giovane bruna, avendo terminato di scrivere una certa lettera, era stata finalmente liberata dalla camera in cui era rinchiusa e si affrettò quindi a obbedire alla chiamata del suo superiore. Non poteva immaginare le notizie che stava per ricevere.

- Signorina Hamilton – disse Vouillard in tono deciso, una volta terminati i convenevoli di rito – In questo foglio ci sono i nomi di sei infermiere che intendo trasferire all’ospedale Saint Honoré. Voglio che lei informi queste infermiere che il Colonnello Lamark attende il loro arrivo per domani mattina alle 7. È chiaro che devono cominciare subito a fare i bagagli.

Flanny prese la carta che Vouillard le porgeva. I suoi occhi caddero immediatamente su un nome dell’elenco.

- Colonnello Vouillard – disse con una nota di agitazione nella voce – in quest’elenco c’è un’infermiera che vorrei tenere nella mia squadra, col suo permesso naturalmente. È molto efficiente e …

- Temo che non sia possibile apportare alcun cambiamento, signorina Hamilton – rispose il direttore in tono categorico, accendendosi un sigaro.

- Ma signore …

- Questi sono gli ordini – fu la secca risposta accompagnata da uno sguardo gelido. In quel momento qualcuno bussò alla porta.

- Avanti – fece Vouillard.

Entrò Nancy con delle grandi buste gialle in mano.

- Ecco i fascicoli delle infermiere che intende trasferire, signore – disse la donna con la sua voce nasale, guardando Flanny con un’aria di sufficienza.

- Bene – disse il direttore senza guardare nessuna delle due donne – Si assicuri che qualcuno porti questi documenti all’ospedale Saint Honoré domani mattina. È estremamente importante – sottolineò, sollevando lo sguardo.

Flanny stava per aprire di nuovo la bocca, ma l’atteggiamento di Vouillard non ammetteva replica.

- Potete andare, signorine – ordinò seccamente.

Quando le due donne furono uscite, il colonnello si appoggiò allo schienale con un sospiro profondo, come se si fosse liberato da un peso enorme.

“E così, la faremo finita con tutte le chiacchiere e tutti i grattacapi per la signorina Andrew e la sua importante famiglia ... Adesso sarà un problema di qualcun altro. E comunque quelle carte la terranno lontana dal fronte, come vogliono i suoi parenti”.

Vouillard si sarebbe invece preoccupato non poco se avesse saputo che Nancy aveva distrutto i comunicati di Foch.

:rose rosa:



La mattina del 14 settembre Candy lasciò l’ospedale Saint Jacques non senza sentirsi profondamente triste per dover abbandonare le sue amiche del cuore, Flanny e Julienne. Tuttavia seppe fare del suo meglio per mostrarsi serena e positiva durante il commiato, dopotutto rimaneva nella stessa città e le tre ragazze avrebbero potuto continuare a vedersi di tanto in tanto. Candy si assicurò di imbucare la lettera scritta da Flanny poi, mentre stava per salire sul camion che l’avrebbe portata alla nuova sede di lavoro, qualcuno uscì dall’ospedale correndo verso di lei con tutta la velocità che l'età avanzata poteva consentire.

- Mademoiselle, Mademoiselle!
– la chiamò una donna anziana che Candy riconobbe immediatamente come una delle addette alle pulizie – Devo domandarle una cosa prima che se ne vada – disse in un inglese stentato.

- Si, signora? – Candy sorrise.

- Devo sapere chi ha vinto – fece la donna con gli occhi che le brillavano.

- Prego? Chi ha vinto? … - la bionda perplessa aggrottò un sopracciglio.

La donna fece un risolino nervoso cercando con fatica le parole - Je veux dire… chi ha vinto, il bell’americano o il gentile dottore?

- Ah! – esclamò Candy divertita dalla curiosità della vecchietta. Le si avvicinò all’orecchio e sussurrò – L’americano!

- Bien! Mi piaceva di più! – disse la donna con una luce radiosa nel volto sciupato.

- Anche a me! – rispose Candy ridendo di cuore a quel commento.

Un minuto dopo la giovane salì sul camion, si fece il segno della croce e, con uno dei suoi sorrisi smaglianti agitò la mano all'indirizzo dell’anziana sul marciapiede e dei due visi che la guardavano da una finestra, finché il camion non scomparve nella foschia del mattino.

:rose rosa:



Il Primo Esercito degli Stati Uniti non arrivò immediatamente nelle Argonne. Gli americani avanzavano lentamente, cercano di far credere al nemico di attaccare in un altro punto. I tedeschi si sentivano sicuri delle loro posizioni nelle Argonne poiché aveva reso il bosco una fortezza impenetrabile, appostando gli uomini lungo l’area montuosa, spargendo mine nella vegetazione e trasformando ogni casa dei dintorni in una roccaforte di resistenza. Avanzare attraverso il bosco sarebbe stato estremamente difficile, specie sotto il fuoco serrato dei tedeschi dall’alto delle loro posizioni sui monti scoscesi.

L'obiettivo degli Alleati era di spingere il nemico più a nord possibile, oltre le vie ferroviarie di Mezière-Sedán, prima dell’arrivo dell’inverno. Ma questo si poteva ottenere solo riducendo le forze nemiche nelle Argonne. Il Quarto Esercito francese, che si stava muovendo da nord, avrebbe attaccato il fianco sinistro e sarebbe entrato nella foresta, mentre la probabile mossa degli americani era attaccare le postazioni sulla Mosa e incontrare poi l'armata francese a Gandpré, nella parte settentrionale della foresta.

A livello di divisione gli americani avevano più uomini, ma erano più carenti di personale di alta specializzazione e di equipe mediche. Per questo motivo, prima che cominciasse l'attacco del 26 settembre, arrivò in appoggio agli americani un gruppo francese composto da operatori di artiglieria, tankisti e personale medico.
Un paio di giorni prima dell’attacco Terence Granchester approfittò della sua ora libera per far visita a Matthew Anderson nell’ospedale da campo. Il ragazzo era stato ferito a una gamba nel corso della battaglia di Saint Michel e, poiché non c’era ancora stata alcuna possibilità di inviare i feriti nelle retroguardie, si trovava ancora con la truppa.

- Soldato Anderson, hai visite – disse un infermiere che stava cercando di lavare un catino sporco di sangue accanto al letto di Matthew.

- Ciao Matthew – fece una voce profonda che il ferito riconobbe prontamente – Vedo che stai ricevendo un trattamento di prima classe … letto comodo, ambiente piacevole, bellissime infermiere … – rise Terence, mentre l’uomo che lavava il catino gli rispose con un gesto volgare.

- Io non la metterei proprio così – rispose Matthew con un sorriso scherzoso – ma ho sentito che verrò mandato a Parigi il prima possibile. Il dottore mi ha detto che dovrò essere operato alla gamba un’altra volta … e dopo non è escluso che mi rimandino a casa – concluse, tentando di cambiare posizione nel letto pieghevole.

- Mi fa piacere sentire questo – disse Terry, ma dentro di sé pensò che quella soluzione poteva dipendere dal fatto che la gamba di Matthew avrebbe dovuto essere necessariamente amputata - E così passerai qualche giorno nella più bella città de mondo. È una prospettiva seducente – continuò, cercando di far coraggio al giovane soldato.

- Lei ha già avuto quest’opportunità, sergente – rispose Matthew con una scintilla negli occhi verde chiaro – e sembra che le abbia fatto molto bene, se posso dirlo, signore.

- Si, di sicuro lo ha fatto – disse una terza voce alle spalle di Terence. Il sergente avvertì una specie di stilettata alla spina dorsale che mise in allerta i suoi istinti difensivi. Ciononostante riuscì a nascondere le emozioni facendo ricorso alle sue abilità recitative, quindi si voltò lentamente ed esibì un sorriso studiato.

- Che coincidenza trovarla qui, dottor Bonnot – disse Terry flemmaticamente, chiedendosi come avrebbe dovuto comportarsi in una simile situazione, pur sapendo che non poteva più considerare Bonnot un rivale. Questa semplice considerazione gli permise di abbandonare l’atteggiamento difensivo, dopo tutto Yves non era una cattiva persona.

– Bene, Matthew, puoi star sicuro di essere in ottime mani – disse, rivolgendosi al giovane caporale – l’uomo che vedi qui mi ha salvato la vita.

Yves fu sorpreso delle parole conciliatrici di Terry, ma ancora non abbassò la guardia.

- Facevo solo il mio dovere, sergente – rispose con un semplice cenno del capo – Vogliate scusarmi signori, ma ho molto lavoro da fare – disse allontanandosi, visibilmente contrariato all’incontro inaspettato.

- Mi sembra che il dottore non sia molto contento di vederla, signore – disse Matthew.

- Io non farei tanto caso a questi strambi mangiarane – scherzò Terry, cercando di minimizzare l’accaduto e cambiando subito argomento – Stavamo parlando di Parigi …

I due giovani continuarono a conversare, ma Terry non poté smettere di pensare a Bonnot. Qualche ora più tardi, durante il suo turno di guardia, meditò su quell'incontro.
Come avrebbe dovuto sentirsi e reagire davanti all’uomo che non molto tempo prima era stato il suo rivale? Se doveva essere onesto con se stesso doveva ammettere che Bonnot era un brav'uomo e lui stesso era l'ultimo dei mortali che avrebbe potuto rimproverare il dottore francese di essersi innamorato di Candy.

“Immagino di non poter impedire che altri uomini desiderino la mia Candy” pensava ridendo dentro di sé. “Se volevo che nessuno guardasse mia moglie avrei dovuto innamorarmi di una donna brutta e sgradevole invece che di un angelo. D’altra parte non è la prima volta che provo quest’ansia. Ricordo bene com’era con Archibald, quando eravamo ragazzi … e suppongo che neanche questa volta sarà l’ultima. Quando un uomo ha un tesoro prezioso, molti altri glielo possono invidiare, fa parte della natura umana. Il tesoro sarà mio finché ne avrò la migliore delle cure. D’altra parte Bonnot merita comprensione e simpatia, non disprezzo. Se Candy avesse scelto lui e non me, adesso mi sentirei l'uomo più miserabile del mondo ... probabilmente lui si sente così. So com’è, sono già stato in quel baratro oscuro”.

Terry non si sbagliava. Yves stava passando un periodo di profonda depressione e incontrare Granchester era una delle peggiori cose che gli potessero capitare, almeno era quello che pensava. Le ferite del cuore erano ancora ben vive, e il minimo tocco aveva il potere di farle sanguinare nel modo più doloroso.
“Come sarà andata tra Candy e Granchester?” si era chiesto spesso nelle settimane precedenti “Si saranno confessati i sentimenti reciproci? O è stato così stupido da lasciarla andare? Dopotutto non ha avuto molto tempo. È uscito dall’ospedale lo stesso giorno in cui io ho lasciato Parigi". Yves tornava continuamente sulle stesse rimuginazioni che terminavano sempre con un gran mal di testa e con il proposito di dimenticare quell’amore senza speranza. Ma ogni notte tornava a torturarsi e, dopo aver visto Terence quel pomeriggio, un nuovo dubbio cominciò ad assillarlo. “E se non si fossero chiariti ... Dovrei parlargli? ... O dovrei tacere, come Candy mi ha pregato di fare? ... Cosa significa quest’incontro, una coincidenza? … O il destino? … Se è così avrò il coraggio di fare quel che dovrei? ...”

Probabilmente il Signore non stava pretendendo un simile sacrificio da Yves Bonnot. Il mattino seguente, dopo una notte insonne, il giovane medico ebbe qualche risposta che lo liberò dello sgradevole compito di fare da cupido tra Granchester e la donna che ancora amava.
Mentre stava camminando lungo l’accampamento con le mani sprofondate nelle tasche del soprabito per proteggersi dal freddo del mattino autunnale, vide una figura in lontananza. Era Granchester che rientrava dopo la notte di guardia. Ancora in lotta con la sua coscienza Yves prese a camminare nella stessa direzione. Non poté raggiungere il giovane sergente finché questi non entrò nella tenda che condivideva con altri soldati.

Yves entrò nel momento in cui Terence si toglieva il soprabito e l’uniforme, deciso a concedersi qualche ora di sonno dopo l’estenuante turno.

- Granchester! – lo chiamò il giovane medico, e il sergente si voltò subito verso di lui gettando nello stesso tempo la camicia sul letto pieghevole.

Fu allora che Yves vide un piccolo oggetto luminoso sul petto del giovane attore. Riconobbe immediatamente il ciondolo che aveva visto in molte occasioni appeso al grazioso collo di Candy. Una volta la giovane gli aveva raccontato la storia di quel crocifisso e del significato che aveva per lei. Capì all’istante la situazione. Terence Granchester non aveva perso tempo, dopotutto.

- Bonnot? – fece Terry sorpreso dall’improvvisa comparsa di Yves, ma subito i suoi occhi si resero conto che il dottore stava guardando il crocifisso sul suo petto. Non ebbe bisogno di alcuna spiegazione, quando Yves si limitò a uscire dalla tenda in silenzio. Tutto era stato detto dal piccolo talismano di una giovane donna.

:rose rosa:



Il giovane dottore trascorse il resto del giorno nel più nero degli umori. La notte del ballo del colonnello Vouillard aveva avuto la certezza definitiva che le sue possibilità con l’infermiera americana erano nulle, e già questa conferma era stata immensamente dolorosa, ma doversi rendere conto che il suo rivale aveva ottenuto l’amore della giovane era una nuova trafittura che veniva a devastare quel che restava del suo povero cuore. Yves riversò il dolore nel lavoro, misura comunque del tutto insufficiente a dar sollievo alla sua anima stremata.

Quel giorno l’accampamento, equipe medica compresa, era in mobilitazione per spostarsi verso il fiume Mosa, mossa che, secondo gli strateghi alleati, i tedeschi non potevano prevedere.
Alle 5.30 del mattino del 26 settembre il Primo Esercito Nordamericano attaccò con grande successo le posizioni del nemico lungo la Mosa. Bonnot chiese di essere incluso nello staff medico inviato alla linea del fuoco per prestare il primo soccorso. Non aveva mai visto una battaglia da vicino, ma quel giorno comprese quel che significava in tutta la sua spaventosa portata. Sentì i sudori freddi sulla pelle alla detonazione dei cannoni e assistette alla scena apocalittica di esseri umani scagliati in aria quando uno sventurato calpestava una mina. Niente poteva essere più frustrante per il giovane medico nel costatare come i suoi sforzi disperati per salvare delle vite erano sempre troppo lenti e limitati rispetto alla micidiale forza e velocità delle armi. La morte è una drammatica certezza che tutti dobbiamo affrontare, ma l’omicidio legalizzato della guerra va al di là di ogni verità naturale.

Yves, scosso fino al midollo dalla vista sconvolgente della crudeltà bellica, e con l'anima ancora sanguinante per il rifiuto di una donna, lavorò notte e giorno, riposando a stento solo per obbedire all'insistenza dei suoi superiori. All'inizio aveva pensato che affrontare la terribile realtà del campo di battaglia lo avrebbero aiutato a dimenticare le sue pene personali, ma ogni tragedia umana mantiene il suo posto del cuore di un uomo e, pur sapendo che in tutto quell’inferno altri avevano problemi più gravi da affrontare, Yves sentiva che il suo dolore non si attenuava. Più volte desiderò essere al posto degli uomini che morivano tra le sue braccia.

In quei giorni di crescente caos e frenesia Terence osservò Yves a distanza e notò come il medico sprofondava volutamente nella disperazione, rischiando la vita come per cercare con tutte le sue forze di perderla. Gli parve di vedere se stesso come in uno specchio. Il sergente si sentiva in debito verso Yves e decise di proteggerlo da lui stesso, per quel che era possibile. Forse il modo migliore per farlo era ottenere la sua confidenza, e poiché non poteva certo aspettarsi un approccio spontaneo da parte del dottore, Terence cercò di prendere l’iniziativa.

- Non riposi mai? – gli chiese un giorno mentre stava aiutando alcuni infermieri a trasportare dei feriti dal fronte all'ospedale da campo.

- E perché dovrei? – fu l’acida risposta di Yves.

- Se non altro, per restare vivo.

- Forse a volte sopravvalutiamo la vita, ci hai mai pensato? – rispose il medico, infastidito dall’insistenza di Terry.

- Più volte di quel che credi, Bonnot – rispose Terry in un tono così serio che Yves non poté fare a meno di guardarlo direttamente negli occhi - Ascolta, so che ora sei molto occupato, ma mi piacerebbe parlare un po' con te appena hai un attimo libero. Sempre che tu ti conceda una piccola pausa.

- E di cosa dovremmo parlare tu ed io? – chiese Yves con un accenno di ironia nella voce.

- Hai mai pensato che a volte la gente parla tanto per passare il tempo e perché vuol essere amichevole? Credimi Bonnot, in mezzo a questa guerra farsi degli amici è qualcosa che non si può non apprezzare quando si è la fuori, con una mitraglietta tedesca che spara alle tue spalle - rispose Granchester con un sorriso così aperto come Yves non gli aveva mai visto – Potremmo parlare … del tempo, se vuoi – furono le ultime parole prima di allontanarsi, mentre Yves, confuso, si domandava cosa avesse preso a Granchester per diventare di colpo così cordiale.

:rose rosa:




I tedeschi retrocedettero per circa otto chilometri lungo il fiume e gli americani cercarono di penetrare il bosco delle Argonne. Il nemico però era davvero forte in quella zona e gli alleati riuscirono ad avanzare solo per tre chilometri nel bosco e il 30 settembre dovettero sospendere l'attacco. Le truppe riposarono alcuni giorni mentre i capi militari rivedevano la strategia. Alla fine il generale Pershing decise che non c'era altra scelta, gli americani dovevano aprirsi la strada attraverso la Terza Linea di Difesa tedesca , a prescindere da quanto pericoloso fosse o da quante vite dovesse costare. L’attacco riprese il 4 di ottobre e sarebbe durato quattro dolorose settimane durante le quali il numero di vittime tra gli americani aumentò a un tasso vertiginoso.

In una notte in cui non era di guardia Terence cercò un luogo appartato dove scrivere liberamente, alla luce di una lampada al cherosene. Terminò la sessantesima lettera alla moglie e la ripose assieme alle altre che ancora non aveva potuto spedire. Poi estrasse un altro foglio di carta e cominciò a scrivere qualcos’altro, mentre nella sua mente si affollavano le immagini dei suoi compagni che agonizzavano in campo di battaglia.

Ogni attimo di orrore vissuto nella linea del fuoco era impresso vividamente nella memoria. La visione delle acque della Mosa macchiate dal sangue di molti uomini, i corpi senza vita in superficie, gli arti mutilati, l'agonia e, soprattutto, i volti di quelli che aveva dovuto uccidere per preservare la sua propria vita, era tutto così tormentoso che l’unica maniera per salvarsi dalla follia era mettere tutti i ricordi per iscritto in forma di dialogo, nella speranza che un giorno altre persone potessero ascoltare quelle parole e riflettere sulla tragedia umana. Il mondo doveva conoscere la crudele verità dietro la “gloriosa vittoria” e Terence sentiva che era sua dovere raccontarla.

- Vedo che hai ancora quell’abitudine – disse la voce di Yves. Il medico sedette accanto al sergente.

- Ti riferisci all’abitudine di scrivere? – rispose il giovane guardando gli occhi grigi illuminati dalla lampada. Da settimane non parlava con Yves ed era sorpreso di quella visita.

- Si, ti ho visto scrivere molte volte a Parigi – commentò il dottore con naturalezza – Hai molte lettere da scrivere?

- Beh, non proprio – ammise Terry stringendosi nelle spalle – non scrivo solo lettere.

- È buffo, Granchester – fece Yves soffocando una risatina ironica.

- Che cosa? – chiese il sergente incuriosito.

- Che sei stato mio paziente per mesi e non ti ho mai chiesto cosa fai nella vita. Sei per caso giornalista o scrittore?

- Ah, certo – sorrise Terry – Sono attore.

- Cosa? – fece Yves sorpreso – Vuoi dire che reciti in palcoscenico e usi travestimento e trucco?

- Già, proprio così. Faccio queste cose strane – disse Terry sorridendo – ma non potrei immaginare la mia vita lontana dal teatro e, credimi, la gente pensa che sia bravo in quel che faccio – aggiunse sollevando un sopracciglio.

- Se lo dici tu … - fu tutto quel che Yves riuscì a replicare.

- Però mi piace anche scrivere – continuò Terry indicando le pagine scritte dentro la cartella di cuoio.

- E cosa scrivi? – chiese Yves con indifferenza.

- Adesso ho tante storie da raccontare – spiegò Terry cominciando a sentire il freddo della notte nelle ossa – Per esempio scrivo della vita di un giovane soldato che stamattina non ho potuto salvare; del mio capitano che un tempo era un uomo che apprezzava le buone conversazioni, ma che in questi mesi è diventato cupo e taciturno; di un uomo che mi aveva parlato dell'ultima lettera che aveva appena scritto ai figli, un attimo prima che una granata tedesca gli esplodesse di fronte, e anche della storia di un giovane medico che sembra stia cercando disperatamente la morte ogni volta che lo vedo in azione - aggiunse sottolineando l'ultima frase con intenzione.

Yves guardò negli occhi blu di Terry con risentimento.

- È facile giudicare gli altri quando si ha quel crocifisso al collo – borbottò con amarezza.

- Non potrei mai giudicare un uomo che sta soffrendo dello stesso dolore che io patito molte volte nella vita - rispose Terence - Mi fraintendi, Bonnot.

- Forse, ma tutto quel che vedo ora è che la mia esistenza è diventata una caduta rovinosa che non riesco a fermare – soggiunse il medico francese con voce tremante sviando gli occhi per evitare lo sguardo penetrante di Terry.

- Cercare la morte come un forsennato non ti darà la risposta – insistette il sergente.

- Da quando sei diventato il mio consigliere? – rispose Yves sulla difensiva.

- Bonnot, non sono qualificato per fare da consigliere a nessuno – rispose Terry alzandosi in piedi – ma non molto tempo fa ero in preda alla stessa amara depressione che stai passando tu e, credimi, la mia è stata crudelmente dura perché l’ho dovuta sopportare per anni, con il cuore colmo di risentimento e auto recriminazione. Desideravo la morte quanto tu la stai desiderando ora, eppure adesso ringrazio Dio per non avermi concesso quello che gli chiedevo. Un uomo molto più saggio di quello che io sarò mai mi ha insegnato che niente è scritto nelle pagine della nostra storia personale finché non siamo noi stessi ad avere la forza di scrivere una pagina migliore la volta successiva. Non negarti quest'opportunità. Buona notte, dottore - concluse prendendo la lampada e avviandosi nelle tenebre. Yves rimase colo con i suoi pensieri.


CAPITOLO XIV - CONTINUA



Edited by *Kiar@* - 19/5/2012, 10:51
 
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