Candy Candy

"Incontro nel vortice" di Alys Avalos, Traduzione della più famosa fanfiction di Candy in lingua spagnola

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candyforever
view post Posted on 7/9/2012, 01:42 by: candyforever     +1   -1
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Care forumelle ero arrivata solo da pochi giorni in questo forum, dopo aver finalmente letto il manga, rivisto l'anime e letto le bellissime ff di Alys Avalos e Josephine Hymes. Presa dall'entusiasmo della neofita, mi azzardai a proporre a Kiar@ di collaborare, anche se parzialmente, alla traduzione di questa bellissima storia, senza rendermi conto fino in fondo di cosa stessi facendo perché era la prima volta che mi sarei cimentata in un'impresa del genere: un conto è leggere e capire ma tradurre è tutt'altra cosa e me ne sono resa conto subito... Comunque Kiar@ generosamente (o forse incoscientemente? :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:) accettò e adesso io vi propongo, dopo la sua revisione di cui la ringrazio di cuore, la parte che ho tradotto. Mi raccomando, so che siete abituate bene e a ben altro ma vi prego, siate magnanime: non tiratemi troppi pomodori! :) ;)

Buona lettura

Comunicazione di servizio: d'accordo con Kiar@ tradurrò sino alla fine della seconda parte del capitolo che sto postando. Vi prego di avere un po' di pazienza perché questo mese dovrò traslocare! Sigh!
Comunque alla fine di questa parte non manca molto: prometto di non farvi aspettare troppo...


CAPITOLO XV
Parte II - 1

Quell'invisibile vincolo del cuore


Archie si guardò le dita inguantate per la centesima volta quella mattina, mentre l'auto conduceva lui e suo zio lungo le strade trafficate. Il giovane si liberò la fronte dalle ciocche color sabbia che vi ricadevano e cercò di cambiare posizione sul sedile dell'auto ancora una volta, ma non smetteva comunque di sentirsi a disagio. Albert lanciava uno sguardo vigile al nipote di tanto in tanto, chiedendosi ancora se non fosse stato un errore portare Archie con sé, ma poi si diceva che non aveva avuto alternativa dal momento che il giovane aveva insistito tanto veementemente; sperava che Archibald mantenesse la promessa di comportarsi da gentiluomo.

Appena Terence aveva ricevuto un telegramma dalla Francia che annunciava la data in cui Candy avrebbe fatto ritorno a New York, il giovane si era preoccupato di far sapere ad Albert la buona notizia e il milionario aveva deciso immediatamente di viaggiare fino a New York per essere lì quando la ragazza sarebbe ritornata dall'Inghilterra. Allo stesso tempo, venuto a conoscenza della cosa, Archie non aveva potuto resistere al desiderio di rivedere Candy ed aveva pregato Albert di accettare la sua compagnia. Albert aveva provato a far desistere Archie da quest'idea, sapendo che la situazione sarebbe stata molto dolorosa per lui ma il giovane non aveva prestato orecchio alle ragioni di suo zio e quest'ultimo aveva finito per acconsentire ai desideri di Archie.

L'auto continuava a muoversi mentre Archie guardava attraverso il finestrino dell'auto i soffici fiocchi di neve che cominciavano a cadere sul quartiere in cui stavano per entrare; era un cambiamento notevole contemplare quell'area tranquilla dal momento che avevano viaggiato lungo le trafficate strade di Manhattan, dopo aver lasciato la stazione ferroviaria. Malgrado fossero ancora vicini alla Grande Mela, l'Area residenziale di Fort Lee, New Jersey, era come uno spazio fresco a solo un'ora dalla “città”, come gli abitanti del posto di solito chiamavano New York ma quella vista piacevole, tuttavia, non liberava Archie dai suoi pensieri molesti.

Alla fine l'auto si fermò di fronte ad una delle case nel lungo isolato e i passeggeri compresero che erano arrivati a destinazione. Dopo, fu tutto un susseguirsi di scene confuse nella mente di Archie: il luogo era incantevole ed il padrone di casa ricevette i suoi ospiti con una calda affabilità che sorprese i domestici, abituati com’erano ai modi bruschi del loro datore di lavoro. Archie osservò con aria distante Albert e Terence che si abbracciavano fraternamente, chiaramente felici di vedersi dopo essere stati lontani a lungo a causa delle circostanze.

- Mi sembra incredibile rivederti dopo tanto tempo! - disse Terence all’amico – Quasi otto anni dall'ultima volta a Londra!

- Sì, stento a crederlo – lo burlò Albert affannato mentre batteva la mano sulla spalla di Terence – Tu ormai non sei più il ragazzino smilzo che era solito cacciarsi nei guai azzuffandosi con uomini adulti, come io ti ricordavo – scherzò l'uomo biondo.

- Beh, può darsi che sia cresciuto un po', però non ho perso il talento di mettermi nei guai. Comunque gli anni passano anche per te – rispose Terence burlandosi francamente di lui. Poi si voltò verso l'altro giovane biondo dietro ad Albert e sorrise amabilmente al suo vecchio compagno di scuola. - Sono contento di vederti di nuovo, Archie. E' passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo incontrati a Chicago, non è vero? - disse il giovane offrendogli la mano.

- E' vero. Anch'io sono felice di vederti, - fu la diplomatica, ma fredda, risposta di Archie, anche se Terence non lo notò: eraa tanto felice, perché sentiva che il momento di avere la donna che amava tra le sue braccia si avvicinava ogni secondo di più.

Albert e Terence continuarono a parlare per un bel po' mentre Archie seguiva la conversazione senza molto interesse. La cena durò per ore che parvero interminabili all'uomo dagli occhi color caffè, che però resistette meglio che poté, cercando di convincersi che l'unica cosa che importava era il fatto che Candy sarebbe arrivata il giorno seguente ed avrebbe potuto vederla di nuovo. Questo era tutto ciò che voleva e non gli importava che fosse diventata la moglie di Terence o la regina di Saba, lui aveva bisogno di vederla comunque anche se, agli occhi della giovane, lui poteva essere solo il vecchio cugino Archie.

Non è necessario dire che Terence non poté dormire quella notte: si rigirava nel letto che improvvisamente gli sembrava troppo largo e vuoto, mentre una strana ansia gli invadeva il cuore. Camminò in tondo per la stanza e, alla fine, si rese conto che era meglio trarre vantaggio dalla sua insonnia così scese al piano di sotto per terminare la revisione dell'ultimo atto che stava scrivendo. Il giovane accese il fuoco nello studio e mentre era lì, accovacciato davanti al camino di pietra, si domandò perché si sentisse a disagio, come se qualcosa di brutto stesse per accadere.

Il giovane scosse la testa, cercando di allontanare quei pensieri oscuri.

“Sono solo molto emozionato perché lei domani sarà qui.....” - cercò di convincersi ma, malgrado gli sforzi, l'aurora lo sorprese ancora immerso nelle medesime elucubrazioni.

Dopo aver fatto colazione al Warldorf Astoria, dove alloggiavano, gli Andrew si ritrovarono con Terence al porto, con la speranza che la nave di Candy arrivasse in tempo. Il luogo era gremito perché da quando era finita la guerra arrivavano sempre più navi dall'Europa. Il luogo pullulava di marinai, immigrati, commercianti, famiglie intere che aspettavano l'arrivo di coloro che amavano tanto che l'imbarcadero sembrava avere un’aria quasi di festa.

I tre uomini cercarono di calmare l’impazienza parlando del più e del meno ma poco dopo Archie lasciò suo zio con il “cugino acquisito”, recentemente entrato in famiglia, a parlare di alcuni piani futuri dello stesso Albert, mentre lui si allontanava per fare una passeggiata lungo le banchine.

All'inizio Terence ascoltava Albert solo a metà, perché lo stesso presentimento inquietante continuava ad infastidirlo con forza sempre maggiore, man mano che il tempo passava. Nonostante ciò, Albert era un uomo dalla conversazione interessante quindi, malgrado le preoccupazioni, finì per inserirsi davvero nel discorso.

Sfortunatamente anche Albert incominciò a preoccuparsi quando si rese conto che la nave stava impiegando troppo tempo per arrivare in porto cosicché George, che come al solito era al fianco di Albert, decise di domandare agli impiegati della capitaneria di porto notizie in merito all'arrivo del S.S. Reveer. Quando uscì dall'ufficio dove era andato a fare le sue indagini, il suo viso solitamente abbronzato era pervaso da un pallore improvviso e gli occhi avevano un'espressione di paura che gli si rifletteva nei lineamenti normalmente inespressivi. Albert lo guardò e le viscere gli si contrassero.

- Che cosa ti hanno detto? - chiese Albert con voce asciutta.

- Be', signore, mi hanno dato informazioni riguardo alla nave ma temo che non si tratti di buone notizie – cercò di spiegare l'uomo meglio che poté.

- Che cosa stai dicendo George? Spiegati! - chiese un Archie visibilmente allarmato, di ritorno dalla sua passeggiata dall'imbarcadero giusto in tempo per ascoltare l'ultima frase di George.

- Hanno ricevuto un telegramma dall'Inghilterra – disse l'uomo bruno abbassando gli occhi – La nave su cui viaggiava la signora Candy si è imbattuta in una tormenta vicino all'Irlanda: sfortunatamente le pompe non hanno funzionato correttamente e il S.S. Reever è colato a picco a circa 400 chilometri dalla costa.

Archie guardò Albert senza credere realmente a quello che le sue orecchie avevano appena sentito, desiderando aver sognato quello che George stava dicendo. Tuttavia, quando vide il terrore riflesso negli occhi di Albert, si rese conto che era davvero sveglio.

- Ci sono sopravvissuti? - riuscì a chiedere Albert con voce rotta.

- Sì, sig. Andrew, annunciò George, però ancora non hanno un elenco con i nomi.

- Ma come mai in questi giorni sui giornali non abbiamo letto niente in merito ad un naufragio? - si chiese devastato Archie.

- Vede, signore – continuò George – ho fatto la stessa domanda all'incaricato e mi ha detto che a causa delle condizioni meteorologiche la nave è rimasta ferma in Irlanda per circa quattro giorni; il naufragio c’è stato soltanto ieri mattina. Sicuramente la notizia apparirà sui giornali della sera oggi stesso.

- Quando... quando... sapremo... - Cercò di chiedere Albert, ma la voce gli si ruppe prima di poter terminare la frase.

- I nomi dei sopravvissuti? - terminò George, indovinando la domanda del suo capo. - Mi hanno detto che faranno ricerche per due giorni, dopodiché potremo sapere se... se la signora Candy è tra i sopravvissuti. - Balbettò George anche lui turbato dalla notizia.

Fu soltanto in quel momento che Albert si ricordò di Terence e si voltò a guardare il giovane che era ancora seduto sulla panchina dove avevano aspettato fino ad allora: suoi occhi erano persi nel lontano orizzonte azzurro, come se fossero totalmente estranei a qualsiasi preoccupazione terrena e il viso gli era diventato bianco come la cera, conferendogli un'apparenza languida che ricordava ad Albert il viso di sua sorella Rosemary durante gli ultimi giorni prima della sua morte. Rendendosi conto che il giovane non aveva aperto bocca da quando George era uscito dall'ufficio, Albert comprese che Terence era in una sorta di stato di shock.

- Terence – lo chiamò Albert posando la mano sulla spalla dell'amico – Mi ascolti Terence?

Il giovane non fiato: aveva lo sguardo fisso sulle acque stagnanti che bagnavano la banchina e le mani poggiate sulle ginocchia. Albert osservò che erano contratte sopra i pantaloni del giovane e tremavano in modo quasi impercettibile.

- Terence, Terence! - lo chiamò di nuovo il giovane.

- Mmmm? - rispose distrattamente Terence.

- Hai sentito quello che ha detto George, vero? - chiese il giovane milionario mentre Archie osservava la scena con gli occhi colmi di lacrime, senza comprendere la reazione di Terence.

- Sì, il naufragio, - rispose Terence e in quel momento i suoi occhi si volsero a guardare Albert, come se il colore del mare incontrasse quello del cielo, e l'uomo più anziano poté notare uno strano luccichio negli occhi dell'amico.

- Non starai mica pensando che lei sia morta. O sì? - disse Terence in tono di sfida alzandosi dalla panchina.

- Nessuno ha detto questo, Terence, - rispose Albert cercando di sembrare tranquillo, sentendo però che la fiducia incominciava a poco a poco a svanire dentro di lui.

- Perfetto, perché lei sta bene! - affermò Terence con una convinzione che spaventò i tre uomini che erano con lui – Per caso avete intenzione di fermarvi qui tutto il giorno? - chiese ai suoi compagni.

- No...veramente no. E' solo che siamo molto preoccupati: Terence, devi capire che la situazione è grave, rispose Archie, perplesso alle parole di Terence.

- Non è vero! - gridò il giovane, come se Archie avesse pronunciato una bestemmia – Non lo dire nemmeno! Lei sta bene! - insisté quasi in un ruggito.

- Va bene Terence, nessuno sta dicendo il contrario – cercò di mediare Albert. - Adesso perché non andiamo a casa tua per provare a decidere cosa fare in questi due giorni finché non sapremo dov'è Candy? Ti sembra una buona idea? - chiese l'uomo più anziano e Terence si limitò ad annuire, risprofondando nel suo mutismo.

I quattro uomini salirono sull'auto, che diventò subito una macchia che finì per sparire in lontananza.

************************


Le quarantotto ore che seguirono furono molto simili ad una permanenza all'inferno, anche se per ciascuno dei giovani l'esperienza fu profondamente diversa. Archie era forse il più pessimista dei tre: da quando aveva sentito la notizia del naufragio, il ragazzo era sprofondato lentamente in una buia depressione, come se avvertisse che la sensazione di dolore che dormiva nel suo cuore cominciasse a risvegliarsi. Non sapendo come affrontare l'esasperante situazione e quella premonizione di perdita, diede libero sfogo ai suoi problemi in un'inconscia manifestazione di irritazione e scortesia che la gente intorno a lui fu costretta a subire.
Per quanto potesse sembrare strano e contrario ad ogni logica, Terence si confinò in un profondo silenzio: parlava a malapena, mangiò poco, nonostante gli sforzi della cuoca, dormì ancora meno e, una volta che i suoi ospiti ebbero deciso cosa fare nel tempo dell’attesa, si ritirò nel suo studio. Per ore e ore rimase semplicemente seduto su una poltrona con lo sguardo fisso nel nulla, mentre dentro di sé si ripeteva che gli strani presentimenti che aveva avuto gli stavano dicendo soltanto che Candy non sarebbe arrivata alla data stabilita, ma più tardi.
Albert, dal suo canto, secondo la sua indole equilibrata, gestì la situazione meglio dei suoi amici più giovani: lui e George e lui avevano fatto le telefonate necessarie, inviato telegrammi in Europa ai loro conoscenti che avrebbero potuto essere utili a verificare il più presto possibile se Candy era sopravvissuta al naufragio e deciso che cosa si sarebbe dovuto fare finché la compagnia di navigazione in Inghilterra non avesse mandato il resoconto definitivo. Tuttavia, in fondo, anche Albert era devastato, avendo saputo da un telegramma inviato dal suo vecchio cognato, l'ammiraglio Brown, che le probabilità di sopravvivere nelle fredde acque dell’Irlanda durante una tempesta erano molto poche.

Le giornate si susseguirono lentamente quando, finalmente, il nove dicembre il telefono squillò a casa di Terence. Era un dipendente dell'ambasciata britannica e Edward, il maggiordomo, prese la chiamata; l'uomo teneva la cornetta annuendo in silenzio o rispondendo a monosillabi. Gli Andrew, che aspettavano in sala, lo guardavano completamente pietrificati.

- Signor Andrew – disse l'uomo di mezza età – credo che questo signore voglia parlare con lei – e con queste parole il maggiordomo porse il telefono al giovane biondo che, a sua volta, parlò con il dipendente, mentre il suo volto impallidiva drammaticamente. Quando Albert riattaccò era invecchiato di dieci anni e, per la prima volta in tre giorni, aveva gli occhi colmi di lacrime.

Candice White Andrew era effettivamente salita a bordo della SS Reever a Liverpool il primo dicembre, come aveva confermato la registrazione, ma il suo nome non appariva nella lista dei 10 sopravvissuti, tutti uomini, tratti in salvo poche ore prima ed immediatamente ricoverati in ospedale dopo aver sofferto di ipotermia per essere rimasti nell'acqua gelida per quasi due giorni; erano rimasti incoscienti per ore e non avevano potuto spiegare l’accaduto, riuscendo a malapena a dire i loro nomi.

- E' confermato - disse Albert con voce roca - è morta... La nostra Candy è morta!Mormorò il giovane singhiozzando silenziosamente mentre Terence entrava nella stanza con il viso non rasato e gli occhi circondati da profonde occhiaie, effetto della mancanza di sonno.

Archibald piangeva da solo, in piedi davanti a una finestra, mentre mormorava in modo quasi incomprensibile che era condannato a perdere ogni persona che amava. Di fuori i laghetti che circondavano il quartiere cominciarono a congelarsi ma il freddo della stagione non era niente in confronto all'atmosfera gelida che si era infiltrata improvvisamente nella casa.

Terence era rimasto immobile in mezzo alla stanza, immerso in un mutismo totale. Un cipiglio lieve gli era apparso sulla sua fronte, su cui poteva leggersi un misto di confusione e angoscia. Tuttavia, guardando in fondo al suo cuore, non riuscì a trovare il dolore che si supponeva dovesse sentire. Si chiese come mai non sentisse nessuna fitta al petto e perché il sottile legame che lo univa alla sua Candy gli diceva che stava bene; lontana sì, ma bene.

- Ci dev'essere un errore – disse alla fine di punto in bianco. - Non credo che sia morta, - ripeté e ad ogni parola si sentiva più sicuro dei sui presentimenti.
- Non hai sentito? Adesso smettila di sfuggire alla realtà e comprendi come stanno le cose! - aveva detto Archie visibilmente sconvolto per le parole di Terence. - Io ci sono già passato prima per questo tipo di situazioni e posso dirti che non si guadagna nulla a negare la verità. Così, per quanto duro sia, devi accettare che è morta! - disse il giovane con improvvisa durezza.

- E da quando hai il diritto di dirmi che cosa devo fare, Archie? - chiese Terence, sentendo che il sottile filo che tratteneva il suo temperamento esplosivo si era rotto – Hai anche intenzione di illuminarmi con la tua sapienza per sapere cosa devo sentire?

- Potresti almeno agire da uomo e guardare in faccia la realtà, anziché rinchiuderti un'altra volta in quella stanza: non era tua moglie forse? Allora accetta i fatti e prendi in mano la situazione! - gli gridò Archie ferocemente.

- Che cosa ne sai tu dei miei sentimenti? - rispose Terence. La rabbia cominciava già ad accendersi nei suoi occhi.

- Signori! Questo non è il momento di litigare tra di noi! Per favore! - disse Albert interponendosi tra i due per placare la lite, sapendo che stava per trasformarsi in uno scontro violento. - Sapete bene che Candy non sarebbe molto orgogliosa di voi se fosse qui.

Archie rilassò i pugni contratti, già pronti a trovare il loro bersaglio sulla faccia di Terence. Non riuscendo a trovare le parole adatte, si limitò a lasciare la stanza in silenzio, sperando che una passeggiata intorno al quartiere lo aiutasse a calmare i suoi tumulti interiori. Gli altri due giovani rimasero in silenzio per un po', entrambi confusi e senza forze.

Albert si accasciò sul divano, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, e nascondendosi il viso tra le mani. Sentì che le ultime forze rimastegli si erano estinte in quel momento. Nella mente, mentre piangeva in silenzio, senza guardare Terence, seduto accanto a lui, il giovane biondo rivedeva nei suoi ricordi la bambina sorridente che aveva conosciuto sulla Collina di Pony; rivide la ragazzina bionda che piangeva sotto la pioggia, la dolce fanciulla che aveva salvato dalla cascata, l'adolescente disperata non sapeva cosa fare quando la morte le aveva portato via una persona che amava, la ragazza ribelle che era scappata dal collegio e, soprattutto, la giovane che lo aveva aiutato disinteressatamente in quel momento difficile, quando era malato, e nessuno si fidava di lui perché non riusciva a ricordare il suo passato.

Il giovane ricordò i tempi in cui aveva vissuto con Candy in quel piccolo appartamento di Chicago, i tanti momenti belli che avevano condiviso, le risate e anche le lacrime. Dopo, gli vennero in mente immagini degli anni che erano seguiti, anni in cui la donna che lei era diventata lo aveva aiutato ad affrontare la sua solitudine e le sue responsabilità più odiose.

- Candy aveva un sorriso incantevole - pensò - e ora... non lo vedrò più.
Albert - disse Terence rivolgendosi all'uomo più anziano che piangeva silenziosamente accanto a lui.

- Sì, Terence? domandò il biondo voltandosi a guardare l’amico con gli occhi sfigurati dal dolore.

- Che pensi di fare adesso? - chiese il giovane.

- Io... io credo che non abbiamo scelta, - mormorò Albert - dobbiamo avvisare la nostra famiglia, le signore dell'orfanotrofio... tutti i nostri amici.

- Albert – disse Terence con uno sguardo pieno di speranza e la sua voce ancora incerta – ho...ho una... specie di presentimento... Dammi solo un giorno. Aspettiamo un giorno in più prima di avvisare gli altri.

- Ma Terence, - obiettò Albert, - non c'è nessuna speranza adesso: non sarebbe potuta sopravvivere in quella tempesta.

- Lo so, è illogico – insistette l'uomo più giovane – ma anche se è così, è tutto quello che ti chiedo... per favore.

Albert sospirò: non sapeva se stesse facendo la cosa giusta ma alla fine cedette, annuendo silenziosamente.

********************


- Signor Grandchester - disse una timida voce femminile dall'altra parte della porta – le ho portato la cena - insistette la donna, bussando alla porta senza ricevere risposta - Signor Grandchester, per favore, deve mangiare qualcosa!

Improvvisamente, quando ormai aveva rinunciato, la porta si aprì e lei si azzardò ad entrare nella stanza in penombra.

- Lascia solo il tè e porta via il resto: non ho fame - ordinò una voce maschile dalla stanza immersa nel buio.

- Ma, signore, - disse la donna - non conosco sua moglie, però sono sicura che sarebbe molto preoccupata e inquieta se sapesse che lei a malapena ha mangiato in tre giorni.

- Devi solo lasciarmi in pace, Bess, - disse il giovane con voce roca e la donna obbedì, laciando comunque il vassoio su un tavolino, nonostante gli ordini di Terence.

Terence si alzò dal letto e con movimenti pigri si servì una tazza di tè nero che sorseggiò lentamente, mentre ascoltava i battiti del suo cuore: che cosa sarebbe accaduto il giorno dopo? Che cosa avrebbe fatto se Candy fosse morta come ormai tutti credevano?

Terence sapeva che aspettare un giorno in più poteva non fare alcuna differenza. L'unica speranza che gli rimaneva era una nave proveniente da Southampton, che sarebbe arrivata il giorno dopo e sentiva la necessità di attendere, anche se non sembrava un'idea molto ragionevole.

Il liquido caldo gli bagnò la gola secca, mentre i pensieri si agitavano nella sua mente senza tregua, facendolo cadere in una sorta di stato ipnotico. Per quanto si sforzasse, niente avrebbe potuto calmarlo. Tuttavia, non era nemmeno angosciato, non aveva versato una sola lacrima e non era in grado di descrivere i sentimenti contrastanti che stava provando: era come se la sua vita si fosse fermata in mezzo al nulla.

- Se Candy fosse morta, - si diceva - il mio cuore si sarebbe congelato e quel peso sulle spalle sarebbe tornato ad opprimermi: sono inquieto, sì, ma non è lo stesso tipo di angoscia che dovrei sopportare se fosse morta. Sono sicuro che è diverso. Se lei fosse morta il solo dolore mi ucciderebbe qui, all'istante, - sospirò, stringendo il crocifisso in una mano.
L'orologio si mosse lentamente fino all'alba ma finalmente, come ogni giorno dall'inizio del mondo, arrivò il mattino, con rinnovate speranze e luci propizie. Il giovane, con uno strano atteggiamento che sorprese anche sé stesso, fece un bagno, si rasò, si cambiò d'abito e, con gran sorpresa della cuoca, chiese anche qualcosa per colazione.

Alle dieci Terence chiamò Albert e Archie all'Astoria, per dire loro che si stava recando di nuovo al porto. I due giovani si guardarono frastornati, credendo quasi che a Terence per la dolorosa notizia avesse finito per dare di volta il cervello. Nonostante il loro sconcerto, gli Andrew decisero di incontrarsi con il giovane attore al molo, temendo che il loro amico potesse aver bisogno di qualcuno al suo fianco per aiutarlo ad affrontare la realtà che evidentemente si rifiutava di accettare.

Quando Albert e Archie arrivarono al porto si sorpresero nel vedere un uomo diverso da quello che avevano visto negli ultimi tre giorni. Terence era ancora piuttosto nervoso e taciturno ma molto più comunicativo e meno cupo rispetto a prima.

Gli uomini si salutarono e, espletate le solite formalità, Albert chiese all’amico che ragione avesse per aver chiesto di incontrarsi in quel luogo dal momento che non avevano ricevuto ulteriori notizie dai loro contatti in Inghilterra.

- C'è una nave che arriva da Southampton ogni tre settimane il mercoledì mattina, fu la semplice risposta di Terence.

- E... ? - chiese Albert confuso.

- Bene, oggi è mercoledì e la nave arriverà tra pochi minuti, se non è in ritardo, - disse il giovane con calma.

- Terence, non starai pensando che Candy possa arrivare con quella nave, vero? - chiese Archie, aggrottando la fronte.

- Ho un presentimento - rispose semplicemente il giovane bruno.

Archie stava per protestare ma un leggero movimento del sopracciglio sinistro di Albert lo fece desistere e chiudere la bocca. Così rimasero semplicemente in silenzio, aspettando l'arrivo della nave.

Pochi minuti dopo il suono di una sirena si infranse nell'aria e i giovani videro una piccola nave entrare lentamente in porto. Quando la sagoma della nave si poté vedere chiaramente all'orizzonte, Terence sentì un tuffo al cuore e un dolce calore gli entrò da tutti i pori, nonostante il freddo del mattino.

- E' lei - disse con certezza.

- Come puoi dirlo, Terence? - chiese Archie, molto preoccupato per l’equilibrio di Terence.

- Lo so, Archie - disse il giovane al suo sospettoso amico, - mi rendo conto che non sembra molto logico, ma so che lei è lì, su quella nave, così come so che sto parlando con te: è come un legame che ci unisce... Non so come spiegarlo, e nemmeno provo a farlo, perché è al di là della ragione umana - e con queste ultime parole l'uomo si lasciò i suoi amici alle spalle, cercando di avanzare tra la folla che già si accalcava sul molo dove la nave stava per attraccare.

I passeggeri stavano già aspettando sul ponte e agitavano le mani con entusiasmo. Molti di loro erano immigrati che erano venuti in America con tutti i loro sogni impacchettati in una piccola valigia, dopo essersi lasciati alle spalle i tristi ricordi di un'Europa devastata. Altri erano veterani di guerra che stavano tornando a casa dopo essere stati feriti al fronte, in qualche caso senza un arto o definitivamente ciechi. In ogni caso, per la maggior parte dei passeggeri quel giorno era l'inizio di una nuova vita, che fosse piena di speranza o di temute sfide.

Dopo pochi minuti, la nave finalmente attraccò e la gente incominciò a scendere. Terence guardava con occhi disperati il viso di ogni donna che scendeva dalla nave. Le iridi azzurre dei suoi occhi vagavano tra la folla fino a quando distinsero da lontano una chioma dorata che fluttuava al vento invernale di mezzogiorno.

Una donna in piedi sul molo sentì una mano maldestra che la spingeva da parte e si voltò per protestare, ma poté vedere solo un giovane che continuava per la sua strada spingendo altre persone con la stessa sfrontatezza mentre, per contro, anche la folla lo pressava, rendendogli più difficile avanzare.

A pochi metri di distanza, una ragazza cercava disperatamente di avanzare nella direzione opposta nel caos della folla; con una mano reggeva il suo leggero bagaglio e con l'altra cercava di aprirsi un varco.

- E' matta signorina? Le domandò un uomo davanti a lei, con aria seccata per la brusca spinta ricevuta alla schiena.

- Mi dispiace tanto, signore, - cercò di scusarsi con lei con un sorriso smagliante e un paio di dolci occhi verdi a cui l'uomo non poté resistere – Non volevo spingerla.

- Non si preoccupi signorina, ma la prenda con calma. Tutti arriveremo, prima o poi – rise l'uomo – Aspetti solo un momento.

- Ho aspettato questo momento per tanto tempo, signore - rispose la ragazza sorridendo. - Ora, se vuole scusarmi, laggiù c'è un ragazzo, anche lui stanco di aspettare – e, detto questo, la ragazza si fece strada, lasciando l'uomo dietro di sé.

- Terence! - gridò, sentendo il cuore uscirle dal petto. Le sembrò che la vista le si dilatasse nel vedere la figura di un uomo che stava lottando anche lui per avvicinarsi a lei.

- Candy - gridò, mentre dimenticava completamente l'amarezza dei giorni precedenti davanti alla vista della ragazza che correva verso di lui: il cuore non gli aveva mentito, così come non l’aveva mai fatto in passato. Per qualche ragione che lui ignorava lei non aveva viaggiato sul S.S. Reveer ma ora l'unica cosa che gli importava era che lei fosse al sicuro mentre gridava a gola spiegata il suo nome.

Ad una certa distanza gli altri due uomini cercavano di passare attraverso la folla mentre spalancavano la bocca increduli nell'ascoltare il suono di quella voce familiare che chiamava Terence.

- Terence! - lo chiamò di nuovo lei, allargando le braccia e scaraventando la valigia ai suoi piedi, mentre un paio di braccia forti le cingevano la vita.

- Candy, amore mio! - disse Terence soffocando la voce nei riccioli che cadevano liberamente sulle spalle e sulla schiena della ragazza.

Le grida di migliaia di voci intorno, l'aria gelida, l'odore sgradevole delle banchine, le notti insonni: tutto sembrava essere svanito lasciando solo la sensazione di calore della giovane che stringeva Terence, mentre gli gettava le braccia al collo.

Candy si aggrappò al corpo del giovane, meravigliandosi della precisa corrispondenza delle sue forme con quelle di lui. Il suo profumo di lavanda le solleticava le narici, i muscoli di lui aderivano ai suoi nell'abbraccio e Candy non poté resistere al bisogno di cercare le sue labbra, in un movimento quasi inconscio, incontrandole a metà strada, perché anche lui stava cercando di baciarla.

- Mi sei mancato tanto! - Mormorò lei e le sue parole si persero nelle avide labbra di lui sopra le sue.

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In passato la giovane si sarebbe sentita estremamente a disagio ad essere baciata in pubblico ma in quel momento poteva sentire solo l'improcrastinabile bisogno di stare con lui, senza curarsi di quanti testimoni ci fossero in giro. Lui la accarezzava e lei rispondeva con la stessa tenerezza, mentre le lacrime di entrambi si mescolavano in un unico flusso. Non molto lontano da loro i due Andrew erano rimasti paralizzati, sbalorditi per l'innegabile e felice verità: Candy era sana, salva e di ritorno. Archie non sapeva se sentirsi felice perché la sua vecchia amica era viva, o ferito nel vedere la donna che aveva amato fin da ragazzo baciare appassionatamente un altro uomo. Un uomo che, a rendere le cose ancora peggiori, aveva tutto il diritto di ricevere le attenzioni della dama, essendone il marito.

- Non posso credere che siamo insieme - mormorò la giovane, quando il giovane liberò le loro labbra per prendere fiato, sciogliendo un poco l'abbraccio. Fu solo allora che si rese conto che lui l'aveva sollevata in aria in modo che potesse raggiungerlo facilmente. Le punte dei piedi della ragazza sfioravano appena il suolo - Il viaggio è durato a lungo e io desideravo tanto rivederti.

- Sei qui. Questa è l’unica cosa che mi importi – rispose lui mentre i suoi occhi quel giorno cercavano di memorizzare ogni dettaglio dell'aspetto della ragazza, dal semplice cappotto grigio che indossava al sorriso luminoso che aveva sulle labbra. Terence si disse che era ancora più bella dell'ultima volta che l'aveva vista. Candy, dal suo canto, lo guardava con lo stesso amorevole stupore, liberando con le dita la fronte del giovane da qualche ciocca castana che gli cadeva sul viso.

- I tuoi capelli - sussurrò ridendo - Crescono così in fretta!

- Non ricominciare di nuovo con questa storia, perché non ho intenzione di tagliarmeli: ormai non sono più nell'esercito – scherzò lui con una risatina, tenendole il viso tra le mani.

- Mi piaci in tutti i modi – disse lei sorridendo, mentre un dolce rossore le ricopriva le guance.

- Non tanto quanto tu piaci a me, - replicò lui baciandola di nuovo ma, anche se stava assaporando quell'effusione, si ricordò che i parenti di Candy stavano aspettando dietro di loro e, delicatamente, pose fine al bacio. - Candy, anche se vorrei tenerti solo per me per i prossimi cent'anni, credo che qui ci siano due amici che hanno atteso a lungo per rivederti – le sussurrò indicando Albert e Archie, fermi in silenzio a pochi metri di distanza.

- ALBERT! - Gridò con gioia la giovane lasciando le braccia del marito per abbracciare l'alto giovane biondo, che versò alcune lacrime silenziose mentre la stringeva.

- Bentornata in America, piccola - sussurrò l'uomo con voce roca.

- Oh Albert! Ho avuto tanto bisogno di te in tutto questo tempo! Mi perdoni per essere partita senza averti detto nulla riguardo ai miei piani? - gli chiese lei guardando i suoi affettuosi occhi azzurri e scoprendo che si erano rossi per le lacrime.

- Non c'è niente da perdonare, Candy – sorrise lui.

- Perché piangi, Albert? - chiese lei stupita perché non lo aveva mai visto così commosso - Questo è un giorno di gioia! Dai, sii felice!

- Hai ragione, - rise il giovane di cuore, lasciando che la ragazza gli asciugasse le lacrime con il fazzolettino che aveva tirato fuori dal cappotto. - Questo è un giorno da festeggiare. Dai, saluta Archie o diventerà geloso se non gli concederai un po' della tua attenzione.

La ragazza lasciò le braccia di Albert per vedere il giovane dai capelli color sabbia che la guardava ammutolito. Nello spazio di un attimo Candy ricordò la sua infanzia e tutto ciò che aveva condiviso con suo cugino dal giorno in cui si erano conosciuti casualmente in un mattino di primavera. Archie era, dopotutto, uno di quei legami d'oro che la univano al suo passato e alle persone che aveva amato e, qualche volta, perso. Naturalmente spinta dalla familiarità che li univa, gli sorrise e lo abbracciò fraternamente.

- Mi sei mancato tanto anche tu Archie, - disse e si sciolse dall'abbraccio senza accorgersi di come il giovane tremasse leggermente sotto il suo tocco.

- Io... tutti abbiamo sentito la tua mancanza - disse lui timidamente. - Chicago non è la stessa senza di te.

- Grazie per essere venuto a ricevermi, vederti qui mi fa sentire come se anche Anthony e Stear fossero qui con me, - sorrise lei e Archie si rese conto che nonostante le nuove distanze che lo separavano dalla giovane bionda, ci sarebbe stato sempre un legame speciale tra loro. Purtroppo, il ragazzo sapeva che questo non gli bastava.

- Sono sicuro che anche loro sono qui - rispose lui malinconicamente, - però, per favore, adesso smettila di scappare così, perché non saremo in grado di sopportare un'altra delle tue sorprese – la rimproverò scherzosamente, per alleviare il nervosismo che provava.

- Ti prometto che non lascerò un’altra volta i miei amici così a lungo - si mise a ridere lei, ma subito dopo si guardò intorno cercando un volto - Dov'è Annie? - Chiese perplessa.

- Beh, non è potuta venire con noi perché sua madre è stata poco bene – mentì Archie come era stato precedentemente concordato – niente di grave, però lei non ha voluto lasciarla sola. In ogni caso, ti aspetterà alla casa di Pony per Natale. Hai promesso di trascorrere le vacanze con noi, ricordi?

La giovane annuì, sorridendo. Neanche un'ombra di dubbio o sospetto le adombrò la mente e credette semplicemente a tutto ciò che suo cugino le aveva detto.

- Candy, c'è troppa gente qui, - disse Terence avvicinandosi a sua moglie dopo che lei ebbe salutato i parenti. - Penso che sia meglio andarcene – suggerì e lei appoggiò l'idea, consentendo al giovane di circondarle le spalle con un braccio. Tra le braccia di Terence, la ragazza sentiva di essere arrivata a casa.

Nel tragitto verso la casa della signora Baker, i tre uomini spiegarono a Candy quello che era successo e come mai avevano pensato che fosse morta. Lei si sorprese molto nel sentire che la nave sulla quale si supponeva che lei viaggiasse era naufragata nell'Atlantico. Effettivamente, Candy aveva comprato un biglietto per viaggiare sul SS Reveer ma quando era ormai a Liverpool aveva conosciuto un uomo che stava cercando disperatamente un biglietto per gli Stati Uniti. A quanto pare, sua madre stava per morire e lui voleva arrivare a New York il prima possibile per darle l’ultimo addio. Nonostante tutti i suoi sforzi, l'uomo non era riuscito a trovare alcun posto disponibile e gli era stato detto che non c'era alcuna speranza di trovare i biglietti nell’arco di una settimana.

Commossa dalla tragedia personale di quel pover’uomo e seguendo la sua indole generosa, la giovane gli aveva offerto il suo biglietto. Grato per il singolare gesto di gentilezza, l'uomo aveva promesso a Candy che lui stesso si sarebbe fatto carico personalmente di avvisare i suoi parenti che sarebbe arrivata con qualche giorno di ritardo. Partito l'uomo, Candy aveva ritenuto inutile inviare un telegramma per avvisare della situazione preferendo invece dedicarsi a cercare un altro modo per ritornare in America il più presto possibile. Così era andata a Southampton nella speranza di trovare un'alternativa per tornare a casa. Dopo alcuni giorni di ricerche infruttuose la ragazza aveva trovato una vecchia nave di seconda classe che trasportava anche carichi ed avrebbe lasciato il porto il 4 dicembre.

- Ci sono stati sopravvissuti? – chiese Candy, non potendo fare a meno di sentirsi preoccupata per l'uomo che aveva preso il suo posto.

- Sì, dieci uomini soltanto, ma non credo di essere in grado di dirti i loro nomi: eravamo così preoccupati per te che non ho fatto altre domande su di loro, - disse Albert con pacatezza. La sua voce aveva ripreso il suo tono e la solita compostezza.

- Potremmo chiedere all'Ambasciata Britannica più tardi, se lo desideri, - suggerì Terence.

- Oh sì, per favore! Mi sentirei molto male se quell'uomo fosse morto al mio posto, - disse la ragazza tristemente.

- Speriamo che stia bene ma, se non è così, non devi sentirti in colpa. Tu gli hai fatto un favore. Non potevi sapere che la barca sarebbe affondata. Queste cose fanno parte della vita e dobbiamo accettarle, - disse Albert con la sua solita saggezza pragmatica.

- E’ vero, e questa volta il tuo buon cuore ti ha salvato la vita. Non me ne lamento, - disse Terence baciando spontaneamente Candy sulla guancia. La giovane arrossì un po’ dimenticandosi temporaneamente della questione.

**********************


Candy era così beatamente felice sentendosi di nuovo tra le persone che amava che non si accorse nemmeno di come Archie se ne stesse in silenzio e credette alla lettera alle scuse che lui e Albert le avevano propinato quando aveva chiesto perché Annie non fosse andata con loro. La ragazza durante la cena parlò in continuazione facendo progetti per le feste e godendosi le dolci carezze di Terence sulla sua mano. La giovane decise che avrebbe passato il Natale alla Casa di Pony e che poi lei e suo marito sarebbero tornati a New York per trascorrere il Capodanno con la signora Baker, che fu molto sorpresa di essere inclusa nei piani di sua nuora.

Così, gli Andrew stabilirono di ritornare a Chicago il giorno seguente per poter organizzare i dettagli della cena di Natale alla Casa di Pony, mentre i Grandchester sarebbero rimasti a New York ancora per qualche giorno, in modo che Candy potesse riposarsi dal suo viaggio, per poi raggiungere gli amici a Lakewood. Dopo cena Albert, Archie e George si congedarono perché il giorno dopo sarebbero partiti molto presto e più tardi anche i Grandchester lasciaroo la casa della signora Baker.

Con la vivacità che la caratterizzava, Candy guardava attraverso il finestrino della macchina ammirando le luci della città, il paesaggio urbano imbiancato dalle strade innevate e le decorazioni di Natale in Central Park. L'uomo accanto a lei la guardava in silenzio, ancora sopraffatto dall’incredibile realtà e un po' ansioso di vedere le reazioni di lei quando sarebbero arrivati a casa sua nella periferia del New Jersey.

L'auto arrivò fino al ponte di Washington e la ragazza aprì il finestrino per sentire la brezza fresca sul fiume Hudson, mentre attraversavano il ponte. Dopo pochi minuti si poté vedere chiaramente che avevano lasciato la terra dei grattacieli per entrare in una zona residenziale con giardini verdi, portici bianchi e facciate piene di luci natalizie e addobbi festivi. La macchina svoltò a Columbus Drive e, infine, entrò nel viale lastricato di una di quelle case. Prima che l’auto entrasse nel garage, la ragazza chiese all’autista di fermare l'auto e scese subito, fermandosi in mezzo al giardino per guardare da vicino il luogo che sarebbe stata la sua casa negli anni a venire.

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I suoi occhi color smeraldo volevano memorizzare tutti i dettagli, le luci e le ombre di quel quadro davanti a lei, per conservare come un tesoro la prima impressione dell’edificio che sarebbe diventata la sua casa nel momento in cui vi avesse messo piede. Guardò stupita la casa a tre piani con i tetti coperti di tegole, un piccolo portico all’entrata, finestre francesi con persiane in legno e stelle di Natale che adornavano i davanzali, in contrasto con il bianco delle pareti esterne. Notò che al terzo piano c'era una mansarda, querce piantate intorno alla casa, sia nel giardino davanti che nel cortile sul retro, ed alcuni cespugli di rose che in primavera sicuramente sarebbero fioriti. In quel momento realizzò che il posto era perfetto per allevarvi i figli che già sognava. Si voltò sorridendo e Terence respirò sollevato: Candy non aveva bisogno di dirgli nulla perché lui capisse che il posto le era piaciuto tantissimo. Tuttavia, lei era talmente innamorata che la più umile capanna le sarebbe sembrata un palazzo.

- Fa freddo qui fuori, - disse lei con gli occhi luminosi ed allungando il braccio sinistro per offrire la mano al giovane. - Entriamo.

Lui sorrise e prendendole la mano si avviò con lei verso la porta d'ingresso. Il giovane aprì la porta e lei varcò la soglia sentendo che il cuore le batteva così forte che pensava che i vicini potessero svegliarsi al rumore dei suo battiti, sebbene ci fosse una buona distanza tra le case. Ma le sorprese non erano finite lì: quando lei entrò nell’ingresso e si voltò alla sua destra vide il soggiorno e spalancò la bocca per lo stupore nel vedere il caminetto, i mobili ed ogni dettaglio nella stanza.

- Terence! - lo chiamò lei ancora stupita - Questa stanza... è uguale a...
- Al soggiorno di mio padre in Scozia, - la aiutò a finire lui. - Sì, ho cercato di fare del mio meglio per riprodurla il più fedelmente possibile. Pensi che abbia ottenuto un buon risultato? - domandò sorridendo e appoggiandosi alla porta d'ingresso.

- Direi che è perfetta – rspose lei ridendo, tornando a guardare il camino, ancora sorpresa per la scena, mentre la sua mente volava agli anni della sua adolescenza.

Terence camminò lentamente verso di lei, contemplando la sua figura serena, in piedi in mezzo alla stanza, mentre si guardava intorno con stupore. Ancora avvolta nel cappotto di lana la vita della ragazza sembrava incredibilmente minuta e lui poteva deliziarsi gli occhi con la curva delicata dei fianchi. Quando si fu avvicinato a sufficienza posò le mani sulle spalle di Candy, sussurrandole dolcemente all'orecchio:

- Benvenuta a casa, amore.

- CAPITOLO XV
Parte II - 1 - Continua...



Edited by candyforever - 27/2/2014, 22:25
 
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