Candy Candy

"Incontro nel vortice" di Alys Avalos, Traduzione della più famosa fanfiction di Candy in lingua spagnola

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piccoletta76
view post Posted on 5/2/2012, 23:42     +1   -1




Wow che pagine splendide :wub: :wub: :wub:
Però quello che non mi piace è questa sottile sensazione di catastrofe incombente... :s
 
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candy76
view post Posted on 6/2/2012, 12:09     +1   +1   -1




Grazie per aver posta!!!
Bellissimo capitolo e le lettere che si scambiano :auri:
 
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view post Posted on 6/2/2012, 13:11     +1   -1

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Bellissime queste lettere che si scambiamo i due innamorati.
Si sente tutta la sofferenza patita da Terence nei lunghi anni di lontananza. Ora finalmente è passato.
Speriamo che nulla si metta più fra loro.

Kiar@ sei mitica. :darling I love u: :rosy heart: :rosy heart:

Grazie
 
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view post Posted on 8/2/2012, 22:30     +1   -1

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Poesia,pura poesia!!
GRAZIE KIAR@ :giusy: :tesoro:
 
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*Kiar@*
view post Posted on 11/3/2012, 23:41     +1   -1




CAPITOLO XIV - CONTINUAZIONE



La prima raffica fredda di settembre sollevò le foglie secche del giardino degli Andrew, facendole volteggiare in graziosi circoli e portandole lontano dagli alberi da cui erano cadute. Il rumore degli zoccoli di un cavallo si fece sentire in lontananza nell’immensa proprietà. Lo scalpiccio ritmico si avvicinava sempre più e finalmente la sagoma del cavallo si rese visibile mentre scendeva una collina. Un uomo biondo, in costume da equitazione nero e stivali di pelle, cavalcava uno stallone arabo correndo attraverso il prato. I lunghi capelli chiari volavano nel vento assieme ai lembi della sciarpa di seta che portava al collo. Gli occhi azzurri brillavano di un'espressione appassionata, piena d’indignazione e collera repressa.
In prossimità delle stalle il giovane biondo tirò le redini per rallentare il passo dell’animale fino a farlo fermare. Uno stalliere corse ad aiutare il padrone e, un minuto più tardi, l'uomo vestito di nero camminava lentamente verso la villa, mentre un tumulto di pensieri si agitava nella sua mente.

albert2


“Un linciaggio!” ripeteva Albert “Come può essere possibile! Qui nell’Illinois! In America, quella che si suppone essere la terra della libertà e della speranza! Quanto possono far cadere in basso la violenza e l’intolleranza?”.
L’uomo andò nella sua camera a togliersi gli abiti. Scosse i capelli dorati con energia ed entrò nella sala da bagno, dove una vasca piena di acqua tiepida lo stava aspettando. Un bagno caldo dopo una lunga cavalcata aveva sempre avuto un effetto calmante sul suo animo. Ma quel giorno l'indignazione che provava era talmente profonda da non riuscire a trovare l’abituale sollievo, mentre il suo corpo tonico e muscoloso s’immergeva nel liquido caldo.

Quel giorno Albert aveva letto nei giornali che, nel sud dell’Illinois, un gruppo di estrema destra aveva linciato un immigrato tedesco perché accusato di essere contro la partecipazione degli Stati Uniti alla guerra. Per il giovane milionario, che in quel periodo aveva seguito con preoccupazione crescente la politica di repressione attuata dal governo, quelle notizie erano la goccia che faceva traboccare il vaso.
A causa del particolare momento storico l’amministrazione del Presidente Wilson aveva creato diverse istituzioni che controllavano la produzione e dirigevano l’economia al fine di sostenere le spese di guerra. Da un’ altra parte il governo cercava di guadagnare il favore dell'opinione pubblica principalmente in due modi. Mentre una massiccia campagna pubblicitaria esortava i cittadini ad appoggiare l'esercito, una serie di leggi e restrizioni censurava e sopprimevano qualunque segnale di dissenso verso le disposizioni governative.
Se i risultati dell'amministrazione Wilson in campo economico erano decisamente positivi, la libertà di espressione era seriamente minacciata dalle leggi sullo spionaggio e la sedizione. Ma non era solo l’opposizione dichiarata alla guerra a essere censurata. Da quando era iniziata la Rivoluzione Russa, i partiti nordamericani di destra e di centro temevano la diffusione del comunismo in America e, pertanto, il partito socialista e i suoi simpatizzanti venivano perseguiti. In generale qualunque tipo di pubblico dissenso verso le politiche del governo era severamente sanzionato con il carcere e i cittadini venivano indotti a denunciare vicini e conoscenti in caso di sospetto di sedizione. La stampa era tenuta a pubblicare soltanto le notizie sul successo delle forze alleate e sui fatti eroici dell'American Expeditionary Force.
Tale clima aveva risvegliato antichi rancori razziali e tendenze ultranazionaliste. Gli immigrati tedeschi, irlandesi ed ebrei venivano apertamente perseguitati, scacciati e rifiutati, al punto che la discriminazione divenne una pratica legale per il bene della guerra e della nazione. La libera espressione veniva condannata nei circoli intellettuali, e gli studenti universitari dovevano fare attenzione alle idee che esprimevano se non volevano essere espulsi. Il leader umanista Eugene V. Debs, un uomo che Albert stimava profondamente, era stato incarcerato proprio in quei giorni per le sue idee e condannato a una detenzione di dieci anni. E come se tutto questo non fosse bastato, quella mattina i giornali davano la notizia del linciaggio.
Albert, uomo che credeva nella libertà delle idee e nei metodi non violenti, era estremamente infastidito da quegli eventi. Era convinto che se un governo non era disposto ad ascoltare le opinioni del suo popolo, anche se contrarie alle disposizioni ufficiali, era destinato al fallimento. E temeva che anche le misure di Wilson a salvaguardia dell’economia non sarebbero state sufficienti a evitare il crollo che prima o poi la guerra avrebbe provocato.

“Questo conflitto condurrà a una voracità economica senza precedenti”, pensava giocherellando con il sapone. “Quando la guerra terminerà, i paesi Alleati cercheranno di fare in modo che i paesi della Triplice Alleanza paghino per le perdite procurate dalla guerra, ma questi non avranno i soldi sufficienti per pagare i debiti e saranno costretti a chiedere prestiti internazionali ... e dove troveranno questo denaro?” La sua mente poteva fornirgli una sola risposta: “Da noi, i banchieri nordamericani, è ovvio! Apparentemente è un affare vantaggioso … ma nel lungo termine potrebbe essere un’avventura pericolosa … Devo parlare con Archie di tutto questo, prima di lasciare gli affari della famiglia nelle sue mani".
Quest’ultimo pensiero gli fece dimenticare per un attimo le preoccupazioni politiche e sociali per ricordargli di una questione di famiglia che doveva risolvere molto presto e che aveva deciso di affrontare quello stesso giorno.
“Archie, Archie! Non vedo l’ora di vedere la tua faccia quando ti dirò le novità”, e con quest’ultimo pensiero Albert s’immerse nuovamente nell’acqua cercando di lavare via le sue apprensioni. Un secondo dopo un discreto bussare alla porta lo fece tornare alla realtà.

- Signor Andrew – disse la voce di George – il signor Cornwell l’attende nello studio.
- Digli che sarò da lui in un minuto – rispose il giovane uscendo dalla vasca.

Da uomo pratico qual era, non gli ci vollero che pochi istanti per esser pronto nel suo abito impeccabile e nelle scarpe stile Oxford. Con i biondi capelli ancora leggermente umidi e con passo lesto e sicuro, Albert si diresse attraverso l’elegante corridoio verso lo studio. Una noiosa giornata di affari complessi e importanti decisioni da prendere attendeva i due giovani milionari, ma in quel momento le transazioni finanziarie non costituivano la principale preoccupazione nella mente di William Albert Andrew.
Quando entrò nello studio Archie stava leggendo alcuni rapporti sulla situazione del mercato azionario che George gli aveva portato. Zio e nipote si salutarono con la consueta pacca sulla spalla e ben presto si ritrovarono concentrati nel lavoro. Mentre Albert istruiva dettagliatamente Archie sugli affari familiari, assicurandosi di trasmettergli tutti i sobri principi che caratterizzavano il suo personale stile d’amministrazione, l’uomo più giovane ignorava che dieci anni dopo, nel decennio della Grande Depressione, quelle istruzioni avrebbero salvato la fortuna degli Andrew dalla bancarotta totale.
Vorrei che dessi un’occhiata a questo – disse Albert passando al nipote alcuni documenti.
Archie esaminò le carte e alcuni secondi dopo, portò la mano alla fronte e spostò una ciocca color sabbia dagli occhi colmi di stupore e riprese a leggere con maggior attenzione. Una volta che fu certo di aver inteso bene il contenuto del documento, alzò lo sguardo verso lo zio con un’espressione inquisitrice.

- Sbaglio, o questo significa la fine della nostra compartecipazione con la Legan & Legan? – chiese incredulo.
- Proprio così – assentì Albert con un lieve sorriso – Come questi documenti saranno firmati i nostri affari in società con i Legan saranno felicemente conclusi.
- Ammetto che l'idea di non vedere più la faccia dei nostri “cari cugini” nei consigli d’amministrazione non mi dispiace, ma … la partecipazione in quella compagnia non era vantaggiosa anche per gli Andrew? – chiese Archie scettico.
- Solo in apparenza – rispose Albert – Erano loro ad avere più vantaggio dalla compartecipazione, e io ho pensato che un giorno avremmo rimpianto una simile alleanza.
- Cosa intendi dire? – chiese Archie sollevando dubbioso un sopracciglio.
- Ho sempre provato un certo imbarazzo all’idea che in futuro Neal erediti la fortuna dei Legan. Dubito seriamente che possa essere un uomo d’affari abile come suo padre e temo che negli anni possa essere un problema anche per i nostri stessi interessi. Così, da quando ho preso il controllo delle nostre compagnie, ho seguito una strategia pianificata per dissociarmi dai Legan sempre di più. Qualche azione oggi, altre la settimana successiva e così via fino a ora. Spero che domani firmino questi documenti e finalmente saremo liberi e sicuri, il che è piuttosto importante, dato che Neal compirà ventuno anni molto presto.
- Ci è costata molto questa mossa? – domandò Archie, ancora dubbioso.
- In realtà non molto, se consideriamo quello che ho appena scoperto – spiegò Albert passando ad Archie una grande busta gialla.
- Che cos’è?
- Certi comportamenti di Neal mi hanno insospettito, così ho chiesto a George di far sorvegliare il tuo “caro cugino”. Quello che tieni in mano è un rapporto dettagliato sulle recenti attività di Neal e Iriza. Si viene a scoprire che tutti e due hanno relazioni frequenti con soggetti di dubbia reputazione in questa città - spiegò con calma Albert, mentre accarezzava un quieto levriero accasciato al suo fianco.
- Ma si tratta di delinquenti! – esclamò Archie terminando di leggere il rapporto.
- In un certo senso si, ma sono talmente abili che le forze dell’ordine non hanno mai avuto niente in mano per incriminarli.
- Dirai tutto a mio zio? – chiese Archie allarmato.
- Si, ma dubito che crederà a questo rapporto. Si è sempre rifiutato di vedere come sono realmente i suoi figli. Ma in ogni caso, se Neal e Iriza dovessero continuare a invischiarsi con i loro nuovi amici, non dovremo temere che possano danneggiare gli interessi della nostra famiglia. Se i Legan si azzardassero ad agire oltre la legalità, mi spiacerà molto per Sarah, ma temo che né tu né io potremo aiutarli a evitare le conseguenze delle loro azioni.
- Puoi star sicuro che io non muoverò neanche un dito, Albert. Ci sono cose di cui non li potrò mai perdonare. Sono contento che tu abbia sistemato le cose per tempo – commentò Archie soddisfatto.
- Anch’io, ma adesso lascia che ti illustri la nuova società immobiliare che ho appena acquisito ... - Albert continuò a parlare di lavoro e per un po’ i due uomini si concentrarono nell’esame di una lunga lista di voci in entrata e in uscita, senza tralasciare le considerazioni critiche di Albert sulla politica del governo.

Un paio d'ore più tardi entrò nello studio una cameriera con il tè che Albert aveva ordinato. Zio e nipote lasciarono il lavoro da parte per prendersi una pausa. Mentre si divertiva a lanciare dei pezzi di biscotto allo snello levriero, dentro di sé Albert cercava il momento più adatto per riferire ad Archie le notizie arrivate dalla Francia. Non riuscendoci, cercava di divagare parlando degli avanzamenti degli Alleati in Francia e in Italia, discorsi ai quali Archie, visibilmente distratto, rispondeva con monosillabi.

- Mi stai ascoltando? – chiese l’uomo più anziano cercando di richiamare l’attenzione del nipote.
- Eh? … Ah si, i democratici … in ogni caso, credo che voterò per i repubblicani – fu la brusca risposta di Archie mentre sorbiva il tè.
- Archie! Di questo abbiamo parlato parecchi minuti fa. Ti stavo parlando della guerra. Che succede?
- Scusami Albert … è solo che stavo pensando ad Annie e … - il giovane esitò e cambiò di posizione nella poltrona di cuoio in cui sedeva.
- Lo vedo … non c’è bisogno che mi spieghi – rispose Albert, cercando di minimizzare l’imbarazzo di Archie.
- Grazie … in effetti, credo di non averti ancora ringraziato abbastanza per l'appoggio che mi hai dato in questa faccenda, specialmente con i signori Brighton - rispose il giovane, sorridendo timidamente.
- Di niente, Archie. Era il minimo che potessi fare come capofamiglia – disse semplicemente Albert.
- Si, ma capisco che non sia stato molto semplice affrontare il signor Brighton. È sempre stato un uomo amabile ed educato, ma questa rottura lo ha turbato molto e tu hai trattato la cosa con molta delicatezza. Mi rincresce tantissimo averti coinvolto in una situazione così imbarazzante ... - aggiunse Archie con sincerità.
- Non dirlo neanche. Lo sai che rispetto e appoggio sempre le tue decisioni. Ma non mi hai ancora detto quali sono i tuoi progetti da uomo libero - disse Albert, intravedendo la possibilità di iniziare il discorso che era ancora reticente a fare.
- Beh, coltivo delle speranze … ma dovrò rimandare i miei piani alla fine della guerra … anche se è molto difficile aspettare … - ammise il giovane con gli occhi color ambra che brillavano di una luce speciale, mentre si alzava in piedi in un impulso pieno di energia.
- Speranze? Ti prego, Archie, non vorrai dire … - chiese Albert visibilmente allarmato alle parole e al tono del nipote.
- Si, Albert. So che pensi non abbia alcuna possibilità, ma ho deciso di tentare il tutto per tutto e quando Candy tornerà a casa comincerò a corteggiarla ufficialmente. E non intendo arrendermi quando lei all’inizio mi respingerà per riguardo ad Annie, lotterò per il suo amore, non importa quanto tempo ci vorrà – disse animatamente Archie.
- No, non lo farai! – disse Albert risoluto.
- Cosa intendi dire? Vuoi impedirmi di cercare la mia felicità? Hai appena detto che rispetti le mie decisioni … Perché non questa? – fece Archie, confuso dalla reazione dello zio e amico.
- No, Archie, non voglio impedirti di cercare la tua felicità, è solo che ...
- Intendi forse corteggiarla tu, senza curarti dei vincoli che ti uniscono a lei? – insinuò il giovane, seccato dalla disapprovazione di Albert.
- Che diavolo stai dicendo, Archie? – lo rimproverò Alberto offeso. Subito dopo riacquistò l’equilibrio e la calma che gli erano usuali e si scusò con il nipote.
– Ti scuso perché non sei in te ... Desidero con tutto me stesso che trovi la donna che ti renda felice, ma temo che tu non possa nemmeno pensare in questo senso a Candy, perché lei adesso è …
- Che cosa? – fece Archie con gli occhi che fiammeggiavano.
- Siediti Archie. Ieri ho ricevuto una notizia. L’avrei comunicata questa settimana a te e a tutti i nostri amici … - disse Albert, cercano di riportare la situazione alla normalità.
- Cos’è successo a Candy? Sta bene? Ti prego non dirmi che … - indagò Archie stringendo disperatamente Albert per le spalle.
- No, Archie! Calmati! Lei sta bene. Probabilmente sta meglio di noi due messi assieme – si affrettò a spiegare Albert.
- E allora, che cosa mi impedisce di parlarle dei miei sentimenti?
- Archie, per favore … ho avuto delle notizie dalla Francia … - disse Albert con voce calma, prendendo una busta dallo scrittoio – In questa lettera Candy mi informa di una decisione importante che ha preso. Infatti, a guerra finita, che sarà sicuramente molto presto, Candy non tornerà a vivere a Chicago.
- Ma perché? – fece Archie terribilmente confuso.
- Archie, mi aspetto che tu reagisca da quel gentiluomo che sei ... quando Candy tornerà andrà a vivere a New York.
- E perché dovrebbe andare a New York? Non conosce nessuno là … - per qualche istante gli occhi di Archie vagarono nel vuoto cercando una spiegazione che mettesse ordine ai suoi pensieri, ma un attimo dopo un lampo di collera e incredulità brillò nel suo sguardo - A parte ... No! ... Non vorrai dirmi che ha deciso di cercare quel figlio di puttana a cui non importa nulla di lei! - esplose.
- Innanzi tutto, apprezzerei molto che non insultassi un mio amico – replicò Albert con fermezza - In secondo luogo, ascoltami bene Archie, sei nel giusto se pensi che tutto questo abbia a che fare con Terence, ma non nel modo che stai pensando. Forse non lo sai, ma quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, Terence si arruolò nell'esercito. Il resto è stato opera del destino. Candy e Terry si sono rivisti in Francia, e … - riuscì finalmente a dire Albert, in pena perché sapeva che stava per dare un dolore al giovane.
- E come è successo? – indagò Archie con voce tremante.
- Mi risulta che Terence sia stato ferito e inviato nell'ospedale in cui lavora Candy. L'ha assistito in convalescenza.
- Ma certo! – gridò Archie scattando in piedi in un impeto d’ira e cominciando a camminare nervosamente per la stanza – E il bastardo ha approfittato della situazione! Che gioco sporco!
- Archie! – esclamò Albert, che non sapeva più cosa dire.
- Vedo che stai già dalla sua parte. Ma se credi che stavolta me ne stia zitto da parte come in passato, tu e Granchester vi sbagliate di grosso! Vuoi che mi comporti da gentiluomo? Allora lasciami dire che sono stanco di essere un gentiluomo! Lotterò per l’amore di Candy e non fa alcuna differenza se adesso è la sua fidanzata, perché non se la merita! – concluse Archie in tono acceso, sollevando il braccio in un gesto di minaccia.
- È questo il problema, Archie! Non è la sua fidanzata! – rispose Albert, preoccupato per il tono che aveva preso la conversazione.
- Cosa significa?! – chiese Archie con voce rotta dall’ira, e l’altro comprese che era arrivato il momento di dire la parte peggiore delle novità.
- Archie … Candy e Terry si sono sposati. Candy è Lady Granchester adesso, e quando tornerà vivrà con suo marito a New York. Dovrai accettarlo, ti piaccia o no.

Archie rimase muto e paralizzato, mentre le parole di Albert si conficcavano nella sua mente sempre più in un’eco dolorosa, risuonando ripetutamente, trafiggendolo al petto come spade, fino a spezzargli il cuore in mille pezzi. Strinse istintivamente i pugni e sentì che le mascelle si contraevano impedendogli di proferire alcunché. Prima che Albert potesse dire o fare qualcosa, il giovane corse via precipitosamente, sbattendo la porta dietro di sé. Albert sapeva che in momenti simili un uomo ha bisogno di restare solo per dar libero sfogo alle lacrime che l'orgoglio impedisce di mostrare in pubblico. Così lasciò andare suo nipote, pensando che una buona dose di solitudine potesse aiutarlo a sopportare meglio il colpo appena inferto.
Archie corse attraverso i lussuosi corridoi e arrivò alla sua stanza. Una volta sicuro di essere solo, cadde sulle ginocchia piangendo in silenzio.

Candy, amore mio, cos’hai fatto?! – disse tra le lacrime – Tu, sempre così dolce e comprensiva quando si tratta degli altri … ma così insensibile verso il mio amore per te! Perché sei così cieca davanti alla mia passione? Perché continui a ferirmi? ...
Tra i singhiozzi la sua mente ripercorse immagini del passato. “Ti ho amata per tanto tempo! Fin dalla nostra infanzia! E c’è sempre stato qualcun altro! Sempre! Quando hai preferito Anthony io l’ho accettato, amavo troppo tutti e due. Mi comportavo correttamente nonostante l’ardore della giovinezza, ho tenuto nascosti i sentimenti che avrei tanto voluto rivelarti ... e poi ... il nostro caro Anthony è morto dandoci un immenso dolore ... avevo pensato che era meglio lasciarti il tempo di dimenticare con l’aiuto delle tue madri. Credevo ingenuamente che più tardi, quando i nostri cuori avessero superato quella perdita, finalmente avresti potuto rivolgere il tuo amore verso di me. Invece doveva apparire quell’uomo venuto dall’inferno, solo per portarti più e più volte dell’altro dolore, e io non ho avuto il cuore di dirti di no quando mi hai chiesto di occuparmi di Annie ... ma cosa mi passava per la testa?”

Il giovane si alzò e andò verso uno scrittoio vicino alla finestra. Prese un cofanetto di legno, lo aprì con mano malferma e prese una delle lettere che aveva conservato per un anno. Aspirò il profumo della busta mentre nuove ondate di rimorso gl’invadevano l’anima.
“La rosa ha un dolce profumo” pensò con le lacrime che gli scorrevano sul viso "ma ha anche delle spine che possono pugnalare il cuore di un uomo. E adesso, mia magnifica rosa, hai dato la stoccata finale alla mia povera anima, gettandoti tra le braccia di quell'ignobile bastardo che non ha mai saputo apprezzare quello che vali! In passato, quando mi ero reso conto che lui ti aveva perduta, potevo sopportare il peso di non essere amato da te, perché sapevo che nessun altro aveva il tuo amore, ma stavo soltanto ingannando me stesso”.

Le sue mani posarono la lettera e un paio d’occhi color nocciola incontravano la sua immagine in un grande specchio.
- Tu non mi hai mai guardato! - pianse a voce alta, osservando i suoi bei lineamenti. – Mai, non un solo sguardo a quest’uomo che tante altre donne sarebbero felici di amare! Invece, in tutto questo tempo, hai continuato ad amare … quel maledetto inglese! Ha avuto la sua opportunità una volta, e l’ha perduta! Non dovrebbe avere il diritto di averti ancora! Lui, che io credevo ancora più in disgrazia di me, perché non poteva godere della tua amicizia, lui … ha finito per essere il fortunato possessore dei tuoi affetti più teneri … e delle tue carezze più intime! Se solo tu avessi scelto un altro, questo dolore sarebbe meno atroce! Perché lui, Candy, tra tutti gli uomini al mondo? Lui, che disprezzo tanto per averti fatta soffrire in passato! Lui, che sarà il bersaglio del mio odio da questo giorno in poi, riempirà le mie notti di incubi, me lo sognerò mentre gode del sapore dei tuoi baci, che io non conoscerò mai! ... - gridò, mentre il suo pugno rompeva lo specchio di fonte a lui. – Ah, Candy, Candy mia! Che maledizione mi hai lanciato! – pianse, incurante del dolore alla mano insanguinata.

:heart of rose:



I tedeschi si ritiravano, ma per il Generale Ludendorff non tutto era perduto. Sapeva che, se fosse riuscito a mantenere la sua posizione lungo la frontiera fino all’arrivo dell’inverno, la diplomazia tedesca avrebbe avuto sufficiente tempo e forza di persuasione per negoziare un armistizio più conveniente. Se i poteri della Triplice Alleanza non potevano vincere la guerra, dovevano almeno fare tutti gli sforzi possibili per ottenere condizioni di pace meno svantaggiose. Il piano di Ludendorff, quindi, prevedeva una ritirata lenta, non tutti nello stesso tempo, cercando di conservare le stesse posizioni con meno elementi. Foch aveva compreso le intenzioni del nemico, e decise che doveva fermare la mobilitazione dei tedeschi forzandoli ad arrendersi prima di ritirarsi, così da far loro subire un’umiliazione ancora più grande ottenendo nel contempo risultati più vantaggiosi per la causa alleata. Dopotutto la guerra può essere un grande affare per i vincitori. Il 1919 sarebbe stato un anno di negoziati, e ogni parte voleva essere nella miglior posizione possibile per ottenere il profitto maggiore.

Nei mesi di settembre, ottobre e novembre, gli Alleati organizzarono l’ultima offensiva, quella che li avrebbe portati alla vittoria finale. I fronti principali erano tre: uno nelle Fiandre, lungo la frontiera nord con il Belgio, un altro su Cambrai e San Quintino, l’ultimo su Mézières e Sedán. L’idea era quella di prendere il controllo delle linee ferroviarie usate dai tedeschi per trasportare truppe, attrezzature e approvvigionamenti. Il primo punto che Foch decise di attaccare fu Saint-Mihiel, città qualche chilometro a sud di Verdun: questa missione fu assegnata all’esercito americano che, fin da settembre, avevano posto il loro quartier generale a Vesle. Con l’occupazione del saliente di Saint-Mihiel, e continuando l’avanzata a nord verso il Bosco d’Aragona, gli Alleati avrebbero potuto avere libero accesso da Parigi fino alla regione della Lorena attraverso le linee ferroviarie. La Seconda Divisione fu inclusa in questa missione.

La notte dell’11 settembre 1918 Terence Granchester si trovava nuovamente seduto dentro la trincea del fuoco, in attesa del suo turno per entrare in azione. All’una di notte del 12 settembre la battaglia iniziò con un potente attacco d'artiglieria che durò alcune ore. Lo scenario era dominato dal rumore del vento autunnale e della deflagrazione dei cannoni, assieme a un forte odore di polvere da sparo. Accanto a Terence, un giovane reggeva con dita nervose una mitragliatrice Browning e tremava di paura a ogni detonazione. Era la prima volta che assisteva a un'azione di guerra e Terence non poteva biasimarlo per avere paura. Il giovane attore posò la mano sulla spalla del compagno cercando di confortarlo.

- È tutto maledettamente spaventoso – commentò Terry – ma devi controllarti se vuoi sopravvivere.
- Come fa a essere così calmo? – chiese il giovane al flemmatico sergente.
- Sono terrorizzato quanto te, Matthew – rispose Granchester con un leggero sorriso – ma faccio del mio meglio per restare concentrato sul mio obiettivo. Se voglio raggiungerlo devo pensare solo a questo.
- E quale sarebbe?
- Devo restare vivo, Matthew – rispose il sergente con una strana luce negli occhi – C’è qualcuno che conta su questo. Quindi, quando sarò di fronte al nemico, concentrerò tutte le forze per preservare la mia vita e adempiere al mio dovere. In questo momento non ho posto per altri sentimenti. Concentrati nella sola e unica ragione che ti vuole vivo. Pensa solo a questo e mantieni all'erta tutti e cinque i sensi in battaglia.
- E cosa succede se non ci riesco?
- Allora confida nelle preghiere di tua madre, Matthew, perché non credo che Dio ascolti le preghiere di un peccatore come te – scherzò il sergente dando un colpetto alla spalla del giovane per alleviare la tensione.

Alle cinque del mattino la fanteria uscì di trincea. Ancora una volta Terence assistette alla sempre terrificante scena di uomini che si ammazzano l’un l’altro, e di nuovo si macchiò le mani di sangue. Sapeva che non avrebbe mai potuto pulire quelle macchie che sarebbero rimaste impresse sulla sua pelle per sempre; se anche si fosse lavato le mani milioni e milioni di volte avrebbero fatto parte degli incubi che gli avrebbero turbato la coscienza. Eppure un pensiero lo sostenne in quelle ore: doveva restare vivo, e se per farlo doveva uccidere, l’avrebbe fatto. Per la prima volta nella sua vita, sentiva che la sua esistenza aveva un senso.

La battaglia durò quasi ventiquattro ore, ma fortunatamente la resistenza dei tedeschi fu meno strenua di quello che ci si aspettava. Il 13 settembre il saliente era stato preso e poche ore dopo l’esercito americano fu sostituito da forze francesi. Gli americani continuarono l’avanzata verso il Bosco d’Aragona, dove li attendeva un intero mesi di sforzi dolorosi.
In treno verso nord, Terence guardò attraverso il finestrino, mentre con la mano accarezzava il crocifisso che portava al collo. Fissava il contrasto del fogliame sempreverde dei pini sul paesaggio dorato, segno dell’approssimarsi dell'autunno, e subito nella sua mente si affacciò il dolce ricordo degli occhi della sua sposa. Sospirò in silenzio, e ringraziò Dio perché lei era lontana e salva. Nella corrispondenza che aveva mantenuto con Albert nei mesi precedenti il giovane milionario gli aveva confidato di aver disposto le cose in modo da mantenere Candy sempre lontana dal Fronte. Ma se Terence avesse saputo quello che stava per succedere a Parigi, non sarebbe stato tanto tranquillo.

:rosy heart:



Le malelingue possono essere una trappola pericolosa che presto o tardi finisce per catturare la preda desiderata. Mentre Candy lavorava alacremente per lunghi turni, e nel tempo libero pensava all’uomo che amava, pregando per lui con un fervore mai avuto prima, qualcuno si stava prendendo la briga di spargere un velenoso miscuglio di menzogne e fatti reali che trovava terreno fertile in quelle bocche che godevano delle maldicenze. Dopotutto non è affatto difficile andare ai lati oscuri del cuore umano. Basta poco per scoprire le debolezze altrui, che alla lunga possono rivelarsi molto utili per raggiungere i propri scopi.
Candice White Andrew era stata inviata al Fronte a Ypres e poi a Cambrai l’anno precedente, ed era tornata a Parigi in dicembre, proprio qualche giorno prima che il Colonnello Vouillard (allora Maggiore Vouillard) venisse posto alla direzione dell’ospedale. Da quel momento ben cinque diverse equipe mediche erano state inviate in diverse aree lungo il Fronte, ma nessuna di queste aveva incluso la signorina Andrew, nonostante l’infermiera possedesse l’esperienza e l’addestramento necessari.
Quando Candy era tornata dal Fronte era rimasta ammalata per un paio di settimane e, anche se Vouillard presumibilmente ancora non la conosceva, si era comunque molto interessato alla guarigione della giovane e le aveva fatto visita un paio di volte. Certamente questo interesse si poteva interpretare come un gesto di premura verso un’eroina di guerra appartenente a un paese alleato, ma … si trattava solo di questo?
Flanny Hamilton, sempre fredda e distante con tutto il personale di cui era responsabile, aveva improvvisamente cambiato atteggiamento verso Candy Andrew non appena erano rientrate a Parigi. Questo cambiamento si poteva attribuire al fatto che la Andrew le aveva praticamente salvato la vita. Ma come mai questa trasformazione era avvenuta proprio nello stesso momento in cui Vouillard era arrivato al Saint-Jacques? Una coincidenza?
E c’era dell’altro: il dottor Bonnot aveva apertamente corteggiato Candy per più di un anno ma, per quanto si sapeva, lei non aveva mai dato mostra di alcun interesse. Perché mai una ragazza nubile avrebbe dovuto respingere le attenzioni di un uomo come Bonnot, con un futuro tanto promettente, per non parlare della sua avvenenza? C’era forse un amore misterioso che la ragazza doveva tenere nascosto e che le impediva di corrispondere all'interesse di Bonnot?
Durante l’estate, quando i pazienti del padiglione A-12 si erano praticamente ammutinati per riavere la signorina Andrew come infermiera assegnata, Vouillard aveva sistemato il problema rimandando l’infermiera a quel padiglione. Qualcuno aveva pensato che tale provvedimento non era stato molto aderente alla disciplina militare e che la soluzione più adeguata sarebbe stata quella di trasferire l’infermiera in questione a un altro ospedale, una sorta di misura punitiva per i pazienti insorti. Nonostante questo, Vouillard aveva preferito mantenere la signorina Andrew all'ospedale Saint-Jacques.
E infine, negli ultimi giorni, la Andrew era sparita per una notte intera ed era persino arrivata tardi al suo turno il giorno seguente. Eppure l’infermiera Hamilton non aveva intrapreso alcuna azione per punire quel comportamento. Non era piuttosto strano da parte di una capoinfermiera dallo stile rigido come la Hamilton?
Nancy Thorndike sapeva la ragione di tutti quegli strani accadimenti. Aveva lavorato all'archivio dell'ospedale per un mese e, nel corso di quest'incarico, aveva potuto accedere al fascicolo di Candy, scoprendo informazioni molto interessanti. Aveva così scoperto che la ragazza apparteneva a una famiglia molto facoltosa, con relazioni con alti ufficiali dell’esercito francese. Nancy poté leggere le lettere di Foch al Maggiore Legarde, al Maggiore La Salle e al Colonnello Vouillard, con ordini tassativi di tenere la Andrew nelle retroguardie. Questo spiegava le misteriosi dimissioni di La Salle, il direttore che aveva spedito l’infermiera Andrew a Ypres, come anche l’interesse di Vouillard a mantenere Candy lontano dal Fronte.
Nancy unì i vari tasselli e ottenne un quadro completo, comprendendo anche che gli eventi potevano essere interpretati in un altro modo. Le ci volle soltanto qualche chiacchiera con un paio di sue colleghe dalla solida reputazione di pettegole per diffondere l’idea che Erik Vouillard aveva una relazione con Candice Andrew e che cercava di proteggere la sua amante tenendola distante dal campo di battaglia. Sicuramente Flanny Hamilton era al corrente della tresca e questo spiegava il cambio di atteggiamento verso la giovane Andrew quando Vouillard era stato nominato direttore dell’ospedale. Da parte sua Bonnot non poteva competere con il Colonnello che, nonostante fosse di mezza età e sposato, aveva molto di più da offrire alla sua amante rispetto a quello che avrebbe mai potuto dare il dottor Bonnot a colei che sarebbe diventata sua moglie. Decisamente la piccola americana non era così candida e pura.
La voce si propagò con una tale rapidità che in una settimana giunse alle orecchie di Vouillard, che si senti profondamente offeso e preoccupato per sua moglie. Da giovane il Colonnello, come la maggior parte dei militari, non era stato un santo, e Madame Vouillard aveva reagito alle infedeltà del marito con un duro risentimento, cosicché il matrimonio era stato più volte sull’orlo del fallimento totale e della separazione. Fortunatamente il tempo, l’affetto e una buona dose di indulgenza avevano salvato i Vouillard dell’imminente divorzio e nei cinque anni precedenti la coppia era riuscita, non senza grandi sforzi, a ricostruire la fiducia reciproca. Come si può facilmente intuire Vouillard temeva che lo scandalo sulla sua supposta tresca con l’infermiera americana potesse arrivare alle orecchie della sua sposa, infliggendo il colpo di grazia all’ancora fragile relazione. Un'altra preoccupazione di Vouillard era che la sua reputazione professionale potesse essere danneggiata dalle dicerie, specialmente se queste coinvolgevano una giovane donna la cui famiglia era in confidenza con il Maresciallo Foch. Vouillard capì che non aveva scelta: doveva far tacere quelle voci malevole immediatamente.

CAPITOLO XIV - CONTINUA

 
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view post Posted on 12/3/2012, 12:52     +1   -1

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Kiar@ sei fantastica.

Grazie per questa bellissima sorpresa.

:rose rosa: :darling I love u: :giusy:
 
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Perlad'argento
view post Posted on 15/3/2012, 18:17     +1   -1




che bello vado via per un po' e trovo questa meraviglia :wub: :darling I love u:
 
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Pesci_1967
view post Posted on 15/3/2012, 22:28     +1   -1




Ed ecco che arrivo anch'io, sempre in perenne ritardo, a ringraziarti!?!?

Grazie per il nuovo capitolo... Sei veramente un angelo!?!?

'ciottoni a tutti
Barbara
 
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view post Posted on 16/3/2012, 13:22     +1   -1

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Grazie Kiara per il nuovo capitolo. Certo che la nostra Candy suscita sempre invidie! Sono curiosa di sapere adesso cosa succede :sorrisone: Archie comunque ha lasciato Annie, chissà come riuscirà a riprendersi dallo shock la ragazza!
Ancora grazie a Kiara.
A presto
Danda
 
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view post Posted on 22/3/2012, 16:23     +1   +1   -1
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*Kiar@*
view post Posted on 19/5/2012, 01:09     +1   -1




CAPITOLO XIV - CONTINUAZIONE



Candy era sola nella sua camera. Aveva lavato e inamidato il vestito di lino bianco che Miss Pony e Suor Maria le avevano inviato come regalo di compleanno, e ora lo stava ripiegando con cura e attenzione. Intendeva conservarlo in una cassa, aveva deciso di non indossarlo più: era stato il suo vestito da sposa, sarebbe stato il ricordo del giorno in cui aveva giurato amore eterno all’uomo della sua vita, non poteva portarlo per una semplice passeggiata nel parco.

Accarezzò delicatamente la fine organza che adornava lo sprone e i bottoncini a forma di perla. Il ricordo delle dita nervose di Terry che la sbottonavano fu inevitabile. La giovane sentì il fuoco salirle alle guance e si abbandonò a quella calda sensazione. Chiuse gli occhi e sentì di nuovo i baci e le parole d’amore. Poi mise il vestito nella cassa e si distese sul letto, abbandonando la mente ai ricordi più dolci e intimi. Con la mano cercò l'anello di smeraldo che teneva al collo con una catenina d'argento, ben nascosto sotto l'uniforme, e lo strinse con tenerezza.

Proprio il giorno prima Candy aveva ricevuto le lettere di Terence e ogni parola del suo sposo le pulsava nelle vene in ogni momento del giorno e della notte. Con gli occhi chiusi si ripeté le frasi che ormai sapeva a memoria, come in un dialogo segreto.

“… Adesso mi sveglio e penso a “noi”, e resto estasiato da questo meraviglioso sentimento che alcuni chiamano speranza”.

“Ah, Terry!” sospirò “il mio cuore è pieno di speranza … se penso che forse sto aspettando un figlio, un figlio tuo”.

“Leggo mille e mille volte le tue parole d’amore e immagino i tuoi cari occhi, angelo mio! … guardarti nei tuoi immensi occhi verdi …”

“Anch’io desidero tanto vedere i tuoi occhi e sentire le tue braccia calde attorno a me!”

“… pensare a te è una gioia che guarisce la mia anima e mi dà la forza di continuare …”

“È lo stesso per me, amore, ma saperti in mezzo a una nuova battaglia mi riempie di timore e preoccupazione!” pensò con una fitta di paura.

“Sono nelle mani di Dio e sono certo che Lui mi proteggerà per farti felice …”

Ah, Terry! – disse a voce alta, ma come sentì il rumore della porta che si apriva, si affrettò a ricacciare le lacrime.

In quel momento Flanny entrò nella stanza tenendo gli occhiali in mano mentre con un fazzoletto immacolato si asciugava gli occhi umidi.

- Flanny! – esclamò Candy, presa alla sprovvista sia alla vista delle lacrime dell'amica, sia alla sua improvvisa comparsa in un'ora del giorno in cui avrebbe dovuto essere di turno.

- Candy! – fu tutto quello che Flanny riuscì a dire prima di rifugiarsi tra le braccia della compagna.
La giovane bionda abbracciò teneramente la bruna cercando delle parole di conforto per quell’agitato cuore. Rimasero abbracciate per un po’ finché Flanny sentì di aver versato tutte le sue lacrime. Allora sedettero entrambe sul letto di Candy, che teneva ancora nelle sue le mani della collega.

- Ti va di condividere con me quello che hai qui? – chiese Candy indicandosi il petto – o preferisci stare un po’ in silenzio?

- Candy, io … - balbettò Flanny esitante – Credo sia meglio parlarne – si risolse, chiedendosi quanto delle sue pene fosse il caso di confidare all’amica.

Scostò dalla fronte una ciocca di capelli bruni e trasse dalla tasca una busta strappata, mostrandola a Candy.
- Questa lettera è di Yves – spiegò sconsolata.

- Non sapevo che ti scrivesse – fece Candy un po’ confusa.

- Infatti non lo fa … perché dovrebbe?... È Julienne che gli ha scritto, e mi ha dato la lettera per farmela leggere.

Candy rivolse a Flanny uno sguardo interrogativo. Improvvisamente una lunga serie di dettagli, gesti, mezze parole e reazioni di Flanny acquistarono senso, e Candy poté leggere negli occhi dell'amica come in un libro aperto.

- Flanny … tu … tu ami Yves! – mormorò senza ancora poter credere a quello che gli occhi color caffè le avevano rivelato.

- No, no, no! – cercò di negare Flanny, timorosa di far conoscere i suoi sentimenti più intimi – Sono solo … preoccupata … io … - balbettò incapace di dare una spiegazione logica.

- Se non è così perché stai piangendo? E perché balbetti? Questa non è la Flanny che conosco!

- Solo perché sei talmente innamorata di Terence, devi credere che tutti siano innamorati? – fu l’ultimo tentativo di difesa di Flanny.

- Dai, Flanny, hai detto che avevi voglia di parlare. Ti farebbe bene essere davvero sincera con me ... Che hai da perdere? - chiese Candy nel suo tono più dolce.

Nonostante la reticenza iniziale, finalmente Flanny si arrese all'affetto dell'amica. Dentro di lei ammise che, poiché Candy era ormai sposata con Terence, non aveva più senso nasconderle i suoi sentimenti.

- E va bene – disse deviando lo sguardo e stringendo nervosamente il fazzoletto nella mano – è proprio vero, Candy, io … io … sono innamorata di lui.

- Perché non me lo hai detto prima? - chiese Candy confusa.

- Perché ti saresti fatta da parte – rispose Flanny mentre una nuova lacrima le scendeva sulla guancia – Io non volevo questo. Non voglio esser scelta per la carità di un’altra donna. Non è il mio stile … chiamalo orgoglio, se vuoi … e poi, chi dice che tu non avresti finito col ricambiarlo? … Yves ne sarebbe stato così felice … come potevo interferire?

- Ah, Flanny! Sei stata in silenzio tutto questo tempo e io sono stata così cieca da non accorgermene! Che amica distratta sono stata!

- No, no, Candy. Non fartene una colpa – rispose Flanny con un sorriso triste e comprensivo – Come potevi immaginare le mie pene segrete quando avevi già le tue preoccupazioni?

- Flanny, sei una grande amica! – disse Candy profondamente commossa, abbracciandola.
Per un po' le due donne rimasero in silenzio abbracciate, consapevoli che il filo invisibile che le univa era diventato più forte.

- Ma adesso basta parlare di me! – disse Candy in tono deciso sorridendo – Devi dirmi perché sei così triste … È qualcosa nella lettera di Yves?

- Beh, si – sussurrò Flanny con un profondo sospiro – Stava lavorando ad Arras, ma adesso è stato inviato con l’ospedale da campo al seguito del Quarto Esercito Francese! Stanno andando verso sud, Candy! Potrebbe essere molto pericoloso, i tedeschi hanno posizioni molto forti in quella zona. Ho paura, Candy! ... Ricordo ancora com'è morto il dottor Duvall! - Flanny piangeva in silenzio, senza singhiozzi, stringendo i pugni e senza trattenere le lacrime.

- Non piangere così, Flanny – disse l’amica cercando di mostrarsi forte, nonostante il suo cuore avesse fatto un sobbalzo nell’apprendere che l’esercito francese stava marciando verso sud. Cos’era mai? Un presentimento? Cercando di non farsi dominare dai suoi propri timori, Candy strinse nelle sue le mani di Flanny - Yves starà bene, vedrai. Devi solo confidare in Dio e lasciare che sia Lui a proteggere i nostri uomini al fronte. Dobbiamo essere forti! ... Guarda Julie, quanto è stata coraggiosa per quasi quattro anni! - disse nel tono più sereno possibile.

- Hai ragione – ammise Flanny – Non so perché mi sento così, lui a me non pensa proprio. Voi ragazze siete preoccupate per i vostri mariti, ma io ... lui nemmeno mi scrive!

- Ma potrebbe essere il momento giusto per cominciare a scrivergli tu – suggerì Candy con un sorriso furbo.

- Sei diventata matta, Candy? – rispose Flanny scandalizzata – Non saprei cosa dirgli ... e poi ... non esiste la minima possibilità che possa piacergli una come me.

- Flanny Hamilton! Non osare sottovalutarti! Sei una gran donna e, se Yves non lo capisce, vuol dire che non ti merita. E comunque … per me c’è sempre una possibilità per quelli che hanno il coraggio di provare.

- Non so, non mi va di cominciare a sognare solo per subire una grande delusione – fece Flanny sulla difensiva.

- Ma che cosa vuoi, Flanny? – le chiese Candy con veemenza aggrottando le sopracciglia – Vuoi aspettare di diventare vecchia per rimpiangere tutto quello che non hai osato tentare? Stupidaggini! - Balzò in piedi mettendo le mani sui fianchi - Ti ho mai chiesto niente per averti tirata fuori da quella trincea, quella volta? – chiese all’amica rivolgendole uno sguardo di sfida.

- No … perché? … - chiese Flanny senza capire.

- Bene, lo farò ora - rispose Candy sorridendo ancora, ma con un'espressione decisa nello sguardo verde - Adesso resterai qui e scriverai una lettera a Yves, mentre io terminerò il tuo turno. Non provare a uscire finché non l’avrai scritta! E quando avrai finito, la spedirò io stessa! – ordinò e, prima che Flanny potesse proferire parola, uscì dalla stanza.

La brunetta cercò di fermare l’amica ma, quando cercò di aprire la porta, vide che Candy l’aveva chiusa portando la chiave con sé. Un po’ irritata Flanny sospirò agitando le braccia.

- Come hai osato, mocciosa maleducata! – gridò, senza ottenere risposta.

Per un po’ camminò avanti e indietro, mentre una folta serie di pensieri ribelli all'idea di Candy le frullavano nella mente. Qualche minuto dopo finì col sedersi al piccolo scrittorio che le due ragazze condividevano, prese un foglio bianco di carta e cominciò a scrivere.
Quando Candy non sentì più i passi nervosi di Flanny al di là della porta, si allontanò attraverso il corridoio dirigendosi verso il padiglione dove avrebbe dovuto sostituire la collega. Mentre camminava avvertì nuovamente la fitta al cuore.

“Il sud … il sud di Arras? Che battaglia ci deve essere laggiù?” si ripeteva mentalmente “Mi sa che sto diventando troppo apprensiva … Terry in questo momento deve’essere a Saint Michel! I giornali hanno detto che gli americani stanno combattendo là!”

Candy non sapeva che la battaglia di Saint Michel era terminata la mattina precedente e che Terry stava in quel momento viaggiando verso nord. I bollettini non avevano detto nulla riguardo a quella mobilitazione, gli Alleati volevano prendere il nemico di sorpresa.

:rose rosa:



Quella sera il Colonnello Vouillard chiamò Flanny Hamilton nel suo ufficio. La giovane bruna, avendo terminato di scrivere una certa lettera, era stata finalmente liberata dalla camera in cui era rinchiusa e si affrettò quindi a obbedire alla chiamata del suo superiore. Non poteva immaginare le notizie che stava per ricevere.

- Signorina Hamilton – disse Vouillard in tono deciso, una volta terminati i convenevoli di rito – In questo foglio ci sono i nomi di sei infermiere che intendo trasferire all’ospedale Saint Honoré. Voglio che lei informi queste infermiere che il Colonnello Lamark attende il loro arrivo per domani mattina alle 7. È chiaro che devono cominciare subito a fare i bagagli.

Flanny prese la carta che Vouillard le porgeva. I suoi occhi caddero immediatamente su un nome dell’elenco.

- Colonnello Vouillard – disse con una nota di agitazione nella voce – in quest’elenco c’è un’infermiera che vorrei tenere nella mia squadra, col suo permesso naturalmente. È molto efficiente e …

- Temo che non sia possibile apportare alcun cambiamento, signorina Hamilton – rispose il direttore in tono categorico, accendendosi un sigaro.

- Ma signore …

- Questi sono gli ordini – fu la secca risposta accompagnata da uno sguardo gelido. In quel momento qualcuno bussò alla porta.

- Avanti – fece Vouillard.

Entrò Nancy con delle grandi buste gialle in mano.

- Ecco i fascicoli delle infermiere che intende trasferire, signore – disse la donna con la sua voce nasale, guardando Flanny con un’aria di sufficienza.

- Bene – disse il direttore senza guardare nessuna delle due donne – Si assicuri che qualcuno porti questi documenti all’ospedale Saint Honoré domani mattina. È estremamente importante – sottolineò, sollevando lo sguardo.

Flanny stava per aprire di nuovo la bocca, ma l’atteggiamento di Vouillard non ammetteva replica.

- Potete andare, signorine – ordinò seccamente.

Quando le due donne furono uscite, il colonnello si appoggiò allo schienale con un sospiro profondo, come se si fosse liberato da un peso enorme.

“E così, la faremo finita con tutte le chiacchiere e tutti i grattacapi per la signorina Andrew e la sua importante famiglia ... Adesso sarà un problema di qualcun altro. E comunque quelle carte la terranno lontana dal fronte, come vogliono i suoi parenti”.

Vouillard si sarebbe invece preoccupato non poco se avesse saputo che Nancy aveva distrutto i comunicati di Foch.

:rose rosa:



La mattina del 14 settembre Candy lasciò l’ospedale Saint Jacques non senza sentirsi profondamente triste per dover abbandonare le sue amiche del cuore, Flanny e Julienne. Tuttavia seppe fare del suo meglio per mostrarsi serena e positiva durante il commiato, dopotutto rimaneva nella stessa città e le tre ragazze avrebbero potuto continuare a vedersi di tanto in tanto. Candy si assicurò di imbucare la lettera scritta da Flanny poi, mentre stava per salire sul camion che l’avrebbe portata alla nuova sede di lavoro, qualcuno uscì dall’ospedale correndo verso di lei con tutta la velocità che l'età avanzata poteva consentire.

- Mademoiselle, Mademoiselle!
– la chiamò una donna anziana che Candy riconobbe immediatamente come una delle addette alle pulizie – Devo domandarle una cosa prima che se ne vada – disse in un inglese stentato.

- Si, signora? – Candy sorrise.

- Devo sapere chi ha vinto – fece la donna con gli occhi che le brillavano.

- Prego? Chi ha vinto? … - la bionda perplessa aggrottò un sopracciglio.

La donna fece un risolino nervoso cercando con fatica le parole - Je veux dire… chi ha vinto, il bell’americano o il gentile dottore?

- Ah! – esclamò Candy divertita dalla curiosità della vecchietta. Le si avvicinò all’orecchio e sussurrò – L’americano!

- Bien! Mi piaceva di più! – disse la donna con una luce radiosa nel volto sciupato.

- Anche a me! – rispose Candy ridendo di cuore a quel commento.

Un minuto dopo la giovane salì sul camion, si fece il segno della croce e, con uno dei suoi sorrisi smaglianti agitò la mano all'indirizzo dell’anziana sul marciapiede e dei due visi che la guardavano da una finestra, finché il camion non scomparve nella foschia del mattino.

:rose rosa:



Il Primo Esercito degli Stati Uniti non arrivò immediatamente nelle Argonne. Gli americani avanzavano lentamente, cercano di far credere al nemico di attaccare in un altro punto. I tedeschi si sentivano sicuri delle loro posizioni nelle Argonne poiché aveva reso il bosco una fortezza impenetrabile, appostando gli uomini lungo l’area montuosa, spargendo mine nella vegetazione e trasformando ogni casa dei dintorni in una roccaforte di resistenza. Avanzare attraverso il bosco sarebbe stato estremamente difficile, specie sotto il fuoco serrato dei tedeschi dall’alto delle loro posizioni sui monti scoscesi.

L'obiettivo degli Alleati era di spingere il nemico più a nord possibile, oltre le vie ferroviarie di Mezière-Sedán, prima dell’arrivo dell’inverno. Ma questo si poteva ottenere solo riducendo le forze nemiche nelle Argonne. Il Quarto Esercito francese, che si stava muovendo da nord, avrebbe attaccato il fianco sinistro e sarebbe entrato nella foresta, mentre la probabile mossa degli americani era attaccare le postazioni sulla Mosa e incontrare poi l'armata francese a Gandpré, nella parte settentrionale della foresta.

A livello di divisione gli americani avevano più uomini, ma erano più carenti di personale di alta specializzazione e di equipe mediche. Per questo motivo, prima che cominciasse l'attacco del 26 settembre, arrivò in appoggio agli americani un gruppo francese composto da operatori di artiglieria, tankisti e personale medico.
Un paio di giorni prima dell’attacco Terence Granchester approfittò della sua ora libera per far visita a Matthew Anderson nell’ospedale da campo. Il ragazzo era stato ferito a una gamba nel corso della battaglia di Saint Michel e, poiché non c’era ancora stata alcuna possibilità di inviare i feriti nelle retroguardie, si trovava ancora con la truppa.

- Soldato Anderson, hai visite – disse un infermiere che stava cercando di lavare un catino sporco di sangue accanto al letto di Matthew.

- Ciao Matthew – fece una voce profonda che il ferito riconobbe prontamente – Vedo che stai ricevendo un trattamento di prima classe … letto comodo, ambiente piacevole, bellissime infermiere … – rise Terence, mentre l’uomo che lavava il catino gli rispose con un gesto volgare.

- Io non la metterei proprio così – rispose Matthew con un sorriso scherzoso – ma ho sentito che verrò mandato a Parigi il prima possibile. Il dottore mi ha detto che dovrò essere operato alla gamba un’altra volta … e dopo non è escluso che mi rimandino a casa – concluse, tentando di cambiare posizione nel letto pieghevole.

- Mi fa piacere sentire questo – disse Terry, ma dentro di sé pensò che quella soluzione poteva dipendere dal fatto che la gamba di Matthew avrebbe dovuto essere necessariamente amputata - E così passerai qualche giorno nella più bella città de mondo. È una prospettiva seducente – continuò, cercando di far coraggio al giovane soldato.

- Lei ha già avuto quest’opportunità, sergente – rispose Matthew con una scintilla negli occhi verde chiaro – e sembra che le abbia fatto molto bene, se posso dirlo, signore.

- Si, di sicuro lo ha fatto – disse una terza voce alle spalle di Terence. Il sergente avvertì una specie di stilettata alla spina dorsale che mise in allerta i suoi istinti difensivi. Ciononostante riuscì a nascondere le emozioni facendo ricorso alle sue abilità recitative, quindi si voltò lentamente ed esibì un sorriso studiato.

- Che coincidenza trovarla qui, dottor Bonnot – disse Terry flemmaticamente, chiedendosi come avrebbe dovuto comportarsi in una simile situazione, pur sapendo che non poteva più considerare Bonnot un rivale. Questa semplice considerazione gli permise di abbandonare l’atteggiamento difensivo, dopo tutto Yves non era una cattiva persona.

– Bene, Matthew, puoi star sicuro di essere in ottime mani – disse, rivolgendosi al giovane caporale – l’uomo che vedi qui mi ha salvato la vita.

Yves fu sorpreso delle parole conciliatrici di Terry, ma ancora non abbassò la guardia.

- Facevo solo il mio dovere, sergente – rispose con un semplice cenno del capo – Vogliate scusarmi signori, ma ho molto lavoro da fare – disse allontanandosi, visibilmente contrariato all’incontro inaspettato.

- Mi sembra che il dottore non sia molto contento di vederla, signore – disse Matthew.

- Io non farei tanto caso a questi strambi mangiarane – scherzò Terry, cercando di minimizzare l’accaduto e cambiando subito argomento – Stavamo parlando di Parigi …

I due giovani continuarono a conversare, ma Terry non poté smettere di pensare a Bonnot. Qualche ora più tardi, durante il suo turno di guardia, meditò su quell'incontro.
Come avrebbe dovuto sentirsi e reagire davanti all’uomo che non molto tempo prima era stato il suo rivale? Se doveva essere onesto con se stesso doveva ammettere che Bonnot era un brav'uomo e lui stesso era l'ultimo dei mortali che avrebbe potuto rimproverare il dottore francese di essersi innamorato di Candy.

“Immagino di non poter impedire che altri uomini desiderino la mia Candy” pensava ridendo dentro di sé. “Se volevo che nessuno guardasse mia moglie avrei dovuto innamorarmi di una donna brutta e sgradevole invece che di un angelo. D’altra parte non è la prima volta che provo quest’ansia. Ricordo bene com’era con Archibald, quando eravamo ragazzi … e suppongo che neanche questa volta sarà l’ultima. Quando un uomo ha un tesoro prezioso, molti altri glielo possono invidiare, fa parte della natura umana. Il tesoro sarà mio finché ne avrò la migliore delle cure. D’altra parte Bonnot merita comprensione e simpatia, non disprezzo. Se Candy avesse scelto lui e non me, adesso mi sentirei l'uomo più miserabile del mondo ... probabilmente lui si sente così. So com’è, sono già stato in quel baratro oscuro”.

Terry non si sbagliava. Yves stava passando un periodo di profonda depressione e incontrare Granchester era una delle peggiori cose che gli potessero capitare, almeno era quello che pensava. Le ferite del cuore erano ancora ben vive, e il minimo tocco aveva il potere di farle sanguinare nel modo più doloroso.
“Come sarà andata tra Candy e Granchester?” si era chiesto spesso nelle settimane precedenti “Si saranno confessati i sentimenti reciproci? O è stato così stupido da lasciarla andare? Dopotutto non ha avuto molto tempo. È uscito dall’ospedale lo stesso giorno in cui io ho lasciato Parigi". Yves tornava continuamente sulle stesse rimuginazioni che terminavano sempre con un gran mal di testa e con il proposito di dimenticare quell’amore senza speranza. Ma ogni notte tornava a torturarsi e, dopo aver visto Terence quel pomeriggio, un nuovo dubbio cominciò ad assillarlo. “E se non si fossero chiariti ... Dovrei parlargli? ... O dovrei tacere, come Candy mi ha pregato di fare? ... Cosa significa quest’incontro, una coincidenza? … O il destino? … Se è così avrò il coraggio di fare quel che dovrei? ...”

Probabilmente il Signore non stava pretendendo un simile sacrificio da Yves Bonnot. Il mattino seguente, dopo una notte insonne, il giovane medico ebbe qualche risposta che lo liberò dello sgradevole compito di fare da cupido tra Granchester e la donna che ancora amava.
Mentre stava camminando lungo l’accampamento con le mani sprofondate nelle tasche del soprabito per proteggersi dal freddo del mattino autunnale, vide una figura in lontananza. Era Granchester che rientrava dopo la notte di guardia. Ancora in lotta con la sua coscienza Yves prese a camminare nella stessa direzione. Non poté raggiungere il giovane sergente finché questi non entrò nella tenda che condivideva con altri soldati.

Yves entrò nel momento in cui Terence si toglieva il soprabito e l’uniforme, deciso a concedersi qualche ora di sonno dopo l’estenuante turno.

- Granchester! – lo chiamò il giovane medico, e il sergente si voltò subito verso di lui gettando nello stesso tempo la camicia sul letto pieghevole.

Fu allora che Yves vide un piccolo oggetto luminoso sul petto del giovane attore. Riconobbe immediatamente il ciondolo che aveva visto in molte occasioni appeso al grazioso collo di Candy. Una volta la giovane gli aveva raccontato la storia di quel crocifisso e del significato che aveva per lei. Capì all’istante la situazione. Terence Granchester non aveva perso tempo, dopotutto.

- Bonnot? – fece Terry sorpreso dall’improvvisa comparsa di Yves, ma subito i suoi occhi si resero conto che il dottore stava guardando il crocifisso sul suo petto. Non ebbe bisogno di alcuna spiegazione, quando Yves si limitò a uscire dalla tenda in silenzio. Tutto era stato detto dal piccolo talismano di una giovane donna.

:rose rosa:



Il giovane dottore trascorse il resto del giorno nel più nero degli umori. La notte del ballo del colonnello Vouillard aveva avuto la certezza definitiva che le sue possibilità con l’infermiera americana erano nulle, e già questa conferma era stata immensamente dolorosa, ma doversi rendere conto che il suo rivale aveva ottenuto l’amore della giovane era una nuova trafittura che veniva a devastare quel che restava del suo povero cuore. Yves riversò il dolore nel lavoro, misura comunque del tutto insufficiente a dar sollievo alla sua anima stremata.

Quel giorno l’accampamento, equipe medica compresa, era in mobilitazione per spostarsi verso il fiume Mosa, mossa che, secondo gli strateghi alleati, i tedeschi non potevano prevedere.
Alle 5.30 del mattino del 26 settembre il Primo Esercito Nordamericano attaccò con grande successo le posizioni del nemico lungo la Mosa. Bonnot chiese di essere incluso nello staff medico inviato alla linea del fuoco per prestare il primo soccorso. Non aveva mai visto una battaglia da vicino, ma quel giorno comprese quel che significava in tutta la sua spaventosa portata. Sentì i sudori freddi sulla pelle alla detonazione dei cannoni e assistette alla scena apocalittica di esseri umani scagliati in aria quando uno sventurato calpestava una mina. Niente poteva essere più frustrante per il giovane medico nel costatare come i suoi sforzi disperati per salvare delle vite erano sempre troppo lenti e limitati rispetto alla micidiale forza e velocità delle armi. La morte è una drammatica certezza che tutti dobbiamo affrontare, ma l’omicidio legalizzato della guerra va al di là di ogni verità naturale.

Yves, scosso fino al midollo dalla vista sconvolgente della crudeltà bellica, e con l'anima ancora sanguinante per il rifiuto di una donna, lavorò notte e giorno, riposando a stento solo per obbedire all'insistenza dei suoi superiori. All'inizio aveva pensato che affrontare la terribile realtà del campo di battaglia lo avrebbero aiutato a dimenticare le sue pene personali, ma ogni tragedia umana mantiene il suo posto del cuore di un uomo e, pur sapendo che in tutto quell’inferno altri avevano problemi più gravi da affrontare, Yves sentiva che il suo dolore non si attenuava. Più volte desiderò essere al posto degli uomini che morivano tra le sue braccia.

In quei giorni di crescente caos e frenesia Terence osservò Yves a distanza e notò come il medico sprofondava volutamente nella disperazione, rischiando la vita come per cercare con tutte le sue forze di perderla. Gli parve di vedere se stesso come in uno specchio. Il sergente si sentiva in debito verso Yves e decise di proteggerlo da lui stesso, per quel che era possibile. Forse il modo migliore per farlo era ottenere la sua confidenza, e poiché non poteva certo aspettarsi un approccio spontaneo da parte del dottore, Terence cercò di prendere l’iniziativa.

- Non riposi mai? – gli chiese un giorno mentre stava aiutando alcuni infermieri a trasportare dei feriti dal fronte all'ospedale da campo.

- E perché dovrei? – fu l’acida risposta di Yves.

- Se non altro, per restare vivo.

- Forse a volte sopravvalutiamo la vita, ci hai mai pensato? – rispose il medico, infastidito dall’insistenza di Terry.

- Più volte di quel che credi, Bonnot – rispose Terry in un tono così serio che Yves non poté fare a meno di guardarlo direttamente negli occhi - Ascolta, so che ora sei molto occupato, ma mi piacerebbe parlare un po' con te appena hai un attimo libero. Sempre che tu ti conceda una piccola pausa.

- E di cosa dovremmo parlare tu ed io? – chiese Yves con un accenno di ironia nella voce.

- Hai mai pensato che a volte la gente parla tanto per passare il tempo e perché vuol essere amichevole? Credimi Bonnot, in mezzo a questa guerra farsi degli amici è qualcosa che non si può non apprezzare quando si è la fuori, con una mitraglietta tedesca che spara alle tue spalle - rispose Granchester con un sorriso così aperto come Yves non gli aveva mai visto – Potremmo parlare … del tempo, se vuoi – furono le ultime parole prima di allontanarsi, mentre Yves, confuso, si domandava cosa avesse preso a Granchester per diventare di colpo così cordiale.

:rose rosa:




I tedeschi retrocedettero per circa otto chilometri lungo il fiume e gli americani cercarono di penetrare il bosco delle Argonne. Il nemico però era davvero forte in quella zona e gli alleati riuscirono ad avanzare solo per tre chilometri nel bosco e il 30 settembre dovettero sospendere l'attacco. Le truppe riposarono alcuni giorni mentre i capi militari rivedevano la strategia. Alla fine il generale Pershing decise che non c'era altra scelta, gli americani dovevano aprirsi la strada attraverso la Terza Linea di Difesa tedesca , a prescindere da quanto pericoloso fosse o da quante vite dovesse costare. L’attacco riprese il 4 di ottobre e sarebbe durato quattro dolorose settimane durante le quali il numero di vittime tra gli americani aumentò a un tasso vertiginoso.

In una notte in cui non era di guardia Terence cercò un luogo appartato dove scrivere liberamente, alla luce di una lampada al cherosene. Terminò la sessantesima lettera alla moglie e la ripose assieme alle altre che ancora non aveva potuto spedire. Poi estrasse un altro foglio di carta e cominciò a scrivere qualcos’altro, mentre nella sua mente si affollavano le immagini dei suoi compagni che agonizzavano in campo di battaglia.

Ogni attimo di orrore vissuto nella linea del fuoco era impresso vividamente nella memoria. La visione delle acque della Mosa macchiate dal sangue di molti uomini, i corpi senza vita in superficie, gli arti mutilati, l'agonia e, soprattutto, i volti di quelli che aveva dovuto uccidere per preservare la sua propria vita, era tutto così tormentoso che l’unica maniera per salvarsi dalla follia era mettere tutti i ricordi per iscritto in forma di dialogo, nella speranza che un giorno altre persone potessero ascoltare quelle parole e riflettere sulla tragedia umana. Il mondo doveva conoscere la crudele verità dietro la “gloriosa vittoria” e Terence sentiva che era sua dovere raccontarla.

- Vedo che hai ancora quell’abitudine – disse la voce di Yves. Il medico sedette accanto al sergente.

- Ti riferisci all’abitudine di scrivere? – rispose il giovane guardando gli occhi grigi illuminati dalla lampada. Da settimane non parlava con Yves ed era sorpreso di quella visita.

- Si, ti ho visto scrivere molte volte a Parigi – commentò il dottore con naturalezza – Hai molte lettere da scrivere?

- Beh, non proprio – ammise Terry stringendosi nelle spalle – non scrivo solo lettere.

- È buffo, Granchester – fece Yves soffocando una risatina ironica.

- Che cosa? – chiese il sergente incuriosito.

- Che sei stato mio paziente per mesi e non ti ho mai chiesto cosa fai nella vita. Sei per caso giornalista o scrittore?

- Ah, certo – sorrise Terry – Sono attore.

- Cosa? – fece Yves sorpreso – Vuoi dire che reciti in palcoscenico e usi travestimento e trucco?

- Già, proprio così. Faccio queste cose strane – disse Terry sorridendo – ma non potrei immaginare la mia vita lontana dal teatro e, credimi, la gente pensa che sia bravo in quel che faccio – aggiunse sollevando un sopracciglio.

- Se lo dici tu … - fu tutto quel che Yves riuscì a replicare.

- Però mi piace anche scrivere – continuò Terry indicando le pagine scritte dentro la cartella di cuoio.

- E cosa scrivi? – chiese Yves con indifferenza.

- Adesso ho tante storie da raccontare – spiegò Terry cominciando a sentire il freddo della notte nelle ossa – Per esempio scrivo della vita di un giovane soldato che stamattina non ho potuto salvare; del mio capitano che un tempo era un uomo che apprezzava le buone conversazioni, ma che in questi mesi è diventato cupo e taciturno; di un uomo che mi aveva parlato dell'ultima lettera che aveva appena scritto ai figli, un attimo prima che una granata tedesca gli esplodesse di fronte, e anche della storia di un giovane medico che sembra stia cercando disperatamente la morte ogni volta che lo vedo in azione - aggiunse sottolineando l'ultima frase con intenzione.

Yves guardò negli occhi blu di Terry con risentimento.

- È facile giudicare gli altri quando si ha quel crocifisso al collo – borbottò con amarezza.

- Non potrei mai giudicare un uomo che sta soffrendo dello stesso dolore che io patito molte volte nella vita - rispose Terence - Mi fraintendi, Bonnot.

- Forse, ma tutto quel che vedo ora è che la mia esistenza è diventata una caduta rovinosa che non riesco a fermare – soggiunse il medico francese con voce tremante sviando gli occhi per evitare lo sguardo penetrante di Terry.

- Cercare la morte come un forsennato non ti darà la risposta – insistette il sergente.

- Da quando sei diventato il mio consigliere? – rispose Yves sulla difensiva.

- Bonnot, non sono qualificato per fare da consigliere a nessuno – rispose Terry alzandosi in piedi – ma non molto tempo fa ero in preda alla stessa amara depressione che stai passando tu e, credimi, la mia è stata crudelmente dura perché l’ho dovuta sopportare per anni, con il cuore colmo di risentimento e auto recriminazione. Desideravo la morte quanto tu la stai desiderando ora, eppure adesso ringrazio Dio per non avermi concesso quello che gli chiedevo. Un uomo molto più saggio di quello che io sarò mai mi ha insegnato che niente è scritto nelle pagine della nostra storia personale finché non siamo noi stessi ad avere la forza di scrivere una pagina migliore la volta successiva. Non negarti quest'opportunità. Buona notte, dottore - concluse prendendo la lampada e avviandosi nelle tenebre. Yves rimase colo con i suoi pensieri.


CAPITOLO XIV - CONTINUA



Edited by *Kiar@* - 19/5/2012, 10:51
 
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view post Posted on 19/5/2012, 04:04     +1   -1
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grazie%20(60) Kiar@ .... mille volte grazie per l'impegno che ci regali in questa meravigliosa traduzione.
 
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view post Posted on 19/5/2012, 07:40     +1   -1
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Un abbraccio!
 
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Strepitosa Kiar@, grazie per questa incredibile traduzione.

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view post Posted on 30/5/2012, 13:23     +1   -1
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L'ho divorato questo capitolo!! mi è piaciuto moltissimo :) bellissimo l'ultimo pezzo dove Terry parla Yves...penso che lui e Flanny staranno bene insieme...ma mai quanto Candy e Terry...non vedo l'ora di leggere il seguito!!!!
 
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