Candy Candy

"Incontro nel vortice" di Alys Avalos, Traduzione della più famosa fanfiction di Candy in lingua spagnola

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view post Posted on 21/6/2012, 00:36     +1   -1
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Questa fanfiction la leggo più e più volte e resto sempre senza parole!
La tua traduzione poi è perfetta, me la fa apprezzare, amare ancora di più!
Grazie Kiar@ per il tuo splendido lavoro!
EMO_0381 EMO_0381 EMO_0381 EMO_0381
 
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view post Posted on 22/6/2012, 18:13     +1   -1
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Capitolo emozionante, Kiara.
Che bello l'amore di Candy per il suo Terence!

Grazie ,complimenti per l'ottima traduzione! :mizia: :mizia: :mizia:
 
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view post Posted on 24/6/2012, 08:37     +1   -1
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è davvero una FF piena di emozioni, grazie per l'eccellente traduzione, brava!
 
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view post Posted on 26/6/2012, 10:29     +1   -1
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bellissimo...grazie milleeee!!!
 
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monica200
view post Posted on 17/7/2012, 17:03     +1   -1




Devo dire che questa FF è veramente molto bella! Speriamo di leggere presto il seguito! Ma dove la si può trovare in lingua originale?
 
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view post Posted on 17/7/2012, 18:10     +1   -1
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Cara Monica, in spagnolo la trovi nel link che Ti posto qui sotto. Come vedi ormai non manca molto alla fine della traduzione ma se vuoi soddisfare prima la Tua curiosità.... ;) :)


http://galeon.com/fanficsfr/presREEV.html

 
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monica200
view post Posted on 17/7/2012, 20:42     +1   -1




Ti ringrazio molto Candy!!! gif
 
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view post Posted on 20/7/2012, 09:59     +1   -1
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:esther: :odyssea:
sto pregustando, immaginando, fantasticando il loro incontro, perchè si rincontreranno, vero?

grazie per questo regalo!
 
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view post Posted on 20/7/2012, 16:48     +1   -1
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Grazie Kiar@

 
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*Kiar@*
view post Posted on 29/7/2012, 12:18     +1   -1




CAPITOLO XV
ADDII E SVOLTE


Parte 1/1



Il treno aveva raggiunto la stazione. La scena che si presentava era tutta caos e agitazione: c'erano uomini che scaricavano attrezzatura militare, del personale medico trasportava i feriti in barelle sudice, attrezzature varie giacevano abbandonate al suolo, dappertutto era grida e confusione, e i volti delle persone esprimevano la più acuta irritazione. Alcuni giovani soldati, con delle bende sugli occhi e le uniformi in cattivo stato, camminavano in fila uno dietro l’altro, tra casse di munizioni e mitragliatrici. Ognuno teneva la mano sulla spalla del compagno davanti, che gli faceva da guida fino alla salita del treno. In testa alla fila c’era un uomo che non era stato accecato dall’iprite.
Yves non poteva vedere la scena, ma percepiva chiaramente l’atmosfera d’impazienza e nervosismo dominante. Dopo che due infermieri lo ebbero aiutato a salire e a trovar posto nel treno, si dispose ad aspettare la partenza. Tastò con i polpastrelli il vetro del finestrino e pensò che era paradossale starci seduto accanto senza poter vedere il paesaggio, e anche che il clima era ormai troppo freddo per godere dell’aria dalla finestra aperta. Il viaggio verso Parigi sarebbe stato lungo e noioso, soprattutto con la gamba ferita e l’impossibilità di leggere.
- Yves – chiamò una voce conosciuta dietro di lui. Il giovane dottore volse il viso nella direzione da cui proveniva quella voce.
– Pensavo di non riuscire a trovarti – disse Terence ansimando come se avesse corso.
- Non credevo di mancarti tanto – ironizzò Yves.
- Ti piacerebbe, francesino – rispose l’altro con un sorriso beffardo – sono qui solo per farti un favore.
- Carino da parte tua. Di che si tratta?
- È appena arrivata la posta e c’è una lettera per te. Pare sia stata sballottata in diversi posti prima di arrivare qua – spiegò Terence ponendo la missiva nelle mani del medico.
- Di chi è? – chiese Yves curioso e un po’ frustrato dal fatto di non poter leggere la lettera da sé.
- Non ci crederai mai – rise Terry divertito dalla situazione – Non immaginavo che foste così intimi!
- Cosa vuoi dire? Dai, Granchester, dimmi di chi è la lettera.
Terry si appoggio al sedile con la mano e si sporse verso Yves per parlargli all'orecchio in tono complice.
- Una donna!
- Chi? Insomma dimmelo, e smettila di giocare come un ragazzino idiota – replicò Yves, che stava perdendo quel poco di pazienza che ancora gli restava.
- Miss Cipiglio in persona! Chi l’avrebbe mai detto! – Terry non riusciva più a trattenere la sua allegria.
- Miss Cipiglio?
- Conosciuta anche come l’infermiera Hamilton, caro amico – spiegò Terry, ridendo smodatamente.
- Flanny? – fece Yves stupito – Davvero?
- Ma certo! Se vuoi te la posso leggere ad alta voce. Guarda però che non rispondo se il contenuto è troppo personale.
- Vuoi smetterla Granchester? – ordinò Yves infastidito – Dio, ma sei proprio uno strazio quando ti ci metti! No grazie, mi arrangerò in qualche altro modo.
- Benissimo, argomento chiuso - rispose Terry sorridendo ancora, ma cominciando ad assumere un tono più serio - Ecco come mi ringrazi per esser corso fin qui solo per consegnarti la lettera. Ma non preoccuparti, sono già abituato alla tua ingratitudine.
- Allora grazie – disse Yves, un po’ più rilassato.
Terence rifletté su come la tensione tra loro due era andata allentandosi dopo la terribile esperienza che avevano condiviso e i giorni trascorsi assieme all’ospedale da campo. L’aristocratico si compiaceva nel vedere che i loro rancori sembravano completamente dissolti. Anche se non potevano dirsi grandi amici, ormai la diffidenza reciproca si poteva considerare superata. Il treno fece un piccolo scatto in avanti e la voce del capostazione annunciò la partenza. Era il momento dell'ultimo addio.
- Bene, credo sia tutto – disse semplicemente Terry – Ti auguro tutto il meglio, Bonnot.
- Altrettanto a te – rispose Yves con cordialità – e ancora una volta … grazie … per tutto quello che hai fatto per me – aggiunse con un leggero imbarazzo.
- Non parliamone più – rispose Terry in tono serio – In situazioni diverse avremmo potuto essere buoni amici, ma mi fa piacere che abbiamo risolto le nostre divergenze. Ti auguro di trovare la donna giusta. Te lo meriti davvero – aggiunse con sincerità.
- Grazie – rispose il medico – e abbi cura di Candy.
- Lo farò – affermò Terry stringendo la mano sinistra che Yves gli porgeva, sapendo che il giovane attore non poteva usare la destra - Addio, Yves Bonnot.
- Addio Terence Granchester – disse Yves prima che Terry lo lasciasse solo nel vagone.
Il giovane medico sentì che il treno cominciava a muoversi. Poi sentì i passi di qualcuno che camminava con le stampelle fino a prender posto accanto a lui, balbettando un timido saluto con accento del sud degli Stati Uniti.
- Buon pomeriggio – disse Yves cortesemente allo sconosciuto che sarebbe stato suo compagno di viaggio – Mi chiamo Bonnot.
- Gordon, Jeremy Gordon, di New Orleans - rispose l’uomo con voce rauca.
I due uomini iniziarono una conversazione informale mentre il treno si lasciava indietro la stazione improvvisata addentrandosi nei boschi. Dopo un po' Yves aprì la busta che teneva ancora in mano.
- Scusi, Mr Gordon - disse rivolto al compagno di viaggio – ho qui con me la lettera di un’amica ma, come può ben vedere, mi è impossibile leggerla da me. Le dispiacerebbe farlo lei?
- Con piacere, amico – rispose il soldato prendendo la lettera nella mano callosa e cominciando a leggere.

Caro Yves …


:heart of rose:



Cappelli delle fogge più disparate, guanti, sottane, scarpe, fazzoletti bianchi, ombrellini di pizzo e altri svariati capi e accessori femminili erano sparsi per tutta la camera. Le due ragazze lavoravano alacremente per impachettare ogni articolo il prima possibile ma, nonostante i loro sforzi, c’era sempre qualcosa di non notato che appariva dal nulla. Era più di un anno che Patty si trovava nell'Illinois e in tutto quel tempo si era fatta contagiare più volte dalla febbre degli acquisti di Annie.
- Devi proprio prenderti questo cappello, Patty – erano i tipici discorsi di Annie – Ti sta semplicemente d’incanto.
E Patty cedeva spesso e volentieri alle sue debolezze femminili, seguendo immancabilmente i consigli di Annie. Ma era arrivato il momento di pagare il prezzo di quei peccatucci: Patty doveva decidere cosa portare con sé in Florida e cosa lasciare a casa di Annie. Non era il caso di portare via tante cose, dal momento che aveva in programma di tornare nell’Illinois subito dopo le festività di fine anno.
I signori O’Brien pensavano che la figlia era rimasta lontana da casa per troppo tempo e, poiché era novembre, la aspettavano in Florida perché passasse le vacanze con loro. Sulle prime il signor O’Brien aveva pensato di andare incontro alla figlia a Chicago per accompagnarla nel suo viaggio, ma la moglie lo convinse a lasciare quella missione nelle sue mani, in modo da non trascurare gli affari, mentre la signora O'Brien avrebbe avuto l'occasione di divertirsi e di far visita agli amici di Patty a Chicago. Il signor O'Brien non poteva sospettare che Patty e nonna Martha avevano pianificato quel viaggio già molti mesi addietro.
Quando Tom aveva chiesto a Patty di sposarlo, la ragazza aveva immediatamente scritto alla nonna per raccontarle quelle novità. L’anziana era molto emozionata e felice per la nipote, ma nello stesso tempo era consapevole che, a differenza del suo primo fidanzamento, stavolta Patty non poteva esser sicura dell’approvazione dei genitori, a causa delle origini di Tom. Quindi nonna Martha si era premurata di far presente a Patty i problemi che avrebbe dovuto affrontare nel momento in cui i genitori sarebbero venuti a conoscenza del suo fidanzamento con un fattore.

rovpattom15a


Le due donne decisero che sarebbe stato più saggio aspettare il ventunesimo compleanno di Patty all’inizio di novembre, di modo che, anche nel caso in cui i signori O'Brien non avessero inteso accettare Tom come genero, non avrebbero avuto alcun diritto legale di impedire il matrimonio.
Così nonna Martha viaggiò fino a Chicago prima, e a Lakewood poi per conoscere Tom e definire gli ultimi dettagli del suo piano. Tom sarebbe partito con le due donne per incontrare i genitori di Patty e chiedere ufficialmente la mano della giovane. In caso di rifiuto, Tom e Patty non avrebbero esitato a sposarsi anche senza la loro approvazione, e Martha era comunque disposta ad appoggiarli.
- La mia famiglia mi ha rovinato la vita costringendomi a sposare un uomo che non amavo – disse l’anziana mentre aiutava Patty a piegare un bellissimo vestito di lana da imballare – Non potevo mai prendere una decisione da sola. Prima erano sempre i miei genitori a decidere come dovevo vestirmi, comportarmi, quello che dovevo imparare, la gente che dovevo frequentare. Poi fu sempre mio marito ad avere il controllo sulla mia vita, così perdetti la gioventù e i sogni. Non potevo nemmeno dire la mia sull'educazione di mio figlio. Fu suo padre a scegliere la scuola per lui, la professione che avrebbe svolto, e la donna che avrebbe sposato. Un giorno mi resi conto che mio figlio era diventato un freddo e arido snob, un estraneo che non aveva più niente in comune con il mio ragazzo. E quando ti mandarono alla Royal St. Paul School pensai che stavano facendo la stessa cosa con te.
- Ma per fortuna ho conosciuto qualcuno lì – commentò Patty con un sorriso felice, mentre contemplava una fotografia che teneva tra le mani.
- Lo so, cara – rispose l’anziana ricambiando il sorriso – non smetto mai di stupirmi di quanto sei cambiata da quando hai incontrato Candy. Ti vedo sempre più matura e sicura di te stessa.
- Non sarò mai un’eroina di guerra - disse Patty ridendo, mentre mostrava alla nonna la foto di Candy con tre soldati nell’ospedale da campo – ma adesso so che non è peccato guardare il mondo in faccia e dire che anch’io posso pensare con la mia testa e decidere della mia vita.
- Questo è l’atteggiamento che devi avere, cara – esclamò l’anziana con fervore – Vorrei proprio vedere la faccia di tuo padre quando si renderà conto che non sei più una bambolina che può maneggiare a suo piacimento. Peccato che non ci sia più tuo nonno, vorrei vedere anche la sua di faccia! Lo giuro su tutti i Santi, sarebbe una scena grandiosa!
- Nonna! Non giurare a vanvera! – la rimproverò la giovane con un risolino – Tu vedi tutto come un gioco, ma ti confesso che sono molto nervosa. So che mamma e papà saranno molto duri con me, a volte penso che non li rivedrò più dopo il matrimonio.
- È quello che potrebbe succedere, tesoro – sospirò Martha – Speriamo che un giorno riescano a capire i tuoi sentimenti. Ma anche se non fosse così, con un marito come Tom e tanti amici affettuosi, sono sicura che non ti sentirai mai sola – aggiunse sorridendo.
- Lo penso anch’io, nonna. Ma dimmi, accetterai l’offerta di Tom di venire a vivere con noi alla fattoria? – chiese Patty con entusiasmo.
- Ci sto ancora pensando – rispose l’anziana con gli occhi che le brillavano – Ho anche altre offerte, sai?
- Che genere di offerte, nonna? – chiese Patty incuriosita dall'espressione maliziosa di Martha.
- Beh, non dovrei parlarne per scaramanzia, ma ...
- Dai, nonna, dimmelo!
- Va bene, va bene - accondiscese l’anziana – Ho chiesto a Miss Pony se le sarebbe piaciuto avere una nuova aiutante all’orfanatrofio. Lei e Suor Maria fanno un lavoro così magnifico che sarebbe meraviglioso se potessero accogliere un maggior numero di bambini. Ma per far diventare la Casa di Pony più grande avrebbero bisogno di altre braccia e di certe mie idee ...
- Ah, nonna! Mi preoccupi quando hai quello sguardo! - disse Patty sorpresa.
- Anche tu potresti dare una mano. C’è bisogno di energie nuove e giovani in questo progetto! Allora … dov’è quel soprabito azzurro che vuoi portare con te? – chiese la nonna cercando il soprabito in mezzo al disordine generale.
- È nella camera di Annie. Puoi andarlo a prendere, nonna?
- Benissimo! Chiederò anche al maggiordomo che ci porti un po’ di tè con i pasticcini - suggerì Martha in tono birichino.
- Si usano di più i biscotti qui in America, ricordatelo! Ah, nonna, cerchi solo una scusa per civettare con il maggiordomo!
- Non ha forse un sorriso incantevole? – commentò Martha, ma Patty non ebbe il tempo di replicare alla mattacchiona di sua nonna perché l’anziana donna era già uscita dalla stanza per cercare il maggiordomo dei Brighton.
Patty sospirò rassegnata e continuò a impacchettare le sue calze. Aveva bisogno di qualche minuto da sola per pensare a Tom. Il ricordo dell’ultima volta che si erano visti, delle cose che si erano detti, della sensazione delle loro mani unite e del bacio che si erano scambiati era così vivido in lei che il cuore aveva cominciato a batterle fortissimo. Chiuse gli occhi e sorrise.
- Com’è il clima nella terra dei sogni? – chiese Annie mentre entrava nella stanza trovando una Patty talmente persa nelle sue fantasticherie da non aver sentito i discreti colpi alla porta.
- Eh? Che hai detto? …
- Ti ho detto di detto di svegliarti dai tuoi sogni … Ho notizie dalla Francia! – disse Annie agitando una busta rosa.
- Santo Cielo! Cosa dice? Dai, Annie, apri! – fece Patty eccitata.
La brunetta obbedì e con dita nervose strappò la busta ed estrasse la lettera.

20 settembre
Cara Annie,
Spero che quando riceverai questa lettera tutto vada bene per te e la tua famiglia. Se vuoi sapere di me, posso dirti di non esser mai stata meglio. Se mai in passato ho creduto di conoscere la felicità, devo riconoscere che mi sbagliavo. Non avevo idea di cosa fosse davvero fino a qualche giorno fa …


Mentre Annie continuava la lettura, le due giovani spalancavano sempre di più gli occhi dallo stupore, ansimando e scambiandosi sguardi stupefatti ad ogni riga. Prima di allora Candy aveva messo al corrente soltanto Albert, Miss Pony e Suor Maria del fatto che Terence si trovava in Francia, ricoverato nello stesso ospedale in cui lei lavorava. Quella lettera che riferiva tutta la storia coglieva le due ragazze nella più inaspettata delle sorprese.
- Non posso crederci! … - esclamò Patty quando Annie finì di leggere la lettera per la terza volta – È incredibile … Voglio dire, si sono incontrati là … Hai la minima idea di quante possibilità avevano di incontrarsi? Dev’esser stato il destino! - disse servendosi un bicchier d’acqua per riprendersi.
- Mi rendo conto, Patty – rispose Annie in tono malinconico –Suppongo che il loro amore fosse semplicemente predestinato. Sono felice per lei.
- E allora perché hai quella faccia triste?
Annie si alzò e andò verso la finestra con gli occhi color miele che seguivano la caduta delle foglie secche da un frassino nel giardino.
- Non lo capisci, Patty? – rispose la ragazza dopo un lungo silenzio – Per anni sono stata talmente accecata dal mio amore per Archie e dal mio egoismo che non ho saputo essere una vera amica per Candy.
- Ma che stai dicendo, Annie? Ne abbiamo parlato ancora. Perché non riesci a capire che sei sempre stata un’ottima amica per Candy e per me? – replicò Patty.
- Lo credi davvero, Patty? – chiese Annie guardando l’amica negli occhi con il viso già bagnato dalle lacrime - Se sono stata una così buona amica, come mai non mi sono accorta che Candy fingeva soltanto di esser forte e felice negli ultimi tre anni?
- Dove vuoi arrivare, Annie? – chiese Patty sollevando il sopracciglio.
- A questa lettera, Patty! – gemette la bruna facendo cadere i fogli sul pavimento – Candy è così felice in ogni riga, come non lo è mai stata per tanto tempo, e io, la sua migliore amica, non mi ero resa conto che soffriva per la separazione da Terry! Io credevo che avesse dimenticato quell’amore impossibile! E adesso vedi! L’ha sposato! Vuol dire che l’ha sempre amato in silenzio, ha pianto e sofferto di nascosto per tre anni e io non ero lì per consolarla! Ecco che razza di migliore amica sono! – singhiozzò stringendo le tende con mani tremanti, con un viso che esprimeva rabbia e frustrazione.
- Annie! Non essere così dura con te stessa. Non sei stata l’unica ad essere stata ingannata dal coraggio di Candy. Nemmeno io immaginavo i suoi sentimenti – disse Patty alzandosi in piedi e avvicinandosi all’amica.
- No, Patty, la tua situazione non è comparabile alla mia – osservò gravemente Annie – Hai dovuto affrontare prove talmente difficili che nessuno ti può giudicare per non essere stata a fianco di Candy quando ne aveva bisogno. Ma io … - i singhiozzi le impedirono di proseguire.
- Annie … – fu tutto quello che l’amica riuscì a dire abbracciandola.
Annie si aggrappò alle braccia di Patty e per un po’ diede libero sfogo al rimorso. La sua mente andò agli anni dell’infanzia, quando lei e Candy avevano sei anni. Rivide se stessa mentre le scriveva l'ultima lettera, sapendo che le sue parole l’avrebbero ferita profondamente, ma la piccola Annie non aveva il coraggio né di opporsi alla madre adottiva, né di mantenere una corrispondenza clandestina con Candy.
“Di me … si è sempre trattato solo di me!” pensò Annie vergognandosi “Sono sempre stata così occupata a mantenermi protetta e al sicuro che quasi mai mi sono preoccupata degli altri!".
La giovane si rese improvvisamente conto che la sua anima stava raggiungendo il fondo di un oscuro tunnel in cui aveva vagato nei mesi precedenti, da quando Archie aveva rotto con lei. Pensò che non era possibile vivere in una situazione peggiore della sua in quel momento. Più che l’abbandono di Archie il dolore più grande glielo provocava il fatto che ora lei odiava se stessa. Sospirò profondamente chiedendosi se avrebbe trovato un giorno il coraggio necessario per intraprendere l’interminabile viaggio che l’avrebbe portata ad uscire dalla prigione che le sue stesse paure avevano costruito intorno a lei.
- Patty – sussurrò Annie sciogliendosi dall’abbraccio dell’amica - grazie per la comprensione … Io … io … apprezzo il tuo appoggio.
- Di niente, Annie. È per questo che ci sono le amiche – rispose Patty guardandola con una luce sincera negli occhi color caffè, ma nello stesso tempo sentendosi incapace di aiutarla di più in quella battaglia con sé stessa. Per esperienza personale sapeva che l’unica persona davvero in grado di aiutare Annie, era la stessa Annie.

:rosy heart:



La notte era stata molto impegnativa all'ospedale. Candy aveva fatto il turno di notte e stava terminando di rifare il bendaggio a un paziente che le aveva chiesto di farglielo meno stretto. L’uomo aveva poco più di venticinque anni e aveva usato quella scusa per godere delle attenzioni della giovane ancora per un po’. Candy ne era consapevole, ma preferiva ignorarlo, abituata com’era alle galanterie dei pazienti.
“Quando sei la prima donna che vedono, dopo settimane o mesi di trincea, non puoi aspettarti che ti trattino come loro nonna” era il pensiero della giovane; nondimeno provava costantemente un certo imbarazzo alle attenzioni maschili.
- Ha un fidanzato, signorina Andrew? – chiese l’uomo con uno sguardo insinuante, mentre Candy si chiedeva come avrebbe dovuto rispondere, dal momento che il suo matrimonio doveva rimanere segreto.
- Si, ho un fidanzato, signor McGregor.
- E dov’è quell’uomo fortunato? – insistette il soldato con un sorrisetto beffardo.
L’infermiera lo guardò negli occhi con fierezza.
- È al Fronte, sta servendo l’esercito americano – rispose.
- E non le manca? – chiese ancora McGregor – Perché io sarei disposto a consolarla finché lui è lontano, signorina Andrew.
- Si, mi manca nel più profondo del cuore. La sua offerta è molto gentile e io la ringrazio, signor McGregor, ma la risposta è no. E lei dovrebbe pregare il Signore che nessuno stia facendo la stessa offerta a sua moglie in Inghilterra – lo rimproverò. Mentre stava per aggiungere qualcosa per contrastare le disinvolte avances del soldato, fu interrotta dalle grida di una voce in corridoio.
- È finita!! È finita!! – gridava un giovane medico britannico facendo irruzione nella camerata.
- Ma è impazzito dottor Cameron? – lo apostrofò Candy – È ancora molto presto e molti pazienti stanno dormendo. Vuole forse svegliarli?
- Santo Cielo, signorina Andrew, che si sveglino tutti allora! – spiegò l’uomo senza fiato – È finita, la guerra è finita! Hanno firmato l’armistizio due ore fa! L’hanno appena annunciato alla radio!
- Dice sul serio, dottore? – chiese incredulo McGregor.
- Assolutamente! Non sono mai stato così serio in vita mia! – rispose il medico. Ben presto tutta la camerata era in piedi, gridando e ridendo di gioia.
Candy si precipitò fuori. Tutti erano nei corridoi, festeggiando, felicitandosi e abbracciandosi gli uni con gli altri. La guerra durata quattro lunghi anni era finalmente conclusa, così come l’interminabile lista di perdite umane lungo la frontiera francese. Alcune bottiglie di champagne erano apparse dal nulla, infermiere e pazienti già brindavano con un’allegria incontenibile simile a quella dei bambini la mattina di Natale.
- Si va a casa, signorina Andrew! – gridava un paziente che si sosteneva con le stampelle a fianco di Candy. “Si torna a casa!” pensò Candy felice “Ah, Terry, andiamo a casa!”

:heart of rose:



Quello stesso giorno, ma dall’altro lato dell’Atlantico, il sole tramontava e Albert stava terminando la cavalcata quotidiana. Con passi pigri il giovane stava conducendo il cavallo verso le stalle, quando uno stalliere gli corse incontro agitando il cappello nell’aria. Albert non fu in grado di capire le parole agitate e confuse dell’uomo finché non lo ebbe di fronte.
- Gesù, Giuseppe e Maria, signor Andrew! – diceva l’uomo tutto scalmanato – La guerra è finita!
- Sei sicuro? – chiese Andrew afferrando energicamente lo stalliere per la manica della camicia.
- Si, signore! Questo significa che la signorina Andrew sarà presto di ritorno? – chiese l’uomo interessato, poiché tutto il personale di servizio della casa era affezionato alla giovane ereditiera che era sempre stata affabile e generosa con tutti.
- Certo che si! – rispose Albert ridendo, con gli occhi azzurri che riflettevano la luce della stella della sera. Dentro di lui un pensiero: “Il mio giorno è arrivato!”

:rosy heart:



A Parigi i festeggiamenti parevano non cessare mai. La gente si era riversata per le strade, le chiese suonavano le campane da ore, il vino scorreva liberamente in tutte lo gole. All’ospedale Saint Jacques Julienne piangeva abbracciando Flanny con tutte le sue forze. I pazienti che potevano camminare ballavano e festeggiavano nei corridoi e nelle camerate gridando a squarciagola “A casa! A casa!” più e più volte, ognuno nella sua lingua.
Abbracciata all'amica, Flanny non si sentiva partecipe all'euforia generale. "A casa?" pensava amaramente "A casa per che cosa?"

:heart of rose:



All’interno della sua camera, con le luci spente e lo sguardo fisso nel balcone dove la brezza autunnale spogliava il roseto dei suoi petali, Archie, che stava trascorrendo alcuni giorni alla casa di Lakewood, ascoltava la radio che dava notizia dell’armistizio.
“La guerra è finita” pensava malinconicamente “ma questo non mi porterà quello che speravo”. Abbassò lo sguardo senza poter trattenere le lacrime. “Al contrario, significherà soltanto che dovrò sopportare la vista di lei tra le braccia del mio rivale”.

:rosy heart:



A Busunzy, nella stessa notte, un giovane camminava lungo uno dei corridoi dell’ospedale locale, osservando la luna dietro le nuvole grigie che oscuravano il cielo. Pensava che il satellite non era mai apparso bello come quella notte. Il giovane scostò dalla fronte le ciocche dei capelli castani che gli erano cresciuti velocemente, mentre si appoggiava al muro. Portò la mano alla tasca ed estrasse una busta color rosa, profumata dello stesso fiore, e la baciò con tenerezza.
- Andiamo a casa, amore mio – disse Terry rievocando il sapore delle labbra di Candy.

:heart of rose:



I giorni che seguirono la partenza di Patty furono particolarmente solitari per Annie Brighton. La giovane piombò in uno stato depressivo che la faceva sentire come se i tutti i suoi interessi più cari fossero diventati vani e inutili. Preoccupata nel vedere la figlia trascorrere lunghe ore chiusa in camera, la signora Brighton insisteva perché uscisse e tentò anche di organizzare un ricevimento, ma Annie supplicò suo padre di essere esonerata dal partecipare a qualunque evento mondano, ottenendo l'appoggio del brav'uomo. Il signor Brighton comprendeva che la vita della figlia era a un punto di svolta e pensava che la cosa migliore fosse darle il tempo di scoprire da sola la soluzione ai problemi che stava affrontando.
Annie passava i pomeriggi cercando di alleviare i suoi patemi ascoltando il fruscio delle foglie secche dei frassini della vasta proprietà dei Brighton. Passeggiava a lungo in riva al lago, cercando di ascoltare il suo cuore, riflettendo sui tratti più oscuri della sua anima che non le piacevano, e molto spesso comparava se stessa alle foglie morte spazzate dal vento. Erano cresciute rigogliose, verdi e lucenti nell'estate precedente, ma con l’arrivo delle fredde giornate autunnali avevano preso a svolazzare senza meta, verso un futuro incerto e lontano, molto lontano dal robusto albero che le aveva protette.
Candy era stata il suo albero forte nell’estate dell’infanzia e dell’adolescenza, ma quando Annie aveva dovuto affrontare le fredde sferzate della vita si era ritrovata come una piccola foglia secca e insignificante. Non si piaceva, e anche se lo specchio le restituiva un'immagine di giovinezza e avvenenza, Annie sapeva che l’ anima non corrispondeva all’aspetto. Capiva che la seducente bellezza fisica di Candy impallidiva di fronte allo splendore della sua anima perché, al contrario di lei, la sua amica non aveva costruito la sua vita sui pilastri del denaro e della posizione sociale, e questo aveva l’aveva resa la donna forte e autentica indimenticabile nel cuore di Terence.
I giorni trascorrevano in queste riflessioni, finché non arrivò a una conclusione. Era giunto il momento di cambiare quelle cose di sé che non le piacevano, di pensare agli altri prima che a sé stessa, di voltare le spalle ai feticci del passato e di inaugurare il giorno del nuovo incontro con se stessa.
Durante una quelle passeggiate, Annie si fermò di colpo, guardò il paesaggio dorato e decise che il giorno era arrivato. Tornò nella sua stanza dove, alla tenue luce di una lampada, scrisse una lettera a una donna che non aveva mai incontrato in vita sua, ma che era destinata ad essere un personaggio importante nel capitolo della sua storia personale che stava per cominciare.


Con mano nervosa Annie strinse il pezzo di carta che teneva in tasca. Sapeva che quello che stava per fare non era affatto facile. Per alcuni secondi stette in silenzio, immobile di fronte alla porta della stanza di sua madre, ancora reticente a bussare. Alzò lo sguardo verso il soffitto e, serrando le palpebre, pensò a Candy per la centesima volta in quella sera.
“Mai avrei pensato che potesse essere così difficile, Candy” pensò “Come hai fatto in tutto questo tempo ad andare avanti da sola? Oh, mio Dio, aiutami!”. Si fece un segno di Croce, poi finalmente si decise a bussare.
- Avanti – disse una voce femminile dall’interno.
Annie entrò nella stanza finemente arredata. Sua madre era seduta al secretaire, indossava una vestaglia di seta azzurra che accentuava la pelle bianca e i capelli dorati.
- Annie, cara! – la chiamò dolcemente – Pensavo stessi suonando il piano nel salone rosa – disse in tono vagamente distratto.
- Prima ero là, mamma, ma … - la ragazza esitò sentendo l’ansia assalirle il cuore – avevo bisogno di parlare con te ...
- Va bene, tesoro – rispose la signora Brighton abbandonando la sedia di fronte allo scrittoio e sedendosi in un divano vicino – Cosa devi dirmi?
- Allora, mamma – cominciò Annie sedendo accanto alla donna – ho cominciato a pensare a nuovi progetti dato che … dato che non mi sposerò, come si credeva.
La donna si rivolse alla figlia con un sorriso di comprensione sul volto ancora bello.

- Bambina mia! – disse, quasi alzandosi in piedi per l’entusiasmo – È proprio quello che desideravo sentire da te. Basta con le lacrime! Io ho delle idee meravigliose per la prossima stagione ... andremo all’Opera, a teatro, a ogni serata di gala e ricevimento. Tutti ti devono vedere …
- Mamma … - la interruppe Annie -
- I miei piani sono diversi – disse timidamente.
- Sciocchezze, Annie – rispose la madre con ancora più enfasi – Lo so io quello che c’è da fare. Bisogna che tutti vedano che non ti stai struggendo per quell’uomo che non merita niente. Al contrario, devi essere la dama più bella della stagione, la più amata e ammirata dagli uomini e la più invidiata dalle donne. Lascia fare a me.
Annie abbassò la testa stringendo le mani l’una contro l’altra mentre sua madre parlava. Il suo sguardo era fisso sulle delicate scarpette di raso decorate da minuscole violette e da un grazioso fiocchetto, come se avesse potuto trovare il coraggio che le serviva in qualche punto nascosto della superficie lilla delle calzature.
Madre, forse sto per darti una delusione - riuscì finalmente a dire la timida giovane sollevando uno sguardo triste - ma i miei piani non prevedono di restare a Chicago. È ora per me di cominciare a far qualcosa di più utile che trascorrere le serate tra una festa e l'altra.
- E cosa pensi di fare allora? – chiese la signora Brighton stupita dalle parole della figlia.
Annie prese il foglio di carta dalla tasca del vestito e lo mostrò titubando alla madre. La donna lesse l’articolo sul foglio di giornale e quando ebbe terminato fissò la figlia con sguardo interrogativo.
- Non capisco, Annie. Cos’hai a che fare tu con questa donna italiana? – chiese sconcertata.
- Mi interessa il lavoro che sta facendo con i bambini mentalmente ritardati – affermò Annie sentendo una vampata di rossore correrle sulle guance - Io ... mi piacerebbe andare in Italia per studiare con lei.
- Ma … perché? – indagò la signora, del tutto incapace di comprendere le intenzioni della figlia.
Voglio imparare a lavorare con bambini di questo tipo, e poi tornare in America per aprire una scuola, come quella che ha aperto lei nel suo paese. Qui dai noi questi bambini vengono trattati come se non fossero in grado di imparare niente, ma il lavoro di questa donna dimostra che possono fare grandi progressi – spiegò Annie con voce sempre più ferma e convinta.
- Vuoi dire che vorresti studiare per … per lavorare? Intendi dire avere un impiego? – chiese la signora Brighton sbalordita.
- Si, madre. Non credo che la mia vita attuale sia di qualche utilità ... Ci sono donne che hanno preso una strada differente, dimostrando che si può ...
- Basta, ho sentito abbastanza! – disse la donna scattando in piedi visibilmente alterata – Solo Candice può averti messo in testa certe idee. Ho sempre saputo che quell’amicizia non portava a niente di buono! Ecco che adesso parli come una suffragetta debosciata! No, mia figlia no! … Non una Brighton! – dichiarò con veemenza, ma mantenendo comunque la compostezza.
- Mamma! – esclamò Annie senza sapere come rispondere.
- Questa discussione termina qui, Annie – affermò freddamente la signora Brighton – Domani andremo dalla modista per ordinare il tuo nuovo guardaroba per la nuova stagione. Quest’anno devi trovare marito. Siamo intesi?
La giovane era rimasta seduta sul divano, muta, stringendo nervosamente l’articolo di giornale che aveva raccolto da terra. Provava risentimento per la madre che aveva immediatamente incolpato Candy. Capì all’istante che una volta ancora era costretta a una scelta: seguire l'esempio della sua migliore amica e diventare una donna fiera di se stessa, oppure obbedire ai desideri della madre, come aveva sempre fatto.
Annie amava sua madre della cui approvazione per i suoi nuovi progetti sentiva il bisogno, ma nello stesso tempo temeva il confronto con lei. Per un attimo fu colta dal dubbio che le sue intenzioni dopotutto non fossero molto sensate. Forse era meglio obbedire a sua madre e dimenticare quelle idee. Ma immediatamente un’altra immagine attraversò la mente di Annie: il ricordo di Candy umiliata a casa dei Legan un pomeriggio lontano nel tempo, quando la bambina lentigginosa l’aveva salvata dai perfidi scherzi di Neal e Iriza, prendendosi stoicamente tutta la colpa.
La giovane sollevò lentamente la testa corvina, il suo sguardo si fissò sull'elegante figura della madre. Nelle profondità acquose delle pupille cominciava a brillare una crescente fiamma di determinazione con una forza sconosciuta.
- Madre, amo te e papà con tutto il cuore – disse in tono calmo – Ti ho sempre obbedito e ho sempre seguito i tuoi consigli, ma temo che stavolta non mi sarà possibile fare come desideri. La mia decisione è presa e non intendo cambiarla.
La signora Brighton si voltò per guardare la figlia negli occhi, stentando a credere alle parole che aveva appena sentito.
Cosa stai dicendo? – chiese con voce roca.
- Dico che sto per andare in Italia per studiare con la signora Montessori. Le ho scritto e lei mi ha accettata come alunna per il prossimo anno. Non mi cercherò un marito come tu vorresti, non mi sento pronta per un nuovo impegno. Per il momento voglio studiare, e se pensi che Candy abbia qualcosa a che vedere con la mia decisione ti dico che sei nel giusto, ma non nel modo che credi.
- Ma sicuro! Chi altri dovrebbe esserci di mezzo! - gridò la signora Brighton perdendo il controllo per la prima volta - Quella ragazza scapestrata, che è scappata dal collegio, che vive da sola in un appartamento, che lavora come se avesse bisogno di un impiego, che se ne è andata in un paese straniero senza il consenso della famiglia, rischiando la vita e l'onore! E adesso si è anche sposata, decidendo da sola, senza il permesso del suo tutore! Solo Dio sa se ha veramente sposato quell’uomo! Magari finirà col disonorare la famiglia mettendo al mondo un figlio senza padre!
- Adesso basta, madre! – gridò Annie, con il viso in fiamme per l’ira e l’indignazione – Dici che Candy è immorale solo perché ha sempre seguito il suo cuore! Ha lasciato il collegio perché ha avuto il fegato di capire che lì non stava imparando niente di utile! Viveva in un appartamento da sola perché è indipendente e non ha bisogno di una famiglia per cavarsela! Ha un lavoro perché vuole aiutare gli altri! È andata in Francia perché voleva servire il suo paese, e se adesso la condanni perché si è sposata decidendolo da sola è perché non sai riconoscere il vero amore! È una donna meravigliosa che io ammiro e che non ha niente di cui vergognarsi! E per quanto riguarda la mia decisione, riconosco che è stata Candy a ispirarmi con il suo buon esempio, ma lei è completamente all'oscuro dei miei progetti - Annie si fermò per un attimo, le mani le tremavano mentre le lacrime le rigavano le guance, ma l’espressione era sorprendentemente sicura – Se stai cercando qualcuno da incolpare, incolpa te stessa, madre! - aggiunse in tono di rimprovero.
- Cosa vuoi dire? – chiese la signora Brighton, che non si era ancora ripresa dallo sbalordimento per l’inaspettata esplosione di Annie.
- Voglio dire che mi hai dato amore, un’educazione, tutto quello che il denaro può procurare, e io apprezzo tutto questo, ma mai, mai mi hai aiutata a trovare la mia strada. Mi hai fatto credere che valevo qualcosa solo se mi fossi sposata con un uomo ricco, che il mio successo era subordinato a quello di mio marito, che il senso della mia vita doveva essere stabilito da un uomo e non da me stessa! Mi hai fatto voltare le spalle alla migliore amica che Dio mi abbia dato! Mi hai fatto mentire sulle mie origini, come se nascere povera e senza genitori fosse un peccato! Io sono sempre stata debole, non mi hai mai insegnato a vincere le mie paure e a esser forte! Quando Archie ha rotto con me mi hai detto di aver sempre saputo che non mi amava davvero ... e allora perché non mi hai detto prima una cosa del genere? Dici che Candy è immorale, ma noi non lo siamo di meno, vivendo sempre nella menzogna!
- Piccola ingrata! – sibilò la signora Brighton alzando la mano per schiaffeggiare la figlia, ma una mano più forte afferrò la sua impedendoglielo.
- Non fare niente di cui ti pentirai poi – disse il signor Brighton che, non notato dalle due donne concitate per la conversazione, era entrato nella stanza preoccupato dalla voce incollerita della moglie.
- Non puoi immaginare cosa mi ha detto Annie! – protestò la moglie tra le lacrime.
- Se ti riferisci ai suoi progetti, ne sono al corrente – rispose calmo il signor Brighton.
- Lo sapevi! Lo sapevi e non mi hai detto nulla! – rispose incredula la moglie.
- Pensavo che toccasse ad Annie stessa parlartene – rispose l’uomo liberandole la mano.
- Ma le avrai detto che tutta quest’idea dell’Italia non è un progetto sensato - insistette la moglie.
- Al contrario, mia cara, sono il primo ad appoggiarla.
- Ma … - balbettò la donna sentendosi mancare il terreno sotto i piedi.
- Annie, amore – disse il signor Brighton rivolgendosi alla figlia nel suo tono più dolce - Potresti lasciare soli me e tua madre? Dobbiamo parlare in privato.
- Certo, papà – assentì la giovane avviandosi verso la porta, ma prima di chiuderla dietro di sé rivolse alla madre uno sguardo pieno di lacrime – Perdonami, madre, ma non posso rinunciare a questo sogno. È tutto ciò che conta per me ora - disse finalmente, lasciando soli i genitori.
Mentre Annie Brighton camminava lungo il corridoio, sentiva ancora l'acre sapore che la discussione le aveva lasciato, ma ad ogni passo il suo cuore si sentiva sempre più libero e leggero. Alzò la testa, sapendo che era arrivato il momento di spiegare le ali.

:rosy heart:




Dopo la vittoria delle Argonne e delle Fiandre fu soltanto questione di tempo perché i diplomatici tedeschi comprendessero che non potevano aspettare di più per firmare l’armistizio. Quando le ostilità cessarono l’11 novembre gli Alleati stavano avanzando verso Montmédy, sulla frontiera francese, e per il resto del mese le truppe non fecero altro che aspettare l’ordine di entrare nel territorio tedesco.
Anche se la guerra era praticamente terminata, gli Alleati non avevano terminato il loro compito. Le truppe vincitrici dovevano occupare i paesi vinti e i volontari dovevano rimanere nel vecchio continente finché gli Alleati non avessero stabiliti i loro quartieri generali in Germania, Turchia, Austria e Nord Africa. Tuttavia la sorte aveva piani diversi per Terence Granchester.
Quando l’Armistizio fu firmato l'11 novembre, Terry si trovava a Buzuncy da una settimana per riprendersi dalla ferita al braccio. Due giorni dopo lo storico evento il giovane ricevette una lettera con il sigillo del governo degli Stati Uniti, nella quale gli si facevano le congratulazioni per il valore dimostrato in battaglia e gli si notificava il suo congedo dall’esercito americano. La lettera includeva anche una serie di biglietti ferroviari e marittimi per il suo ritorno in America.
Sbalordito Terry tenne per un po' le carte nella mano, senza riuscire ancora a credere che l'incubo era terminato e che era libero di continuare la sua vita. Si rese improvvisamente conto che doveva cominciare subito a prendere una lunga serie di decisioni rispetto al suo futuro. Con un atto estremamente imprudente si liberò il braccio dal laccio che lo sosteneva al collo, lo gettò via e cominciò a scrivere il testo di alcuni telegrammi che intendeva inviare immediatamente.
Alcuni giorni dopo Terry arrivò a Parigi con la speranza di trovare Candy all’ospedale Saint Jacques. Sapeva che le possibilità di incontrarla erano poche dal momento che la guerra era finita: poteva esser stata rimandata in America, oppure in qualunque altra zona della Francia prima di rimpatriare, poiché c'era ancora bisogno di aiuto medico in tutto il paese. Tuttavia Terry sperava di vederla ancora, fosse anche solo per qualche ora, prima di partire per l’Inghilterra.
Percorrendo in calesse le strade parigine il giovane sentiva i battiti del cuore accelerare alla prospettiva di riavere presto Candy tra le sue braccia. S’immaginava le parole che le avrebbe detto, ma finì col ridere di se stesso, sapendo bene che in simili momenti le parole non escono mai nel modo in cui si sarebbe voluto, e in ogni caso non sono mai sufficienti per esprimere appieno le emozioni del cuore.
Sfortunatamente i timori di Terry non erano infondati, e quando arrivò all’ospedale seppe da Flanny e Julienne che Candy era ad Arras e che probabilmente doveva trattenersi lì ancora per un po’ di tempo. Fedeli alla promessa fatta a Candy, le due donne non dissero che l’amica era stata inviata in un ospedale da campo, ma incoraggiarono il giovane a proseguire il viaggio, assicurandogli che la sua sposa si sarebbe riunita a lui in America molto presto.
Quella stessa sera Terry prese il treno per Calais e poi s’imbarcò per Dover, dove il suo amministratore Marin Stewart lo stava già aspettando.

CAPITOLO XV - Parte 1 - CONTINUA



Edited by *Kiar@* - 31/8/2012, 19:35
 
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view post Posted on 29/7/2012, 13:26     +1   -1
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Fantastico!!!!!!!!

Grazie Kiar@ per questo nuovo aggiornamento.

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Perlad'argento
view post Posted on 29/7/2012, 15:21     +1   -1




o che bello
 
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Meidou
view post Posted on 29/7/2012, 16:56     +1   -1




Grazie!!!!!
 
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view post Posted on 29/7/2012, 17:07     +1   -1
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Grazie Kiar@, sei fantastica!
 
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