Candy Candy

New York Story

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view post Posted on 21/4/2010, 21:18     +1   +1   -1

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grazie Dany l'ho letta ieri sera e devo dire che avevo così tanto il magone che non sapevo che dire..... image abbiamo visto e amato Terry in tutte le salse dal focoso, al romantico e al sexissimo e anche solo e triste ma mai come in questa storia image povero my love image Alys non c'è che dire è fantastica non mi stancherò mai di ripeterlo, innutile sottolineare i "pezzi" migliori perchè tutto è magnifico, cavoli al pensiero che Terry e Susanna cercano di avere i figli mi ha mandato K.O ma poi son rinata nel leggere il loro incontro anche se straziante...grzie amica mia per il buon lavoro che hai fatto attendo con ansia il seguito image image
 
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view post Posted on 22/4/2010, 16:41     +1   -1

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:molto triste:
Ho i brividi e i lucciconi agli occhi, very very sad, però che poesia, che magia!
E' così diversa questa FF da "La trampa", così "rassicurante" nel mostrarci Terry e Candy così vicini...
Non vedo l'ora di leggere il proseguo, baci :tella:
 
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view post Posted on 23/4/2010, 15:20     +1   -1
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io lessi all'epoca un riassunto che annam(posso chiamarti così?non so,visto che hai cambiato nick..)mi fece..perchè la cosa mi puzzava di disperazione...annam,ti ringrazierò per sempre!!!mi hai salvato il cuoricino...complimenti a nanetta,per il coraggio soprattutto...!
 
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nannetta70
view post Posted on 12/5/2010, 21:35     +1   +1   -1




Un'altro capitoletto della nostra Alys per i forumelli più belli del web. Quando si dice che signori si nasce...e il Duca lo nacque, modestamente....

:rose rosa:

Parte seconda




La vita quotidiana molte volte ci costringe a mettere da parte il piano spirituale per prestare attenzione a preoccupazioni più terrene. In questo modo anche Faith, nonostante fosse turbata dalla scoperta del diario “dell’artista”, dovette distrarsi un po'da questi turbamenti per affrontare un problema più urgente.

Era stata alla ricerca di un lavoro part-time senza molto successo. Ne aveva provati alcuni, ma aveva finito per lasciarli perché interferivano sempre con le sue pratiche, che aveva cominciato a realizzare giacché era al suo terzo anno di università. Quindi, con suo grande dispiacere, continuò contando ogni centesimo della sua borsa di studio e dovendo chiederne in prestito a Michie in più di una occasione.
Un bel giorno la sua compagna di stanza arrivò con un volantino che piantò proprio di fronte alla ragazza, mentre diceva con un'espressione allegra che aveva appena trovato il lavoro che faceva per Faith. Qualcosa di precario però, che poteva essere più o meno regolare e flessibile.
Era un annuncio della scuola d'arte dell'Università di New York, che cercava modelli per le lezioni di pittura. Cercavano giovani con determinate caratteristiche e la fisionomia di Faith sembrava adattarsi alle richieste.
- Modello? - chiese la giovane bionda arricciando il naso e, con esso le lentiggini che lo adornavano - Tu sei pazza, Michie! Se stai pensando che mi spoglierò per gli studenti della Facoltà di Arte sei completamente svitata!
- Per Dio, Faith! - esclamò Michie totalmente esasperata - Chi ha parlato di fare dei nudi! Molte volte ciò che vogliono queste persone è una mano, un piede, o un semplice busto che stia fermo senza muoversi e loro possano osservare come la luce li investa. Pagano più di dieci dollari l'ora, questo è un buon prezzo.
- Come lo sai? - chiese Faith, ancora diffidente.
- Perché ho un amico nel mio corso di Storia della cultura americana che fa lo stesso. Questo ragazzo mi ha raccontato che si va negli uffici della facoltà, ci si iscrive in una sorta di lista di attesa e si compila un modulo in cui si chiarisce il tipo di lavoro che si è disposti a fare. Se non si vuole posare nudi non metti un segno su questa possibilità e questo è tutto. Mai ti chiameranno per questo, solo per posare come Biancaneve, se è questo quello che vuoi.
- Ja, ja, ja - rise Faith beffarda -. Molto divertente! Infatti, non credere di potermi convincere con i tuoi scherzi.

Tuttavia, Faith finì per fare quello che Michie aveva suggerito e, quando erano già passate diverse settimane e lei quasi si era quasi dimenticata di aver presentato la richiesta, ricevette una telefonata. Finalmente, la chiamavano a posare e non senza molta paura la ragazza si presentò alla lezione del professor Fullat, un uomo di origini catalane che desiderava solo che i propri studenti studiassero le mani di Faith. Per questo motivo, gli studenti fecero molte fotografie delle mani della ragazza e questo fu tutto. Da allora Faith iniziò a lavorare per la Facoltà di Arte almeno una volta ogni due settimane e il poco denaro che riceveva da tale attività lo inviava a sua madre ad Atlanta. Michie insisteva sul fatto che il denaro che le doveva avrebbe potuto restituirlo più tardi, quando avesse terminato di studiare e avesse trovato un lavoro decente.

In questo modo l'attività di posare divenne una abitudine per la giovane donna che, nonostante la sua natura irrequieta, imparò a stare immobile per lunghi periodi, nel tentativo di mandare dei soldi a sua madre. Il lavoro, tutto sommato, era semplice e ben pagato per cui lei lo svolgeva volentieri. Tuttavia, uno giorno le cose cambiarono radicalmente.
Una mattina di marzo Faith era stata chiamata a posare per una classe di studenti di livello avanzato. Come al solito, comunicò con il docente incaricato prima della lezione e questo le indicò quello che stava per fare, quando e dove si sarebbe svolta la sessione. Si trattava di schizzi per osservare i cambiamenti nella penombra con vari tipi di illuminazione, così che si richiedeva qualcuno con una certa esperienza e che fosse capace di rimanere immobile per lungo tempo.

Seguendo le indicazioni del professore, la giovane arrivò all’ora convenuta quella mattina e aspettò nel corridoio mentre ascoltava la voce forte e un po’ stridula dell’accademico che dava spiegazioni agli studenti. Un attimo dopo la voce tacque e il mormorio di varie persone si lasciò sentire nel corridoio, mentre la porta del laboratorio si apriva.
- Signorina Sherman, buongiorno, mi dispiace averla fatta aspettare, venga per favore - le disse il professore, che era un uomo di circa cinquanta o sessanta anni, un po' trasandato ma con uno sguardo aperto che piacque alla giovane.
- Grazie professor Anderson - rispose lei, entrando nella sala e mentre lo faceva sentì uno sobbalzo interiore, come se un segnale l’avvisasse che qualcosa di importante stava per accadere.

Il posto era molto ampio e pieno di cavalletti, lampade, come quelle di uno studio fotografico, parasole e altri apparecchi per riflettere la luce, così come una finestra panoramica, che in quei momenti lasciava entrare in pieno la luce del mattino nel laboratorio. La giovane bionda seguì l’uomo, che era particolarmente basso di statura, fino al centro della stanza dove procedette a fare le presentazioni di rito.
Mentre il professor Anderson riempiva l'aria con la sua voce stridula, Faith esaminava con lo sguardo il pubblico che aveva di fronte. Gli studenti la osservavano con attenzione dalla loro posizione dietro i cavalletti, mentre ascoltavano le istruzioni del docente. Lei aveva già vissuto la stessa scena diverse volte da quando si dedicava a posare e per questa ragione non riusciva a capire perché all’improvviso si sentisse tanto agitata. La giovane poteva sentire i battiti del proprio cuore, che davano colpi talmente forti che le sembrava che presto il proprio cuore sarebbe uscito attraverso la bocca.

Fu in quel momento, con una inspiegabile ansia che si impossessava del proprio cuore, che la ragazza girò gli occhi verso una delle estremità del laboratorio, notando come, mentre tutti gli altri studenti prestavano attenzione al maestro, uno solo tra di loro sembrava essere occupato a fare altro. Faith non poteva distinguere chiaramente ciò che occupava quello studente, perché questo rimaneva nascosto dietro il suo cavalletto e la ragazza non poteva vedere il suo volto.
- Signorina Sherman, mi ascolta? - Chiese Anderson per la seconda volta, rendendosi conto che la ragazza non lo stava a sentire.
- Sì... questo .. mi scusi professore.. . . Potrebbe ripetere quello che ha appena detto? - domandò la ragazza, allarmata.
- Prenda posto per favore - sorrise il piccolo uomo gentilmente e la ragazza lo seguì lasciando che lui stesso la sistemasse nella posizione desiderata.
-Che cosa è stato questo? - pensò Faith, mentre seguiva le indicazioni del docente - Per un momento era sopravvenuta un’altra di quelle strane visioni, ma curiosamente questa era stata diversa. Vedeva se stessa camminare nell’oscurità attraverso una fitta nebbia e in lontananza le pareva di udire la sirena di una nave. Si voltava intorno come per cercare qualcosa. . . o qualcuno. Fu allora, quando l'insegnante la chiamò, che la visione scomparve così rapidamente come era arrivata.

La ragazza si aggiustò i capelli nel modo in cui le aveva chiesto il professore e rassegnandosi ad una lunga e noiosa mezz'ora, cercò di dimenticarsi di ciò che aveva visto con lo sguardo interiore, così come della preoccupazione che non l’abbandonava.
Dall'altra parte della sala, gli studenti cominciarono a lavorare e il misterioso proprietario del cavalletto all’estremità sinistra, finì per sistemare i suoi carboni, attività che lo aveva occupato tutto il tempo in cui il professore aveva dato le istruzioni. Quando il giovane sollevò il capo per vedere la modella di turno, non senza una punta di fastidio sulle labbra che sostenevano una sigaretta con indifferenza, poté sentire con chiarezza stupefacente come i cardini dell'anima si spalancassero. Il colpo fu tale che il giovane lasciò cadere la sigaretta a terra e per istanti che erano sembrati secoli, non riuscì a vedere altro che la donna davanti a sé come se stesse guardando un fantasma.
- Aaron, Aaron, - lo chiamò una voce dietro il cavalletto al lato - Uomo! Non mi senti?
- Ehh? - rispose l’interpellato ancora assente, e con il capo ancora girato.
- Prestami il tuo temperino per affilare questa matita - domandò l’altro giovane, stupito dall’espressione vuota sul viso del suo compagno.
Aaron prese il temperino che aveva a portata di mano e lo porse al suo compagno senza uscire dal trance in cui si trovava. Fu allora che Raymond si accorse che la causa del mutismo di Aaron non era altro che la presenza della giovane modella, a giudicare dalla insistenza con la quale il giovane la guardava.
- Bella la bionda, no? - sussurrò Raymond con aria birichina dentro di sé pensando che non aveva mai visto il suo amico così impressionato da una donna.
- No. . . Non so a cosa tu ti riferisca - mormorò il giovane, sforzandosi di distogliere lo sguardo dal profilo della ragazza.
- Dai, non fingere - insistette il compagno.
- Signor Dilthey, le importerebbe smettere di chiaccherare per concentrarsi sul suo lavoro? - Chiamò la voce squillante del professor Anderson e subito Raymond si dimenticò di disturbare il suo compagno per iniziare il compito indicato.
Imitando il suo compagno, anche Aaron cominciò a fare i primi tratti, ma le mani gli tremavano.
"Non può essere”, pensava mentre il cuore minacciava di uscire dal suo posto - è esattamente la stessa, ogni dettaglio, ogni linea del viso, i capelli, l’altezza, il colore degli occhi! "

Da parte sua, Faith non era più tranquilla, perché la seduta era già cominciata. Al contrario, continuava a sentirsi inspiegabilmente inquieta e anche se faceva grandi sforzi per non guardare al lato sinistro della sala della lezione, sembrava che una forza più potente della sua volontà la obbligasse muovere gli occhi verso quella direzione. Fu allora che accadde. Con grande attenzione per non muovere i muscoli del volto, la ragazza volse le sue pupille e in quell'istante i suoi occhi si incontrarono con un paio di iridi blu che sembravano ancora più intensi grazie alla camicia dello stesso colore che indossava il proprietario di quegli occhi. Tutti gli allarmi del cuore parvero incendiarsi dentro la giovane al contatto con quello sguardo insistente, e come se l’incontro l’avesse bruciata, istintivamente distolse lo sguardo. Faith ricordò che, come regola generale, gli studenti non avrebbero dovuto guardare negli occhi i modelli, soprattutto quando si trattava di schizzi per i quali i modelli dovevano posare nudi. La bionda giovane non aveva mai posato per un nudo, ma ugualmente si era accorta del fatto che gli studenti non l’avevano mai guardata negli occhi.
- Sicuramente mi inibiva perché mi stava guardando direttamente, e io non sono abituata a questo nel corso di una seduta - disse a se stessa, cercando di giustificare la sua reazione per sfuggire allo sguardo del giovane. Strana reazione per lei, che usava sempre guardare la gente in modo franco e diretto.

Passarono diversi minuti e senza potersi controllare, la ragazza tornò a sbirciare nella stessa direzione e con suo grande imbarazzo, ancora una volta il giovane all’estrema sinistra la osservava direttamente. Aveva smesso di nascondersi dietro il cavalletto e lei poteva vederlo con chiarezza. Bastò un momento perché la ragazza avvertisse la delicata linea del profilo del giovane che sembrava sfociare in un paio di labbra ben disegnate, nelle quali lei credette di indovinare un sorriso beffardo leggermente abbozzato. Ancora una scossa nel cuore e un’altra visione passò nella sua mente. In quello sguardo fugace le pareva di vedere lo stesso sorriso nella nebbia, mentre la sirena di una nave suonava nel silenzio della notte.
- Ora basta! - Gridò la giovane lasciando il banco in cui era seduta e sorprendendo il pubblico con l’insolita interruzione.
- Miss Sherman c’è qualcosa che non va? - si affrettò ad indagare il professore preoccupato per la reazione violenta della giovane.
- Mi. . . Mi dispiace, professore - si scusò la ragazza mortificata- ma non è colpa mia. . . . c’è, c'è uno studente che mi sta deconcentrando guardandomi negli occhi.
- Davvero? - indagò l'insegnante infastidito all’idea. - Tutti sanno che questo non è conforme all’etica. Mi dica di chi si tratta.
- Non è necessario - interruppe il giovane dagli occhi blu con un pizzico di insolenza - ero io, ma non l’avrei fatto se la signorina qui presente smettesse di muoversi come una gelatina addensata male.
- Muovermi io? - rispose Faith indignata - È una scusa dozzinale!
- Però è la verità - rispose Aaron sfoggiando il suo proverbiale sarcasmo.
- Bene, bene - mediò insegnante - proviamo a mantenere la festa in pace. Mr. Truman, mi faccia il favore di tornare al suo cavalletto e continuare a lavorare, e lei signorina si concentri di nuovo.
"Concentrarmi!" pensò Faith mentre cercava di obbedire al professore, "Come posso concentrarmi ora? Per un momento mi è sembrato di aver visto questo ragazzo in sogno. Dio mio! Ora si che credo che Michie abbia ragione quando dice che mi manca una rotella. Perché questo tipo mi mette così nervosa? . . . Gelatina cagliata male! Che sfacciato! È tutta colpa sua che ha fatto qualcosa di inopportuno. ", concluse lei per tranquillizzare la sua coscienza, anche per aver risposto allo sguardo del giovane.

La lezione continuò per qualche istante di più e la ragazza si trattenne per non girarsi a guardare nella direzione di quel tale Truman, tuttavia, sentiva che la sua pelle le bruciava sotto lo sguardo di lui, che poteva percepire come se fosse qualcosa di tangibile al tatto. Così passarono pochi minuti, ma anche se Faith cercava di pensare a qualcosa d'altro, non riusciva a smettere di sentirsi a disagio, soprattutto quando era quasi sicura che i colori le salivano al viso contro la sua volontà.
- Professor Anderson - disse una voce proveniente dal lato sinistro della stanza.
- Ora cosa le succede, signor Truman? - Chiese l'insegnante con fastidio.
- Mi dispiace che il mio lavoro non sia quello che lei si aspettava in questa occasione - spiegò il giovane ad alta voce, per assicurarsi che tutti lo sentissero.
- E a cosa si deve questo, si può sapere?
- Beh, non riesco a concentrarmi con una modella che continua a muoversi ogni secondo. Mi dispiace molto, ma così un artista non può lavorare - si lamentò il giovane con sarcasmo.
- Muovendomi! Come fa a dire questo? - Gridò la modella, che aveva evidentemente sentito Truman.
- Miss Sherman, rimanga nella sua posizione. E lei, signor Truman, deve delle scuse alla signorina, a me consta che lei non si sia mossa.
- Scusarmi? - disse Aaron con arroganza. Certo che no! Se tutto è colpa sua.
- Che sfacciataggine la sua! - rispose la modella lasciando il banco dove era seduta. Da una parte all’altra nessuno nella stanza continuava a lavorare, tanto la curiosa discussione stava in sospeso.
- Mr. Truman! Miss Sherman! - esclamò l'uomo sconcertato dalla piega che stavano prendendo le cose.
- Non si preoccupi professor Anderson - rispose il giovane senza cambiare il suo tono arrogante - non la infastidirò di più. Se non riesco a concentrarmi per colpa di questa modella dilettante che non sa fare il suo lavoro, il resto della classe può farlo bene, io semplicemente oggi mi ritiro.
- Non sarà necessario, sarò io a ritirarmi! - disse la giovane indovinando che, anche se il ragazzo fosse uscito dalla classe lei non avrebbe più potuto mettere insieme le forze per continuare a posare come se nulla fosse accaduto - Mi scusi, professor Anderson, non credo possibile continuare a lavorare oggi.

E dicendo questo, la ragazza prese la borsa che aveva lasciato su un attaccapanni e uscì dalla stanza sbattendo la porta. Ma le sorprese non erano finite quella mattina. Non appena la ragazza era scomparsa dietro la porta, Aaron uscì correndole dietro senza prendere in considerazione la confusa espressione del professor Anderson, i volti stupiti dei suoi compagni di classe, né lo sguardo sospettoso del suo amico Raymond. Il silenzio regnò nella sala per alcuni secondi fino a quando Raymornd lo ruppe con un sibilo.

- E vai! Questo è ciò che io chiamo tensione sessuale mal repressa - disse con malizia e il suo commento rilassò l’atmosfera e risvegliò i fischi degli studenti.

- Ehi, lentiggini. Dove stai andando con tanta fretta? Non dimentichi di fare qualcosa di importante prima di scappare come un coniglio spaventato? la chiamò il ragazzo in mezzo al corridoio.
- Come mi hai chiamato? - Chiese la ragazza fermandosi un poco.
- Ummm .... vediamo .... sì .... è stato qualcosa come lentiggini. Si, lentiggini, ti va bene, no? - sorrise Aaron maliziosamente.
- Il mio nome è Sherman, Faith Sherman - replicò la ragazza sempre più infastidita.
- Bel nome, ma penso che mi piaccia di più lentiggini. Ti sarai resa conto che ne possiedi una buona collezione in faccia, o no?
Di fronte al commento mordace Faith alzò gli occhi in segno di fastidio. Stava per rispondere con una minaccia, ma qualcosa dentro di lei le disse che era meglio ignorare il fastidioso individuo e lasciare il posto prima possibile, per cui si limitò a dare le spalle al giovane e a continuare a camminare a grandi falcate.
- Hey! Ora vai a declamarmi la legge del ghiaccio, lentiggini? - indagò Aaron divertito mentre seguiva la ragazza a breve distanza - Questo non è il modo migliore per iniziare la nostra relazione. Soprattutto quando hai appena incontrato l'uomo della tua vita.
- Guarda..... tu, come ti chiami.
- Truman, bella, il mio nome è Aaron Truman e imparalo bene perché sarà un grande nome - la corresse lui alzando il sopracciglio.
- Guarda. .. Thurman. . o qualsiasi altra cosa - rispose Faith con il suo tono più tagliente - Registralo molto bene da ora. In questo mondo ci sei tu, io, ma non esiste e né esisterà mai un "NOI" e mai ci sarà qualcosa di simile alla "NOSTRA RELAZIONE," Hai capito?
E con queste ultime parole la ragazza gli diede le spalle di nuovo e continuò il suo cammino fino a scomparire dietro una porta, mentre Aaron la osservava scomparire.
“Dio! È esattamente uguale alla ragazza che compare nei miei sogni” pensò il ragazzo senza riprendersi ancora dal suo stupore -Però Santo Cielo, che carattere!
“ Dio! Che tipo insolente!” . . . si disse Faith mentre si dirigeva verso il parcheggio - ma ha dei begli occhi. . . blu. . .no. . . verdi? . . . .

Un giorno seguiva un altro giorno, come ogni giorno nella storia umana. Ma dopo quella occasione le cose non furono più le stesse per Faith Sherman. Sembrava che il suo effimero e poco cordiale incontro con Aaron Truman avesse segnato la sua vita con una inspiegabile inquietudine che, per quanto strano le sembrasse, aveva anche scatenato una euforia totale delle visioni che la inseguivano.
Se prima le sembravano tanto reali quanto strane, la stranezza delle sue "allucinazioni" così come la loro frequenza da allora aumentò ulteriormente. A volte la scena nella nebbia si mescolava di nuovo con la insopportabile risata dell’odioso studente e del Professor Anderson, in altre occasioni la scena delle scale si ripeteva di nuovo e una terza visione cominciava a infastidirla.
Vedeva se stessa più giovane, forse quattordici o quindici anni, nella radura di un bosco vestita con un abito antico. Sentiva una musica lontana e qualcuno che la chiamava con un nome che non era il suo. Quando si voltava a guardare, la visione scompariva.
- In definitiva credo che tu debba vedere un medico - sentenziò Michie mentre inghiottiva voracemente le sue noccioline nel bar della facoltà di lettere.
- Tu credi? - chiese Faith con lo sguardo assente.
- Certo! Guardati, dormi poco e mangi come un uccellino. E questo trattandosi di una mangiona come te, è grave!
- Ma cosa dirò al medico quando mi chiederà che succede?
- Ebbene questo, perdita di appetito, insonnia. . . Forse ti dice che sei anemica. . . o forse che hai dei parassiti.
- Michie!
- Beh, sono solo supposizioni. Mangiando tutto quello che cucini ci si può aspettare di tutto.
- Oh Michie, sei senza rimedio. Non prendi nulla sul serio - si lamentò Faith appoggiando la guancia in una mano e avrebbe continuato a recriminare la mancanza di serietà della sua compagna di stanza, se non fosse per una terza voce che interruppe la conversazione.

- Bene, bene! Miss lentiggini in persona. - Disse la voce e la bionda sentì immediatamente che i capelli della nuca le si rizzavano nel sentire quel timbro beffardo - Non è una curiosa coincidenza? Così hai tirato fuori le tue lentiggini a prendere il sole?
- E tu credi di avere l’esclusiva dell’umor nero? Non è così? - rispose lei mordacemente senza voltarsi a guardare Aaron Truman che si trovava in piedi vicino al tavolo delle ragazze. - "Dio mio! Terra, inghiottiscimi adesso!” pensò Faith. "Non un altro incontro con questo cafone di marca! E meno che mai con Michie testimone!"
- Non mi presenti il tuo amico, Faith? - chiese Michie entusiasta di vedere che il nuovo arrivato era bello.
- Aaron Truman, Signorina - si affrettò a rispondere Aaron installandosi in una sedia vicino prima che Faith potesse aprire la bocca per protestare.
- Io sono Michelle Valencia, ma tutti mi chiamano Michie - si presentò la bruna con la sua solita scioltezza.
- "Che faccia tosta!" pensò Faith non credendo ai suoi occhi. "Mio Dio, cosa ho fatto per meritarmi questo?".
- Studia qui a NYU? - domandò Michie al giovane, osservando immediatamente il disagio della sua amica e l’insistenza con cui Aaron guardava la bionda.
- Sì, studio disegno e pittura - rispose il giovane con entusiasmo, ma senza smettere di osservare divertito il viso arrossato di Faith - "Sei arrabbiata, lentiggini, eppure, ti trovo bellissima!" Non poté evitare di pensare, mentre continuava la conversazione con Michie.
- Non sapevo che Faith avesse amici nella scuola d'arte - commentò Michie sempre più incuriosita dall’evidente nervosismo della sua amica.
- Non ce l'ho! - La bionda finalmente parlò con sincera irritazione - Thurman, qui presente è un alunno di una delle classi per le quali ho fatto da modella. Niente di più.
- Truman, lentiggini, il nome è Truman, ma tu puoi chiamarmi signor Aaron Truman.
- Tu sei un commediante, giusto? - chiese Faith, lanciando uno sguardo rabbioso, mentre si alzava bruscamente, -Andiamo, Michie! Hai finito, non è così? - aggiunse rivolgendosi alla sua compagna.
- Beh, in realtà, stavo pensando di ordinare un dolce. . .
- Invece a me è passata la fame, sarà per l'atmosfera sgradevole di questo luogo - segnalò Faith con sarcasmo - andiamocene adesso che devo ancora passare in biblioteca!
- Wow, lentiggini, cosiché studi, dopo aver posato come una gelatina! - rispose Truman, non perdendo l'occasione di lanciare un nuovo frecciata.
- Certo, che studio! A differenza di altri, che a quanto pare non hanno nulla da fare - rispose rapidamente la ragazza prima di tornare a rivolgersi alla bruna che si alzava dal tavolo lentamente - Su, Michie.
- Ma devi chiedere il conto! replicò l'altra ragazza.
- Paghiamo alla cassa, donna! - grugnì Faith voltando le spalle ad Aaron senza avere alcuna intenzione di salutare.
Addio lentiggini! Ci incontreremo di nuovo - disse il giovane e la ragazza non poté resistere alla tentazione di girarsi proprio nel momento in cui il giovane le strizzava l'occhio. La ragazza si girò immediatamente pentendosi del suo ultimo movimento e lasciò il ristorante come un’anima che il diavolo porta via, trascinando una Michie molto divertita dalle reazioni della sua amica.
- Che uomo tanto bello, Faith! - disse alla fine Michie, quando i due si erano già allontanati dal ristorante - Proprio come piacciono a me, alti, con lunghi e setosi capelli, con una prestanza. . .Che bel tipo!
- Oh, Michie! A te basta solo vedere un manico di scopa con i pantaloni per entusiasmarti - si lamentò Faith.
- Assolutamente no! Questo è un esemplare da collezione. . . E che occhi! . . . Blu? . . . No. . .Verdi?
- Sono blu - la corresse Faith con convinzione, dimenticandosi del suo malumore - con striature verdi che sono meglio visibili con la luce e creano l'illusione che possano cambiare colore come il tornasole - la ragazza abbondò nei dettagli mentre le cambiava la voce.
- Hey! sembra che tu abbia notato in lui più di quello che vuoi ammettere - l’avvertì Michie con malizia.
- Che sciocchezze dici! Aaron Truman è l’individuo più insopportabile che io abbia mai conosciuto.
- Però sembra che ti piaccia.
- Michie. L’ho detto, non c’è rimedio.

“Che succede con te, Faith? “ si chiedeva la giovane bionda, un certo piovoso pomeriggio d'autunno mentre si sforzava di concentrarsi su una relazione di una pratica che doveva consegnare ad uno dei suoi professori. Non importava quanto si sforzasse di evitarlo, perché ogni volta che terminava una o due righe, lo stesso pensiero ricorrente tornava a disturbarla.
Faith non riusciva a spiegarsi come fosse possibile avere tanti incontri casuali con la stessa persona nell'immensità della città di New York. Tuttavia, per quanto strano potesse sembrare, nei mesi precedenti Aaron Truman aveva coinciso con lei in diversi centri commerciali, in Central Park, nel bar della Facoltà di Educazione, in un negozio di antiquariato che a lei piaceva visitare a Greenwich Village, a teatro, in più di un ristorante e anche in metropolitana.
- Già lo vedo anche nella minestra! - gridò la ragazza ad alta voce e nel momento di terminare la frase un senso di déjà vu la inondò per la centesima volta, come se avesse ripetuto una frase già pronunciata molto, molto tempo prima. Ma questa era solo un’altra delle multiple cose strane che le accadevano relativamente a Truman - è uno sfacciato e un arrogante! - Aggiunse con una smorfia altezzosa mentre premeva invio sulla tastiera con energia - tuttavia. . . - Aggiunse dopo una pausa - devo ammettere che ha. . . qualcosa. . . di affascinante - pensò e un leggero sorriso si disegnò sul suo volto, nel ricordare le parole di Michie:
-Sei cieca, Faith? L'uomo è così bello da far venire voglia di piangere solo a vederlo.
- Bah! Ammetto che sia ben piazzato, ma niente altro - aveva borbottato Faith in risposta.
- Allora sei più cieca di una talpa - era stata la risposta di Michie – Cosa darei perché mi cercasse come fa con te - aggiunse la giovane bruna buttandosi in tutta la sua lunghezza sul letto, mentre giocava con un pupazzo Furby.
- Cercarmi? Aaron? - aveva chiesto Faith, incredula - Tu sei pazza! Se quest’uomo solamente se la spassa disturbandoci ogni volta che ci incontriamo. . . . inoltre, sono state mere coincidenze.
- Sul serio sei cieca come una talpa - disse Michie con ironia - Sai quante persone vivono a Manhattan? Hai idea di quante possibilità ci sono di incontrare per caso la stessa persona più e più volte? Assolutamente no! L'uomo ti sta cercando. Sicuramente gli piaci.
- Tu sei pazza! - aveva risposto Faith mentre lanciava un cuscino alla sua compagna e il giocattolo che Michie aveva nelle sue mani finì rotolando al suolo.
- Stai uccidendo il mio bambino! - Gemette Michie esagerando il dolore.
- Michie! Non è un essere reale. È solo un giocattolo. Inoltre, neppure mi piace.
- Sei crudele! - Piagnucolò la bruna e così continuarono discutendo fra proteste e scherzi dimenticandosi per un momento di Aaron Truman.
Tuttavia, ora che Faith si era fermata a guardare il monitor che stava cominciando ad attivare lo screen saver, si chiese se Aaron Truman avesse effettivamente provocato questi incontri casuali.
- Sciocchezze! - si disse digitando freneticamente la barra spaziatrice, nel tentativo di tornare a concentrarsi sul suo lavoro.

La stanza era piena di luce, grazie alla grande finestra che si estendeva da parete a parete. Nella stanza avrebbe regnato il silenzio se non fosse stato per i rumori lontani della strada, venti piani sotto e il sordo mormorio della grafite che graffiava la carta. Aaron Truman passava il suo attento sguardo sopra le linee che la sua mano tracciava con rapidità, mentre terminava lo schizzo di una scenografia per uno dei suoi corsi di disegno. A tratti, la mano si fermava e il ragazzo scuoteva la testa in segno di negazione, come se disapprovasse il corso che i suoi pensieri prendevano distraendolo dal lavoro.
- È solo una sorprendente somiglianza. Questo è tutto - si disse lasciando da parte il tavolo da disegno con fastidio - mi sto lasciando andare per questo. . . - ne dedusse alzandosi dal banchetto per guardare fuori dalla finestra. Per un momento la sua espressione dura si schiantò sopra luce intrappolata nei cristalli, ma l’istante successivo il suo volto si rilassò e abbozzò un sorriso - Tuttavia, quegli occhi. . . .guardano con uno strano miscuglio di forza e di bontà. . . con vita e luce propria, come scintille d’acqua sotto il sole. . . e la risata. . . Quando sta con i suoi amici e non si rende conto che io la guardo da lontano. . . e quelle poche volte che mi ha offerto un sorriso.
I ricordi di Aaron tornarono al giorno in cui aveva incontrato Faith sul traghetto, alla fine delle vacanze estive. Dopo i consueti saluti mordaci, i ragazzi erano riusciti a creare qualcosa di simile ad una conversazione che per alcuni momenti era stata priva di sarcasmo.

- Vieni dal New Jersey? Aveva chiesto il giovane casualmente.
- Non proprio. Torno da casa - rispose la ragazza e Aaron poté rilevare una certa tristezza nella voce della ragazza - io sono di Atlanta, sai.
- Vuoi dire che sei volata fino al New Jersey? - chiese Aaron, sorpreso dal fatto che la ragazza non volasse da lì direttamente a New York.
- No. . . in realtà. . . io viaggio in autobus. . . sai, per risparmiare.
- Davvero? - Fu l’unica cosa che poté replicare chiedendosi come fosse possibile che la ragazza apparisse tanto vivace e allegra dopo un viaggio che sicuramente le aveva portato via più di 24 ore "Deve essere morta”.
- Un poco sì, ma mi sento così bene per essere riuscita a stare con mia madre che in realtà non ne risento? E tu? Hai visto i tuoi genitori in questi giorni? - chiese lei, recuperando il suo solito accento vivace dietro un breve sospiro e lui si sorprese della facoltà della giovane di cambiare stato d’animo da un momento all'altro.
- Sì. . . bene. . mia madre solamente - disse lui distogliendo lo sguardo, in un certo senso a disagio dal fatto che qualcuno indagasse nella sua vita familiare - in realtà, vengo da una visita a lei. Sta trascorrendo alcuni giorni in una casa di campagna che ha in New Jersey.
- Capisco. . . E tuo padre? - chiese Faith con naturalezza e lui credette di sentire che lei inclinasse il viso come se stesse facendo un tentativo di incontrarsi con gli occhi di lui che evitavano il contatto diretto.
- Umm. . . La verità è che non lo vedo da quando ho iniziato l’università . .- confessò lui con voce appena udibile.
- È un peccato - replicò la bionda, rinunciando al suo intento di guardare il giovane direttamente, mentre spostava i suoi occhi sulle acque del fiume Hudson.
Dopo questo si sovrappose uno strano silenzio tra i due e Aaron pensò per un momento che stare accanto a Faith Sherman senza dire una sola parola risultava quasi più confortevole che stare solo con se stesso e, nello stesso tempo, era terribilmente difficile restare immobile quando quel fastidioso formicolio gli percorreva la pelle dalla testa ai piedi. Curiosamente, tutto quello che sentiva quando stava con Faith era qualcosa di nuovo per lui, ma in fondo non poteva evitare di pensare che prima, in un passato che non poteva identificare, aveva già sperimentato tutte queste sensazioni.

- Mio padre morì quando avevo dodici anni - disse la ragazza rompendo il silenzio con voce molto calma, mentre il traghetto attraccava- Era un uomo meraviglioso! Anche se, naturalmente, non era perfetto. Mi ricordo che mi rimproverava sempre perché diceva che ero troppo fiduciosa con le persone e questo avrebbe finito per farmi del male. Aveva manie strane, come alzarsi all'alba ed essere troppo pignolo. Amava i Beatles ma odiava Bon Jovi, ed era un peccato perché io lo adoro. Tuttavia. . .- La ragazza si fermò sorprendendo il suo interlocutore con le molte parole che poteva collegare con un solo respiro -. . . tuttavia, darei qualunque cosa perché fosse ancora vivo, anche se continuasse a sgridarmi per tutto il tempo.
- Faith! - aveva balbettato Aaron, non sapendo cosa dire dinanzi a quell’inaspettato slancio di franchezza.
- Voglio dire - disse la giovane alzandosi dal suo posto - che sei fortunato Aaron Truman e sicuramente uno stupido a non riconciliarti con tuo padre.
- Chi ha detto che sono in lite con lui? - rispose lui, cercando invano di recuperare il suo atteggiamento indifferente.
- Non c'è bisogno che tu lo dica, Aaron. Se fossi in te, rifletterei un po’ sulla questione - disse lei, e con questa ultima frase, la ragazza si era allontanata lungo il corridoio del traghetto verso l'uscita.

- Sei una vera ficcanaso, signorina lentiggini! - si disse Aaron accarezzando brevemente il vetro della finestra con la punta delle sue dita - non ti basta invadere i miei sogni notte dopo notte, ma vuoi anche immischiarti nei miei affari di famiglia - il giovane inclinò il suo volto senza poter evitare un sorriso mentre un pensiero insistente ritornava ad attraversargli la mente - Sì, sei una ficcanaso, ma così bella che dolgono gli occhi solo a guardarti...

A volte Michie pensava che la carica energetica che correva tra Faith e Aaron quando stavano insieme era così evidente che poteva essere percepita a miglia di distanza. Evidente si, per tutti, tranne per i due giovani coinvolti che continuavano a ignorare la forza che spingeva Aaron a provocare l'incontro e Faitn a prolungarlo con gesti contraddittori che a volte dicevano "mi piace stare insieme a te" e altri palesavano il rifiuto. Ma lungi dallo scoraggiare l'artista, le avances e le ritirate della ragazza solo incitavano di più l’insistenza del giovane.
Forse il gioco del quasi corteggiamento sarebbe durato più a lungo se non fosse stato per alcuni eventi imprevisti che precipitarono le cose.

Una certa piovosa mattina un paio di occhi verdi passeggiavano nervosamente su una delle bacheche relative alle info nella Facoltà di Arte presso la NYU. Improvvisamente un piccolo messaggio richiamò l'attenzione e la proprietaria di quegli occhi, che teneva in mano una rubrica di indirizzi si affrettò ad annotare un indirizzo che appariva nel summenzionato annuncio.

L’edificio era uno di quei condomini pretenziosi installati a sud di Manhattan. Faith entrò nell’ascensore guardando un’altra volta l’indirizzo che aveva appuntato nel suo libro e di nuovo si rese conto che le mani le tremavano anche quando lei si sforzava di controllarsi. L'ascensore arrivò finalmente al ventesimo piano e la ragazza ne uscì cercando di trovare il numero dell’appartamento verso il quale si dirigeva.
- "Andiamo!" si incoraggiava - "Lo sai che devi farlo!" - Ma nonostante i suoi tentativi le gambe sembravano vacillare ad ogni passo. - "Per favore Dio mio, fa che si tratti di una donna!" - pregava Faith dentro di sé mentre suonava il campanello con indecisione.
La porta si aprì quasi immediatamente per rivelare un uomo biondo, oltre i novanta di altezza e che doveva essere vicino ai trent'anni.

- Sì? In cosa posso servirla, signorina? - Chiese l'uomo biondo con un gesto gentile, che però non riuscì a tranquillizzare il nervosismo di Faith.
- Io. . . Sono qui per l'annuncio. . . che richiedeva una modella - rispose lei senza guardare negli occhi l’uomo.
- Modella? - Chiese l'uomo con una certa confusione nella espressione del suo viso, ma poi sembrò capire il messaggio con un certo ritardo - Ah sì! Immagino che debba essere qualcosa di mio cugino. Si accomodi per favore .- indicò l'uomo facendo strada perché la giovane avesse accesso all'interno del condominio.
Faith entrò con cautela nella stanza e si chiese di nuovo se avesse fatto bene ad entrare nell’appartamento di uno sconosciuto così come se niente fosse.

- Scusa se in prima istanza non ho capito - si scusò il biondo invitando Faith a sedersi su un ampio divano in pelle nera - vedi, io sto solo in visita qui. Il proprietario di questo bellissimo posto è mio cugino. Lui è l'artista di famiglia, sicuramente ha messo questo annuncio per un lavoro scolastico.
- È così - rispose Faith senza sapere se doveva rallegrarsi che l'uomo biondo non fosse la persona per la quale andava a posare o preoccuparsi di chi e come sarebbe stato il menzionato cugino. Dopo tutto, il biondo sembrava amichevole e c'era qualcosa in fondo a quegli occhi azzurri che ispirava fiducia.
- Il mio nome è Walter Nollan.
- Sono Faith Sherman - rispose lei accettando la mano che le tendeva l’uomo biondo.
- Molto piacere. Sei stata fortunata, perché stavo per uscire e mio cugino a volte tarda a rientrare alcuni minuti. È andato a fare alcuni acquisti a pochi isolati a sud.
- Capisco.
Nollen era certamente un uomo gentile perché non tardò ad invitare Faith a prendere un caffè, che, data la temperatura di quel giorno di pioggia, andava a meraviglia. Presto i due giovani parlavano animatamente e Faith quasi dimenticò la ragione per la quale stava lì.
- Quindi, studi Educazione. Deve essere un’area molto interessante - commentava Walter, sorridendo.
- Sì. E tu cosa fai? - chiese Faith casualmente.
- Io sono un biologo. In realtà sono qui a Manhattan perché sto partecipando ad uno studio su una specie di gabbiano che abita tutta la zona di Long Island. Mio cugino mi sta ospitando in questi giorni.
- Immagino. E come si chiama tuo cugino?
Walter stava sul punto di rispondere, quando la porta si spalancò e Faith si imbatté in pieno con due occhi verde-blu. Per un attimo le sembrò che fosse apparso il diavolo.
- Sono contento che tu sia arrivato, Aaron! - esclamò Walter senza notare lo sguardo di stupore di Faith - la signorina Sherman è venuta per l'annuncio che richiedeva una modella per il tuo lavoro.
Bastò che Walter terminasse la frase perché a suo cugino cadesse la mascella a terra, ma Walter neppure notò lo stupore disegnato sul volto di suo cugino perché già stava afferrando una ventiquattrore, mentre si precipitava fuori salutando con premura.

- Sei venuta per l'annuncio? - Domande Aaron ancora senza riuscire ad assimilare la questione dopo che suo cugino Walter era scomparso dietro la porta.
- Io. . . Io - esitò Faith, mentre pensava a quale scusa inventare per scappare prima possibile da quel luogo. Aveva bisogno di fare quel lavoro, ma non poteva se si trattava di Aaron Truman. Impossibile! - Credo che ci sia un equivoco - disse lei timidamente.
- Sì. . . credo che debba essere così - rispose Aaron ancora senza riuscire a recuperato il suo solito aplomb - "Non può essere che tu voglia posare per questo lavoro, lentiggini. Non è nel tuo stile "- pensò Aaron cercando di capire la situazione.
Faith prese il suo cappotto in una mano e stava sul punto di dirigersi verso la porta quando una forza interiore la fermò.

"Hai qualche idea migliore per ottenere quel denaro?" si chiese allora lottando contro se stessa - "Sai molto bene che non hai tempo da perdere e molto probabilmente non troverai un altro modo per raccogliere la somma. Non hai altra scelta. Devi fare questo ".
La ragazza si voltò di nuovo verso Aaron e lasciando il cappotto sul divano gli rivolse lo sguardo con una determinazione che sconcertò Truman ancora di più.
- Non c’è alcun equivoco - disse lei con decisione - sono venuta a fare un lavoro, e le cose non cambiano per il fatto che noi ci conosciamo. Dimmi per favore dove devo posare. Prima lo faremo meglio sarà per entrambi.

A Truman ci vollero tuttavia alcuni secondi ancora per recuperare la freddezza, ma dinanzi alla risoluzione della giovane donna non gli rimase altro che indicarle dove si sarebbe realizzato il lavoro
- "Non ti capisco, lentiggini" - pensava Aaron mentre spiegava alla giovane come si sarebbe svolto il lavoro - "Non avrei mai creduto che potessi essere così sorprendentemente fredda. . . e meno che mai che una ragazza come te fosse disposta a. . . io non dico che l’idea non mi piaccia. . . È solo che . . Non so se potrò sostenere i pennelli senza tremare. . . Mio Dio! Non abbiamo ancora iniziato che già mi sento le vertigini. "
- Allora non dovrò indossare nulla - disse lei in un sussurro, strappando Truman dai suoi pensieri.

- No, è uno studio anatomico e deve essere molto preciso - rispose lui sforzandosi di mantenere la calma.
- Va bene. Ti andrebbe di cominciare ora? - chiese Faith e ad Aaron parve di sentire che la sua voce tremava leggermente.
- Bene, se lo preferisci. Lasciami preparare il mio materiale, mentre intanto puoi cambiarti in bagno e usare la vestaglia che ho nell’appendiabiti - indicò lui e la ragazza si diresse subito verso il bagno come Aaron le aveva indicato.

La ragazza entrò in bagno ed evitando la sua immagine riflessa nel grande specchio che c’era sopra il lavabo, cominciò a spogliarsi. Una lunga catena di argomentazioni e contro argomentazioni le riempivano la mente facendola sentire terribilmente in imbarazzo. Faith aveva ricevuto una educazione profondamente tradizionalista e il pensiero di togliersi gli abiti di fronte ad un uomo era qualcosa che concepiva solo all'interno di una relazione di coppia. A peggiorare le cose, la giovane non aveva avuto alcuna esperienza intima, per cui il nudismo era per lei una pratica completamente sconosciuta. Anche allora, posare nuda per un dipinto, per quanto accademico o artistico fosse lo scopo, la turbava al punto di sentirsi sudicia. E se questo non bastasse, ora risultava anche che avrebbe dovuto farlo per l’uomo che risvegliava in lei le emozioni più contrastanti.

- "Devi solo immaginarti di fare un bagno, ecco tutto." - cercava di tranquillarsi lei, mentre andava a rimuovere ogni indumento e a sistemarlo nella sua borsa. - "Sai bene che non hai alternative. Hai bisogno di quel denaro. "- Si ripeteva più e più volte.
Quando ebbe finito di spogliarsi, sollevò lo sguardo per guardare la vestaglia di cui le aveva parlato Aaron, e con gesto indeciso tese la mano per raggiungerla. Una volta indossata, finalmente si animò a guardarsi allo specchio e a sistemarsi i capelli che cadevano in perenni boccoli dorati fino alla metà delle spalle. Con un ultimo respiro aprì la porta e si diresse nello studio dove la aspettava il giovane che sembrava molto occupato a ripulire una impressionante collezione di arnesi da disegno e pittura.

Aaron allora si voltò per scontrarsi irrimediabilmente con l'immagine di quella giovane avvolta in un accappatoio bianco di felpa grande per lei, che sembrava immersa in una corrente capricciosa di riccioli biondi. Non gli fu molto difficile concludere da un’unica impressione che quella era la visione più bella che i suoi occhi avessero mai visto e non era sicuro se la forza seduttiva che Faith sembrava possedere a piene mani, radicasse nella grazia della sua bellezza classica o nel fatto che lei sembrava ignorarla completamente. Così, in piedi in mezzo alla stanza, con lo sguardo stranamente perso, sembrava così indifesa eppure così pericolosa che gli era difficile poter definire ciò che lei gli faceva provare.
- Sei pronta? - riuscì a chiedere alla ragazza e lei rispose appena con un dolce cenno del capo.

Il giovane si avvicinò a lei sentendo che il cuore iniziava a battere ad una velocità poco raccomandabile, e stava sul punto di indicarle come desiderava che si collocasse quando gli occhi di Faith si riempirono di lacrime. Quello fu l’ultimo dei colpi che finì per abbattere le difese di Aaron, e senza pensare ai suoi movimenti, si avvicinò alla ragazza prendendole il viso con entrambe le mani, con una delicatezza che sorprese Faith.

- Che ti succede Faith? Perché piangi? - le disse lui e la ragazza non riuscì a capire dove Aaron avesse preso quel tono dolce e confortante. In un altro momento, forse lei avrebbe cercato di recuperare la sua compostezza, ma il dolore che le opprimeva il petto, la inaspettata gentilezza di Aaron e quella costante debolezza che la minacciava ogni volta che lui le stava vicino, finirono per liberare la sua tristezza. La ragazza non riuscì a fare altro che piangere apertamente sul petto del giovane che l’accolse con preoccupazione e stupore, e anche beneplacito - Faith! - fu l’unica cosa che riuscì a dire mentre le sue braccia automaticamente imprigionavano il piccolo corpo della ragazza.
- Mi dispiace molto, Aaron - disse lei tra i singhiozzi - vorrei fare questo senza esitare tanto.
- Vuoi dire che non vuoi posare? - chiese lui, mentre il calore della giovane si arrampicava sui suoi pori - non devi farlo se ti fa stare male. Io lo capisco.

- No, tu non capisci. Devo farlo, anche se non voglio. Ho bisogno di quei soldi -rispose lei, ancora con il viso sepolto nel petto del giovane. Era la prima volta che trovava il coraggio di dire ad alta voce che stava facendo qualcosa contro la sua volontà solo per denaro. Questo peggiorò solo le cose, perché ora che si ascoltava nel dirlo si sentiva praticamente sul punto di prostituirsi.
Aaron ascoltò stupito le parole di Faith. Cercando di non spaventare la ragazza, cercò di forzarla delicatamente a guardarlo negli occhi, sollevandole il mento.

- Cosa vuoi dire che devi farlo, anche se non vuoi? Perché hai bisogno di denaro con tanta urgenza? - chiese lui, immergendosi in quei laghi verdi che sembravano più profondi sotto la corrente delle lacrime.
- È mia madre. . . . Le. . le. . . hanno diagnosticato un cancro ed è necessario operarla immediatamente - disse la giovane con la voce spezzata.
- E hai bisogno del danaro per l’operazione? - chiese lui pensando che se così fosse Faith avrebbe dovuto posare per moltissime altre pitture per raccogliere la somma necessaria.

No. . . non proprio -disse lei con gli occhi bassi - ho raccolto una somma grazie ad alcuni prestiti dei miei amici, soprattutto il padre di Michie. . . ma ancora mi manca il denaro per il biglietto aereo. Mia madre sarà operata dopo domani. Temo che se non arrivassi in tempo, starebbe così depressa che non sopporterebbe l'operazione. Devo essere lì con lei, ma non posso chiedere in prestito altro denaro. Capisci? - E come se l'atto di confessare il suo problema le avesse dato nuove forze, la ragazza si separò dalle braccia di Aaron e lo guardò decisione - Cominciamo, per favore - e dicendo questo sollevò la sua mano destra fino alla cintura del suo accappatoio con il proposito di scioglierla, ma la mano decisa di Aaron la fermò nel processo.
- No, Faith. Non voglio fare niente che ti faccia sentire a disagio.
- Ti ho già detto che non importa. Ciò che conta è mia madre - sostenne lei con inaspettata forza.
"Sei incredibile, lentiggini!" - pensò Aaron ammirando ogni volta di più il carattere della ragazza - "Tu tanto orgogliosa come sempre, sei capace di umiliarti per l'amore che porti a tua madre."
- Aspetta, Faith - replicò lui, senza lasciare la mano della giovane - Sbagli se pensi di non avere qualcuno a cui chiederli in prestito - e con questa ultima frase il giovane si diresse in un'altra stanza dalla quale ritornò qualche istante dopo per consegnare a Faith un assegno a suo nome.
- Che cosa è questo? - chiese lei, sconcertata.
- Per un prestito. Che altro può essere? Penso che questo sia sufficiente per un viaggio ad Atlanta.
- Ma .. . Balbettò lei, incapace di credere ai suoi occhi.
- Niente ma. Se ti sbrighi sicuramente potrai trovare un biglietto per stasera stessa.
- Ma io voglio pagarti come si deve. Vorrei posare per il suo lavoro e sentirò che siamo alla pari.

-Dio mio, Faith! Perché sei sempre così testarda? - si lamentò Aaron perdendo la pazienza, ma allo stesso tempo compiacendosi per il coraggio della ragazza - prendi il prestito e poi mi rimborserai la somma quando l’avrai. . . Io posso assumere qualcun altro per fare lo studio. Dai, vestiti e vai a comprare quel biglietto aereo.
La ragazza prese l’assegno a malincuore e non sapendo cosa dire scomparve dietro la porta del bagno. Poco tempo dopo una Faith completamente diversa da quella che era arrivata nell’edificio uscì vestita con i suoi soliti jeans e il cappotto nero, ostentando un ampio sorriso.

- Pronta? - chiese lui, cercando di apparire naturale.
- Sì - disse lei raggiante e senza pensare a quello che stava facendo gettò le braccia al collo del giovane. Questa volta, con la preoccupazione che la affliggeva, un poco sollevata dalle circostanze, fu solo una questione di secondi perché Faith finisse per rendersi conto che stava abbracciando Aaron Truman. Tuttavia, lungi dal sentimento di repulsione, una nuova collezione di nuove sensazioni sconosciute esplose in lei improvvisamente. Questo iniziò con la chiara percezione di un profumo maschile che d’improvviso le riempì i sensi e continuò in seguito con un calore intimo di cui le sembrava di avere avuto bisogno tutta la sua vita, senza mai rendersene conto.

Per Aaron, le cose non erano diverse, perché improvvisamente tutto era come se i pezzi di un rompicapo combaciassero uniti. Molto tempo dopo quel momento, i giovani avrebbero ricordato quell’istante come uno dei più intensi della loro vita. Fu come se in una frazione di secondo i fuochi artificiali dell'anima si attivassero insieme e ogni scintilla fosse una voce, una visione, un'immagine di un passato sconosciuto. Volti, luoghi, odori, suoni lontani inondarono la stanza e improvvisamente era come se fossero sul ponte di una nave lontana, nella radura di un bosco, seduti vicini ad un lago di acque tranquille, scrivendo una lettera, nei corridoio dell’ospedale, dietro le quinte, correndo per una scala, o abbracciati di fronte ad un’auto antica. Erano loro due, Aaron e Faith, e allo stesso tempo, erano due persone diverse, in abiti diversi, che parlavano una lingua con inflessioni antiche e vivendo in un’epoca lontana.

-Mi dispiace molto dirti che le mie lentiggini mi piacciono tantissimo.
-Fiuu! E sicuramente sarai anche orgogliosa del tuo naso all’insù.
-Certo!

-Il signor Granchester dice? Ignoravo che lei lo conoscesse signorina.
-No, non lo conosco. Si chiama Granchester allora.
-Si, è il figlio di una delle famiglie nobili più importanti dell’Inghilterra. L’ha infastidita, signorina?
-Signorina, si ritiri per favore nella sua cabina.

-Non parlare a nessuno di questo. Hai capito? Se lo farai sarai perduta, mi ascolti? Ora vattene da qui, immediatamente!

-Perdonami. Non lo dirò a nessuno. Te lo prometto.

- Vecchia testa dura! Che linguaggio!
- Sì, ma ora non potrò partecipare alla festa di maggio.
- Davvero? . . . È un peccato che tu non possa andare.
- Si è una peccato. Deve essere una festa molto bella, con musica, fiori, danze.
- Si è una festa davvero incredibile.

-Principessa Giulietta, mi concede questo ballo?

-Questo aereo rappresenta la primavera della vita di mio padre. Nel periodo in cui lo pilotava, conobbe mia madre e si innamorarono.

-In questo periodo dell’anno i bambini della casa vanno al lago a nuotare e a volte anche a pescare. Si passano alcune giornate campestri molto belle. Vorresti venire un giorno a fare un pic nic?

- Potrei vedere la signorina White?.Lei dovrebbe studiare e lavorare qui non è vero?
- La cerchi. Deve stare in questa stanza.
- In questa stanza?
- Sì, deve stare di guardia qui, però ovviamente ha mancato nelle sue responsabilità.
- Lei non ha svolto il suo turno di guardia per venire a vedermi a teatro.

-Mi piacerebbe che venissi a Broadwey per la prima.

-Questa volta sarà diverso. Sarà sempre possibile reincontrare Terry fino a che saremo vivi.

-Dicono che Susanna stia cercando di costringerlo a sposarla a causa dell’incidente.

-Questo non è amore!

-Non commettere questa pazzia!
-Devo farlo! Altrimenti sarò sempre un peso per te e per Terry.
-No!

-Abbi cura di lui e non lasciarlo mai.

-Ti accompagno alla stazione.
-No.
-Ti accompagno alla stazione.
-Ti ho detto di no. Questo renderà le cose più difficili!

-Vorrei che il tempo si fermasse.

-Non sarebbe stato meglio non esserci conosciuti?

- Allora io ti risponderei che non sono bravo a mantenere le promesse. Se mi chiedi dei miei sentimenti per lei, io ti direi che la stimo, le sono grato e la tengo in considerazione. . . ma l’amore assoluto e appassionato come quello che ho provato per te. . . Come quello che provo te. . . Maledetta la mia sorte! . .
- Non posso farlo! Vorrei mentirti ma non posso. Una volta ho provato a scriverti una lettera per dirti che tutto era dimenticato, ma non ho avuto nemmeno il coraggio di spedirla. Come dirti ora che sono innamorata dell’uomo che sarà mio marito, quando non è così.
- Dio, Dio! Che errore commisero i nostri antenati perché noi la pagassimo in questo modo? Perché questo amore puro e buono, così intenso che né il tempo né la distanza ha potuto abbattere, è diventato un peccato? Perché non puoi essere la mia donna, quando in fondo sei la sposa del mio cuore. Perché mi sei proibita?


Faith si separò violentemente dall’abbraccio senza riuscire a sopportare di più l'esplosione di visioni che irruppero nell’anima come una serie di potenti scariche elettriche. Sollevò il volto spaventata e si rese conto che anche Aaron era tanto agitato come lei. Per quanto strano sembrasse, entrambi sapevano, senza necessità di dirselo, che anche l'altro aveva avuto le stesse visioni.
Non sapendo cosa fare, Faith afferrò la borsetta e uscì correndo dalla stanza come se la stessero inseguendo. Aaron non ebbe la forza di fermarla. Era ancora troppo sopraffatto dalla forza delle emozioni vissute in quella strana occhiata a un mondo che tanto lui quanto Faith avevano dimenticato da molto, molto tempo, ma che quell’abbraccio aveva risvegliato dal suo lungo sonno.

Continua

 
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Lady Granchester
view post Posted on 12/5/2010, 22:36     +1   -1




Dany cara, che magnifico regalo ci hai fatto! image

Ma perchè questa storia mi commuove così tanto? :doll 2: :doll 2:
Finalmente si incontrano e rivivono le stesse emozioni e le stesse sensazioni di Terry e Candy, dovrei gioire e invece sono dannatamente triste :infelice:

Che grande storia ha scritto Alys, non capisco il motivo ma questa trafigge il mio cuore più delle altre, forse perchè è quella più fedele al pensiero della Miz . . .

 
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pecorellarosa
view post Posted on 12/5/2010, 22:55     +1   -1




Bello...bello...bello...bello...poetico, romantico, sensuale, misterioso, magico....insomma che meraviglia....questo è il pezzo della storia che preferisco di più!!!! :laura:
Grazie nannetta!!! Un pensierino per te :mizia:
 
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view post Posted on 13/5/2010, 09:10     +1   -1
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Meraviglioso :wub:

Grazie nannetta me lo fai assaporare come se fosse la prima volta

 
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annaloco
icon12  view post Posted on 13/5/2010, 09:41     +1   -1




Nannetta......GRAZIEEEEE :darling I love u: Quanto mi sono commossa!! :molto triste:
In alcuni momenti non riuscivo neppure a proseguire la lettura
Questa storia è veramente bella e commovente...l'adoro :amabile:

Non vedo l'ora di poter leggere il seguito.
Un bacio nannetta e queste sono tutte per te :rose rosa:
 
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view post Posted on 13/5/2010, 11:23     +1   -1

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Dany sei sempre perfetta

ho letto questo capitolo con un misto di ansia, agitazione ma anche tanta aspettativa

queste lezioni d'arte, dove la protagonista posa come modella, sono forse frutto dell'esperienza personale di Alys? visto come sa disegnare ;)

le tenere scaramucce tra i due sono identiche a quelle che abbiamo imparato ad amare

e tutte quelle visioni, quei sensi di deja vue, come se i due protagonisti avessero dormito un sonno comune e improvvisamente, come spari, i ricordi dell'altra coppia, li abbia risvegliati e resi consapevoli ^_^

Davvero avvincente questo capitolo, ricco ed emozionante soprattutto il momento dell'abbraccio: sembrava di avere di fronte uno schermo dove passavano, in rapida successione, le scene che quei dialoghi evocavano

Ancora complimenti e un grazie di cuore
 
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view post Posted on 13/5/2010, 13:18     +1   -1

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Oddio che dire.........fantastica è dir poco, credo che sia l'opera più bella di Alys grazie Dany di tradurla per noi image leggendola mi immaginavo Candy e Terry.........mamma mia lo avessi incontrato io quell'Aroon sarei morta..........
 
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nannetta70
view post Posted on 13/5/2010, 13:53     +1   -1




Hai ragione Francy, ma io che le ho tradotte quasi tutte non riesco a fare un graduatoria e dire quale opera di Alys sia migliore dell'altra. Come ha osservato @rabesque, questa donna ha raccontato l'amore fra Candy e Terry dopo averli conosciuti e amati profondamente e ha saputo trasmettere ai lettori le emozioni che sicuramente lei ha provato mentre scriveva. Per me è stata ogni volta una nuova scoperta e una emozione più intensa dell'altra. Davvero non riesco a dire quale sia la migliore, ognuna reca in sé un buona dose di magia e passione. Tra gli autori di sequel ufficiosi al mondo credo che nessuno sia riuscito ad eguagliarla :P
SPOILER (click to view)
a parte la nostra Alys tutta italiana, fatina Ody :wub:

 
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klimt_1974
view post Posted on 13/5/2010, 16:22     +1   -1




Accipicchia che capitolo lungo che ci hai regalato dany! Anche per me, questa è la parte che preferisco della soria. L'inizio è troppo duro da digerire e ti confesso che dopo averla letta ho stentato a prendere sonno.
Bellissime le loro scaramucce.
Grazie per la magistrale traduzione :wub:
:ribbon heart:
 
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Tinette
view post Posted on 13/5/2010, 16:45     +1   -1




Cara amica, che capitolo sublime! :wub:
Anch'io, al pari di jorinda, ho come l'impressione di leggere la ff per la prima volta e di assaporare dunque per la prima volta, assieme ai protagonisti, quelle sensazioni così dolci e violente nello stesso tempo.
Sono scombussolata dall'emozione: il momento dell'abbraccio e quell'uragano di frasi del passato affiorate lì a sconvolgere in modo (per loro) incomprensibile il presente..! E' stato troppo per il mio povero cuore... :molto triste:
Caspita, sembra di vedere un film: questa ff è particolarmente cinematografica, non trovate?
Dany sei bravissima: grazie ancora, continua così! :tella:
SPOILER (click to view)
Graziosissima anche la fanart: mi sembra lo stile della stessa Alys ma non la conoscevo :cry:


Edited by Tinette - 13/5/2010, 18:51
 
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nannetta70
view post Posted on 13/5/2010, 17:05     +1   -1




SPOILER (click to view)
Graziosissima anche la fanart: mi sembra lo stile della stessa Alys ma non lo conoscevo :cry:

[/QUOTE]

Tinette, credo sia proprio di Alys, ad ogni modo è inserita nell'originale spagnolo reperito su La Biblioteca del Foro Rosa, la mia fonte.
 
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janthomas
view post Posted on 13/5/2010, 17:25     +1   -1




Grazie anche da parte mia nanetta per questo tuo lavoro ottimo di traduzione.
Dunque siamo proprio a due persone identiche agli originali e forse questa volta non ci sarà un'altra Susanna a rovinare tutto? Una nuova opportunità per riparare agli errori del passato?
Aspetto anch'io con molta attesa il prossimo capitolo e complimenti ancora :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo: :bravo:
 
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105 replies since 15/4/2010, 19:34   8451 views
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