| CIAO CARISSIMI.
PER FARMI PERDONARE DEL LUNGO SILENZIO VI POSTO TRE CAITOLI. CONTENTI?
LA TRAVERSATA (seconda parte)
Il sole del mattino fece capolino dall’oblò della cabina, svegliando Terence e Candy dolcemente. Lui si alzò per primo e guardò la ragazza. Le sorrise dandole il buongiorno, a cui lei gli rispose altrettanto gentilmente. Candy si era seduta sul letto e si stava stiracchiando. Sentiva gli occhi di lui su di sé e ripensò per un attimo alla sera prima, alle due molestatrici, all’imbarazzo provato. Decise di parlarne con Terence.
- Terence, io non voglio più passare un momento imbarazzante come quello di ieri sera, con quelle due arpie… - - Cos’è, sei gelosa? – scherzò lui. Poi, facendosi serio tutt’a un tratto – sì, hai ragione, anch’io ero sulle spine. Bisogna trovare una soluzione… uhm… senti, facciamo così. Ci faremo portare da mangiare qui in cabina, così non ci vedrà nessuno. – - E dovremmo starcene tutto il giorno chiusi qui dentro, come due prigionieri? No, Terry, io non ce la faccio, ho bisogno di uscire, di prendere aria! – esclamò Candy spazientita. - Beh, io un modo per passare il tempo ce l’avrei… - insinuò lui schiacciandole un occhio. Vedendola arrossire si ricompose e continuò: - no, tranquilla, ho promesso che sarei stato bravo e io mantengo sempre le promesse! Piuttosto, non penso che potremo evitare d’incontrare gente, finché saremo su questa nave. Propongo di dividerci durante il giorno. Faremo vite separate, così eviteremo situazioni imbarazzanti. Che ne pensi? –
A Candy la cosa non piaceva affatto ma dovette ammettere che non c’erano alternative. Così, se uno era a poppa l’altra\o se ne stava a prua, oppure nel settore di seconda classe. Ognuno aveva fatto delle amicizie che poi commentavano alla sera, nella loro cabina prima di addormentarsi. Se incontravano Julia e Lara inventavano delle scuse plausibili per svignarsela al più presto. Una mattina Candy si svegliò tutta sudata e accaldata. Terence le toccò la fronte. Scottava.
- Candy, tu scotti! Vado a chiamare un dottore! – e fece per alzarsi ma lei lo trattenne per un braccio. - No! Aspetta! Ricordo che miss Pony e suor Maria applicavano dei panni bagnati sulla fronte per far calare la febbre. Vai a prendere un fazzoletto o un asciugamani e posamelo sulla fronte. - - Ma perché non vuoi che chiami il dottore? – le chiese il ragazzo preoccupato. - Se venisse dovrebbe visitarmi e… scoprirebbe che non sono un ragazzo. Cosa succederebbe allora? – chiarì lei ansimante.
Terence dovette ammettere che non aveva scelta e fece come gli aveva detto lei. Ma più il tempo passava più la febbre aumentava e la ragazza cominciò a delirare, farneticando e chiamando il suo nome. Alla fine non ne potette più e corse a cercare un medico, infischiandosene delle conseguenze. In tutta la nave sembrava non ci fosse un dottore, Terence era disperato. S’imbattè alla fine in Julia, che vedendolo in quello stato gli chiese cosa avesse.
- Mio… cugino Dan sta molto male. Ha la febbre altissima e delira! Sto cercando un dottore ma non lo trovo! – le disse concitatamente. - Non preoccuparti. Mio fratello è medico. Andiamo subito a cercarlo. – e corsero subito, trovandolo in salone. La ragazza gli spiegò il problema e lui accondiscese a visitare il malato.
In quel momento la nave iniziò a sballottare fra le onde e il cielo era pieno di nubi nere. Stava arrivando una tempesta.
TUONI E FULMINI
Capitolo III
Quando i tre entrarono nella cabina trovarono Candy-Daniel rannicchiata nel letto, tremante come un pulcino bagnato e con gli occhi lucidi e arrossati. Subito Henry, il dottore, si precipitò sul malato e cominciò a visitarlo ma dopo poco si arrestò allibito. Non potendo interrogare il\la paziente perché semi incosciente, chiamò Terence che era nel corridoio con Julia, impaziente e timoroso.
- Signor Granger! Che scherzo è questo? Volete prendermi per i fondelli??! Questa è… è… è una ragazza!! – tuonò il medico infuriato. - Lo so. – rispose Terence con aria rassegnata e afflitta. Sicuramente il dottore aveva ragione ad essere arrabbiato ma ora la cosa più importante era la salute di Candy, per cui continuò: - Mi creda, le spiegherò tutto dopo ma ora… pensi alla ragazza! – - La signorina ha un brutto febbrone. Bisogna farle scendere la temperatura…. Le darò una medicina per farle scendere la temperatura. – e si mise ad armeggiare nella sua borsa professionale, tirandone fuori una bottiglietta. Ne diede un sorso alla malata e poi fece per rivolgersi a Terence ma qualcosa lo distrasse.
La nave aveva cominciato a ballare tra le onde e sembrava combattere ferocemente con esse per rimanere a galla, mentre il cielo era squarciato da saette e rimbombi assordanti. Nonostante i richiami alla calma lanciati dal personale di bordo che cercava di tranquillizzare i passeggeri, tutti gli ospiti tentavano di precipitarsi sui ponti in cerca di rassicurazioni. Il dottor Henry Brenson sentiva il frastuono che proveniva dal corridoio e si precipitò fuori dalla cabina. Vide un fiume di gente che correva impazzita verso l’esterno e decise di salire anch’egli per vedere se c’era bisogno di lui. Sentendosi trattenere per un braccio da Terence, si ricordò della ragazza malata e disse: - Guarirà presto, vedrai. Non farla alzare dal letto. Ora vado a vedere se c’è bisogno di me e quando la tempesta sarà finita mi spiegherai tutto. –
Passarono diverse ore prima che la tempesta si calmasse. La nave sembrava un fuscello sbattuto dal vento e dalle onde. Più volte fu sul punto di soccombere alla furia degli elementi e mandò anche un S.O.S. ad altre navi ma alla fine la burrasca si placò e tornò a navigare in acque più tranquille.
Terence rimase tutto il tempo con Candy. Spiava ogni suo sospiro, ogni suo gesto, ogni suo movimento. Le toccava la fronte, le bagnava le labbra col fazzoletto, le accarezzava la fronte e i capelli con dolcezza, quasi avesse paura a toccarla. Quando vide che dormiva tranquilla e che la febbre era scesa notevolmente, si accorse che non aveva mangiato niente tutto il giorno e il suo stomaco reclamava la sua parte. Così salì in sala da pranzo e si sedette ad un tavolo a ordinare la cena. Stava per alzarsi dopo aver cenato quando una mano gli si posò su una spalla. Era Henry il dottore che lo guardava con aria interrogativa. Terence allora lo invitò al bar per un drink. Accomodatesi su un divano ordinarono da bere e iniziarono a chiacchierare. Il giovane dai capelli lunghi raccontò la verità al medico che alla fine si fece una gran risata e disse: - Certo che siete proprio coraggiosi e intraprendenti voi due! Forse anche un po’ incoscienti! Però mi piacete. Ma cosa pensate di fare una volta a New York? –
- Non lo so ancora bene. Sicuramente mi cercherò un lavoro, almeno i primi tempi. E poi tenterò di farmi accettare in qualche compagnia teatrale. Quello è il mio sogno! – disse Terence, nascondendogli che era figlio della grande attrice Eleonor Baker. - Beh, se vuoi una mano, io conosco un regista teatrale che ha una sua compagnia. Si chiama Robert Hathaway e lavora a Broadway. – - Oh, vi ringrazio, ci penserò. – gli disse Terence, che però voleva farcela da solo, senza raccomandazioni. – Piuttosto, a vostra sorella direte la verità su me e Candy? – - No, se non lo volete – lo rassicurò Brenson. - Ecco, per ora preferirei di no. - - Bene. Qua la mano. Questo sarà il nostro segreto! – e si strinsero la mano calorosamente. Ormai erano diventati amici.
In quel momento suonò la sirena della nave. Stavano per entrare nel porto di New York.
(Fine capitolo III)
NUOVE DECISIONI
Capitolo IV
Era ormai mattina quando la nave attraccò al porto di New York. Tutti i passeggeri scesero sul molo disperdendosi, chi solo, chi con amici o parenti. Candy si era svegliata fresca come una rosa, la medicina del dottor Brenson aveva fatto miracoli. Terence le aveva spiegato ogni cosa sul dottore ora loro amico e lei si sentiva più tranquilla. Ora si trovavano sulla banchina, intenzionati a cercarsi una locanda dove alloggiare almeno i primi giorni, quando si sentirono chiamare da Henry. Era con Julia e la sua amica, a pochi metri da loro.
- Eh, ragazzi! Dove andate? Possiamo accompagnarvi? – - Ehm… no, vi ringrazio. Andiamo da un nostro amico, a Manhattan. – gli rispose Terence guardingo. Preferiva non rivelare i suoi piani. - Oh, anche noi andiamo da quelle parti! In che zona di Manhattan abita il vostro amico? – chiese Julia curiosa. - Abita… dalle parti di Lincoln Square – farfugliò imbarazzato, dicendo la prima cosa che gli venne in mente, cioè l’indirizzo di sua madre. Candy lo guardò sbalordita. - Beh, noi siamo a Midtown. Non siamo lontani. Ad ogni modo ci incontreremo, prima o poi. - disse Brenson, trascinando via la sorella e l’amica. Aveva capito l’imbarazzo dei due ragazzi e non voleva infierire oltre.
Rimasti soli, Candy e Terence tirarono un sospiro di sollievo e, caricando le loro valigie su una carrozza, si fecero portare a Broadway. Girarono in lungo e in largo tutto il quartiere e alla fine videro un cartello con scritto “affittasi” esposto su un portone di un caseggiato non molto antico, situato in Upper East Side, non lontano dal viale dei teatri. Decisero di provare a chiedere l’appartamento. Il cartello indicava di rivolgersi al pianoterra ed essi entrarono e bussarono alla porta indicata. Aprì loro una signora sui cinquant’anni, piuttosto robusta, con occhi chiari e capelli rossi. Aveva una faccia rubiconda e simpatica e quando vide i due ragazzi provò empatia e tenerezza.
- Ci scusi signora. Abbiamo visto il cartello che dice che si affitta un appartamento. Vorremmo vederlo. – le disse il ragazzo bruno con un sorriso. Terence aveva deciso di sfoderare tutto il suo charme pur di vedere la casa. - L’appartamento è al secondo piano. E’ ammobiliato. Il proprietario abita a Chicago e non si vede mai. Per il pagamento dovete rivolgervi ad una banca. Di solito è affittato da attori che lavorano nei teatri qui vicino. Anche voi siete attori? Mi sembrate tanto giovani! – disse la donna osservandoli attentamente. - Ehm… sì. Siamo solo agli inizi. Veniamo dall’Europa e pensiamo di restare qui per un po’. - disse Terence, che voleva spiegare il perché del suo accento straniero. - E la signorina? E’ una parente? – domandò la signora guardando Candy che aveva tolto i vestiti da uomo, optando per un vestito di lanina leggera azzurra col soprabito e cappello a cloche coordinati. - Sì… è mia cugina. Siamo cresciuti insieme, siamo come fratelli. Lei è sola al mondo e me ne devo occupare io. - affermò lui con convinzione. - Mi sembrate due bravi ragazzi. Vi mostrerò l’appartamento. – si decise la signora salendo le scale e aprendo la porta dell’appartamento con la chiave che aveva nella tasca del grembiule.
L’alloggio era piccolo ma confortevole. C’era una camera da letto, un cucinino con soggiorno e un bagno. Ai due ragazzi piacque subito e dissero che lo prendevano anche se il prezzo non era molto conveniente. La signora li lasciò soli per parlare meglio fra di loro sul da farsi. Si guardarono intensamente, poi Terence disse:
- Bene. Ora che abbiamo un tetto sulla testa dobbiamo sistemare alcune cose. Anzitutto cercherò un lavoro… - - Anch’io voglio cercarmi un lavoro – lo interruppe Candy ansiosa. - Va bene tesoro, io non te lo impedirò. Ma ci tengo a precisare che voglio regolare al più presto la nostra posizione. Senti, mi è venuta un’idea. Ora devo lasciarti per qualche ora. Tu intanto chiedi in giro se cercano qualcuno per un lavoro, quello che vuoi tu, che più ti piace. E poi fai un po’ di spesa, dobbiamo pur mangiare! – terminò lui facendo per andarsene. Ma una mano lo bloccò. - Ma dove vuoi andare? Perché non posso venire con te? – gli chiese Candy spazientita. - Non preoccuparti, tornerò presto. Entro stasera sarai mia moglie! – sentenziò Terence, e sparì lasciando Candy esterrefatta.
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