CAPITOLO X - Continuazione
Patty O’Brien aveva ricevuto un’altra lettera dai suoi genitori, in cui le chiedevano di tornare in Florida. La ragazza la mise sopra una pila di carte dentro un cassetto dimenticato. Si alzò in piedi lasciando la sedia sulla quale si era seduta per rispondere alla sua famiglia. Ai genitori aveva buttato giù qualche riga appena, solo per dire che sarebbe rimasta con i suoi amici una settimana in più, mentre a sua nonna aveva scritto una lunga lettera piena di dettagli. Patty rifletté che, anche se il suo rapporto con i genitori non era mai stato quello che avrebbe dovuto essere, poteva considerarsi più fortunata di molti altri rampolli dell'alta società perché aveva sempre potuto contare su nonna Martha, suo angelo custode e sua complice negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Ormai ventenne, Patty considerava ancora l'anziana signora la sua migliore amica e confidente.
La giovane camminò lentamente verso la finestra e la sua vista si perse nella bellezza del roseto della dimora degli Andrew, nei sobborghi di Lakewood. Il paesaggio era come Candy le aveva descritto, forse ancora più bello. Sotto l’abbagliante sole estivo le rose si aprivano in tutto il loro splendore, diffondendo la loro fragranza in tutta la proprietà. Aprendo la finestra per aspirare il dolce profumo che sempre le ricordava Candy, Patty sentì la dolce e calda brezza soffiare delicatamente sul suo viso.
Negli ultimi sei mesi un torrente di nuove e vecchie emozioni aveva cominciato a brulicare nell'anima della giovane dai capelli scuri, e in quella tranquilla mattina soleggiata tutte le sue corde interne sembravano intonare una canzone dai suoni nuovi e inaspettati. La ragazza sorrise e sciolse i capelli che le arrivavano alle spalle come un velo scuro, danzando nel vento estivo.
Patty, Archie e Annie stavano trascorrendo alcuni giorni nella dimora degli Andrew, sotto il vigile sguardo della zia Elroy. Quest’ultimo dettaglio non aveva costituito un ostacolo alle frequenti visite di Tom poiché, nonostante l’incrollabile riluttanza dell’anziana ad abbassarsi a frequentazioni plebee, non poteva dimenticare quanto speciale era stata l’amicizia di quel ragazzo per il suo più caro e perduto nipote, il cui ricordo era sempre vivo nella sua memoria. Quindi, grazie ad Anthony, le visite di Tom erano sempre le benvenute nella magione, specialmente per un paio di scuri e profondi occhi femminili che s’illuminavano ogni volta che all’orizzonte compariva il carro del giovane fattore.
L’amicizia tra Patty e Tom aveva fatto passi importanti rispetto al loro primo incontro nel Natale precedente. I modi semplici e amabili del giovane si armonizzavano bene con il carattere timido e dolce che era il tratto principale della personalità di Patty. Ben presto i due ragazzi arrivarono a confidarsi le loro speranze e i loro sogni per il futuro, così come i ricordi tristi. Tom aveva condiviso con Patty la terribile solitudine in cui aveva vissuto dalla morte di suo padre avvenuta un paio d’anni a causa di un attacco di cuore. Da quel momento il ragazzo si era buttato a capofitto nell’amministrazione della sua fiorente fattoria; presto però il lavoro, che assorbiva il suo tempo dall'alba al tramonto e anche oltre, si era rivelato un conforto insufficiente e la sua anima chiedeva qualcos'altro. Patty, da parte sua, rese Tom partecipe di tutto il dolore che la morte di Stear aveva lasciato nel suo cuore, lasciandolo arido e devastato alla tenera età di sedici anni. La giovane coppia cominciò così a costruire un legame solido e profondo che a poco a poco diventò un sentimento più intenso, nonostante i due ragazzi paressero non rendersene del tutto conto.
Tom era stato il primo ad accettare quella nuova inquietudine del suo cuore, ma non riusciva a trovare una soluzione a un simile problema, così diverso dalle questioni che era abituato a trattare nella sua vita quotidiana di fattore e uomo d’affari. Non si trattava soltanto del tipico nervosismo di un giovane che cerca il modo di confessare i sentimenti che lo turbano, ma di una serie ben più ampia di considerazioni riguardo alla differenza di classe tra lui e la giovane donna di cui si sentiva ormai innamorato.
Non avendo più suo padre a cui poter confidare i suoi dubbi, Tom decise di chiedere consiglio a un uomo da sempre abituato a conciliare le raffinatezze di una famiglia aristocratica con un amore profondo per la natura e la vita semplice. Chi meglio di Albert poteva aiutarlo a far luce nella sua mente confusa? Quindi, in occasione di un viaggio a Chicago per trattare una vendita di bestiame, Tom chiese un appuntamento al giovane magnate per potergli parlare in privato.
- È buffo che tu abbia pensato a me per discutere di questo – rise Albert quando Tom gli parlò del suo problema – Non sono mai stato veramente innamorato e non ho la minima idea di come si faccia a chiedere la mano di una donna – confessò, servendo un bicchiere di cognac all’amico. I due giovani si trovavano soli nel grande studio che Albert usava come suo ufficio principale nella residenza di Chicago.
- Beh, onestamente – biascicò Tom, sentendosi impacciato mentre parlava dei suoi sentimenti – quello che davvero mi preoccupa è la sua reazione. Voglio dire, è una ragazza distinta e la sua famiglia ha posizione, prestigio … Ho paura che non mi accetti.
- Sei un uomo benestante, Tom – commentò Albert sedendosi nella sua sedia di cuoio favorita – non credo che Patty si possa sentire in alcun modo degradata sposandoti. E poi, il denaro è la cosa che conta di meno quando si tratta di un matrimonio. Ciò che importa davvero è l'amore.
- So che non morirò mai di fame, Albert – rispose Tom sorbendo il liquido caldo – ma nonostante la mia stabilità economica non sono un uomo d’alto rango. La rispettabilità del nome che mio padre mi ha lasciato non si discute, ma non ha il prestigio di cui gode il tuo, per esempio. In più so bene di essere sempre un orfano, un trovatello, e queste cose hanno molto peso per la gente della tua classe.
- Ti ho sempre visto come un uomo sicuro di sé, Tom – rispose Albert – non vedo come ti possa considerare tutte queste sciocchezze come un ostacolo. Se lei ti ama, e ho le mie buone ragioni per pensare che sia così, niente si deve intromettere tra voi due.
- Lo credi davvero? – chiese Tom illuminandosi in volto – Credi che lei mi ami?
- Beh, questa è una domanda che devi fare direttamente a lei – rise Albert divertito dall’ansia del suo amico - però si, ho l'impressione che lei provi qualcosa per te.
- E come la mettiamo con la sua famiglia? – insistette Tom ancora dubbioso – Credi che approverà il nostro rapporto nonostante le mie origini?
- Beh… questo è un altro discorso - ammise Albert accarezzandosi lentamente il mento - So che la nonna di Patty sarà sicuramente dalla tua parte, ma non saprei dire molto riguardo ai suoi genitori. Però non credo che tu te ne debba preoccupare eccessivamente. Se Patty ti ama veramente troverà il modo di affrontare le opinioni della sua famiglia, e arriverà anche a mettersi contro di loro se dovessero opporsi categoricamente. E poi, quando finirà la guerra, e spero che questo succeda presto, i signori O'Brien torneranno sicuramente in Inghilterra e questo vi darà l’opportunità di costruire un matrimonio solido e lontano dalle intromissioni familiari.
Gli occhi di Tom brillarono vivacemente mentre ascoltava le parole incoraggianti di Albert. Quella sera il giovane fattore prese il treno per Lakewood con il cuore pieno di speranze rinnovate. Una ferma risoluzione si era sostituita ai suoi dubbi. La mattina successiva si sarebbe presentato una volta ancora alla casa delle rose.
Era una magnifica mattina di giugno e il sole con i suoi raggi più brillanti entrava attraverso la finestra raggiungendo il letto di Terence. Sul comodino un vaso di fiori con un giglio solitario diede il buongiorno al giovane quando questi aprì gli occhi sull’ambiente circostante. Si trovava in una grande camerata che condivideva con altri quindici pazienti e l’aria era pregna di un forte odore di antisettico. Una donna vestita di bianco stava prendendo la temperatura al suo vicino di letto.
L’infermiera era incredibilmente magra, aveva un naso enorme, i capelli castano chiari raccolti in un nodo sulla nuca e un paio di gelidi occhi azzurro chiaro. Terry la osservò attentamente per qualche istante. A conclusione del suo esame il giovane stabilì che quella donna doveva avere poco più di trentacinque anni ed era di una bruttezza senza appello. Gli ricordava le immagini de
Il Mago di Oz in un volume riccamente illustrato che aveva letto da piccolo.
“E questa chi è, la Malvagia Strega dell’Est?” pensò, e senza potersi trattenere si lasciò scappare un risolino soffocato.
- Ottimo, vedo che è di buon umore – disse la Strega Malvagia con un sorriso faceto – Quindi, dato che sembra star decisamente bene, è ora di cambiare questi bendaggi e di lavarsi, giovanotto – continuò la donna con voce monotona.
Terry la guardò spalancando tanto d’occhi sentendosi infastidito dalla voce nasale dell’infermiera.
- Un momento – disse senza poter dissimulare l’irritazione – Dov’è Candy?
La donna non fu affatto sorpresa di quella domanda, non era certo il primo paziente a insistere per essere seguito dall'infermiera più popolare dell'ospedale. Quindi non fece caso alla richiesta e cominciò a preparare Terry per il lavaggio.
- Ho fatto una domanda e vorrei ricevere una risposta! – disse il giovane in tono di comando -Che diavolo crede di fare, signora? – chiese, preso dall’agitazione, quando la Strega cominciò a svestirlo, e siccome non sembrava badare alla sue proteste, Terry tentò di fermarla afferrandole i polsi.
- Così sei uno di quei ragazzini difficili, eh? – commentò bonariamente la donna liberando con un gesto rapido le mani dalla presa di Terry – Li conosco tutti questi trucchi.
- Dov’è Candy? – domandò ancora una volta Terry, sentendosi diventare del suo umore peggiore.
- Lascia che ti spieghi come stanno le cose qui, figliolo – disse la Strega incrociando le braccia sul petto piatto – Sei in quest’ospedale per riprenderti dai colpi che ti hanno sparato in corpo nel campo di battaglia, ma se credi che questo significhi essere accudito dalle graziose biondine, per la gloria del tuo ego maschile, ti sbagli di grosso. La signorina Andrew è stata assegnata a un altro padiglione. Da oggi sono io qui di turno la mattina, e ora il mio compito è quello di farti un bagno con la spugna. Allora, ti va di collaborare?
- Un che cosa?! – gridò Terry atterrito all’idea – Neanche per sogno, signora! Farò una doccia da solo, mi dica solo dove … - disse tentando di alzarsi, ma di nuovo un dolore lancinante gli trafisse il corpo e lo costrinse a restare disteso.
- Bene, bene! – lo sgridò la donna – Continua ad agitarti così e le ferite si riapriranno così in fretta che dovrò darti degli altri punti, e senza anestesia. Adesso basta con le stupidaggini e lasciami fare il mio lavoro.
L'infermiera approfittò del dolore di Terry per cominciare con le spugnature, mentre un giovane molto frustrato malediceva in silenzio la Malvagia Strega dell'Est, il dannato francesino che credeva responsabile dell'assenza di Candy, e il mondo intero.
Erano passati cinque giorni da quando Terry si era svegliato la prima volta all’ospedale Saint Jacques. In tutto questo tempo non era più riuscito a vedere Candy. La Strega Malvagia, il cui vero nome era Nancy, continuava a presentarsi nel turno di mattina, Yves lo visitava ogni pomeriggio, ed evitava sempre le domande dirette di Terry riguardo a Candy, una donnina minuta di nome Françoise aveva il turno pomeridiano e la sera una donna quasi anziana terminava il lavoro. Di Candy neanche l’ombra.
Fu la mattina del sesto giorno che Terry si rese conto per la prima volta che il giglio nel vaso di fiori sul suo comodino in tutto quel tempo non era mai appassito. Sua madre aveva una speciale predilezione per quei fiori e Terry ricordava bene quanto erano effimeri. Si chiese come fosse possibile che lo stesso fiore avesse conservato tutta la sua freschezza per così tanto tempo. Nello stesso tempo si accorse che gli altri pazienti non avevano fiori sui comodini. Chi poteva essere a fargli quel piccolo regalo per assicurarsi che avesse sempre un fiore fresco a illuminargli il giorno?
Terry ne dedusse che qualcuno ogni notte sostituiva il giglio mentre lui, nonostante la sua abituale insonnia, dormiva sotto l'effetto degli analgesici. Decise allora che la sera seguente non avrebbe preso le pastiglie che l'anziana infermiera dell’ultimo turno gli dava sempre, così sarebbe rimasto sveglio e avrebbe potuto vedere di chi era la mano caritatevole che gli forniva quel regalo così delicato. La sola idea che quella persona potesse essere Candy lo faceva tremare di gioia.
Finalmente arrivò la sera, il sommesso chiacchiericcio dei pazienti tra un letto e l'altro andò gradualmente acquietandosi mano a mano che i feriti si abbandonavano al sonno. Verso mezzanotte quando il padiglione era avvolto nel silenzio più totale, Terry sentì dei passi femminili che dall’ingresso della camerata si avvicinavano al suo letto. I passi si fermarono improvvisamente di fronte a lui, e Terry udì un sussurro d'acqua che veniva versata in un vaso.
Una mano delicata teneva un giglio fresco, e stava per metterlo nel vaso quando fu intercettata da un’altra mano più grande e forte.
- Ti ho preso con le mani nel sacco, visitatore notturno! – bisbigliò Terry sorridendo a una Candy sbigottita.
- Terry! – esclamò sottovoce la giovane – dovresti essere addormentato!
- E come faccio a dormire se mi lasci solo tutto il giorno? – la rimproverò lui senza lasciarle la mano.
- Io … io … non ti ho abbandonato, Terry – balbettò Candy – è solo che ho tante cose da fare …
- Ma avresti potuto trovare un attimo almeno per dire ciao. O no? – protestò il paziente mentre con il dito pollice cominciava ad accarezzare dolcemente il dorso della piccola mano che tratteneva. Pur essendosi sentito mortalmente ferito per la prolungata assenza di Candy nei giorni precedenti, il fatto che lei si fosse presentata ogni notte per portargli un fiore fresco significava molto per lui, tanto da aver dimenticato ogni risentimento. Inoltre la pelle della ragazza era così morbida e calda al suo tocco che non avrebbe potuto in nessun modo portarle ancora rancore.
- Sono stata molto occupata. Allora Terry, potresti lasciarmi la mano? – lo pregò nervosamente, ansiosa di interrompere quel contatto fisico prima che il giovane si rendesse conto dei brividi che le stava provocando in tutto il corpo.
- No, finché non mi prometti che starai un po’ qui a chiacchierare con me – le rispose lui guardandola con occhi ardenti.
- È mezzanotte passata, Terry! – rispose Candy allibita – Dovresti dormire!
- Si da il caso che non ci riesca. E poi mi sono terribilmente annoiato in tutti questi giorni – insistette lui, trattenendo ancora la mano della ragazza.
- D’accordo, hai vinto – disse lei arrendendosi a decidendosi a guardarlo - ma adesso lasciami mettere il fiore nel vaso.
Con un po’ di reticenza il giovane lasciò la mano di Candy. Nonostante il sollievo, la ragazza percepì anche una sgradevole sensazione di freddo quando la sua pelle perse il contatto con quella di Terry. Mise il fiore nel vaso pensando disperatamente a cosa dirgli per spiegare il suo comportamento. Come aveva deciso fin dal primo giorno, quando Julienne le aveva fatto notare quello che l’assistenza a Terry avrebbe comportato, Candy aveva chiesto di essere assegnata a un altro padiglione. Da allora aveva sempre desiderato tornare a fargli visita, ma temendo di dover rispondere alle domande di Terry sul suo cambio di turno, aveva preferito mantenersi a distanza.
Nonostante le sue paure, la giovane aveva deciso di regalare un fiore a Terry ogni giorno, in modo che avesse qualcosa di bello accanto a lui per illuminare i giorni grigi e noiosi in ospedale. Ma ora che era stata colta in flagrante, non aveva la minima idea di come gestire la situazione.
- Che cos’hai fatto di così importante in tutto questo tempo da non avere neanche un istante per un vecchio amico sofferente? - le chiese Terry scherzosamente, mentre lei prendeva posto su una sedia lì accanto.
- Beh, un sacco di cose – balbettò – Ho lavorato tantissime ore in chirurgia.
- Io invece non ho avuto nulla da fare, a parte annoiarmi e sentire la tua mancanza – la rimproverò con bonarietà, guardandola intensamente – Sei stata molto crudele con questo tuo amico.
- Ma sei stato in ottime mani – si difese lei.
- Ah si, certo! – ridacchiò Terry – La Malvagia Strega dell’Est, la signorina Manine Fredde e la vecchia Mamma Oca, per non parlare del patetico francesino.
- Di chi stai parlando, Terry? – chiese Candy confusa – La Malvagia Strega dell’Est?
- Parlo della dolce Nancy che si ostina a strigliarmi la pelle fino a rendermela tutta rossa e gonfia - si lamentò – Santo Cielo! È la cosa più terribile che mi sia mai capitata! Dovrebbe esserci una legge che proibisce agli ospedali di assumere donne così orrende come infermiere!
- Terry! – esclamò lei visibilmente indignata – Nancy è un’infermiera competente e tu non dovresti chiamarla in un modo così orribile. Quando imparerai a chiamare la gente con i loro nomi veri?
- I nomi veri sono noiosi – rispose lui impertinente – Prendi “signorina Tuttalentiggini” per esempio. Non è decisamente più interessante ed espressivo di Candice?
- Sei impossibile!
- No, ti sbagli mia cara – disse Terry lanciandole un’occhiata di fuoco – Chi è davvero impossibile è il tuo patetico francesino.
- E chi sarebbe, posso saperlo?
- E chi dovrebbe essere, se non quello strazio di dottore che mi tocca sopportare? – rispose Terry in tono amaro.
- Terence! – lo rimproverò Candy con ardore – Yves è un grande medico, e nel caso non ti fosse ancora chiaro, è lui che ti ha salvato la vita!
- Si, questa parte della storia l’ho già sentita, e gli sono grato – spiegò lui un po’ incupito – ma non posso comunque tollerarlo, perché so bene che è stato lui a fare in modo che tu stessi lontano da me.
- Di che cosa stai parlando? – domandò Candy incredula – Come ti è venuta quest’idea così assurda?
- Andiamo, Candy! Mi credi tanto stupido da non accorgermi che il ridicolo francesino sbava per te? – rispose lui cominciando a sentirsi infastidito.
- Non ti permetto di parlare così di Yves. Lui non ha niente a che vedere con il fatto che io non stia lavorando in questa sezione. Il cambio l’ho chiesto io! – affermò Candy, e quando si rese conto di quel che aveva appena detto, era troppo tardi per ritirarlo. Le parole erano state pronunciate.
- Ah si? – disse Terry risentito – Così hai deciso che io ero una specie di lebbroso da cui Sua Altezza doveva tenersi alla larga!
- Non hai capito, Terry! – replicò Candy, che di colpo si ritrovava invischiata nella vecchia abitudine delle schermaglie verbali.
- Ma certo che capisco! Ma ti dico una cosa signorina Andrew: non ti libererai di me così facilmente.
- È una minaccia? – domandò Candy in tono di sfida.
- Prendila come ti pare, ma sentirai presto parlare di me! – concluse Terry incrociando le braccia.
- D’accordo, allora vai e comincia! – disse lei alzandosi e uscendo furiosa dalla camerata.
Una volta uscita dalla stanza Candy si fermò un istante. Il suo viso era rosso per le emozioni contrastanti e il suo cuore batteva all'impazzata. Le parole di Terence le risuonavano nelle orecchie come un’eco insistente.
“La Malvagia Strega dell’Est!”, mormorò senza poter trattenere un sorriso, “Ma dove andrà a prendere tutti questi soprannomi? E questa storia di Yves che sbava per me … È mai possibile che Terry possa essere … che sia … geloso?” Candy scosse la testa ricacciando quell’idea mentre si avviava verso la sua stanza.
Frattanto, nel suo letto, Terry guardava il fiore che la ragazza gli aveva lasciato sul comodino e con un sorriso sulle labbra si addormentò, non prima di aver deciso le sue mosse per il giorno seguente.
- Che succede dottor Collins? – chiese il maggiore Vouillard quando il medico americano entrò nel suo ufficio in una tranquilla mattina. Il direttore era stato informato di un’emergenza in corso in uno dei padiglioni.
- Ebbene, signore – cominciò confuso l’uomo – temo che ci sia una specie di … di …
- Di che cosa, dr Collins? – domandò Vouillard impaziente.
- Un ammutinamento – balbettò Collins.
- Prego? – fece Vouillard incredulo, aggrottando le folte sopracciglia scure.
- Un ammutinamento, signore - ripeté Collins facendosi pallido – tutti i pazienti del padiglione stanno come scioperando, hanno smesso di seguire le prescrizioni mediche e hanno persino rifiutato il cibo.
In tutta una vita nell’esercito Vouillard non aveva mai sentito una cosa tanto insensata e scandalosa come l’idea di uno sciopero di militari. Il direttore si rizzò sulla sedia grattandosi la nuca.
- Potrebbe dirmi per che cosa stano protestando i pazienti? – domandò appena si riebbe dallo stupore.
- Vedrà lei, signore – cominciò Collins con voce quasi impercettibile, senza sapere chiaramente come spiegare quello che stava succedendo – di fatto, stanno reclamando una certa infermiera.
- Che cosa? – gridò Vouillard.
- Quest’infermiera – continuò Collins – lavorava in quel padiglione qualche tempo fa, poi è stata spostata, e adesso i pazienti la rivogliono indietro.
- E si può sapere chi è quest’infermiera così popolare? – domandò Vouillard irritato.
- La signorina Andrew, signore – rispose il medico.
Vouillard si portò la mano destra alla fronte con un'espressione esasperata, scuotendo incredulo la testa.
- Quella ragazzina mi farà finire in manicomio uno di questi giorni! – esclamò.
- Cosa dobbiamo fare con i pazienti, signore? - chiese Collins esitante.
- Per l’amor del cielo, Collins! – disse il direttore aprendo nervosamente le braccia – non abbiamo tempo per stupidaggini del genere, la signorina Andrew può lavorare in questo o quel padiglione, sempre che sia un posto sicuro. La rimandi dov’era prima e lasci che i pazienti possano bearsi ancora della sua radiosa presenza; ma se dovesse capitare un altro di questi … ammutinamenti, sarò costretto a inviarla in un altro ospedale.
Dopo una lunga attesa che a Terence Granchester era parsa eterna, una snella e bianca figura fece la sua apparizione all’ingresso della camerata che il sergente divideva con altri pazienti. Il letto di Terry era in un angolo in fondo all’ampio stanzone, illuminato da una grande finestra. Dalla sua posizione poteva vedere come la figuretta femminile si muoveva lentamente da un letto all’altro salutando i pazienti con un sorriso e rivolgendo a tutti qualche parola d’incoraggiamento. Questa volta il giovane poté gustare fino in fondo quella visione appagante.
I suoi occhi divorarono ogni centimetro di quella silhouette curvilinea avvolta nell’uniforme bianca che le arrivava alle caviglie. La sua mente tornò al passato e ricordò una Candy quindicenne che si cambiava d’abito in un certo pomeriggio di maggio, ma la giovane che adesso aveva di fronte era molto più bella e desiderabile rispetto ai ricordi che serbava. Dentro di sé benedisse la natura che aveva beneficiato la donna che amava di un aspetto tanto conturbante.
Da quella notte in cui aveva scoperto le visite furtive di Candy, lei era ritornata ogni mattina a sostituire il giglio, ma non avevano avuto molto tempo per parlare perché era sempre di fretta. Si limitava a sorridere al giovane e subito se ne andava. Lui aveva pensato tanto alle cose che avrebbe potuto dirle quando ne avrebbe avuto la possibilità, ma quando la giovane bionda si avvicinava al suo letto, Terry si smarriva in una contemplazione ammirata e le sue azioni non obbedivano più alla sua mente.
Le cose non migliorarono quando si accorse che altri pazienti guardavano Candy con la bramosia naturale di un occhio maschile che vede passare una bella donna. Ma non poteva biasimarli, specialmente quando era in debito con loro per l’appoggio che gli avevano dato quando aveva espresso la sua idea per far tornare Candy nel padiglione. Non era stato difficile per quel giovane dall’eloquio persuasivo indurre i suoi compagni a protestare con fermezza per ottenere l’assegnazione della ragazza al turno mattutino al posto della Malvagia Strega dell’Est.
La presenza di Candy nel padiglione, quindi, non era altro che il risultato dell’astuta maniera con cui Terry aveva saputo influenzare la volontà altrui. Poteva essere orgoglioso del risultato, ma quella era soltanto la prima parte del suo piano. Ora doveva cominciare la seconda: neutralizzare il “dannato francesino" era l'obiettivo successivo. A quel proposito Terry ricordò il suo ultimo incontro con Yves e il sangue gli ribollì nelle vene mettendolo di pessimo umore.
- Così ha finalmente ottenuto quel che voleva, sergente – era stata la prima cosa che Yves gli aveva detto il pomeriggio precedente, nel corso della sua visita quotidiana.
- È la dimostrazione che possiamo aver fiducia nei nostri processi democratici e nel potere del popolo. Lei che è francese dovrebbe saperlo, Bonnot – aveva risposto Terry con nonchalance.
- Posso farle una domanda, sergente? – chiese Yves con occhi che lanciavano saette, mentre controllava le ferite di Terry – Cosa le fa pensare che la signorina Andrew abbia il tempo e la voglia di dar retta al suo ridicolo corteggiamento?
- Molto, molto divertente, signor Bonnot – aveva sorriso Terry ironicamente – ma del resto che altro ci si può aspettare da un uomo che ha riposto tutte le sue speranze in un sogno impossibile, aaaah! Che male! – gridò quando Yves lo punse accidentalmente proprio dove la ferita gli doleva di più.
- Cosa intende dire? – chiese Yves sentendo su di sé lo sguardo duro di Terry e ricambiandolo con lo stesso lampo minaccioso.
- Quello che ha sentito, dottore. Ho capito benissimo le sue intenzioni nei riguardi di Candy.
- Che sono sempre state oneste. Non è chiaro se le sue lo siano altrettanto – rispose Yves, sorpreso dalle aperte parole di sfida del suo rivale. – Per come vedo io le cose, lei sta solo cercando di divertirsi nel periodo che deve trascorrere in quest’ospedale. Perciò la avverto, Granchester, non provi a fare il furbo con la signorina Andrew … e da quando la chiama Candy?
Quell’ultima domanda provocò un sorriso di superiorità sul volto di Terry. “Ecco il punto che stavo aspettando”, pensò.
- È una lunga storia, dottore – rispose in tono beffardo – però si sbaglia se pensa che io voglia prendermi gioco di Candy. Al contrario, io e lei siamo vecchi amici.
Yves percepì la punta di veleno nelle parole di Terry. Dentro di sé si chiedeva affannosamente se Candy conoscesse davvero quell’uomo così bene come lui stesso insinuava, ma nonostante il suo stupore riuscì a reagire allo sguardo insolente di Terry.
- Allora spero che si comporti da buon amico e che la lasci in pace - disse freddamente - A proposito, da domani in poi potrà cominciare ad alzarsi e a usare la sedia a rotelle. Potrà anche fare il bagno da solo – erano state le ultime parole di Yves prima di andarsene.
Si, il solo ricordo della conversazione faceva venir voglia a Terry di strangolare il suo dottore, ma la mirabile visione che si stava avvicinando al suo letto gli fece dimenticare ogni livore. Candy lo salutò con un sorriso.
- Buongiorno Terry! – disse dolcemente la ragazza – Come puoi vedere, hai vinto la tua piccola rivoluzione!
Il giovane la guardò cercando qualche traccia di rabbia o risentimento sul suo volto, ma riuscì solo a vedere quell’espressione luminosa e ingenua che da sempre lo affascinava. Aveva pensato di trovarla inviperita con lui a causa del clamore che aveva scatenato per mantenerla come sua infermiera, e in un certo senso era preparato a un nuovo battibecco con la ragazza. Quello che trovò, invece di un paio di sopracciglia corrucciate, furono due occhi verdi amorevoli e tentatori che guardavano dritto nei suoi.
- Te l’avevo detto che avresti sentito parlare di me – disse Terry, rinfrancato dall’atteggiamento amichevole di Candy – però ti pensavo arrabbiata con me.
- Non ne ho motivo – rispose lei, osservando il rapporto medico – Avevo chiesto di essere trasferita a un altro padiglione perché c’erano dei casi interessanti là - mentì con gli occhi fissi sui fogli in modo da nascondere il suo nervosismo – Ma ora quei pazienti sono stati dimessi, quindi non ho nessuna obiezione a tornare qui. Tutto sommato devo ammettere che è stato piuttosto … lusinghiero che tutti voi mi rivoleste qui con tanto fervore - concluse riponendo il rapporto e apprestandosi a dare le medicine a Terry.
La verità era che Candy si sentiva molto più tranquilla a lavorare con Terry, ora che il dottore lo aveva autorizzato ad alzarsi. Poteva essere più autonomo e lei non avrebbe dovuto affrontare situazioni troppo imbarazzanti. Quando aveva ricevuto l’ordine di tornare al suo antico posto Candy era stata ben lieta di quelle disposizioni che le permettevano di stare vicino a Terry per molto più tempo. “Dopo tutto”, aveva pensato, sorprendendosi di sé stessa “Julie potrebbe avere ragione … forse questa potrebbe essere … una nuova possibilità”. Tuttavia non poteva evitare di pensare anche a Yves.
- Immagino che al tuo dottore l’idea non sia piaciuta molto - insinuò Terry sagacemente, mentre osservava con attenzione ogni movimento di Candy.
- Smettila Terry! - lo rimproverò lei mentre cercava di raccogliere tutto il suo coraggio per togliere le bende a Terry sotto lo sguardo penetrante del giovane - Yves non è il mio dottore e non ha nessuna ragione di irritarsi per queste cose.
- Ma lui è pazzamente innamorato di te, non te ne sei resa conto? – insistette lui, in parte perché voleva vedere la reazione della giovane a quel commento, ma anche perché aveva bisogno di continuare a parlare per dissimulare le violente emozioni che le delicate mani di Candy sulla sua pelle risvegliavano in lui, sfiorando lievemente il suo petto nudo come farfalline giocose.
- Non credo che la vita privata di Yves sia affar tuo, Terry – disse lei in tono serio e guardandolo dritto negli occhi per la seconda volta in quella mattina, ma schivando il suo sguardo un attimo dopo. Candy temeva le acquose profondità degli occhi di Terry.
- Lo è nella misura in cui coinvolge la tua, mia cara amica – sussurrò trattenendo una volta ancora la mano di Candy tra le sue.
- Ma neanche la mia vita privata ti riguarda – rispose bruscamente lei riuscendo a liberare la mano dalla presa di Terry. – In ogni caso, però, devi sapere che Yves per me è solo un amico e d’ora in avanti vorrei che smettessimo di parlare di lui. Okay? - disse in tono imperioso.
Terry era più che soddisfatto delle ultime parole di Candy. Era riuscito a sapere quello che voleva: non c'era nessun impegno tra loro, contrariamente a quello che aveva immaginato in quella notte invernale. Padre Graubner era nel giusto, dopo tutto: c’era speranza. Il giovane si sentì come se un miele dolcissimo colasse nella sua bocca per scivolare fino al cuore. Se non fosse stato ferito, si sarebbe sicuramente alzato in piedi e si sarebbe messo a ballare dalla gioia. Tuttavia, ritenendo di aver già fatto abbastanza pressione su Candy per essere il primo giorno, si adeguò docilmente alle richieste autoritarie della giovane.
- D’accordo, parola d’onore, non più una parola sul francesino – disse alzando la mano destra.
- Il suo nome è Yves – rispose lei con severità.
- Bene, non una parola su … di lui – rispose Terry col più innocente dei suoi sorrisi, ma ancora restio a chiamare il giovane medico con il suo vero nome.
Candy ricambiò il sorriso, sapendo che la mania di Terence di affibbiare un soprannome a qualunque essere umano che incrociasse il suo cammino era un’abitudine troppo radicata per dileguarsi a un suo semplice ordine. Ma non le importava più di tanto, in fondo quello era solo un dettaglio di Terry che lei accettava affettuosamente quanto i suoi pregi.
Era già notte fonda quando Candy rientrò nella sua camera. Era stata una giornata pesante, aveva lavorato lunghe ore in corsia e aveva fatto del lavoro straordinario in chirurgia. La giovane aveva saputo che Flanny sarebbe tornata a Parigi il giorno seguente e questa notizia l’aveva messa di buon umore. Non vedeva l’ora di riabbracciare la vecchia amica, la stanza che condividevano era molto vuota senza di lei.
Candy aprì la finestra alla brezza notturna. Era una splendida e stellata notte d'estate. Dall’alto le luci scintillanti del firmamento sembravano salutarla giocando scherzose con la superficie brillante dei suoi occhi verdi.
La giovane si era sciolta i capelli che le ricadevano fino alla vita in una cascata dorata di ricci capricciosi. Candy si portò le mani alla nuca affondando le dita nella folta chioma. La notte era calda, forse troppo calda perché le sue inquietudini provocate dalle emozioni della giornata potessero trovar pace nel suo cuore. Non poteva dimenticare né quel paio d’occhi chiari che la fissavano con uno sguardo così seducente, né i muscoli saldi del petto e delle braccia del giovane. Era impossibile ignorare con quanta insistenza lui cercava di sfiorare la sua pelle e come ogni sua frase fosse sempre impregnata di affetto. Era possibile che dopo tutti quegli anni, dopo tutto quel tempo in cui era stato con Susanna, avesse ancora dei sentimenti per lei? O si stava soltanto burlando di lei?
“È famoso, ha una carriera brillante, ed è così terribilmente attraente" pensò. “Tantissime donne gli daranno la caccia, ora che sanno che è libero. Sono sicura che la maggior parte di quelle donne sono molto più belle e sofisticate di quanto potrei mai essere io. Potrà mai avere ancora dell'affetto per questa semplice infermiera che ai tempi del collegio è stata la sua fidanzatina? … Eppure è il mio nome che ha chiamato nel delirio…”
Candy abbassò gli occhi e il suo sguardo cadde su un biglietto che qualcuno aveva lasciato sul comodino. Riconobbe subito la calligrafia di Yves sulla busta.
Aprì la lettera e ne lesse il contenuto:
Cara Candy,
Mi faresti l’onore di accettare il mio umile invito? Mi piacerebbe portarti a vedere i festeggiamenti dell’anniversario della Presa della Bastiglia.
Ci saranno fuochi artificiali e un ballo.
Te lo chiedo in anticipo, così potrai pensarci con calma.
Sempre tuo
YvesCandy sospirò stendendosi sul letto mentre con il bordo del biglietto si accarezzava il mento. Si chiedeva cosa stesse pensando il suo cuore.
FINE CAPITOLO X
Edited by *Kiar@* - 16/5/2011, 19:05