Ciao a tutti! Ecco un altro stralcio della nostra storia...
...segue
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Vicino al fronte il terreno era accidentato e fangoso. La pioggia autunnale non aveva cessato di cadere da quando il gruppo di Candy era salito sul camion. Le molte ferite che la lotta constante aveva inferto al terreno, unite alla pioggia inclemente, avevano trasformato la regione in un vero pantano. Così il viaggio, che normalmente era di poche ore, durò secoli.
Verso la mezzanotte il camion oltrepassò la frontiera; l’equipe medica era già in territorio belga. In lontananza si udivano i rombi dei cannoni e delle bombe. Erano ormai vicini alla linea di fuoco dove l’esercito britannico e quello tedesco combattevano per la presa di Passendale, un villaggio nei pressi di Ypres.
Candy si svegliò all’improvviso con il rumore di mitragliatrici lontane e seppe così che erano giunti a destinazione. Una paura incontrollabile l’assali, ma un attimo dopo una grande forza interiore dissipò le sue apprensioni: “Sono qui per fare il mio lavoro, e non fallirò” disse tra sé aggiustandosi il cappotto, unico indumento che le restava per proteggersi dal freddo, dopo aver regalato il suo mantello alla donna di Arras.
Il camion si fermò davanti ad una lunga fila di tende bianche, diventate grigie per il vento e il fango. L’aria fredda della mezzanotte risuonava di ogni genere di voci e grida, mentre la pioggia continuava a cadere incessantemente. Il gruppo stava ancora scendendo dal camion quando un uomo vestito da chirurgo, con il camice completamente ricoperto di macchie di sangue, si avvicinò loro respirando affannosamente
- Grazie a Dio siete arrivati!- disse l’anziano medico con un accento britannico- abbiamo bisogno di aiuto immediatamente. Due chirurghi e quattro infermiere mi seguano in fretta, per favore! – supplicò l’uomo, che già tornava verso le tende.
Duvall, che era a capo del gruppo, diede i suoi ordini mentre correva dietro al nervoso collega.
- Girard, Hamilton, Andrew, Bousseniers and Smith, venite con me!-
Il gruppetto si diresse di corsa verso la tenda mentre si liberava dei cappotti e dei mantelli. I sei indossarono i camici per la chirurgia, prendendoli da un mucchio che giaceva assiepato in una grande cassa, collocata casualmente all’entrata della tenda. La scena che si presentò davanti ai suoi occhi, Candy non l’avrebbe dimenticata per il resto della vita:
C’erano tre lunghe file di tavoli operatori improvvisati alla meglio dove medici ed infermiere, visibilmente esausti, cercavano di operare nelle peggiori condizioni che Candy avesse mai visto. Il pavimento era interamente cosparso di sporche bende srotolate e di vestiti di cotone e di lana, mentre ad un lato si poteva scorgere il catino di metallo usato per sciacquarsi le mani, traboccare d’acqua rossa per il sangue. Il luogo era malamente illuminato da deboli lanterne sostenute in aria dalle stesse infermiere mentre passavano i ferri ai chirurghi.
Ovunque c’erano ogni genere di urla e lamenti. A volte in mezzo a tutta quella confusione si potevano distinguere le grida isteriche di un medico che cercava disperatamente di salvare una vita.
- L’etere! Dov’è l’etere, per l’amor del cielo! Non posso operare quest’uomo senza anestesia! – diceva una voce disperata mentre un uomo senza più le gambe implorava tra urla strazianti: - Uccidetemi, per favore, non posso sopportare il dolore!-
Candy rimase per un attimo paralizzata. Tutto ciò in cui credeva pareva essere andato in pezzi in quell’istante “Oh mio Dio, - pensò- Dove sei, Signore?” ma una voce interiore le rispose: “ Sono qui, e ti ho condotto in questo luogo affinché tu faccia qualcosa per me.”
Candy non ebbe bisogno d’altro. Con una straordinaria dimostrazione di forza di volontà si sbarazzò delle sue paure e cominciò a lavorare con un impressionante autocontrollo ed efficienza. Un caso di cinque ferite vicino al pancreas provocate da arma da fuoco, due amputazioni, due casi di avvelenamento da iprite, uno da bomba al fosforo, tre gambe fratturate e quattro casi di ustioni serie causate dalle esplosioni di palle di cannone.
Ogni tanto Flanny osservava Candy, pronta a cogliere il minimo errore o segno di stanchezza, ma la ragazza continuò a lavorare senza fermarsi, focalizzando tutta la sua concentrazione sui compiti che stava svolgendo. L’arrivo dei feriti cominciò a ridursi solo il giorno 3 di novembre cosicché Candy e i suoi colleghi, tutti esausti e storditi, poterono finalmente terminare il loro turno ed essere sostituiti per dodici ore. Avevano lavorato faticosamente senza sosta per più di 24 ore di seguito.
Candy si sedette su una sedia abbandonata fuori dalla tenda, senza curarsi della pioggia leggera che le cadeva sul viso. I suoi riccioli biondi erano in caotico disordine sotto la retina che era solita usare per raccogliere i capelli quando assisteva in chirurgia e ciocche ribelli spuntavano dalla sua cuffia da infermiera. Il camice era macchiato di rosso ovunque e un acuto mal di testa cominciava a far pulsare le sue tempie. Per tutto il tempo non aveva mangiato che un pezzo di pane e bevuto un po’ di tè. Flanny le si avvicinò silenziosamente, fermandosi al suo fianco per un attimo. Ancora una volta le sue iridi si muovevano veloci, muto segnale del conflitto che si agitava nella mente della giovane bruna.
- Mi sbagliavo, Candy. – disse pacatamente, dopo aver lottato con se stessa per un istante – Sei all’altezza del compito – ammise, mentre si voltava per allontanarsi piano, sotto la pioggia di quel mattino.
Candy rimase senza parole, le sembrava di aver udito qualcosa simile ad un complimento uscire dalle labbra di Flanny. Era un peccato che fosse troppo stanca per assaporare quella piccola vittoria nella sua battaglia personale per conquistare la fiducia di Flanny.
Continua…