Candy Candy

"Incontro nel vortice" di Alys Avalos, Traduzione della più famosa fanfiction di Candy in lingua spagnola

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view post Posted on 7/12/2008, 20:07     +1   -1

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Ciao Cristina, secondo me hai scelto un bellissimo modo di rendere omaggio ai 4 anni del Forum image e non importa se è breve, l'importante secondo me è la qualità, non la quantità image

CITAZIONE (zucchero filato @ 7/12/2008, 18:44)
Vabbè ma sei sadica! ;) Io so come va a finire e perchè ma a tutte le altre verrà un infarto! ;)

Zuccherina non fare la furbina....... image image image

Ti saluto cara image
 
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view post Posted on 9/12/2008, 01:36     +1   -1
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Grazie Cristina, sei stata molto dolce a farci questo regalo, però sinceramente non vedo l'ora di leggere anche il resto!!!
:doll:
 
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cristina.fly
view post Posted on 13/12/2008, 23:11     +1   -1




Ciao a tutti e ben ritrovati! :laura:

Come vi avevo anticipato, siamo all'ultimo paragrafo del capitolo IV della fanfic di Alys. Consideratane l'ampiezza, ho deciso di postarlo suddiviso, cosa che di solito preferisco non fare. Ma diversamente questa volta vi avrei fatto aspettare troppo... :mille bolle blu:

Eccovi quindi la prima parte.

Buona lettura! :tella:

P.S. Vi avviso che certe scene di questo capitolo sono piuttosto dure. Considerate che siamo nel bel mezzo di un combattimento della prima guerra mondiale.



:rose rosa: ...segue

_______________________________________


I soldati sbigottiti non credevano ai loro occhi. Il mondo doveva essere veramente impazzito per rischiare la vita di una creatura deliziosa come quella in in una missione simile. Ma anche se nessuno di loro condivideva l’idea che una giovane come Candy fosse inviata in trincea, tutti spalancavano gli occhi grati dinnanzi a quella visione celestiale. Alcuni non vedevano una donna da mesi. Duvall ne era consapevole e manteneva lo sguardo vigile sulla ragazza, così come avrebbe fatto Albert se fosse stato lì. Il generoso medico avrebbe fatto di tutto per difendere quella ragazza che gli ricordava tanto la propria figlia.

Le ore in trincea erano lunghe e faticose e i feriti continuavano ad arrivare sempre più numerosi. Se Candy nell’ospedale da campo aveva pensato che le condizioni di lavoro erano difficili, lì in trincea le trovò inenarrabili. Il luogo era stretto e buio: “Como si possono mettere dei punti di sutura nella più completa oscurità?” si domandava, ma visto che non aveva altra scelta continuava il suo lavoro in silenzio, sotto lo sguardo avido dei soldati britannici e le grida disperate dei feriti.

Fu allora, nella notte del 30 di novembre, che accadde il terribile incidente.

Candy, Duvall e Flanny stavano lavorando in un settore della trincea di reserva quando da uno dei tunnel di comunicazione arrivò un soldato, gridando disperatamente.

- Dottore, la prego- disse l’uomo con la voce roca, - c’è stata un’esplosione in un uno dei tunnel di comunicazione, ci sono cinque uomini intrappolati e abbiamo bisogno di lei. Mio fratello minore e lì!-

Duvall ebbe un attimo d'esitazione. Era già abbastanza pericoloso essere lì nella trincea di riserva per avventurarsi in quella di comunicazione, ancora più vicina alla prima linea. Il buon medico temeva anche per Candy e Flanny, se fosse accaduto qualcosa a lui… Ma a quel punto una mano esile si posò sulla sua spalla.

- Dobbiamo andare, dottor Duvall- disse Candy dolcemente.

- Sono d’accordo con Candy, siamo qui per salvare vite umane- aggiunse Flanny, appoggiando un’idea di Candy per la prima volta nella sua vita- verremo con lei, dottore.

Animato dal coraggio delle giovani donne, Duvall prese il suo armamentario e corse dietro al soldato, seguito dalle due ragazze.

La trincea di comunicazione era particolarmente buia e silenziosa. Candy poteva udire il suo cuore pulsare, mentre correva dietro Flanny. Per un momento pensò che non ci fosse nient’altro in quell’oscuro tunnel, solamente il silenzio e il persistente battito del suo cuore. Soltanto la lanterna nella mano di Duvall. Solo i lacci bianchi del camice di Flanny sospesi nell’aria. Camminarono e camminarono per interminabili cunicoli e ad ogni passo i boati della linea di fuoco si udivano sempre più vicini. Duvall sentì la paura assalirlo. Si stavano avvicinando troppo alla prima linea.

Man mano che si avvicinavano al luogo dell’esplosione, si potevano udire le urla terribili di uomini che chiedevano aiuto. Alcuni soldati sopravvissuti stavano cercando di tirar via le travi di legno che erano cadute sopra dei feriti. C’era un uomo che giaceva a poca distanza. L’esplosione lo aveva colpito bruciandogli la schiena e spezzandogli la spina dorsale. Implorava aiuto con grida strazianti, mentre dalla sua bocca gorgogliava sangue. Candy osservò che l’uomo indossava il kilt. Era un soldato scozzese. La ragazza si inginocchiò vicino all’uomo e gli parlò piano:

- Andrà tutto bene, signore. Siamo qui con lei. Starà bene. – gli disse, interrompendosi poi per un attimo. Improvvisamente le venne un’idea: – Per caso lei conosce quella piccola piazza al centro di Edimburgo?- domandò Candy, cercando di trovare un ricordo piacevole negli ultimi istanti di vita di quell’uomo.

- Conosce Edimburgo, signorina?- le chiese il soldato, dimenticando per un attimo la sua terribile agonia.

- Sì, signore- sussurrò lei – Vi ho trascorso la più bella estate della mia vita.-

- Le credo, mia moglie e di lì…C’è una meravigliosa vista sui monti da quella piazzetta- replicò l’uomo lottando contro i terribili spasmi che percuotevano il suo corpo.

- Ora chiuda gli occhi e pensi al cielo azzurro e al verde intenso dei prati – disse lei mentre una lacrima scendeva sulla sua guancia e le sue mani si stringevano a quelle dell’uomo.

- Posso vederli chiaramente - sussurrò lui- Rose,la mia Rose- disse infine lui, mentre il suo capo si reclinava esanime. Era morto.

In altre circostanze Candy si sarebbe fermata a recitare una preghiera, prima di lasciare quello che ora era un altro corpo senza vita, ma la situazione la spinse a dire le sue preghiere mentre aiutava un altro ferito. Avrebbe potuto piangere per quegli orrori in un altro momento. In quella situazione era prioritario restare concentrata.

- Non sapevo che fossi stata in Scozia – le disse Duvall mentre medicava freneticamente un uomo la cui gamba sanguinava come una fontana di acqua rossa

– Solamente una volta- mormorò lei.

Il rumore delle esplosioni si faceva sempre più forte. A momenti Candy credeva che i suoi orecchi sarebbero esplosi “Vivessi cent’anni, non dimenticherò mai questa note” pensava, mentre le sue mani si muovevano rapidamente. A dieci metri di distanza Flanny curava un uomo che aveva perso il braccio sinistro in un’esplosione. La bruna alzo la testa e fu allora che vide con occhi terrorizzati una luce improvvisa nel cielo notturno…un’altra esplosione…la trincea crollare parzialmente… una montagna di terra e fango sopra di lei…il dolore alla gamba…oscurità assoluta.

Anche Duvall aveva visto la luce e l’unica cosa che la sua mente confusa riuscì a pensare in quel momento fu la salvezza della giovane che le lavorava accanto. Successe tutto in un attimo, prima che Candy potesse fare qualsiasi cosa Duvall si stava gettando sopra di lei, gridando in francese parole che lei non capì.

- A terra!!! Candy, a terra!!!- riusci a dire in inglese, prima che lei udisse la deflagrazione a pochi metri da dove si trovava.
Candy sentì il corpo imponente dell’uomo coprire il suo mentre cadeva a terra pesantemente. Un attimo dopo c’era solo silenzio. Un silenzio mortale sul fronte occidentale.

Continua....


 
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cristina.fly
view post Posted on 14/12/2008, 19:52     +1   +1   -1




CITAZIONE (cristina.fly @ 13/12/2008, 23:11)
- Conosce Edimburgo, signorina?- le chiese il soldato, dimenticando per un attimo la sua terribile agonia.

- Sì, signore- sussurrò lei – Vi ho trascorso la più bella estate della mia vita.-

Non so voi, ma io trovo queste due righe fantastiche... Alys vi ha condensato tutti i ricordi e i sogni di Candy.

Pecorellarosa, Pupavoice: grazie!!!
:loveyou: :tella: :mizia:
 
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cristina.fly
view post Posted on 1/1/2009, 11:12     +1   -1




Buon anno a tutti, forumelli!

In questo 2009 vi auguro di realizzare tutti i vostri sogni, o almeno quelli più belli... :merlino:

Termina qui il IV capitolo della fanfic di Alys. Auguro un buon anno anche a lei. :mizia:

Buona lettura. :laura:


:rose rosa: segue...

Passò del tempo. Quanto? Non avrebbe saputo dirlo ma dopo un minuto, un’ora o forse un secondo, Candy aprì gli occhi, non vedendo altro che oscurità e non udendo nient’altro che silenzio. Fu in quel momento che percepì un peso opprimente sul proprio corpo.

Cercò di liberarsi da ciò che la schiacciava contro il suolo fangoso della trincea ma era praticamente impossibile. Quel peso era troppo grande per essere spostato da lei.

- Oddio!- pensò - Sono intrappolata!-

Sorprendentemente, alcuni minuti dopo, sentì rimuovere quel peso dal suo corpo mentre un terribile gemito usciva dalla gola di un uomo. Fu solo in quel momento che si rese conto di essere stata protetta dal corpo di Duvall.

- Dottor Duvall!- gridò disperatamente la ragazza, quando infine comprese quello che era successo.

- DOTTOR DUVALL!- urlò nel silenzio.

- Petite Lapine – chiamò una debole voce a poca distanza.

Candy si mosse nervosamente nell’oscurità tastando nel buio, fino a che le sue mani non trovarono Duvall che giaceva a vicino a lei.

- Doctor Duvall?

- Sì, cara. Sono qui, ma non ancora per molto. - Disse l’uomo con una debole risata.

Candy con una mano raggiunse una lanterna e riuscì a ad accenderla. Con quella luce ella riuscì a vedere l’uomo al suo fianco. Il sangue sgorgava a fiotti dalla sua schiena. Durante quei sei mesi in Francia Candy aveva visto molti uomini mortalmente feriti, ma l’immagine di Marius Duvall che sanguinava senza rimedio nel buio della trincea andava oltre la sua resistenza professionale.

- Mio dio, - pensò- sta morendo! Sta morendo perché mi ha protetto con il suo corpo! –

Fortunatamente in quel momento la luce era fioca, altrimenti Duvall avrebbe visto quanto Candy fosse impallidita. Ciò nonostante la ragazza, utilizzando tutte le energie che le restavano, riuscì con uno sforzo soprannaturale a trattenere le lacrime. Si era resa conto che quelli erano gli ultimi istanti di vita di quell’uomo meraviglioso. Non avrebbe detto addio in lacrime a Marius Duvall, il medico più entusiasta e spiritoso che ella avesse mai conosciuto.

- Candy- disse l’uomo con voce flebile – prendi il monile che ho attorno al collo. Contiene l’anello di fidanzamento e la fede nuziale di mia moglie. Voglio che li tenga tu. -

- Dottor Duvall- mormorò Candy- questo è il suo tesoro, se ora me lo consegna quando usciremo di qui se ne pentirà – gli disse negando l’evidenza.

L’uomo rise con difficoltà.

- Ti hanno mai detto che… che non… che non sai dire bugie, Petite Lapine?- le domandò.

Candy abbasso gli occhi e sorrise tristemente.

- Temo che qualcun’altro me lo abbia già detto- mormorò la giovane.

Gli occhi dell’uomo sorrisero divertiti. Neppure davanti la propria morte aveva perso il suo senso dell’umorismo. Ma dopo un breve momento tornò serio.

- Petite Lapine- esordì il medico - ascolta bene quello che sto per dirti. Devi andar via di qua il più presto possibile e, per favore, porta gli anelli con te. Conservali come un ricordo, se vuoi, e quando ti sposerai mi onorerebbe molto che il tuo sposo, chiunque sarà quel fortunato, li accetti come un regalo da parte di questo vecchio.

- Dr. Duvall, prometto di custodire con affetto i suoi due tesori come avrebbe fatto sua figlia – Disse infine Candy prendendo la fede nuziale e e il solitario con diamante dal monile al collo di Duvall- No so se mi sposerò mai, ma in ogni caso terrò questi anelli con amore.- Concluse.

- Mettili al dito, piccola. Potresti perderli nel camino verso la retroguardia

Candy misurò gli anelli al dito anulare della mano sinistra e si stupì nello scoprire che entrambi le andavano perfetti. Guardò di nuovo il medico. L’ombra della morte stava già offuscando i suoi occhi. Candy la conosceva bene perché troppe volte l’aveva vista nei giorni precedenti.

- Ti sposerai, Petite Lapine, e avrai bellissimi bambini con lentiggini sul naso. Proprio come te. – le disse Duvall; poi spirò.

Una timida lacrima scese sulla guancia di Candy mentre chiudeva gli occhi dell’uomo che nei mesi precedenti aveva imparato ad ammirare e rispettare.

- Perché tutte le persone buone che conosco devono morire così?– Si chiedeva la ragazza, dovendo però subito allontanare quei pensieri perché non era quello il momento per abbandonarsi ad amare considerazioni. I boati di esplosioni lontane la ridestarono e Candy si rese così conto di essere rimasta sola. Se voleva salvare la propria vita doveva correre via di lì. Sembrava infatti che nella trincea fossero tutti morti.
Si ispezionò velocemente. Stava bene. Solamente un paio di escoriazioni al ginocchio, ma niente di più che in passato non si fosse già procurata arrampicandosi su un albero. Si alzò in piede, guardò per l’ultima volta il cadavere di Duvall e con la lanterna in mano aguzzò la vista per trovare la via d’uscita. Fu allora che udì un gemito. Una foce femminile lamentarsi per il dolore.

- Flanny!- esclamò Candy- Oddio, sei viva!-

Candy cercava di dirigersi verso la voce ora calpestando un cadavere, ora inciampando in un pezzo pezzo di legno.

Era così buio!

- FLANNY! – gridò- Sono io, Candy, resisti ancora un attimo e sarò da te!

Finalmente, dopo interminabili minuti di ricerca, Candy scorse Flanny. Si trovava seduta nel fango, aveva perduto gli occhiali e la cuffia. La sua gamba sanguinava in modo grave. Apparentemente l’esplosione non l’aveva colpita ma varie schegge di legno e metallo avevano raggiunto l’arto inferiore. Candy notò che si trattava di una frattura con esposizione dell’osso.

- Flanny- urlò Candy correndo verso la ragazza- Oh Flanny, non preoccuparti, riusciremo ad andar via di qui! Lascia che ti aiuti.- e dicendo questo Candy cercò di trovare gli strumenti di pronto soccorso che Flanny aveva con sé al momento dell’esplosione.

- Sei pazza, Candy! – disse Flanny in un sussurro- Non ce la farai se mi porti con te. Vattene, salvati. Lasciami qui, non importerà niente a nessuno.-

Candy non poté evitare di commuoversi per il dolore che percepì dalle parole di Flanny, ma niente di quello che la bruna le avesse potuto dire le avrebbe fatto cambiare idea. Lei avrebbe portato via Flanny da quella maledetta trincea, anche contro la sua volontà.

- Non terrò conto delle stupidaggini che hai appena detto, Flanny- disse Candy con fermezza mentre cercava disperatamente la valigetta dei medicinali. Proprio dietro una grossa mitragliatrice trovò infine la cassetta bianca e corse verso Flanny come un uomo nel deserto correrebbe per raggiungere un oasi.

- Devo fermare l’emorragia – pensò- Lei ovviamente non ha visto bene la ferita, ma ne avrà capito la gravità. Devo distrarla.-

- Flanny- disse Candy cercando di iniziare una conversazione – Rammenti quando Mary Jane ci insegnò a mettere i lacci emostatici? Ricordi che dovevamo fare pratica tra di noi e che io lo misi a te?

- Sì, credo di ricordarlo- rispose debolmente Flanny. – Ricordo che eri un disastro.- disse e, per la prima volta dopo mesi, Candy vide qualcosa di simile ad un sorriso sul viso di Flanny.

- Bene, allora- continuò Candy sorridendo- spero davvero di essere migliorata in tutto questo tempo, perché ora farò lo stesso, dopo di che su questa gamba ti applicherò una stecca.-

Mentre parlava Candy muoveva freneticamente le sue mani. A volte il cielo notturno era illuminato da una deflagrazione proveniente dalla “terra di nessuno”. Candy era consapevole che un’altra esplosione poteva verificarsi in qualsiasi momento.

- Bene, Flanny, credo di aver appena battuto il record di Mary Jane- disse la bionda infermiera quando terminò il proprio lavoro.

- Forse- mormorò Flanny. Non era facile vedere Flanny tanto tranquilla e silenziosa, pensava Candy, ma considerate e le circostanze e tutto il sangue che aveva perso, ringraziò Iddio che la ragazza fosse ancora viva.

- Questa è stata la parte difficile – disse tra sé Candy- Ora devo trovare le forze per trascinarla fuori di qua. Oh, Dio, dammi una mano!-

Flanny era quasi incosciente in quel momento, ma ugualmente capì, quando Candy le mise il suo braccio attorno al collo.

- Che cosa stai facendo? Domandò Flanny- Non ce la faremo mai. Non vedi che sono più pesante di te? Lasciami qui!!!- gridò.

- NO, NON LO FARÒ!!!- rispose Candy con lo stesso tono – Se tu muori, io muoio, se ti salvi, io mi salvo. Siamo un’equipe e io non ti lascerò morire qui, stupida di una Flanny! Ora stai zitta, cerca di collaborare e, per una volta nella tua vita, fai quello che ti dico, sciocca ragazza!

Flanny era scioccata davanti la reazione di Candy. In tutti quegli anni, da quando conosceva la bionda collega, mai avrebbe pensato che la ragazza potesse andare in collera in quel modo. E neanche nel più folle dei suoi sogni avrebbe immaginato Candy rischiare la propria vita per salvare la sua, per di più in un modo così ostinato e con così tanto coraggio. Non sapendo cosa dire, forse per la prima volta nella sua vita, Flanny Hamilton si limitò a eseguire gli ordini di Candy.

Candy aiutò quindi Flanny ad alzarsi in piedi sull’unica gamba che poteva usare in quel momento. La bruna poggiò il braccio attorno alle spalle e al collo di Candy e insieme iniziarono il loro camino a ritroso verso la retroguardia, lungo i bui corridoi della trincea di comunicazione, guidate solo dal senso dal naturale senso di orientamento di Candy e dalla luce fioca di una lanterna. La giovane bionda iniziò a cercare nel profondo della propria anima la forza necessaria per superare quel momento difficile.

- E’ tanto buio- pensò- e non sono sicura di andare nella direzione giusta. Signore, guida i miei passi.

Candy in quel momento rammentò che quando era bambina miss Pony le aveva insegnato alcuni passi delle Sacre Scritture. Le aveva anche detto che quei brani l’avrebbero accompagnata ovunque, non importa quanto lontano arrivasse dalla casa di Pony.

- Anche se non saremo con te, Candy, - asserì la generosa donna- anche se avrai paura, o se ti trovassi sola o smarrita, le scritture saranno nel tue cuore e anche il Signore sarà con te.

- Dirò io al Signore: mia speranza e mia fortezza- Candy iniziò la sua preghiera interiore – Mio Dio, in te confiderò. E tu mi libererai dalla trappola del cacciatore, dalla peste distruttrice.

Un’altra esplosione non molto distante.

Con le sue piume ti proteggerà e sotto le sue ali sarai al sicuro, scudo e corazza è la sua verità.

Le luci delle esplosioni nel cielo, un rumore sordo da uno degli angoli del tunnel…

Non avrai timore del buio della notte, né del fulmine che saetta di giorno né della pestilenza che si aggira nell’oscurità né della morte che colpisce in piena luce.

Alcuni cadaveri abbandonati in un angolo della trincea…

Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma tu non sarai colpita.

Era tanto buio e faceva tanto freddo. Flanny era veramente molto pesante…

Era una luce quella alla fine del tunnel?

Poiché in me ha posto la sua volontà, anch’io lo libererò. Lo innalzerò, poiché ha conosciuto il mio nome.

- AIUTO!!!- gridò Candy- Ho bisogno che qualcuno mi aiuti con la mia amica!

Continua…
 
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cristina.fly
view post Posted on 4/1/2009, 21:38     +1   -1




Ciao a tutti...

Eccomi di nuovo con voi per l'incipit del quinto capitolo della fanfic di Alys, a mio parere uno dei più belli ed emozionanti di tutta la storia.

Dedico questo primo paragrafo a tutte le Albertiane del forum, Esther in primis, perchè qui la descrizione del vostro idolo è a dir poco superlativa... :loveyou:

Buona lettura, :mille bolle blu:

Cri


Capitolo V


Una donna per tempi come questi



Il destino, con la sua premura misteriosa e inesorabile, avvicinava lentamente uno all’altra quelle due creature, entrambe distrutte e cariche della tempestosa elettricità della passione. Quelle due anime portavano in sé l’amore come due nuvole portano il fulmine, e dovevano incontrarsi e unirsi in uno sguardo, come le nubi nel lampo.

Victor Hugo, “I Miserabili”



________________________________________


I primi raggi dell’aurora entrarono in punta di piedi nel lussuoso guardaroba. Arrampicandosi su per il morbido tappeto, avevano raggiunto l’enorme letto nel quale egli giaceva con noncuranza. Fuori, la notte gelata sembrava ritrarre le sue nere armate davanti alla luce dorata riflessa sulla bianca distesa innevata, nell’immenso prato della tenuta Andrew. La stanza era immersa nella penombra e nel silenzio ma lui era già sveglio, gli occhi celesti persi nella profondità dei suoi pensieri.

Si alzò di scatto, infilandosi una vestaglia di seta verde scuro con un piacevole disegno broccato. I suoi capelli biondi ricadevano sulle ampie spalle in un distratto disordine, mentre i suoi occhi erano lievemente cerchiati per il sonno mancato. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte.

Si avvicinò alla finestra e la spalancò per ricevere direttamente sul suo viso abbronzato il freddo gelido dei fiocchi di neve, minuscoli granelli che si scioglievano sulla sua pelle, come se il freddo della mattina potesse cancellare i suoi eterni turbamenti interiori. Ma egli sapeva bene che quei pensieri avrebbero continuato a torturarlo fino a che non avesse avuto la necessaria determinazione, quella contro la quale stava lottando.

La notte precedente aveva partecipato a uno di quei balli interminabili che odiava immensamente, ma senza Candy a difenderlo dalle dozzine di donne frivole che sempre lo attorniavano, la situazione era diventata quasi intollerabile. Fortunatamente Archie ed Annie lo avevano accompagnato e lo avevano aiutato ad affrontare le civetterie di tutte quelle giovani che sognavano di essere la fortunata che avrebbe sposato uno degli scapoli più ricchi degli Stati Uniti. Ciò nonostante, quando Annie ed Archie lo lasciavano solo per danzare, l’assedio delle donne nubili e sposate tornava ad importunarlo, facendolo sentire ogni volta più a disagio, sempre più inquieto e disturbato da quella società che disapprovava.

Il momento peggiore era stato quando Iriza Leagan era riuscita a raggiungerlo nel salone dove egli aveva trovato rifugio, lontano dalle sue aggressive ammiratrici.

- Perché te ne stai tutto solo?- le aveva domandato con il più seducente dei sorrisi- Zio, non devi privarci della tua presenza-.

- Lasciami solo- fu la sua unica risposta, visibilmente irritato dalla presenza della giovane che egli sapeva aver provocato in innumerevoli occasioni dolore alla persona che egli amava di più. Si era sempre rammaricato di non aver potuto proteggere Candy da tutte le umiliazioni che aveva subito da bambina per colpa dell’inspiegabile odio che i Legan nutrivano per lei.

- Non dovresti essere così timido- mormorò lei ignorando le sue parole e avvicinandosi all’uomo con movimenti studiati.

- È tanto affascinante- pensò lei – mi chiedo quali piaceri proibiti una donna proverebbe, nel letto di un uomo come lui, così forte e misterioso. Se solamente potessi farlo cedere con il mio fascino… Allora io sarei la felice signora Andrew, moglie di uno degli uomini più ricchi del Paese e potrei anche realizzare la mia dolce vendetta su Candy, per tutte le cose che quella odiosa ragazza ha fatto passare a me e a mio fratello. Sarebbe meraviglioso.

- Potrei tenerti compagnia come era solita fare Candy- mormorò lei con fare seducente e, dopo di una brava pausa, aggiunse in tono insinuante: - ma lo farei da vera donna, come lei non sarebbe mai in grado di fare –

Albert si voltò per guardare la giovane che gli era di fronte. Nei suoi occhi celesti si poteva leggere un misto di incredulità e di sdegno.

- Farò finta di non aver sentito le tue insinuazioni – disse con disgusto – Non hai idea, Iriza, di quanto il mio cuore disprezzi la gente come te –

Il viso di Iriza si fece livido nell’udire le parole di Albert. Non si aspettava un rifiuto così deciso, avendo di solito fin troppo successo nell’arte della seduzione.

Le persone come te- aggiunse Albert muovendosi verso la porta- sono la vergogna della razza umana, forse l’unico errore commesso dalla Natura. Mi fai veramente pena.
Ora, se vuoi scusarmi, devo andare.- concluse lui e, passando davanti ad Iriza, le indirizzò un sorriso pieno di disprezzo.

Dopo lo spiacevole incidente Albert era tornato nella sua villa per rinchiudersi nel sua stanza. I suoi pensieri però non avevano cessato di rincorrerlo per tutto il resto della notte, sempre in bilico nel dilemma tra i suoi obblighi familiari il suo spirito ribelle.

Albert scosse la testa come per liberare la mente. Era molto in collera, ma in verità la sua inquietudine non era stata causata né da Iriza, né dalla lunga lista di appuntamenti che aveva nella sua agenda.

Sto solamente ingannando me stesso. So perfettamente che questo genere di vita non potrà mai soddisfarmi. Sento che sto allontanandomi da tutto ciò in cui credevo quando ero più giovane. Dove sono i miei sogni, le mie convinzioni? Forse le ho dimenticate su quel treno in Italia, o prima, quando decisi di lasciare l’Africa? Oh Candy! Nonostante siamo tutti terribilmente preoccupati per te, sono felice di sapere che almeno tu puoi seguire i tuoi sogni in Francia, facendo quello che pensi essere giusto, qualcosa di importante, realmente coraggioso e nobile. Mentre io… Che cosa sto facendo? Sto solo aumentando la ricchezza della mia famiglia per aiutarla a mantenere i suoi privilegi, mentre altre persone muoiono di fame a causa del nostro ingiusto sistema sociale.

Cos’è questa vita senza senso nella quale, di fatto, i miei ideali soccombono dinnanzi alle mie responsabilità come capo della famiglia Andrew?


Albert chiuse la finestra e camminò lentamente verso una poltrona di midollino che si trovava nella sua stanza. Lo si udì sospirare profondamente. Nella solitudine della sua stanza poteva sempre chiudere gli occhi e vedere la dorata savana africana sotto l’inclemente sole estivo. Laggiù, dove la natura era tanto vicina all’uomo, dove la vita era semplice e gli uomini potevano sentire la mano di Dio, egli aveva capito che solo in quelle distese dorate il suo cuore avrebbe trovato la pace.

In quelle piccole comunità, lontano dalla follia della società occidentale, le gerarchie non erano così importanti e ogni uomo era padrone del proprio destino. Quanto desiderava lui quella libertà!

Ammiro coloro che vivono liberamente, seguendo solo i battiti del proprio cuore, andando dovunque quello li porti. Per questo ti ammiro, Candice White. Perciò ti rispetto, Terence Grandchester. Perché io invece non posso danzare al mio ritmo?

Un discreto bussare alla porta lo fece ridestare dale sue riflessioni.


- Signor Andrew, - lo chiamò una voce profonda che Albert riconobbe essere quella di George Johnson- C’è un telegramma per lei che pensò vorrà leggere immediatamente, signore.


- Entra pure- rispose il giovane con un certo nervosismo.


George, sempre in un impeccabile abito nero, entrò nella stanza ed aguzzò la vista per distinguere il suo datore di lavoro nella penombra della stanza.

- Arriva dalla Francia?- Domandò Albert ansioso.


- Sì, signore. –Replicò l’uomo nel suo caratteristico tono flemmatico, consegnando al giovane la busta bianca.


Albert la aprì il più rapidamente che poteva. Candy non aveva mai inviato un telegramma in tutto il tempo che era stata lontana. Inviava sempre una lettera al mese, così come aveva promesso, ma un telegramma poteva significare molte cose, nessuna buona. Albert sforzò gli occhi per leggere quello che diceva il laconico messaggio:

Amici cari,

Parto in missione. Fronte Occidentale. Non potrò scrivere per un po’. Abbiate cura di voi.

Candy.


Gli occhi di Albert si spalancarono tanto che Johnson temette che uscissero dalle orbite. Il volto abbronzato del giovane era impallidito quando lesse le parole Fronte Occidentale, stampate a chiare lettere. Le sue mani tremavano quando si sedette pesantemente sulla poltrona. Gli servirono alcuni secondi per recuperare il suo abituale autocontrollo, ma Johnson, che lo conosceva bene, era consapevole dello sforzo che Albert stava facendo per conservare la calma e pensare con lucidità.

Da assistente efficiente qual era, Johnson prese una penna dalla sua tasca e prendendo un foglio bianco che si trovava sulla vicina scrivania e cominciò a scrivere quello che Albert gli dettava.

“Al colonnello Louis Martin Foch

Caro amico,

è con grande preoccupazione che sono venuto a conoscenza…”


Come già aveva fatto in passato, Albert stava per dare una svolta alla vita di Candy, come fa il burattinaio quando muove i fili delle sue amate marionette, senza sapere quali drammatiche conseguenze avrebbe avuto questo sua nuovo gesto.

Segue….

Edited by cristina.fly - 4/1/2009, 23:10
 
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view post Posted on 5/1/2009, 12:23     +1   -1
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CITAZIONE (cristina.fly @ 4/1/2009, 21:38)
- È tanto affascinante- pensò lei – mi chiedo quali piaceri proibiti una donna proverebbe, nel letto di un uomo come lui, così forte e misterioso. Se solamente potessi farlo cedere con il mio fascino… Allora io sarei la felice signora Andrew, moglie di uno degli uomini più ricchi del Paese e potrei anche realizzare la mia dolce vendetta su Candy, per tutte le cose che quella odiosa ragazza ha fatto passare a me e a mio fratello. Sarebbe meraviglioso.

- Potrei tenerti compagnia come era solita fare Candy- mormorò lei con fare seducente e, dopo di una brava pausa, aggiunse in tono insinuante: - ma lo farei da vera donna, come lei non sarebbe mai in grado di fare –

Io non ho parole! :malato: Iriza è veramente vergognosa! image
 
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CITAZIONE (cristina.fly @ 4/1/2009, 21:38)
Gli occhi di Albert si spalancarono tanto che Johnson temette che uscissero dalle orbite. Il volto abbronzato del giovane era impallidito quando lesse le parole Fronte Occidentale, stampate a chiare lettere. Le sue mani tremavano quando si sedette pesantemente sulla poltrona. Gli servirono alcuni secondi per recuperare il suo abituale autocontrollo, ma Johnson, che lo conosceva bene, era consapevole dello sforzo che Albert stava facendo per conservare la calma e pensare con lucidità.

Non sono un'Albertiana però sentire la sua reazione mi dispiace perchè gli aumenta la preoccupazione: povero Albert!

Grazie Cristina per questo capitoletto e restiamo sempre in attesa dei prossimi!


 
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giulioto6
view post Posted on 6/1/2009, 11:18     +1   -1




Iriza è una vera vipera e quanto veleno ha ancora da distribuire?
Albert però sembra avere l'antidoto giusto..............ignorarla!!
:bravo:
continua con la traduzione e grazie per i tuoi sforzi
:mizia:
 
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cristina.fly
view post Posted on 8/1/2009, 20:33     +1   -1




Ciao a tutti e grazie ancora per i vostri commenti alla mia traduzione. :mizia: Eccovene un altro paragrafo.

Buona lettura, :laura:

Cri

:rose rosa: Segue...

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Nell’oscurità più assoluta Candy si rese conto che Flanny stava per addormentarsi contro la sua volontà. Laggiù nella trincea dove era morto Duvall, Candy le aveva dato un calmante per aiutarla a sopportare il dolore della frattura e ora doveva cominciare a fare effetto.

- Oh, Signore! – pensò Candy- Che faccio se Flanny non può muoversi? È troppo pesante perché io possa portarla.

Fu allora che vide una debole luce muoversi nell’oscurità.

- Per favore, aiutatemi! – gridò con ansia- Aiutatemi a salvare la mia amica!

Niente e nessuno, solamente silenzio.

- Per favore, aiuto! – Gridò di nuovo, mentre le sue speranze sembravano spegnersi.

La pallida luce iniziò a muoversi lentamente verso di lei, saltellando nel buio, come se chi la sosteneva stesse contemporaneamente correndo. Alcuni secondi dopo Candy udì il rumore di passi maschili sul suolo fangoso della trincea. Finalmente una voce le rispose:

-Resista, sono da lei!- disse un uomo con il tono gutturale di chi ha già passato i quarant’anni d‘età.

Poco a poco la nera cappa di oscurità fu rotta dalla debole luce di una lanterna. Aguzzando la vista Candy scorse un uomo enorme con il viso tondo che correva ansimante verso di lei.

Quando il soldato vide da chi proveniva la voce che aveva udito, i suoi occhi si spalancarono per lo stupore. Per un attimo l’uomo pensò che stava avendo delle allucinazioni, dopo il suo lungo e orribile turno in Prima Linea. Ma subito si rese conto che, nonostante nessuno si aspettasse di trovare una ragazza in un angolo del mondo tanto orribile, era di fronte ad una giovane in carne ed ossa.

- Che fai qui, ragazzina?- Domandò l’uomo ancora sbalordito mentre aiutava Candy e Flanny, la quale si era completamente addormentata.

- Siamo infermiere, signore- replicò Candy ansimando- Stavamo curando alcuni feriti nel tunnel quando un'esplosione ha ucciso tutti fuorché me e la ma amica, che però è rimasta ferita, come lei stesso può vedere.-

- Sì – Rispose l’uomo cercando di sollevare Flanny.

- Faccia attenzione- supplicò Candy preoccupata - ha una frattura grave.

- Non ti preoccupare, piccola,- disse l’uomo con un sorriso che Candy poté appena percepire nella penombra – Un soldato vecchio come me sa bene come trattare un ferito, sia esso uomo o donna. Tu prendi la lanterna, per favore.

Candy aiutò l’uomo con la luce, ancora preoccupata per la gamba di Flanny. Era consapevole delle condizioni infettive del luogo, così come delle disastrose conseguenze che queste potevano avere su Flanny se continuava ad esservi esposta. Era necessario portarla via di là e darle assistenza medica completa il prima possibile.

L’uomo chiese a Candy di seguirlo mentre sorreggeva la lanterna per illuminare la via del ritorno verso la trincea di riserva. Così iniziarono il loro cammino lungo sinistri cunicoli, mentre l’artiglieria tuonava nuovamente in lontananza.

Quanto tempo camminarono e camminarono, quasi alla cieca? Negli anni successivi Candy si fece la stessa domanda, finendo sempre per concludere che in quei momenti lo stato di nervosismo non consentì alla sua memoria di registrare compiutamente quegli istanti. Continuarono nello stesso modo per quasi un secolo, l’uomo correndo con Flanny incosciente tra le sue braccia mentre Candy li seguiva da vicino, solamente con una fioca lanterna nella mano destra.

Man mano che avanzavano sempre più nella trincea di comunicazione, raggiunsero una zona meglio illuminata, dove l’oscurità assoluta si arrendeva alla luce artificiale creata da mani umane. Un altro soldato li vide e corse ad aiutare il gruppo, stupito per il bizzarro e ironico contrasto tra la bellezza di Candy e la visione spaventosa della trincea. Avevano finalmente raggiunto la trincea di riserva.

Continua....
 
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cristina.fly
view post Posted on 9/1/2009, 14:13     +1   -1




:rose rosa: Segue...

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Il terreno era diventato praticamente una palude. Gli Alleati e la Triplice Intesa avevano lottato, aperto il fuoco, fatto esplodere, sorvolato, scavato trincee e coperto i campi con mine, tutto sotto la persistente pioggia autunnale, fino a che il suolo non divenne altro che un incredibile ammasso di fango. Entrambi i contendenti erano esausti ma la lotta per Cambrai continuava. Uomini che uccidevano altri uomini che non avevano mai visto. Che ammazzavano persone che non odiavano, senza nessuna ragione, a vantaggio di nessuno, per nient’altro che non fosse l’ambizione di alcuni leaders, i quali se ne restavano sani e salvi nei loro confortevoli palazzi, perché i politici sanno bene come rimanere lontani dall’inferno da essi stessi creato, mentre invece migliaia di altri uomini continuano il folle gioco della guerra, uccidendosi gli uni con gli altri.

Durante l’ultima settimana di novembre l’arma segreta che gli Inglesi stavano aspettando finalmente arrivò. Era una flottiglia completa di veicoli minacciosi che Candy non aveva mai visto prima in vita sua. Erano enormi mostri blindati, armati con cannoni e mitragliatrici, che si muovevano su cingoli. Nella battaglia di Cambrai l’uomo avrebbe ordinato il primo assalto massivo con carri armati nella storia dell’umanità. Circa quattrocento di quelle macchine infernali furono utilizzate dagli Inglesi per attaccare il nemico e farlo retrocedere per una decina di chilometri sopra la linea di fuoco tedesca. Il tre di dicembre, la battaglia di Cambrai si concluse vittoriosamente per la causa Alleata.

Durante i giorni che seguirono Candy poté assistere al tragico spettacolo degli uomini dell’esercito nemico che erano stati fatti prigionieri. Una lunga fila di giovani tedeschi, molti di loro sotto i vent’anni, marciarono lungo l’accampamento britannico verso la stazione ferroviaria, da dove sarebbero stati inviati nella retroguardia. Sui loro volti si potevano leggere la paura e l’odio, poiché erano consapevoli di affrontare un destino che avrebbe potuto essere peggiore della stessa morte, e cioè il destino incerto di un prigioniero di guerra.

Candy si sforzava inutilmente di capire ciò cui stava assistendo, tanto il dispiegamento di malvagità andava oltre la sua comprensione. Che razza di orgia bellica era quella che chiamiamo guerra? Che razza di autorità demente ottenevano gli uomini in quei giorni bui, che permetteva loro di annientarsi, ferirsi ed ammazzarsi? Come poteva la natura umana scendere tanto in basso, fino alle profondità di un inferno terreno?

Durante quei giorni il ricordo di Stear era sempre presente nella mente di Candy. In ogni giovane che curava, ella cercava disperatamente di salvare la vita del suo vecchio amico. In ogni ragazzo che moriva tra le sue braccia, ella piangeva ancora una volta la morte del suo compagno d’infanzia, rammaricandosi delle limitazioni che la scienza aveva per riparare quello che la furia incontrollabile della guerra aveva distrutto nel suo vortice senza senso. Ma anche in quei momenti manteneva una saggezza tale da non incolpare Dio per gli errori dell’umanità, sapendo che non siamo altro che vittime delle nostre debolezze e ambizioni.

Ciò nonostante, aveva un sentimento lieve, forse un po’ egoista, che manteneva il suo spirito luminoso e forte dinnanzi tutto quel dolore e quella distruzione.

Almeno- diceva tra sé in segreto,- quei ragazzi cui voglio bene sono lontani e in salvo…Albert, Archie, Tom, loro sono a casa e continuano con le loro vite senza dover affrontare questi orrori… Almeno, grazie a Dio, lui sta bene, lui è sano e salvo.

Presto, la sua piccola speranza si sarebbe infranta in mille pezzi contro il vortice della guerra. L’inverno era già molto vicino. Durante le prime settimane di dicembre continuò a nevicare per vari giorni.

Continua...

Edited by cristina.fly - 9/1/2009, 15:54
 
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cristina.fly
view post Posted on 10/1/2009, 20:20     +1   -1




Tella ed Esther: GRAZIE!:tella:

Ed ora, un altro paragrafo. Buona lettura. :laura:

:rose rosa: segue....

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Candy e Flanny erano uscite dalla trincea senza altri imprevisti ed avevano fatto ritorno all’ospedale da campo. L’esercito inglese aveva ricevuto ordini di intererrompere l’offensiva e mantenere le posizioni appena conquistate fino all’arrivo dei rinforzi, cioè delle truppe statunitensi, previsto per la primavera seguente. Il personale medico fu quindi riassegnato o a quel sito o a dare supporto in un altra area del Fronte Occidentale dove ci fosse più necessità di infermiere e medici qualificati.

Poiché Flanny era ferita aveva ricevuto ordine di tornare a Parigi insieme a Julienne, colpita da una tosse persistente che avrebbe potuto degenerare in una polmonite, se non riceveva le dovute cure e non riposava in un luogo più caldo. Candy era preoccupata per le sue due amiche, specialmente per Flanny, perché recentemente aveva percepito un odore caratteristico dalla sua ferita. Nella sua mente apparve immediatamente il fantasma della cancrena, ma non disse niente a nessuno, temendo una più che probabile amputazione. Cominciò invece ad irrigare la ferita con acido dakrin senza l’autorizzazione del medico e dinnanzi gli occhi terrorizzati di Flanny.

- Che cosa stai facendo?- domandò Flanny la mattina che Candy sottopose per la prima volta la sua gamba all’irrigazione. Il suo viso era in preda al panico, in quanto conosceva bene le possibili ragioni che spingevano Candy a fare una cosa del genere.

Candy guardò Flanny con una tenerezza quasi materna. Dopo i momento terribili che avevano vissuto nella trincea, Flanny era drammaticamente cambiata. Quando si svegliò e si rese conto di trovarsi di nuovo nell’ospedale da campo, sdraiata su un letto pieghevole, aveva gridato il nome di Candy, chiamando la sua collega con ansia. Due braccia affettuose si poggiarono allora dolcemente sulle sue spalle.

- Sono qui, Flanny- aveva detto Candy- è tutto passato, siamo in salvo ora.
Flanny le aveva gettato le braccia al collo piangendo copiosamente. La bionda, stupita davanti alla reazione della compagna ma sempre sensibile dinnanzi al dolore umano, abbracciò la bruna con affetto.

- Oh, Candy! Perché non mi hai lasciato laggiù?- Domandò Flanny nel suo pianto convulso- nessuno avrebbe sentito la mia mancanza in questo mondo.
Candy, che conosceva la bassa autostima di Flanny, allontanò dolcemente da sé la sua amica per guardarla in volto e, fissando i suoi occhi color caffè pieni di lacrime, le disse in tono dolce ma fermo:

- Ascolta bene, Flanny – esordì – So che hai avuto un’infanzia difficile, che coloro che dovevano offrirti appoggio e rifugio non hanno saputo adempiere a questo compito. Nessuno può giudicarli ma devi capire, una volta per tutte, che chi ti ha fatto sentire una persona insignificante o senza importanza si stava sbagliando, perché non lo sei affatto.

Flanny spalancò i suoi grandi occhi scuri, senza ancora riuscire a credere alle parole di Candy.

- Flanny, per tutti questi anni ho sempre rimpianto che non fossimo riuscite a diventare amiche, nella scuola per infermiere. Continuò Candy prendendo le mani di Flanny tra le sue. – Allora non ti compresi, forse non ero pronta ad affrontare una persona come te. In ogni caso, in tutto il tempo in cui siamo state compagne di stanza e abbiamo studiato assieme, provavo una grande stima per te, Flanny. Dovresti essere orgogliosa di essere la donna forte e coraggiosa che sei.

- Candy!- esclamo Flanny commossa, senza riuscire a dire altro.

- Io… Io… - balbettò Candy, senza sapere come confessare la sua ammirazione per il coraggio e l’efficienza di Flanny- Io avrei voluto essere come te…- Disse infine.

- Come me? – Domandò Flanny confusa- Ma se ero io che ti invidiavo per il tuo carisma e per la tua popolarità!

Ora era il turno di Candy di spalancare gli occhi per lo stupore. Non avrebbe mai immaginato che Flanny potesse provare una qualche ammirazione per lei. Aveva sempre pensato che Flanny la considerasse una infermiera debole e incompetente.
Le due ragazze si guardarono intensamente per alcuni secondi, quasi stordite. Candy fissò gli occhi color caffè di Flanny, Flanny ricambiò lo sguardo nelle pupille di smeraldo della bionda collega, nessuna delle due sapendo veramente cosa fare. A quel punto, dopo un lungo silenzio, entrambe scoppiarono a ridere, abbracciandosi l’una con l’altra come due bambine che condividono il loro gioco preferito.

- Io desideravo tanto che tu mi accettassi come amica- disse Candy abbracciando ancora la bruna- quando sei partita mi sentivo frustrata per non aver raggiunto il tuo cuore, Flanny.

- Io invece ho cercato di convincere me stessa che non avevo bisogno dell’amicizia di una ragazza tanto popolare e piena di entusiasmo – confessò da parte sua Flanny - cercavo di negare che la tua dolcezza mi stesse contagiando, così come contagia tutti coloro che ti circondano, Candy.

- Siamo state entrambe molto sciocche, quindi- replicò Candy guardando negli occhi la sua ex compagna di classe- Ma questa volta, Flanny,- continuò con un brillante sorriso- possiamo ricominciare da capo ed essere amiche. Ti piacerebbe?

Flanny assentì abbracciando la bionda ancora una volta, dicendo le uniche parole che sapeva ancora mancare tra di loro.

- Grazie Candy…per avermi salvato la vita.

- Va bene Flanny, va bene- fu l’unica risposta di Candy.

Da quel momento Candy e Flanny avevano iniziato una rapporto d’amicizia, molto più aperto e sincero, sebbene Candy non potesse paragonarlo a nessun altro avuto prima con persone del suo stesso sesso. Flanny era sempre Flanny, e avrebbe sempre lottato per nascondere i suoi sentimenti. Ma ora concedeva a se stessa di essere gradevole e persino dolce con Candy, qualche volte si spingeva fino a confidarle le sue idee e le sue paure, proprio come fece il giorno in cui Candy iniziò il trattamento di irrigazione.
La bionda infermiera in quel momento stava guardando Flanny con la stessa espressione preoccupata ed affettuosa solitamente diretta ai suoi pazienti con complicanze, il che fece innervosire ancor di più la bruna collega.

- Candy, per favore,- le domandò- non sono uno di quei pazienti ai quali puoi dire una bugia pietosa.

- Non ti mentirò, Flanny- rispose Candy in tono serio- c’è una piccola possibilità di cancrena, ma non l’ho detto al dottore perchè ho le mie buone ragioni.

- Che ragioni?- domandò Flanny nervosa.

- Sai bene che in questo momento stanno smantellando questo ospedale – spiegò Candy- per cui sarà impossibile eseguire interventi chirurgici, se non per I casi estremamente urgenti. Se parlo col medico del tuo problema ora non potrebbe fare nulla per te, ma forse non mi permetterebbe di irrigare la tua ferita. Io voglio provare… perché penso che c’è un modo – la ragazza si interruppe per un attimo, in difficoltà nel terminare la sua spiegazione- c’è un modo per evitare l’amputazione.-

Il viso di Flanny impallidì. Con la sua mente rivide di nuovo tutte le impressionanti scene di mutilazione cui aveva assistito. L’idea di diventare un’invalida la spaventava terribilmente.

- Irrigherò la tua ferita- sussurrò Candy nel tono più rassicurante che poté usare, vedendo la sua amica pietrificata dal terrore- Lo farò ogni ora, fino a che domani partirai per Parigi. Chiederò poi a Julienne di continuare lei durante il viaggio, fino al vostro arrivo. Quando Yves ti vedrà, deciderà quello che sarà meglio per te. Sono sicura che la tua ferita sarà pulita e in buone condizioni quando arriverai a Parigi, vedrai.- concluse, sorridendo dolcemente.
Flanny non era molto convinta riguardo gli effetti del trattamento di irrigazione in un possibile caso di cancrena, ma ora che iniziava a pensare che la vita potesse essere qualcosa di più che arido lavoro, non r disposta a rifiutare l’unica possibilità che aveva di conservare la propria gamba. Diede così il suo consenso per l’esperimento e promise di non dire nulla al medico.

- Ok, Candy. Sarò la tua cavia.

In quel preciso istante qualcuno entrò nella tenda e Candy per un attimo pensò che il medico fosse arrivato giusto in tempo per scoprire quello che lei stava facendo senza il suo permesso. Fortunatamente chi entrò non era il dottore bensì Julienne, con in mano una lettera

- Candy – disse Julienne - c’è una lettera dell’ospedale per te. Sembra siano ordini del direttore - concluse consegnandole la lettera, chiusa in una busta ufficiale dell’Esercito.
Candy prese la missiva e, aperta velocemente la busta, lesse le poche righe con occhi preoccupati.

- Cattive notizie?- Domandò Julienne curiosa e preoccupata.

Candy alzò lo sguardo dal foglio e osservò le sue amiche ancora confusa e turbata

- Dai, Candy!- esclamo Flanny, anche lei curiosa.

- Mi stanno ordinando di fare rientro a Parigi!- rispose Candy allargando le braccia in un gesto di incredulità – Non c’è motivo per farmi tornare- aggiunse- questa mattina mi era stato detto che si stava pensando di inviarmi a Verdun, in appoggio all’ospedale da campo di là, e ora mi ordinano di tornare a Parigi. Semplicemente non capisco tutto ciò!

- E che importa, Candy? – disse Julienne sorridendo- Non capisci che questo significa che tornerai con noi, lontano da questa vita frenetica?- domandò con un’inflessione felice nella sua voce.

- Sì, ragazze, non è che mi lamenti, - ammise la bionda di fronte alle sue due amiche- ma anche così è strano. Mi chiedo: cosa significherà tutto questo?

Candy alzò le spalle, cercando di dimenticare la stranezza della situazione, mentre lavorava irrigando la ferita di Flanny. Julienne si fermò con loro per vedere come si doveva applicare il trattamento e per conversare vivacemente, al fine di alleviare un po’ il dolore di Flanny durante quel procedimento e di dipanare i dubbi di Candy riguardo i nuovi ordini. Gli stessi ordini che tra poco avrebbero di nuovo cambiato la sua vita.

Continua…

Edited by cristina.fly - 10/1/2009, 20:37
 
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view post Posted on 10/1/2009, 21:20     +1   +1   -1

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Cara Cristina, davvero grazie, stai postando ad una velocità interminabile... wow!
Che bello il rinconciliamento di Candy e Flanny: finalmente amiche!! Speriamo che affrontino delle buone cure per Flanny senza evitare complicazioni.

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Andy Grim
view post Posted on 10/1/2009, 23:16     +1   -1




:andy:

Porca miseria, Christina... adesso anche la cancrena!

Volete far venire un infarto al mio povero Andy...?

:triste:

Per il resto, che dire? E' una storia stupenda!

:bravo:
 
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cristina.fly
view post Posted on 12/1/2009, 09:51     +1   -1




Ciao a tutti!

Grazie ancora per i vostri commenti e per avermi aiutato a sopportare questa brutta influenza. Domani torno a lavoro. :ollalà:

Ma ora riprendiamo la nostra storia, ritrovando il nostro sergente occhi-blu... :laura:

Cri


:rose rosa: ...segue
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Il capitano Jackson era di nuovo nei guai. Il nemico non solo lo stava vincendo sulla scacchiera, ma anche nella guerra linguistica che stavano combattendo. Dalla notte in cui Jackson aveva invitato il giovane sergente occhi- blu a giocare con lui, aveva ripetuto l’incontro “amichevole” un buon numero di volte. Ma il gioco tra i due uomini andava al di là di un semplice passatempo per trascorrere le lunghe notti d’autunno. Era diventata in una specie di sfida per l’uomo più anziano, che insisteva nel voler conquistare due obiettivi molto difficili, uno dei quali era battere il miglior giocatore di scacchi che avesse mai incontrato nella sua vita, e l’altro era scoprire le origini di un personaggio tanto enigmatico.

La prima volta che Jackson aveva ascoltato il modo di parlare del giovane sergente, avrebbe quasi potuto giurare che l’uomo fosse un cittadino britannico, ma la volta successiva l’accento del giovane era cambiato in un modo tanto incredibilmente convincente che Jackson arrivò a dubitare della sua memoria e dei suoi conoscimenti fonetici. Durante la seconda partita che ebbero modo di giocare, le poche parole pronunciate dal giovane erano state dette con un accento del sud, tanto chiaro e distinto che Jackson pensò di essere stato trasportato nella terra di Dixie (così viene soprannominata la zona sud est degli Stati Uniti). Nella seguente occasione l’inflessione nelle parole del sergente era cambiata nel ritmo cantilenante che Jakson identificò come l’accento tipico dei contadini gallesi. A quel punto Jackson capì che quel giovane lo stava intelligentemente prendendo in giro e, in un tacito accordo, entrambi gli uomini continuarono a sfidarsi in quell’ indovinello, sfida che fino a quel momento Jackson stava perdendo.

L’obiettivo del gioco era quello di scoprire l’origine del giovane senza domandarglielo direttamente, scoprire tutti quei dettagli della sua vita che egli non era disposto a rivelare. A Jackson vennero in mente diverse domande, ma erano tre quelle che principalmente lo incuriosivano. Una era l’origine dell’uomo, l’altra era il tipo di occupazione che il giovane normalmente svolgeva negli Stati Uniti (visto che Jackson sapeva che l’uomo si era arruolato come volontario nell’esercito) e la terza domanda, forse la più inquietante di tutte, era se Jackson avesse già visto la sua faccia da qualche altra parte. Aveva la strana sensazione di aver già conosciuto il ragazzo, ma non riusciva a ricordare dove. Jackson aveva già provato con diversi trucchi a far perdere al giovane il suo ferreo autocontrollo affinché questi finisse per tradirsi, ma nessuno di quegli stratagemmi aveva sortito l’effetto sperato, nonostante gli sforzi del capitano.

- Qualcosa da bere? – gli aveva chiesto Jackson una volta.


- No grazie, signore, non bevo. - fu la laconica risposta del giovane.


- E come mai? La reputazione di un uomo si misura dalla sua capacità di bere- aveva suggerito Jackson con un sorriso canzonatorio.


- Allora la mia reputazione è totalmente rovinata, signore. Ma devo insistere, non bevo. – e con questa secca affermazione il giovane chiuse l’argomento dell’alcool con un silenzio determinato.


Per un comune soldato la compagnia di un uomo che non fumava, non beveva o parlava di donne poteva essere una vera seccatura. Ma, al contrario, per il raffinato Duncan Jackson tutte quelle insolite particolarità non facevano che accrescere la sua curiosità e rinnovare il suo interesse a scoprire il mistero nascosto dietro quelle pupille blu, che fissavano la scacchiera con una concentrazione insensibile e quasi disumana.

Ci sarà pure qualcosa che gli faccia abbassare la guardia- pensava Jackson- Ci sarà qualcosa… Ma cosa?

Una di quelle notti, mentre gli occhi di Jackson gironzolavano su alcuni dettagli della tenda illuminata dalla luce delle lampade, il suo sguardo ad un tratto si imbattè in un oggetto brillante sulla mano sinistra del sergente. Era un anello d’oro con uno smeraldo che con i suoi riflessi vedi sfidava la bellezza della primavera. Il gioiello aveva una linea maschile e semplice che enfatizzava ancor di più la luminosa pietra, sotto la timida luce delle lampade a cherosene.

Jackson si chiese perché non aveva notato prima la presenza di un oggetto tanto bello al dito del suo avversario, ma dopo l’impressione iniziale cominciò a trarre alcune conclusioni da questo stesso oggetto. Per Jackson era chiaro che l’uomo a lui di fronte non era un individuo comune. Il linguaggio che usava, le sue maniere come anche i suoi gesti, erano frutto di una educazione raffinata. E ora il dettaglio dell’anello, chiaramente un gioiello di valore, dimostrava che quel ragazzo non moriva precisamente di fame.

- Splendido anello, quello che ha al dito – esclamò Jackson distrattamente. – immagino sia uno smeraldo.

Il giovane diede una rapida occhiata al suo dito anulare e un lampo improvviso passò nei suoi occhi, ma troppo velocemente per lo sguardo indagatore di Jackson. Subito dopo il giovane si limitò a rispondere:

- Sì.-

- Mi permette di darci un’ occhiata, sergente?- domandò Jackson, che non voleva cambiare discorso, sperando che quell’argomento potesse dargli nuovi indizi per risolvere quel rompicapo umano che aveva di fronte.

Il giovane si tolse l’anello dal dito e lo diede al suo superiore, lasciando trapelare un certo fastidio per l’insistenza del capitano. Jackson prese l’anello e mise la gemma sotto la lampada, di modo che la luce, oltrepassando l’abbagliante pietra verde, si rompesse in mille raggi luminosi.

- È una meraviglia!- fu il sincero commento di Jackson, impressionato dalla purezza della gemma.

Mentre Duncan era ancora assorto a contemplare il gioiello, il giovane sergente si concesse di evadere per un attimo, nel tempo e nello spazio, molto lontano da quell’angolo di mondo dove erano confinati.

La luce irrompeva in mille raggi verdi sui prati- pensò- verdi erano i boschi, verdi le foglie fresche del pascolo estivo. Il verde profondo del muschio sui muri umidi, il verde scuro delle montagne, il verde tenue della valle. In quei giorni le speranze erano giovani e fresche, l’amore riempiva il mio cuore con scintille verdi attorno a me… Riproverò mai quell’ebrezza? Anche il più prezioso degli smeraldi impallidisce, a loro confronto… Non è il caso che inganni me stesso… la verde luce di quegli occhi è perduta, per me.

- Ecco qui, sergente- disse la voce del capitano Jackson, interrompendo la linea dei pensieri del giovane.

Jackson allungò la mano per restituire il gioiello al suo proprietario. Un secondo prima l’uomo avrebbe potuto leggere rivelazioni interessanti dall’espressione del sergente, ma quando egli distolse gli occhi dall’ipnotizzante gemma, il sergente aveva già recuperato la sua abituale compostezza nascondendo le sue emozioni, tanto era abituato nell’arte di dissimulare.

Il giovane si rimise l’anello al dito mentre entrambi gli uomini tornavano a concentrarsi sul gioco. Uno cercava di trovare un modo per risolvere la sua sciarada linguistica, l’altro provava un miscuglio strano di sentimenti. Si divertiva con Jakson e si intristiva con se stesso.

Jackson non è un cattivo giocatore – pensò il ragazzo- ma è talmente preso a cercare di scoprire il luogo da dove provengo che perde concentrazione, commette errori elementari e finisce per perdere… La sua ossessione per il linguaggio è curiosa, almeno questa è una cosa che abbiamo in comune. Da quando ho iniziato a giocare questa sorta di partita doppia, sono riuscito a sovrappormi al mio mio astio. Ciò nonostante il mio cuore non ha mai pace, come se il peso dei miei rimorsi aumentasse con il passare del tempo.

Il sergente sentì un dolore improvviso al petto che lo spinse a portarsi la mano destra al torace. Jackson notò il gesto, accompagnato da un leggero cipiglio sul viso del giovane.

- Si sente bene, sergente?- domandò Jackson incuriosito.

- Sto bene signore – rispose il giovane mentre faceva una nuova mossa sulla scacchiera, mossa che catturò immediatamente l’attenzione di Jackson facendogli dimenticare tutto il resto.


Cos’è di nuovo questo dolore? – pensò l’uomo dagli occhi blu- Va e viene da quando sono arrivato in Francia. Perché questa notte sta peggiorando?

Entrambi gli uomini continuarono a giocare silenziosamente mentre la prima nevicata dell’anno copriva i boschi circostanti con la sua coltre bianca.

Continua…
 
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383 replies since 9/6/2008, 11:44   131587 views
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