Candy Candy

Come un incantesimo, nel cuore.

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view post Posted on 3/1/2007, 17:06     -1   +1   -1
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Capitolo 1

La macchina correva veloce sulla strada illuminata solo da due fari in movimento, Terence, alla guida, con grande sforzo guardava avanti ma non vedeva bene, aveva la vista pericolosamente annebbiata, il volto umido e il petto in subbuglio, di certo non si sentiva bene. Sperava solo di arrivare presto alla cittadina di Lakewood, recuperare i bagagli in albergo e farsi accompagnare alla stazione per poter prendere in tempo l’ultimo treno per NewYork, infelice come un cane cui erano state impartite lezioni di buone maniere a suon di bastonate, nemmeno tanto sicuro della propria lucidità, ma consapevole di voler partire subito, di volersi immediatamente allontanare da tutto ciò che gli ricordava lei, perché ormai per lui non c’era più alcuna ragione per restare.
Candy aveva scelto, era stato lui a spingerla verso la propria consapevolezza, ma lei aveva in ogni modo scelto... l’altro.
Ringraziò mille volte il suo proverbiale sesto senso che gli aveva impedito di accettare completamente l’ospitalità di Albert, il fatto di aver voluto alloggiare in albergo gli aveva consentito di non dover rientrare in quella maledetta casa, salutare il suo ospite e fracassargli il naso, seguendo l’istinto del momento, gli aveva consentito di andare via indisturbato, già abbastanza massacrato nei sentimenti dalle vicende vissute, distrutto ma libero dai convenevoli che lo avrebbero di sicuro condotto verso la rissa e l’odio. Non che senza di quelli provasse una grande stima, per quello che considerava il farabutto che si era proclamato suo amico e gli aveva invece rubato l’unico amore della sua vita.
No, non si sentiva per niente lucido, voleva odiare Albert a tutti i costi eppure anche quell’odio gli faceva male, perché sapeva che non era davvero colpa sua, non era stato ordito alcun tranello e che le cose erano andate esattamente com’era stato scritto dalla mano del destino, se solo si fosse mosso prima, se solo non fosse passato tutto quel tempo, forse sarebbe riuscito ad intervenire sulle decisioni del maledetto destino, invece ancora una volta la vita lo aveva menato per il naso.
“Sto male, mi scoppia la testa, non ce la faccio più, devo sbrigarmi ad arrivare” pensò, nonostante cercasse di tenere duro.
Terence visse ciò che accadde poco dopo come se qualcuno avesse premuto il tasto fast-forward sul telecomando di un videoregistratore, per mandare avanti velocemente le scene di un film.
Arrivò in albergo, raccattò le sue cose e velocemente lasciò la stanza, chiese e pagò il conto, non avendo voglia di parlare sperò che nessuno lo trattenesse oltre il necessario con discorsi insulsi, lasciò che un fattorino gli portasse il bagaglio in auto e che lo chauffeur lo accompagnasse alla stazione ferroviaria, poi dopo aver comprato un biglietto al volo, salì sul treno che partì lasciandosi alle spalle molto fumo e molti ricordi.
Tutto d’un tratto, il tempo riprese a trascorrere alla normale velocità del tasto play e Terence si ritrovò da solo nella cabina letto del treno in movimento, temporaneamente isolato dalla vita e dalla gente, lasciate fuori, dietro la sua porta chiusa, lontane dal suo dolore.
Solo il mondo correva veloce fuori dal finestrino, invisibile, racchiuso in un mantello di velluto nero, mentre lui se ne stava immobile nella sua cuccetta ad occhi chiusi, perché se anche li avesse tenuti aperti avrebbe potuto guardare solo il nulla. Piangeva Terence, anche se qualcuno gli aveva insegnato che un uomo non avrebbe mai dovuto farlo, piangeva perché era l’unico conforto alla sua disperazione, piangeva perché colei che tanto amava e voleva più della sua stessa vita, non c’era, o almeno non era più per lui.
Voltò il capo e lasciò che i lunghi capelli scuri assorbissero le lacrime che gli solcavano il viso seguendo il profilo del naso gentile e delle guance pallide, prima che queste si disperdessero su un cuscino di cotone spesso e ruvido.
Pianse e nella mente solo un volto, nel cuore solo un nome che sentiva di non poter più pronunciare, pianse finché il sonno non ebbe la meglio su di lui, giungendo a dar riposo al suo povero animo tormentato.

Il risveglio fu brusco. Terence aprì gli occhi perché ebbe la sensazione che qualcuno stesse bussando alla sua porta, si guardò intorno e scoprì che lo scenario era cambiato e lui non era più su un treno. Si scosse dal torpore e ben presto riconobbe l’ambiente familiare che lo circondava identificandolo come il proprio camerino, non vi erano dubbi poiché di fronte a se vide la specchiera illuminata per il trucco e un bicchiere vuoto, posato su una consolle, che doveva aver sicuramente contenuto del whisky, ad un angolo della stanzetta un separè di stoffa damascata utilizzato per proteggere il cambio d’abiti dallo sguardo indiscreto di eventuali ospiti e sotto se stesso, il suo amato dormeuse dei primi dell’800, che aveva comprato con l'entusiasmo di un bambino e aveva preferito collocare in camerino piuttosto che nel suo poco frequentato appartamento.
Ancora una volta il rumore di nocche battute contro il legno della porta gli suggerì che doveva schiarirsi la mente in fretta e si rese conto di aver sognato per l’ennesima volta.
Da quando lui e Candy si erano detti addio erano già trascorsi quasi cinque lunghi anni, eppure quel sogno, sempre lo stesso, continuava a tormentarlo. Non era un sogno in cui la vedeva, anche se gli bastava solo chiudere gli occhi per ricordare ancora il sapore delle sue labbra, era un sogno in cui rivedeva se stesso in fuga da Lakewood.
Un terribile sogno dove riviveva il viaggio che aveva affrontato subito dopo la loro definitiva separazione e ogni volta sentiva tutto il peso del distacco, come se il tempo non fosse mai passato, riviveva la stessa angoscia e quando si svegliava da quell’incubo si sentiva come se davvero fosse appena arrivato a NewYork, si sentiva ancora un ragazzo in balia di se stesso e dell’incertezza del domani senza lei, eppure non era così, il tempo nel frattempo era trascorso e lui era cambiato.
Si alzò, un po’ a fatica perché aveva ancora tutte le membra intorpidite dal riposo e dall’alcol, non si era ubriacato ma quel po’ che aveva bevuto sommato alla stanchezza del lavoro, era bastato a spedirlo dritto tra le braccia di Morfeo, si guardò allo specchio e si rese conto di non avere proprio una gran bella cera.
- Chi è? – disse a voce alta senza aprire.
- Il signor Hathaway la sta aspettando in sala prove - rispose una voce garbata da dietro la porta.
- Arrivo!
Terence non aveva smesso di guardare la propria immagine riflessa di fronte a se nemmeno per un attimo, lo specchio incorniciato da una lunga fila di lampadine gli restituì indietro il ritratto di un giovane uomo dai lineamenti del viso ancora più belli, più marcati e virili di un tempo, ma dall’espressione cento volte più malinconica.
Era cresciuto nel fisico e nella mente, ed era diventato più alto e più possente nella muscolatura rispetto a quando era solo un ragazzo, i capelli poi, gli stessi capelli lisci e neri, erano ancora lunghi e spesso, come d'abitudine, tenuti legati da un laccio di cuoio nero.
Si fissò e si perse nell’espressione cupa dei propri occhi, due laghi azzurri senza fondo. Ritornò indietro con la mente a cinque anni prima ricordando quanto fosse stato difficile, appena ritornato a NewYork, ricominciare a vivere una vita normale, deluso e ferito, col cuore spezzato e i sogni d’amore infranti.
Era convinto che sarebbero tornati insieme, perchè anche Albert lo aveva incoraggiato in tal senso, lui era sincero quando gli parlava di ciò che Candy provava nei suoi confronti, di questo era certo e tutto gli lasciava credere che una volta rivisti non si sarebbero mai più allontanati, avrebbero cercato casa in città e iniziato la loro nuova vita come marito e moglie, avrebbero formato una famiglia e sarebbero stati eternamente innamorati e indivisibili.
Invece si era trovato a fare i conti con la triste realtà, a NewYork c’era tornato, ma senza lei, senza il suo amore, senza una casa e senza gioia.
Si era rinchiuso in un albergo e li era rimasto per giorni interi finché Susanna, venuta a sapere chissà come della sua situazione, aveva chiesto aiuto al Dr. Lowe e a Robert Hathaway, il capo della compagnia teatrale, e insieme i due uomini erano andati a cercarlo, lo avevano trovato e lo avevano tirato fuori a forza da quella stanza e dalla disperazione che lo stava consumando.
Era tornato in teatro Terence, al suo primo grande amore, con l’aiuto di un amico e di un maestro, che si era preso la responsabilità e l’impegno di non lasciarlo andare via per l’ennesima volta, libero di perdersi in se stesso e nei suoi tormenti.
Era tornato alla vita Terence, con l’aiuto di Susanna che ancora gli voleva bene e, smessi i panni della carceriera, gli era diventata cara come una sorella, insieme al Dr. Lowe che le stava sempre vicino.
Con gran fatica e forza di volontà aveva ritrovato la propria dignità e un barlume di serenità, aveva cercato casa, una piccola solo per se stesso, già ammobiliata e senza troppe pretese, un guscio di noce dove dormire e a volte mangiare, un posto che si alternasse al camerino del teatro.
Aveva lavorato duro e ricominciato a recitare come solo lui sapeva fare, promettendo di diventare il secondo Robert Hathaway, se non addirittura di oscurarne la luce sul palco.
Aveva fatto grandi progressi Terence in tutto, ma solo una cosa non era cambiata nella sua vita, l’assenza di un amore in carne e ossa. Non che, non si fosse avvalso della compagnia di qualche graziosa fanciulla più che disponibile, o di qualche amante di passaggio, nell’arco degli anni, era sempre e comunque un uomo ma, nessun rapporto stabile, niente che si spingesse oltre l’incontro di una notte, nulla che superasse il soddisfacimento momentaneo dei sensi.
Non riusciva a dimenticarla Candy, non riusciva a fare spazio nel suo cuore per nessuna donna che non fosse lei, in realtà non ci aveva nemmeno provato ma se anche avesse voluto impegnarsi in tale impresa, gli sarebbe stato arduo riuscirci perché i giornali erano pieni delle sue foto, immagini che la ritraevano felice accanto ad Albert, tanto quanto erano pieni delle foto del grande attore di teatro che era diventato.
Non si erano più scritti, né incontrati, ma se desiderava guardarla gli bastava sfogliare le pagine di un quotidiano e la signora Andrew rinnovava ancora il suo tormento.
Terence per certi versi era andato avanti, ma lei era rimasta ferma sul suo cuore e non si era più spostata, l’anello che lui portava al collo, imprigionato da una catenina d’oro, testimoniava, silenzioso al mondo, quella sua follia.
Quante volte aveva pensato di riporlo nella scatola di legno intarsiata che custodiva i suoi segreti. Riporlo insieme all’armonica, alla sua lettera e ai ritagli di giornale che la ritraevano bella come il sole, al fianco del capo della famiglia Andrew, oggetti quelli, che conservava gelosamente al pari di un pirata che protegga il suo tesoro, ma non c’era mai riuscito. Godeva del peso di quel cerchio d’oro sul petto come avrebbe goduto se al suo posto ci fosse stata la sua piccola mano, poggiata sulla pelle in direzione del suo cuore, non voleva privarsene, proprio non poteva, perché farlo era come voler eliminare lei dall'anima.
Terence distolse lo sguardo dai propri occhi riflessi e fissò l’anello che ancora legato al collo, accarezzava con due dita in un gesto tanto naturale quanto involontario. Lo nascose sotto la camicia, poi si mosse verso la porta ancora chiusa.
“Robert mi sta aspettando – pensò - è meglio che vada!”


:rose rosa:
 
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Odyssea
view post Posted on 3/1/2007, 17:57     +1   -1




Cara Esther, voglio essere la prima a dirti che...sto piangendo... :molto triste:
Mi hai fatto aspettare, temendo che avessi dimenticato il mio Terence, il nostro Terence, ferito contuso quasi ucciso e abbandonato in un angolo, ma tu non hai smesso di amarlo e pensarlo, e la pausa ha consolidato l'incantesimo...Mai titolo fu più appropriato! Sono incantata, tra le lacrime, come quelle di Terence...

"Voltò il capo e lasciò che i lunghi capelli scuri assorbissero le lacrime che gli solcavano il viso seguendo il profilo del naso gentile e delle guance pallide, prima che queste si disperdessero su un cuscino di cotone spesso e ruvido".

Sei riuscita a rendere magnificamente il suo dolore, la sua lacerazione senza speranza, è un Terence distrutto e allo stesso tempo virile... E' tutto così realistico che se penso a Candy felice sento un ringhio salirmi dalla gola... Come posso non adorare questo Terence? Come posso non aver voglia di diventare di carta per consolarlo?

"Era cresciuto nel fisico e nella mente, ed era diventato più alto e più possente nella muscolatura rispetto a quando era solo un ragazzo, i capelli poi, gli stessi capelli lisci e neri, erano ancora lunghi e spesso, come d'abitudine, tenuti legati da un laccio di cuoio nero"

Ma soprattutto come faccio a trattenere il labbro inferiore che vorrebbe crollare sul pavimento in una posa ammaliata e affamata? Che descrizione! Doppio wow!
Grazie, amica mia, grazie grazie grazie, sono commossa, sono felice perché Terence è tornato! Ed è tornato alla grande, sia pur bruciacchiato e torturato, ma sono sicura che guarderà di nuovo la luce come un girasole!
BRAVAAAAAAAAAAAAAAAAA :I love u:
 
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view post Posted on 3/1/2007, 18:25     +1   -1
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Grazie Ody... :mi inchino: grazieeeeeeeee.
Sapessi che paura avevo... e quanto è stato difficile iniziare, Terence è un personaggio così grande e così difficile da affrontare!
Spero solo di riuscire a continuare nel miglior modo possibile... lo amo molto e merita anche lui la sua dose di felicità.

Prima o poi...
 
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jasmine23
view post Posted on 3/1/2007, 18:42     +1   -1




Davvero un bellissimo inizio,Esther! :)
Continua a incantarci con le tue parole cariche di poesia!
:rose:
 
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Andy Grim
view post Posted on 3/1/2007, 23:03     +1   -1




:danda:
"Ah, Terry, Terry...
quando imparerai che le bionde sono fatali...?
Fa' come me: prendi una mora...!"

Andy Greason

Bravissima, Esther.
Veramente ottima!


 
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view post Posted on 3/1/2007, 23:57     +1   -1
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Grazie :)
 
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Anthony Andrew
view post Posted on 4/1/2007, 02:20     +1   -1




Esther... sai che mentre lo leggevo stao davvero pensando di vedere un film? Hai un modo di raccontare le cose che le vedi davanti a te come fossero vere!
Continua, ti prego... non smettere mai... è bellissimo, ha ragione Ody: la pausa ha consolidato l'incantesimo!
Ormai, ogni volta che ti leggo mi prende un attacco di Sindrome di Stendhal...

:bacio:
 
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view post Posted on 4/1/2007, 13:41     +1   -1
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Wow... se continuate così comincerò a montarmi la testa!
No scherzo... prometto che non lo farò.
Grazie mille anche a te caro Anthony, sono felice che ti sia piaciuto!
:wub: :woot:
 
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view post Posted on 12/1/2007, 03:30     +1   -1
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Capitolo 2

A NewYork era quasi Natale, gli alberi e i tetti delle case erano stati imbiancati dall’ultima nevicata provocata dal rigido inverno, le vie del centro, colorate da festoni e luminarie, erano percorse dai soliti ritardatari che si affaccendavano tra un negozio e l’altro, per comprare gli ultimi regali da mettere sotto l’albero, prima di sera.
Terence che, nonostante non amasse quel periodo e i vari festeggiamenti aveva comunque accettato l’invito di Susanna a trascorrere insieme con lei e il marito la vigilia di Natale, aveva già provveduto per tempo ad acquistare i doni da portare agli amici e in quel momento poco o nulla gli importava della gente che, fuori di li, si affannava nelle ricerche dell’ultimo minuto. La sua unica preoccupazione era quella di raggiungere Robert che lo stava aspettando.
Si ravviò i capelli con un gesto veloce delle mani ed uscì dal camerino.
Percorse un lungo corridoio che portava in sala prove, sul quale si affacciavano non solo tutti gli altri camerini ma anche le sale del trucco, passò dietro il palcoscenico, dove in quel momento giovani attori erano impegnati nel finale dell’unico atto di uno spettacolo per bambini, e proseguì ancora.
Ogni anno, durante il periodo delle feste natalizie, in teatro si organizzavano spettacoli pomeridiani per intrattenere un pubblico particolarmente giovane con rappresentazioni più adatte a loro. La fine di quella serie di manifestazioni straordinarie, coincideva poi con l’inizio dei lavori utili alla costruzione della scenografia per la nuova commedia presentata dalla compagnia Stratford che dava il via alla nuova stagione teatrale, lavoro di cui si sarebbe discusso da li a poco durante la riunione per cui Robert lo aveva convocato.
Arrivato davanti a due porte di legno, bucate al centro da due oblò tondi di vetro, Terence spinse una maniglia ed entrò nella grande sala dove gli sguardi di tutti i presenti furono immediatamente puntati addosso all’ultimo arrivato, cioè lui, che non poté risparmiarsi dal fare un’entrata plateale.
- Scusate il ritardo! – disse e avanzò sicuro, senza mostrare alcuna sorta d’imbarazzo.
- Ben arrivato Terence – gli rispose Robert – stavamo aspettando te per iniziare e visto che sei qui, passo la parola al nostro regista, prego Fred!
Terence, mentre gli si avvicinava, fece un cenno d’approvazione col capo e una ribelle ciocca di capelli gli scivolò sugli occhi. Con un gesto che gli era naturale quanto respirare e un pizzico di civetteria maschile, la spostò dietro un orecchio e poi rimase in silenzio ad ascoltare come il resto dei presenti.
- Bene! Grazie Robert! – disse Fred Plumpe, tossicchiando per attirare l’attenzione di alcune signorine che nel frattempo si erano lasciate distrarre dall’arrivo del bel Duca di Granchester.
- Come già sapete - continuò – ci accingiamo a portare in scena la nostra nuova fatica, “La bisbetica domata”, il caro Will ancora una volta aleggerà su di noi, speriamo possa portarci qualche buon consiglio! – molti risero anche se la battuta non era particolarmente divertente e forse non era neanche una battuta.
- Vi informo che abbiamo a disposizione poco più di un mese di tempo per iniziare e finire le prove, quindi cominceremo subito dopo Natale affinché possiate prendere confidenza con i vostri personaggi. All’inizio, lasceremo ai tecnici lo spazio e il tempo necessario per preparare la scenografia provando qui, poi ci trasferiremo definitivamente sul palco, fino al giorno della prima, che dovrà essere perfetta!
Si guardò intorno per essere sicuro che tutti lo stessero ascoltando con attenzione, prese respiro come se dovesse affrontare una lunga apnea e poi continuò.
- Signori, pretenderò il massimo da voi perché questo spettacolo non solo nasce da una delle più belle commedie di Shakespeare, ma darà anche il via ad una lunga tournée che toccherà le città più importanti degli Stati Uniti. Preparate le valigie, dunque! – gli attori sembravano entusiasmarsi sempre di più man mano che il regista parlava.
- C’è di più, ci si affiancherà il gruppo di giovani attori che stanno recitando in questo momento – guardò l’orologio – o che forse hanno appena terminato. Comunque, sta di fatto che ci seguiranno ovunque, e mentre voi porterete il vostro genio artistico sul palco dei più grandi teatri delle città in cui faremo tappa, loro si esibiranno nei grandi ospedali che avranno la bontà di ospitarci, allietando i piccoli malati, ricoverati in quel periodo.
Nella sala si diffuse un crescente brusio d’approvazione, era sicuramente la prima volta che la compagnia Stratford si muoveva promuovendo un simile progetto, gli attori si dimostrarono entusiasti sia dal lato professionale sia da quello umano, tanto da far sorgere un applauso spontaneo.
- Grazie signori, ma non abbiamo ancora finito! – intervenne compiaciuto Robert.
Naturalmente, ci si aspetta che alcuni di noi, durante i matinée in ospedale, presenzino allo spettacolo per dare maggiore credito e prestigio a tutta l’operazione che è assolutamente a scopo benefico!
Così dicendo si voltò verso Terence, con uno sguardo chiaramente allusivo riguardo al fatto che era richiesta soprattutto la sua di presenza.
- Certo Robert – rispose lui leggermente ironico – ma è pur vero che un po’ di pubblicità non guasta mai! Di sicuro la nostra presenza richiamerà fotografi e giornalisti anche negli ospedali!
- Si, è vero Terence, di sicuro un personaggio come te non passa inosservato nemmeno se ci prova, ma in fondo a noi serve anche un po’ di pubblicità che favorisca critiche positive, non credi? – rispose l’altro sorridendo, ma parlando con tono deciso.
- Ebbene, se di scopo benefico si tratta, perché non dare il giusto risalto? In fondo si sa che il buon umore migliora la qualità della vita e aiuta il malato a guarire prima. Questo è l’unico messaggio che dovremo sforzarci di trasmettere, se poi però ne riceveremo in cambio anche critiche favorevolmente positive, ben vengano anche quelle! – intervenne il regista.
- Mi pare un’ottima iniziativa! Contate pure su di me, naturalmente! - disse Terence che non aveva nessuna voglia di continuare con il tono di chi voleva creare polemica o generare equivoci.
Una cosa che non desiderava affatto però era darsi spontaneamente in pasto a un’orda di famelici giornalisti, soprattutto il genere per cui tentare di ficcare il naso nella sua vita privata sembrava quasi motivo di sopravvivenza, e l’idea che questo potesse capitargli anche in un ospedale in mezzo ai dei bambini, piuttosto che ad una serata di gàla mentre era in compagnia di qualche graziosa fanciulla, gli provocava una leggera nausea.
D’altronde, non poteva certo tirarsi indietro, partecipare ad un avvenimento mondano o ad un evento a scopo benefico, faceva ormai parte della sua vita quanto recitare. Era lo scotto da pagare per essere diventato uno dei personaggi più in celebri nel mondo del teatro newyorkese.
Per quanto, poi, il suo spirito ribelle non fosse stato in alcun modo domato, sentiva di essere cresciuto anche in saggezza e se c’era una cosa che non reputava ammissibile era mettersi a fare animate discussioni con Robert, soprattutto davanti ad altri. Lo apprezzava troppo e troppo gli doveva per permettersi di fare una simile sciocchezza, se mai si fosse trovato nella posizione di non essere d’accordo con lui su qualche argomento, gli avrebbe chiesto di parlarne in privato per poter chiarire la faccenda, come sempre in modo pacato e amichevole.
- A questo punto non resta che comunicarvi la suddivisione dei ruoli da interpretare – disse Robert soddisfatto.
- Ebbene, partiamo dai personaggi principali e poi man mano passiamo agli altri sino ad arrivare alle comparse – continuò il regista Fred Plumpe, rivolgendosi anche con lo sguardo ad ognuno dei singoli interpellati - Robert tu interpreterai il padre di Caterina, il ricco gentiluomo Battista Minola, ma già ne eri al corrente, mentre tu Terence sarai Petruccio, il futuro sposo… tu Peter sarai Lucenzio…e tu Marianne invece interpreterai…
Continuò a nominare gli attori cui assegnare la parte uno per uno, mentre l’aiuto regista distribuiva i copioni da imparare a memoria, il tutto fino a quando egli non disse di avere terminato, ma una delle attrici, perplessa, gli rivolse una domanda.
- Mi scusi signore, ma credo abbia dimenticato qualcuno! Chi interpreterà Caterina?
- Oh è vero! Che sbadato! Ho in sostanza tralasciato la protagonista! – disse, fingendosi distratto in maniera spudorata. In realtà, però, aveva volontariamente lasciato per ultima quella rivelazione.
- Scusatemi, sì ecco…in verità abbiamo anche l’attrice che interpreterà questo ruolo, ebbene… signorina Damore, questa parte sarà affidata a lei.
Una ragazza, distaccatasi dal gruppo delle attrici, si fece avanti con un’aria un po’ sorpresa e ringraziò.
Un leggero mormorio nacque alle sue spalle e crebbe non troppo benevolo diffondendosi tra tutti presenti, in verità pochi la conoscevano e quei pochi solo perchè avevano partecipato insieme a lei ai provini per le selezioni. Alcune attrici che erano presenze stabili della compagnia Stratford storsero il naso, alcuni attori bisbigliarono tra di loro sostenendo lo sdegno delle colleghe, altri ancora pensarono che in fondo era brava e forse se lo era davvero meritato, ma alla fine nessuno ebbe il coraggio di obiettare a voce alta quella scelta.
Fred e Robert che avevano già previsto le molteplici reazioni che si erano generate, non mostrarono alcun disappunto e si limitarono a ignorare quei bisbigli. Erano entrambi d'accordo e fermamente convinti riguardo la validità della loro scelta, chi li conosceva bene sapeva che discutere una loro decisione non sarebbe servito a nulla.
- A questo punto vi auguro buon lavoro e naturalmente anche buon Natale!
Così dicendo, Plumpe salutò tutti e andò via seguito dal suo aiutante.
Mentre anche gli altri si muovevano per uscire dalla sala, con i copioni in mano e discutendo ancora riguardo all’assegnazione dei ruoli, Robert fece cenno alla ragazza di avvicinarsi e quando lei gli fu vicina si rivolse a Terence, che non era meno sbalordito dei suoi colleghi.
- Terence ho il piacere di presentarti la signorina Malìa Damore.
- Malìa Damore? Ma che razza di nome è Malìa! – disse lui istintivamente dando voce a quello che doveva essere solo un pensiero muto, ancora immerso com’era nelle proprie considerazioni riguardo quella sconosciuta, che con l’aria innocente di chi non si aspettava potesse capitarle davvero, aveva fatto le scarpe anche alle attrici consumate.
Terence fissava sfacciatamente la ragazza, che lo fissava a sua volta con due occhi da gatta selvatica che non lasciavano presagire nulla di buono, due occhi grandi di un incerto color nocciola che partendo dal centro dell’iride sfumava verso l’esterno cangiando in un più deciso tono di verde.
Due occhi vivaci che spiccavano sul bel viso dalla pelle diafana, ai lati di un grazioso nasino ricoperto d’efelidi.
Un bel viso pulito, senza trucchi ne artifici, incorniciato da una lunga massa di lucidi riccioli nero corvino, tendente al blu notte.
- Signor Granchester – disse indispettita da ciò che considerava maleducazione – potrei rivolgerle la stessa domanda e restare qui in attesa per anni, mi dica, che razza di nome è Terence?
- Vedo che avete scelto bene Robert! La signorina è perfetta nella parte della bisbetica da… domare! – rispose lui apparentemente senza scomporsi, anche se in realtà non si aspettava quella prontezza di spirito, a volerci pensare non erano molte le donne dall’animo battagliero che preferivano tenergli testa piuttosto che cadere affascinate ai suoi piedi, qualunque fosse il suo atteggiamento.
- Sempre così gentile? O è un privilegio che ha riservato solo a me? – rispose lei sorridendo sarcastica - Comunque non mi ha ancora risposto! Riguardo al suo nome, dicevo!
- E non intendo farlo!
- Beh! – intervenne Robert Hathaway – Come inizio non c’è male! Non vi facevo certo così appassionati di etimologia dei nomi. Comunque a proposito visto che i vostri sono entrambi molto belli perché non cominciata ad usarli in modo più amichevole? Se fossi in voi abbandonerei il lei e passerei al tu, magari vi aiuterebbe ad essere un po’ più cordiali, vi ricordo che dovrete lavorare a stretto contatto l’uno con l’altra per i prossimi mesi e questo non è proprio lo spirito migliore per iniziare.
Terence, tu non sei stato troppo galante con la signorina, ma… cavaliere come sei, perché non chiedi scusa e ricominciate da capo?
- E perché mai! – rispose Terence che cominciava davvero ad infastidirsi – Non credo di aver detto o fatto nulla d’offensivo. Piuttosto non sarà che la signorina qui presente è un po’ troppo suscettibile!
- Ognuno, certo, ha il proprio punto di vista e non v’è dubbio che il mio sia molto diverso dal suo! – rispose la ragazza. Poi rivolgendosi all’altro - Robert se non le dispiace adesso io vorrei andare!
- Certo Malìa, le auguro buon Natale! L'aspettiamo in teatro fra tre giorni.
- Tanti auguri anche a lei! – gli sorrise annuendo col capo, poi rivolgendosi con freddezza all'altro interlocutore – Buona sera signor Terence! - Così dicendo, si voltò e se ne andò, lasciando la grande sala ormai vuota.
I due uomini rimasero soli.
- Wow che caratterino!
- Già, che donna! Ha un bel sorriso però, non trovi Terence?
- Decisamente affascinante…mi ricorda qualcuno! Peccato per tutto il resto!
- Anche il resto mi pare a posto veramente! Bene, io credo che farete scintille, insieme sul palco, ma mi raccomando Terence, trattamela bene!
- Senti Robert, devo proprio chiederti perché l’avete scelta? Io non ho ancora capito cosa vi ha spinto! Non ho mai sentito parlare di lei, eppure, tu e Plumpe, sembrate assolutamente entusiasti!
- Non puoi capire ora, perché non hai assistito ai provini, ma ti assicuro che siamo di fronte ad un nuovo Terence Granchester, versione in gonnella!
- Cosa? – Terence scoppiò a ridere divertito – Stai scherzando?
- Non mi credi? Vedrai…
- Se lo dici tu! Certo che di malumore ne avete creato parecchio.
- Perché ti stupisci, hai forse dimenticato che è successo anche con te? Sei venuto tu stesso a chiedermi tanti anni fa se ti avevamo affidato la parte di Romeo perché eri figlio di Eleanor Baker, solo perché erano nati dei pettegolezzi dettati dall’invidia, hai dimenticato cosa ti ho risposto?
- No, non l’ho dimenticato, hai ragione! Sai? A questo punto, sono proprio curioso di vedere quanto è brava, e se è così fornita... di doti naturali!
- Ha talento da vendere, dovremo solo plasmarla un po’, ma il risultato sarà sorprendente!
- Ehi Robert, mi sa che ti ha proprio stregato… accidenti – disse pensieroso accarezzandosi il mento - mi sa che ho capito il significato del suo nome! Pericolosa la ragazza!
Robert rise e gli dette una pacca sulla spalla.
- Andiamo adesso, figliolo, altrimenti festeggeremo qui, io e te da soli, e non so tu, ma io sinceramente non ci tengo! Piuttosto fai attenzione, perché a finire stregato potresti essere tu!
- Oh oh…! Non credo proprio Robert, non credo proprio.
- Vedremo…!
- Cos’è una minaccia?
- Buon Natale ragazzo.
- Buon Natale anche a te, amico mio.
Terence passò dal camerino per prendere cappello e soprabito, poi si avviò con passo rapido verso l’uscita principale del teatro e qualche minuto più tardi era già in strada.
Fuori era quasi buio, anche se la via era illuminata a giorno dalla luce delle insegne dei locali e dei negozi, e lui doveva ancora passare da casa a rinfrescarsi dopo quella giornata trascorsa in teatro, per poi andare a casa Lowe dove era atteso per cena. In quel preciso momento però, sentì che se avesse potuto ancora scegliere, avrebbe preferito di gran lunga restarsene tranquillo nel suo piccolo guscio di noce ad ascoltare Mozart in compagnia di un libro, un bicchiere di whisky e un pacchetto di sigarette.
Sapeva che volendo avrebbe potuto trovare una scusa, inventarsi un malore e disertare la festa anche all’ultimo momento ma Susanna e Lucien, che lo accoglievano tutte le volte come un fratello e riuscivano a metterlo a suo agio come fosse a casa propria, non meritavano un simile trattamento, non gli avrebbe mai fatto un simile sgarbo.
Decise che non gli restava altro da fare che andare e basta, in fondo sapeva che una volta arrivato, anche lui si sarebbe sentito meglio in loro compagnia, in fondo il Natale non era fatto per restare soli!
Il freddo gelido della sera gli lambì il volto e lo ridestò dai suoi pensieri, così senza ulteriori elucubrazioni, calcò il Borsalino sulla testa, alzò il bavero del cappotto per ripararsi meglio, accese una sigaretta e si avviò a piedi verso casa, col suo copione arrotolato sotto il braccio, non era proprio il caso di ritardare ancora.

:rose rosa:

Edited by esthertr - 9/2/2007, 01:37
 
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jasmine23
view post Posted on 12/1/2007, 11:43     +1   -1




Esther,che bello!!!!!!!La nuova puntata!!!!!!! :doll: :bravo:
Interessante il nuovo personaggio femminile.... Malìa,un nome significativo,eh? ;) :lol:
Mi sa che ne vedremo delle belle nelle nuove puntate! :gongolo:
Non farci aspettare troppo Esther!!!!!! :angel:
 
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Odyssea
view post Posted on 12/1/2007, 12:37     +1   -1




Magnifico anche questo secondo capitolo, cara Esther! :bravo:
Malìa Damore, un nome un programma! Mi sa che alla fine il bisbetico domato sarà Terence! Wow, sono emozionatissima, che schermaglia intrigante fra i due, c'è già tensione! Brava, le scintille sono assicurate, e le descrizioni di Terence sono sempre più da labbro inferiore spiaccicato sul pavimento.... image
 
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view post Posted on 12/1/2007, 13:04     +1   -1
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Grazie ragazze, anche se questo io lo definirei più un capitolo introduttivo, un ponte tra l'inizio della storia e tutto quello che verrà dopo.
Comunque scusatemi ma ho dovuto correggerlo in alcuni punti, c'erano delle frasi che stridevano.
 
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Apophis
view post Posted on 12/1/2007, 16:27     +1   -1




In effetti è proprio una bella storia... il Terence che descrivi tu è proprio come lo immagino io: virile, ironico, sarcastico... sisi, proprio il genere che piace a me...

Ma un incontro con Candy... no è? Noooo!!! Malia... non può prendere il suo posto nel cuore del nostro baldo giovane...
Un abbraccio!!!

 
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jasmine23
view post Posted on 12/1/2007, 18:33     +1   -1




Se guardi in questa sezione c'è l'altra ff di Esther, intitolata Se sto sognando...non svegliatemi!, che racconta avvenimenti temporalmente antecedenti questi, e lì vedrai che
SPOILER (click to view)
Candy ha sposato Albert.


Leggila,è molto bella ;)
 
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Andy Grim
view post Posted on 13/1/2007, 01:38     +1   -1




:danda:
Eh, eh... sarebbe divertente vedere il "duro" Terry cadere come una pera...!
Cambiamo il titolo alla commedia? "Il bisbetico domato!"

A Candy fischiano già le orecchie...!
 
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239 replies since 3/1/2007, 17:06   9719 views
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