6° puntataDopo il viaggio a New York Albert era tornato a stare a Lakewood, lontano dalla folla e dalla vita cittadina.
Amava molto passare la mattinata nel salone delle grandi vetrate, si vedeva l’alba da lì e la luce dorata lo inondava fino quasi a mezzo giorno.
Quella mattina era di nuovo immerso nello scambio di battute tra William ed Albert.
-Cosa pensi che farà quando saprà chi sei?-
-Beh magari ne sarà felice-
-E se ti dichiarassi cosa credi che farebbe?-
-Beh, magari…-
-Forse ricambierebbe ma sarebbe solo riconoscenza verso lo zio William-
-Non voglio neanche sentirla questa!-
-Invece devi: avresti dovuto dirle che l’ami prima di farle sapere chi sei, solo così avresti la risposta che cerchi, solo così sapresti se ti ama per quello che sei o solo perché sente riconoscenza verso di te-
-Lei non farebbe mai una cosa del genere e poi sono ancora in tempo-
-Non lo sei più-
Si accorse con un tuffo al cuore che era proprio la voce di Candy che gli stava parlando.
Immerso nei suoi pensieri non si era accorto dell’arrivo della ragazza. Lui sedeva nella grande poltrona verde e oro, rivolto verso le vetrate, Candy non poteva vedere il suo volto da lì. Lui era letteralmente paralizzato, non era preparato a questo, aveva concordato con George che avrebbe parlato con Candy poco prima del ricevimento..se lei era qui doveva essere successo qualcosa di grave, solo George e sua zia sapevano che lui era lì…e solo George poteva averle detto dove trovarlo..
Candy si fermò, con la voce incrinata dal pianto iniziò a parlare.
“Zio William, io sono Candy, la ragazza che lei ha adottato, forse non avrei dovuto venire senza preavviso…ma c’è una cosa di cui devo assolutamente parlarle!”
Albert restò immobile, stava ancora cercando le parole.
“Zio William…"
“Lei è stato tanto buono con me, zio…e le voglio molto bene! Non dimenticherò mai quello che lei ha fatto per me! Però…però questa volta non posso proprio ubbidire al suo ordine…so che io le devo tutto..ma lei non può chiedermi di sposare Neal perché..io NON VOGLIO!”
Ad Albert girò la testa: farle sposare Neal! Ma non se l’era nemmeno mai sognato! Quel verme viscido! Se avesse potuto gli avrebbe rotto il naso ben più di una volta! C’era sotto qualcosa…sua zia o quella vipera di sua sorella!
“Io ho tanta ammirazione per lei, veramente! Lei non mi aveva mai visto eppure ha voluto adottarmi lo stesso…Ho sempre pensato a lei come ad una persona giusta e saggia, che considera i sentimenti degli altri…BEH…io questo Neal proprio non lo sopporto! Accetterò qualunque altro castigo, ma per favore non i costringa a sposarlo!”
Albert continuava a restare bloccato sulla poltrona senza avere la forza di alzarsi, in testa aveva un sacco di confusione: che dire a Candy, come spiegare la sua doppia identità, aveva paura che non appena avesse visto chi era sarebbe scappata via senza lasciargli spiegare…
“Mi ha sentito? Zio? Non mi sono sbagliata..? Lei è lo zio, vero?”
Albert si costrinse ad alzarsi, cercò di ricomporsi.
“E’ per dirmi questo che sei venuta, Candy?”
Lei restò senza parole.
“Scusami…se ho taciuto finora!” le disse con dolcezza, sorridendole; in fondo era felice di riaverla davanti a se, anche se quell’incontro era del tutto inaspettato.
“Vieni”
“Dove andiamo?”
“Alle scuderie”
“Perché?”
“C’è un regalo per te.”
“?”
Erano passate circa due settimane da quando Candy aveva scoperto la vera identità dello zio William. La grande villa degli Andrew a Lakewood scintillava sotto il sole: era un edificio maestoso, circondato da un grande parco all’inglese, con un giardino all’italiana che dava a nord-est ed il magnifico roseto di Anthony che si adagiava a sud-ovest, circondando il viale d’ingresso ed arrivando fino al cancello delle rose. Due grandi terrazze davano sui due giardini, con grandi scale di marmo bianco che scendevano maestose seguendo le due ali della villa. Le scuderie si trovavano al di là del giardino all’italiana, sul lato nord del parco.
Arrivarono di fronte al basso edificio in legno che ospitava i cavalli e vide lo stalliere tenere alla cavezza un cavallo meraviglioso, grigio chiaro, con piccole screziature leggermente più scure, con una testa piccola ed elegante, dai grandi occhi scuri, le narici dilatate, le orecchie attente, una folta criniera ed una coda lunghissima, portata alta, quasi fosse una bandiera. Gli zoccoli non sembravano nemmeno toccare terra quando camminava, sembrava fluttuare nell’aria.
Candy era rimasta senza parole.
“E’ il cavallo più bello che abbia mai visto!!”
“Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto.”
“E' questo il mio regalo?” Candy sgranò ancora di più gli occhi.
“Sì, è giovane, ha circa tre anni. E' un cavallo arabo, una razza antichissima allevata nei deserti tra Africa ed Asia. Sono cavalli molto intelligenti, docili, veloci. E sono splendidi”
“Come si chiama?”
“Glielo devi dare tu il nome…”
“E' un sogno, lo chiamerò Sogno.”, poi divenne seria “Ma alla Casa di Pony…”
“Resterà qui, tutte le volte che vorrai potrai venire a trovarlo..”
Candy abbracciò Albert per ringraziarlo e corse a fare conoscenza con il nuovo amico.
Candy aveva deciso di tornare alla Casa di Pony, voleva allontanarsi da Chicago, sentiva di dover dare uno scopo alla propria vita. L’aveva fatto scegliendo consapevolmente di allontanarsi da tutto ciò che le ricordasse Terence, l’aveva fatto anche se sapeva che Albert le sarebbe mancato molto: non avrebbe potuto vederlo così facilmente.
Le giornate alla Casa di Pony erano piene, badare ai bambini richiedeva molta energia e questo le dava poco tempo per pensare, anche se il cuore continuava ad essere molto lontano da lei, a New York. I pettegolezzi di rado raggiungevano il piccolo orfanotrofio sulla collina e Miss Pony e Suor Maria badavano bene a non fare allusioni di alcun tipo: avevano visto la reazione di Candy quando Jimmy le aveva chiesto notizie di Terence, era scappata via piangendo e loro non avevano avuto il coraggio di chiederle nulla.
Il dottor Johnson, il medico condotto passava una volta alla settimana da loro, per sincerarsi che tutto andasse per il meglio. Stavano prendendo il the insieme quando il dottore:
“Miss Pony, crede che potrà prestarmi Candy qualche volta?” facendo un occhiolino alla ragazza.
“Perché?”
“Avrei bisogno di un’infermiera quando faccio il giro dei pazienti, potrebbe essermi molto utile”
“DAVVERO?!” Candy non stava nella pelle, badare ai bambini le piaceva ma le mancava molto il suo lavoro e non aveva mai pensato di aiutare il dottore.
“Sì, Candy, se tu sei d’accordo mi farebbe piacere. Ovviamente non voglio sottrarti a Miss Pony e Suor Maria più del dovuto, so che sei tornata per dare loro un mano ma avrei bisogno di te per le medicazioni e soprattutto per i parti, potresti imparare a fare l’ostetrica. Non posso pagarti molto purtroppo.”
Candy sgranò gli occhi! Far nascere un bambino! Un lampo davanti agli occhi, come quella notte sul treno, lei, Terence ed un bimbo in fasce, abbracciati. Le vennero le lacrime agli occhi ma nessuno capì il vero motivo, tutti pensarono che fossero di gioia.
“Allora va bene?”
“Sì, quando iniziamo?”
“Passo domani a prenderti, verso le 6:30. Il giro delle fattorie lo faccio molto presto.”
“Va bene, a domani, ora se mi vuole scusare, ho alcune cose da fare.” Dopo aver stretto la mano al dottore Candy uscì di corsa e andò sul grande albero in cima alla collina.
Non riusciva a vedere il paesaggio attraverso le lacrime: quell’immagine che era balenata davanti ai suoi occhi era così dolorosa ed irraggiungibile che riusciva a sentire solo il pulsare del sangue nelle tempie. Klin venne a sfregare il musetto sulla sua guancia, uggiolando piano. “Se solo Albert fosse qui, mi sento così sola” e continuò a piangere silenziosamente.
Questa è la mia idea di SognoEdited by zucchero filato - 15/2/2008, 10:23