Care
Marika,
Pipistrella,
Pecorellarosa, e
Savira GRAZIE!! le vostre risposte mi danno la carica!!!
Ecco un nuovo capitolo. Entrano in scena gli altri personaggi, e il classico triangolo amoroso (Terence, Candy, Albert) inizia a diventare un quadrilatero......
Buona lettura!
Cap.2
“Giudizi sospesi”
L’incontro con Candy era avvenuto in modo del tutto imprevisto.
Quel giorno, molti mesi dopo il suo arrivo alla Casa di Pony, Robert stava tornando all’orfanotrofio dopo essere stato alla sede del giornale di Woodstock.
- Si fermi qui, per favore! – aveva detto al conducente della carrozza molto prima di essere a destinazione.
- Ma, mancheranno ancora due miglia, signore!
- Non importa!
Congedò il conducente pagandogli la somma dell’intera corsa e si strinse nel mantello apprestandosi alla camminata. I cavalli della carrozza ripartirono scalpitando mentre eseguivano l’inversione di rotta sulla strada stretta. Quello di destra sfiorò Robert che s’era bloccato in mezzo alla carreggiata e per poco non lo colpì con uno zoccolo.
- Stia attento, signore! – gli gridò in ritardo il vetturino.
Il ragazzo non rispose e tenne gli occhi chiusi fino a quando gli ultimi rumori della carrozza si persero in lontananza lasciando al loro posto solo il suono del vento che spirava gelido scendendo dalle vette delle colline. Preferiva sempre camminare, anche nello scuro pomeriggio invernale.
Finalmente intravide le luci della Casa di Pony e da lontano notò un aprirsi e chiudersi di porte, quella di casa e quella della stalla, e un rincorrersi. “Qualche bimbo deve averla combinata grossa” pensò il maestro stupito dall’agilità di Suor Maria.
… Comunque sembrava essersi risolto tutto prima che lui varcasse lo steccato di cinta.
Mentre entrava in casa sentì Bob, nella stalla, martellare un’altra delle sue croci.
Incuriosito andò a bussare alla stanza col caminetto dove stavano Miss Pony e Suor Maria:
- Avanti! – disse l’anziana istitutrice.
- Oh, è tornato Robert! – intuì Suor Maria da dietro la porta – Adesso te lo presento!
Il maestro mosse un passo nella stanza salutando e togliendosi il mantello umido e semicongelato per riscaldarlo davanti al fuoco. Si bloccò appena vide l’ospite.
- Candy!
La ragazza guardava verso di lui ma era immersa nei propri pensieri. Dopo qualche istante reagì.
- Ah! Tu sei Robert, Miss Pony e Suor Maria mi hanno parlato di te.
Col fiato sospeso, il giovane scrittore fissò la ragazza per alcuni istanti. Lei sembrava sul punto di piangere, un atteggiamento ben diverso da quanto s’aspettasse. Ma nonostante ciò, era lui che per certi versi stonava… Infatti, aveva sperato di essere considerato di più, durante il loro primo incontro, e per la prima volta dopo tanto tempo si sentì veramente sciupato e impresentabile.
- Anch’io … ho sentito molto parlare di te, e … volevo conoscerti. – concluse distogliendo lo sguardo mentre appoggiava il mantello sullo schienale della sedia di fronte al caminetto. – E… resterai qui per qualche giorno?
Mentre parlava, Robert notò un album di fotografie sul tavolo davanti a Candy.
- Purtroppo no, Robert. Candy andrà via domani mattina! – rispose Suor Maria, che non essendo riuscita a fare le presentazioni, si sentiva comunque in dovere di dare qualche spiegazione.
- Ah! … peccato.
Visibilmente confuso e a corto di parole, Robert si accomiatò di lì a poco per ritirarsi nella sua stanza.
Quando Suor Maria andò a chiamarlo per cena non ebbe risposta. Bussò più forte, e ancora niente. Allora girò la maniglia aprendo lentamente la porta, e … lo trovò addormentato.
- Miss Pony! – chiamò correndo in refettorio.
- Cosa c’è?
- Robert sta dormendo!
- … Davvero sta dormendo??
- Sì, Miss Pony! Cosa facciamo? Io dico di non svegliarlo!
Le due istitutrici si precipitarono nella stanza del maestro seguite da tutti i bambini che si facevano l’un con l’altro il segno di silenzio sulla bocca. In realtà Miss Pony, che era più smaliziata, era preoccupata che il ragazzo avesse fatto uso di qualche farmaco particolare e cercava di tenere indietro i bambini per evitar loro spiacevoli scoperte. Ma quando non trovò nessuna traccia di sostanze sospette, avrebbe gridato al miracolo se non avesse avuto paura di svegliarlo!
- Andiamo, bambini, lasciamolo dormire! – disse sottovoce, e quando tutti furono usciti in punta dei piedi, richiuse con molta attenzione la porta.
Robert dormì per tre giorni di seguito. Candy partì all’alba della mattina dopo il loro incontro, diretta a Grey Town.
Quando il maestro infine si svegliò, si sentì in forma e felice di non aver avuto nessun incubo.
* * *
- Miss Pony, che album di fotografie è quello?
- Questo? – rispose l’istitutrice guardando il quadernone che aveva preso dallo scaffale, cercando di decidersi una volta per tutte a buttarlo. – Oh, sono solo ritagli di un attore famoso.
- Che attore è?
- È una giovane promessa del teatro, si chiama Terence.
- E le piace? – incalzò Robert con una punta di malizia.
- Oh, no, non l’ha fatto per se stessa!! – intervenne Suor Maria – Miss Pony l’ha fatto per Candy!
- Suor Maria… - la redarguì l’istitutrice; e lanciò un’occhiataccia che fece ammutolire la povera suora.
- Posso vedere? - chiese il maestro.
- Mah, veramente stavo per buttarlo!
- Solo un attimo…
Miss Pony non poté evitare di consegnare l’oggetto nelle mani del ragazzo.
Quando Robert aprì l’album, si sentì morire alla vista di tutte quelle foto di un ragazzo bellissimo. Cercò il nome: Terence Granchester. Era un attore di New York. Era l’uomo che Candy amava?
Si sentì invadere da un opprimente senso della realtà.
- Ah! Quindi a Candy piace questo attore?
- Erano fidanzati, - spiegò Suor Maria – Ma poi si sono lasciati!
Altra occhiataccia di Miss Pony.
- Robert, non hai lezione?
- Sì, Miss Pony, vado subito. – rispose il maestro alzandosi controvoglia e consegnando senza esitazione l’album alla proprietaria.
Rimaste sole, le due istitutrici ascoltarono gli schiamazzi dei bambini lungo il corridoio e mentre entravano in classe. Robert li chiamava esortandoli ad uno ad uno, quasi dovesse iniettar loro la voglia di studiare. Era paziente con tutti e richiuse delicatamente la porta dell’aula dietro di sé appena l’ultimo fu entrato.
- … Cosa c’è? Non sente come è bravo Robert? – chiese la giovane istitutrice che avvertiva un certo disagio a causa della più anziana.
- Sì, Robert è paziente. Ma… Suor Maria… non ha notato anche lei come è sempre troppo curioso di tutto quello che riguarda la nostra Candy?
- Ma io non ci trovo niente di strano!
- Lei no?
- No… - rispose la suora che incominciava a dubitare di se stessa.
- A me sembra, invece, che faccia sempre troppe domande su Candy. E poi ieri, quando Tom mi ha accompagnata a Lakewood, sono entrata in libreria e ho trovato una raccolta dei suoi racconti.
- Oh, ma è fantastico!
- …
- No…?
- Vede, Suor Maria… provi a leggerli! – Disse consegnandole un libretto rilegato in cartone nero – … Scoprirà che Robert descrive sempre e solo un personaggio femminile. E riesce a immaginare chi?
- Vuol dire Candy?
- Esatto. … A quanto pare, Robert ha una fissa per Candy senza neanche conoscerla veramente. Si basa su quello che gli abbiamo detto noi… i nostri racconti su Candy devono aver avuto molta presa sulla sua mente. Non dimentichi, Suor Maria, che Robert vive quasi in uno stato di veglia continua, manca di riposo… e ho paura che i nostri racconti siano diventati per lui un’allucinazione reale…
Miss Pony fece una pausa riordinando i propri pensieri mentre si versava una tazza di the.
- Sono molto preoccupata!! – riprese – … E quel che è peggio, è che non so ancora per cosa debba preoccuparmi di più: se per lui che sta dando evidenti segni di squilibrio, per i bambini di cui è responsabile in certe ore della giornata, o per Candy che potrebbe finire in pericolo a causa della nostra eccessiva loquacità!
- Candy in pericolo? Io non credo che Robert sia una persona pericolosa!
- Lo voglio sperare anch’io, Suor Maria. Ma vede, in certe condizioni, la mente può giocare brutti scherzi anche alle persone più posate…
- Ma Miss Pony…
- E inoltre…
- Che altro?
- … Suor Maria, non ha mai la sensazione che Robert non dica tutta la verità?
La suora rifletté per qualche istante e alla fine, come volesse scacciare una nube nera che sentiva addensarsi sulle loro teste, concluse:
- Credo che lei si preoccupi troppo, Miss Pony.
L’anziana istitutrice sospirò.
- …… Spero che non sia lei a preoccuparsi troppo poco, Suor Maria!
Era molto raro che le due donne si trovassero in disaccordo su qualcosa, ma stava succedendo, e l’unica cosa di cui sarebbero state felici entrambe in quel momento, era conoscere chi delle due avesse ragione. Perché in quel caso, avrebbero almeno saputo come comportarsi di conseguenza.
* * *
Albert sedeva da diversi minuti sul divano in sala, comodamente sprofondato in una lettura del giornale che sembrava interessante. Candy andò in cucina per iniziare a preparare la cena; non voleva disturbarlo.
- Ah ah!! Candy, lo sapevi di essere una bellissima sirena che si trasforma in un mostro-piranha divorando le proprie vittime?
- Albert, ma cosa dici??
- Non l’ho detto io, la descrizione di questo personaggio t’assomiglia molto.
Candy s’affacciò tra le perline della tenda di cucina.
- Senti qua: - continuò Albert consapevole della sua attenzione – “I capelli biondi e mossi come le onde del mare si spandevano nell’acqua contorniando un visetto minuto dagli occhioni grandi. La pelle non era squamosa ma piena di lentiggini, e la sirena sorrideva irradiando amore ai giovani naufraghi che si erano tuffati per raggiungerla.”
Albert controllò di sottecchi l’espressione di Candy prima di proseguire.
- “Il marinaio Humbolt non poteva non nuotare verso quegli iridi verdi e luminosi che contenevano l’intero mare. E quando la raggiunse pensò solo ad abbracciarla e a vivere quell’istante per l’eternità… Fu fortunato ad avere gli occhi chiusi, immerso com’era nel suo sogno beato, così non s’avvide della trasformazione, e le fauci del mostro marino che gli recisero la carotide, furono per lui un appassionato bacio sul collo.”
Finita la lettura il ragazzo alzò lo sguardo. Candy si era avvicinata di qualche passo e si stava asciugando le mani nel grembiule.
- Ma chi scrive queste cose? – non sapeva se essere contrariata più per la somiglianza con la sirena assassina, o per la schifezza del racconto in generale.
Albert sollevò il giornale cercando in basso la firma dello scrittore.
- Robert Ladder. Lo conosci?!
- Ladder? … No.
- Il racconto è sul giornale con cui sei tornata dalla Casa di Pony. È un giornale della Contea di Woodstock.
Candy provò a concentrarsi:
- Ah! Robert!
- ??
- Sì, è il nuovo maestro della Casa di Pony. Suor Maria e Miss Pony mi avevano detto che scriveva racconti… ma non credevo di questo genere!
Albert consegnò il giornale a Candy pensando che volesse leggere l’intera storia. La ragazza lo prese guardando il titolo soprapensiero.
- Ma allora… se è stato lui a scriverlo… la sirena assassina sarei davvero io?? – realizzò.
- Così sembrerebbe. – rise lui. – Ma che cosa gli hai fatto??!!
- Io?! Proprio niente!! – si schernì lei.
Il ragazzo tornò a guardare il giornale che Candy teneva tra le mani, con un’aria un po’preoccupata.
- Strano … - commentò.
Come reazione, Candy posò quei fogli che improvvisamente non le importavano più e tornò in cucina.
…
Albert si rilassò sul divano a occhi chiusi.
Quindi, in giro, c’era un altro innamorato senza speranza?
Per qualche istante simpatizzò con quello strano giovane che pur avendo conosciuto Candy per così poco tempo, l’aveva già introdotta nei suoi racconti allucinati.
Secondo quanto gli aveva raccontato Candy, anche loro due si erano sempre frequentati poco: lui era un vagabondo che le appariva di tanto in tanto, di cui lei non sapeva assolutamente nulla. Eppure s’era fidata, e quando l’aveva ritrovato in ospedale, senza memoria, con la fama di essere una spia al soldo del nemico… aveva addirittura deciso di vivere con lui per aiutarlo! Candy è così: un fiume di vitalità in piena, che da un momento all’altro ti può travolgere!
Lui ne era stato travolto: Candy non aveva voluto lasciarlo andare solo e senza passato, e il risultato era stata la loro convivenza.
Forse… anche quel giovane scrittore avrebbe voluto ricevere un simile trattamento da lei?
Perdere la memoria… in fondo era proprio stato un beneficio!!! Non si era mai sentito così felice…
In cucina Candy stava litigando con la buccia di una patata.
Avvicinandosi da dietro, la mano calda di Albert le prese il pelapatate con un gesto gentile.
- Faccio io.
* * *
- Basta così! Per oggi abbiamo finito. Spegnete quel riflettore. – ordinò il signor Hataway visibilmente contrariato. – Terence! … Non andava per niente bene!
Il direttore della compagnia si lasciò cadere su una delle poltrone in prima fila come se fosse stato svuotato di tutta l’energia. Terence dal palco lo guardò di sbieco, la testa bassa, senza replicare.
Ormai la scena si ripeteva di continuo; Terence non si ricordava più neanche quando fosse stata l’ultima volta che gli aveva fatto un elogio. E durante le rappresentazioni col pubblico era ancora peggio: sbagliava completamente le intonazioni, a volte si dimenticava le battute, altre volte era troppo plateale ...
Non lo faceva apposta. Era come se una parte del suo cervello non lavorasse più.
Uscì in fretta dal teatro per non ascoltare le maldicenze udibili, anche se bisbigliate, alle sue spalle.
Nessuno più lo tollerava, una volta lo accettavano perché era bravo, ma adesso…
- Whisky! – disse al barista sedendosi al bancone.
Il locale in cui era entrato era una sua recente scoperta: poco frequentato, lontano dal teatro ma raggiungibile a piedi, e lontano anche da casa sua, dove lo aspettava Susanna.
Guardò il liquido denso nel bicchiere che gli era appena stato servito. Ecco, quella era la sua medicina.
Bastava ingurgitarne tanta, e poi sarebbe stato anche in grado di tornare da quella donna che non riusciva ad amare!
Bevve tutto d’un fiato.
Che vita era diventata la sua? … Lavorava senza entusiasmo, cercando di emulare qualcosa che prima era stato, ma che non era più, e quando la tortura finiva, lo aspettava il peggio: la finzione di un nido d’amore. La sua prigione.
Che senso aveva vivere così? Che senso aveva potersi sentire se stesso soltanto per mezz’ora al giorno, quando entrava in quel locale di seconda mano, l’unico posto dove le responsabilità verso tutti non riuscivano a raggiungerlo?
Ogni giorno era sempre più difficile tornare a casa. Ogni giorno ci voleva sempre più whisky.
Forse, se Hataway l’avesse licenziato … se l’avesse sostituito con qualcun altro … Perché Hataway non lo sostituiva? … Sperava ancora che tornasse quello di un tempo? … Povero signor Hataway …
- Ancora!
Aspettando che il barista gli rabboccasse il bicchiere, si guardò intorno senza entusiasmo.
Da un angolo del salone, un uomo che lo guardava da un po’, s’alzò decidendo di avvicinarsi.
- Sig. Granchester?
Terence non rispose.
- Sig. Granchester, so che è lei, la prego di ascoltarmi.
Finalmente il barista gli rabboccò il bicchiere e Terence lo portò alle labbra. Era visibilmente infastidito.
- Se ne vada!
- Mi chiamo John Miller, e sono un agente cinematografico.
Terence bevve il secondo bicchiere.
- Barista… - chiamò agitando il braccio col bicchiere vuoto.
- Ecco, come lei sa, il cinema ha bisogno di volti nuovi. – continuò l’agente, non volendo perdere l’occasione di parlargli. Lo guardò cercando di capire se l’argomento stesse sortendo una qualche reazione.
- … Il cinema, eh? … Parla di quella sottospecie muta del teatro?
L’agente sorrise capendo con chi aveva a che fare.
- Non credo che sarà muto per molto tempo, Sig. Granchester! E poi, vede, il cinema di oggi può anche esser visto come un parto mal riuscito del teatro, ma in realtà … è la sua evoluzione!
Non capì se Terence avesse sentito le sue ultime parole, perché nel frattempo si era avvicinato di nuovo l’oste e il ragazzo sembrava interessato solo a quanto stava avvenendo nel proprio bicchiere.
- Pensi, Sig. Granchester, a quante persone la vedrebbero se fosse un attore cinematografico! … Immagini … migliaia di persone che nello stesso momento, in tutta l’America, assisterebbero all’uscita di un suo film! …… Riesce a immaginarlo? … Questo, il teatro, non potrà mai darglielo.
Terence stava bevendo lentamente, ascoltando con una certa curiosità le parole dell’agente cinematografico. Appoggiò il bicchiere prima che fosse vuoto.
- … E che ne sarebbe della magia del pubblico radunato in sala, quello che applaude entusiasta alla fine dello spettacolo? Intendo dire: che ne sarebbe del riscontro diretto che noi attori teatrali abbiamo? Lei non può capire…
- … Ammetto, Sig. Granchester, di non conoscere il senso di realizzazione che può dare l’applauso del pubblico alla fine di una rappresentazione. Io non sono un artista. Ma se lei, solo per un momento, immaginasse di sostituire quella sensazione che le dà il pubblico ogni sera (per la quale ogni volta deve lavorar sodo), con una più duratura, suscitata da un prodotto più duraturo, come un film …
Terence ricominciò a bere.
- Riesce ad afferrare la potenzialità del cinema? Il cinema si snoda nel tempo e nello spazio! … Nel tempo, perché rimane: tra un anno, due, dieci anni, la gente sarà ancora in grado di vedere quella pellicola! E naturalmente di ammirare il suo talento. … E nello spazio perché …
- Me ne dia ancora. – disse Terence al barista.
- Nello spazio perché … Immagini gli amici lontani, i parenti che non possono venire a vederla a teatro… non c’è nessuno che vorrebbe la vedesse, eppure sa che non potrà mai venire ad applaudirla a teatro?! Magari perché abita troppo lontano e non ha i soldi per il viaggio o per il biglietto della rappresentazione… - l’uomo notò un tremolio nella bocca di Terence e capì che doveva insistere su quel tasto. – E lei non vorrebbe che quella persona….
- Basta! Se ne vada! - troncò Terence.
L’uomo estrasse un biglietto da visita dal portafoglio e lo spinse sul bancone, fermandolo accanto al bicchiere del ragazzo.
- Le lascio il mio biglietto da visita. Spero penserà seriamente alla mia proposta!
Detto questo lo salutò alla svelta, uscendo dal bar con la sensazione d’aver fatto un buon lavoro.
Terence scosse la testa. Non voleva raccogliere quel biglietto.
Chi l’aveva mandato quell’uomo? No, nessuno l’aveva mandato, era arrivato di sua volontà: perché … quell’uomo doveva essere il Diavolo!
Il Diavolo … pensò Terence ridendo dentro di sé.
Solo il Diavolo avrebbe potuto sussurrargli all’orecchio un modo per farsi ancora vedere da Candy!!!
Ecco, non c’era scampo: la sua mente annebbiata dall’alcool stava già fantasticando la sera di una prima cinematografica. Con lei che scendeva da una carrozza … forse accompagnata da Albert … entrava nel cinema, prendeva posto, s’abbassavano le luci, e … per tutto il tempo non faceva altro che guardare LUI!! Quanto durava un film? … Per tutta la durata del film lei lo avrebbe guardato. Oddio. … E se quello fosse un modo per tornare a parlarsi?? Un modo per non perdersi …… Un modo per ritrovarsi……..
NO.
“Solo il Diavolo mi poteva tentare così!” – si ripeté Terence intascando il biglietto da visita. “Ma non lo asseconderò … John Miller? … No, non voglio”. Estrasse di tasca il biglietto per accertarsi del nome: “Sì, John Miller. Beh, se Hataway mi licenzierà, almeno saprò cosa fare!”
- Barista! …. Ancora.
* * *
Edited by Karen.ucsg - 16/9/2011, 12:26