Eccomi! Grazie ragazze! Spero di esserne all'altezza.
Dunque, devo ancora lavorare un sacco sulla trama... Intanto direi che come prologo non avrei dubbi nel scegliere questo.
Una nota soltanto: In questa ff Albert non è innamorato di Candy (altrimenti non riuscirei proprio a scriverla).
Buona lettura!
Prologo
New York, 1920
Un giornale aperto e abbandonato sul tavolo alla pagina della cronaca nera, attende di essere letto.
C’è una notizia, tra le tante, alla quale è stata abbinata anche una foto. È la foto degli istanti immediatamente seguenti un attentato.
… Ma questa foto viene irriverentemente coperta da un bicchiere di Whisky nel quale tintinnano i cubetti di ghiaccio agitati dal gesto repentino. Il padrone del bicchiere e del giornale si siede pesantemente sulla sedia, si accascia sul giornale.
Forse potrebbe leggere l’articolo che accompagna la foto, dove si dice che il giorno prima, sulla 54esima, hanno sparato al signor Vincent Brown, esponente di spicco della famiglia Andrew, che non è morto, ma è ricoverato in condizioni gravi all’ospedale … o forse l’ha già letto.
O forse non gl’interessa neanche leggerlo … perché è troppo preso dai suoi problemi. Perché è troppo …
… ubriaco.
- Terence! … Terence, sono tornata!
Susanna, con quella sua nuova protesi grazie alla quale ha ripreso faticosamente a camminare …
Ora è libera di entrare e uscire di casa, di andare e tornare quando vuole … non ha più bisogno di aiuto, o per lo meno, non ne ha più bisogno come prima.
Eccola lì: un fiore, col suo vestitino verde e il cappellino abbinato; i guanti bianchi lunghi fin sopra il gomito e i capelli raccolti in un crocchio basso, all’altezza della nuca; gli occhi azzurri, liquidi, che lo guardano sempre con amore … sempre con amore … amore …………
- TERENCE!!! Hai bevuto un’altra volta?!!??? - constata prendendogli il bicchiere e svuotandoglielo nel lavandino.
- Non è affar tuo! Riempimene un altro!!!
- NO!!!
- Ti ho detto di-
- Non voglio assistere alla tua rovina!!! Ma perché di nuovo, Terence?!!! Non fai altro che bere, in questi giorni! … avevi smesso da un pezzo!!!
- Ti ho detto che NON È AFFAR TUO!!!
Il ragazzo si alza, si trascina alla credenza, la apre, prende un altro bicchiere, la bottiglia di whisky … svita il tappo, ma le sue mani hanno gesti impastati, si regge a malapena in piedi.
Lei lo guarda, disperata, non sa più cosa fare.
… Ma non lo lascerebbe mai andare.
Lui riempie il bicchiere fino all’orlo, poi prende il secchio del ghiaccio e tuffa nel bicchiere diversi cubetti che schizzano liquore tutt’intorno sul ripiano del mobile.
Lei s’avvicina, gli prende un braccio, cerca d’impedirgli di portarsi il bicchiere alla bocca:
- Ti prego, Terence, non bere più!! TI PREGO!!!! ……
Lui si divincola, si libera dalla sua stretta, quasi la manda per terra. Lei inizia a piangere.
Lui la guarda confuso, non regge il suo pianto egoista, si arrabbia con lei. È una rabbia sorda, accentuata dall’alcool.
Da diversi giorni la stessa scena.
Lei non ne può più.
Lo guarda, dalla credenza a cui è appoggiata. Sente che purtroppo è arrivato il momento.
È tutto come l’altra volta.
Sente che vuole andarsene di nuovo di casa.
Sente che forse questa volta sarà per sempre.
Dopo aver ricambiato a lungo il suo sguardo in un dialogo muto, lui indietreggia, barcolla fino all’ingresso, infila la giacca sbagliando manica … si cala in testa il basco affinché la gente per strada non lo riconosca.
E guardandola ancora una volta, esce di casa.
…… Lei rimane immobile, come stordita. Poi si riprende, realizza quanto sta avvenendo, spera in cuor suo che lui non la stia davvero lasciando. Cerca di raggiungerlo sul pianerottolo fuori di casa.
Lo chiama.
Lo chiama disperatamente.
…. Ma lui è già sceso di diversi piani, abbarbicato al corrimano. Ciondola, non riesce a stare in piedi, ma se ne sta andando.
Raggiunge l’atrio del palazzo. Apre la porta. Finalmente è in strada.
Cammina rasente il muro. Le gambe sono pesanti, i passi diversi l’uno dall’altro. A tratti sembra inciampare e cadere in avanti, ma si aggrappa ai passanti, che lo guardano inorriditi come avesse la peste, senza riconoscerlo.
Arriva a un’apertura tra due palazzi: uno stretto anfratto che vorrebbe esser chiamato vicolo.
Ci entra, abbandonando la strada principale.
S’appoggia al muro, respira come se dovesse riprendersi da una lunga corsa.
Si passa il dorso della mano sugli occhi ad asciugarsi certe lacrime che non sa neanche da dove arrivino.
- Il signor Terence? - gli chiede un bambino.
- Sì, sono io.
- Ecco, tenga!
Il ragazzino sembra proprio un monello. Lo guarda e gli ricorda un po’Cuki, con la differenza che ha i capelli castani ed è molto più giovane.
… Prende la valigetta che il bambino gli sta porgendo.
- Adesso mi segua!
E il monello apre una porticina di ferro che dà accesso alle cantine di uno dei due palazzi che formano il vicolo.
Le due persone che di lì a poco usciranno dall’ingresso principale di quel palazzo, saranno un monello che porta una valigia e che accompagna un distinto signore di età un po’ avanzata, dai capelli corti e brizzolati, baffi, cappello e bastone da passeggio …
C’è una macchina rosso scuro dai vetri affumicati ad attendere questo signore.
Il bambino gli apre la portiera posteriore, e gli mette la valigia sul sedile. Lui entra in macchina congedandolo con una lauta mancia.
- Lo avevo già pagato io, Signor Granchester! …
- Beh, è stato bravo!
- Direi molto anche lei!!
- … È il mio mestiere!
Terence si leva i baffi posticci, si stacca la gomma grinzosa dalla faccia, toglie cappello e parrucca e in quel gesto la massa liscia dei suoi capelli castani torna a scendergli sulle spalle in modo leggermente scomposto.
Non riesce a vedere chi gli sta parlando perché i sedili posteriori sono separati da quelli anteriori da una parete metallica con uno sportello scorrevole all’altezza della testa. È una macchina blindata.
A un certo punto l’uomo che gli ha parlato fa scorrere un po’ lo sportello, affinché possano vedersi prima di partire.
- Sono George Johnson, factotum della famiglia Andrew e un tempo tutore del Signor William. Ci siamo già conosciuti sul Mauritania …
- Il Mauritania …
- Allora stavo accompagnando la Signorina Candy a Londra.
Nel sentire quel nome il cuore di Terence accelera i battiti.
- Signor Granchester, le devo chiedere ora, e poi non glielo chiederò più, se è sicuro di quello che ha accettato di fare.
Il ragazzo non ha esitazioni:
- Certo, che sono sicuro!!
- La sua vita sarà in pericolo.
- Ma quella di Candy lo è già!
- Purtroppo sì! Il Signor William e la Signorina Candy sono i bersagli principali, in quanto eredi dell’immenso patrimonio degli Andrew. … anche se la signorina non sa ancora niente.
- Forse sarebbe ora d’informarla …
- Stiamo monitorando tutti i suoi movimenti ed è costantemente seguita da quattro guardie del corpo senza che lo sappia.
- Forse sarebbe ora che lo sapesse …
- Il Signor William non vuole farla preoccupare.
Terence non riesce a trattenere una smorfia divertita per tutte le volte che George ha detto con riverenza “il Signor William”… chi se lo sarebbe aspettato che quel vagabondo di Albert che aveva conosciuto in una bettola di Londra, e che lavorava in uno zoo, fosse in realtà una persona tanto importante?!
- E come sta il ‘Signor William’?
- …
In quel momento lo sportello si apre scorrendo un po’ di più, e dapprima s’affaccia un musetto bianco e nero con due occhietti vispi. Subito dopo un viso sorridente contorniato da una lunga zazzera bionda:
- Ciao, Terence!! Io sto bene, grazie!
- Albert, vecchia volpe!, lo sapevo che ti saresti scomodato anche tu per venirmi a prendere!!
- Tu piuttosto, hai bevuto troppo? Vuoi un caffè?
- Figurati, quel poco che ho bevuto lo reggo benissimo. Il resto era tutta scena!
Terence pensa a Susanna. L’ha ingannata. È volato via da quel nido di spine per andare a proteggere il suo vero amore. … Ma non si pente di come ha agito: si pentirebbe invece enormemente se, sapendo che Candy si trovava in pericolo, le succedesse qualcosa senza che lui avesse fatto nulla per correre in suo aiuto.
* * *
Edited by Karen.ucsg - 19/11/2011, 11:53