Candy Candy

"Il colore della risolutezza" di Josephine Hymes - traduzione di sailor74

« Older   Newer »
  Share  
icon12  view post Posted on 8/4/2012, 18:42     +2   +1   -1

Group:
FANatic
Posts:
343
Location:
Roma

Status:


Sperando di farvi cosa gradita, mi permetto di postare qui di seguito la mia traduzione della minif di Josephine Hymes intitolata A Hue of Resolution. Chiaramente ho contattato l'autrice sul candyterry e mi ha autorizzata a procedere (il mio nick alternativo su quel forum è Ladybug).

Enjoy e buona Pasqua!




IL COLORE DELLA RISOLUTEZZA
di Josephine Hymes



Il pomeriggio era caldo e dolce; dolce e profumato di lavanda, con i suoi fiori azzurri che danzavano nel vento. Era passata da poco l’ora di pranzo. Non vi era nemmeno una nuvola ad oscurare il limpido cielo d’estate; erano anni che i suoi occhi non contemplavano un cielo così limpido. Per la centesima volta guardò nervosamente l’orologio, mentre i raggi del sole si riflettevano sulla lucida cassa dorata. Sembrava che le lancette non si fossero mosse di un millimetro dall’ultima volta che l’aveva guardato. "Quest’auto è di una lentezza insopportabile!" pensò, "Mi sembra di non arrivare mai".

Lunghe ciocche di capelli scuri sfioravano il suo sopracciglio, cullate dalla dolce brezza del pomeriggio. In altre circostanze, avrebbe trovato il tragitto estremamente piacevole, godendo appieno della straordinaria bellezza che la campagna circostante aveva da offrire. Ma lui era lì per sostenere il colloquio più importante e decisivo della sua vita, nella totale incertezza dell’esito che tale colloquio avrebbe potuto riservargli. Una caratteristica ruga d’espressione gli attraversò la fronte, un altro impercettibile segno del suo nervosismo.

Aveva impiegato quasi un anno a organizzare tutto, pianificando ogni minimo dettaglio, ed ora che era giunto il momento di mettere in pratica quanto pattuito, si sentiva ancora del tutto impreparato…incapace di portare a termine il suo compito. Che ironia…come quasi ogni cosa nella sua vita, pensò.

"In ogni caso, questo non è il momento di perdersi d’animo. Non ora…non ancora…." esitò, "Temo che le forze mi abbandoneranno quando sarà il momento. So di essere troppo impudente…troppo arrogante nel fare questo tentativo. . ."

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalla vista che gli si offrì quando l’auto sbucò dall’ultima curva. Eccola! La collina! Non era più ricoperta di neve, ma da un manto rigoglioso d’erba alta, più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. In cima, a dominare tutto, la vecchia quercia che lo salutava silenziosamente. Ancora cinque minuti e l’auto avrebbe superato la collina e sarebbe arrivato! Il cuore accelerava i suoi battiti secondo dopo secondo.





image078hl



La torta era già in forno ed i più piccoli facevano il solito sonnellino pomeridiano. Era il momento ideale per riposarsi un po’, fare due chiacchiere tra adulti e magari sorseggiare un bicchiere di the freddo. Miss Pony amava condividere la tranquillità di questi momenti pomeridiani con la sua cara amica e collega. Si accomodò nella sua poltrona preferita, vicino alla finestra del salotto che si affacciava ad est. Era un punto di vista strategico, perché da lì poteva osservare la strada che si arrampicava sulla collina mentre chiacchierava amabilmente con Suor Maria. Quest’ultima, impegnata a ricamare in un altro angolo della stanza, parlava della raccolta fondi che avrebbero dovuto organizzare di lì a poco, come ogni anno. Fu allora che Miss Pony vide un’auto che si avvicinava.



"Credo che stia arrivando qualcuno a farci visita," disse l’anziana signora sistemandosi gli occhiali.



"Oh, davvero?" rispose Suor Maria, "Chi potrà mai essere a quest’ora?"

"Lo scopriremo presto, credo," rispose Miss Pony alzandosi dalla sedia per prepararsi a ricevere lo sconosciuto ospite.

Le due donne raggiunsero la porta principale, con il desiderio di dare un caldo benvenuto a chiunque avesse deciso di far loro visita. L’auto si fermò davanti alla casa e quando la portiera si aprì, videro comparire davanti a loro una figura slanciata ed a loro ben nota, vestita di uno squisito completo di lino color avorio.

"Dio mio," esclamò Miss Pony restando senza fiato alla vista del giovane dall’aria apparentemente noncurante e distaccata, "Penso che stia per accadere qualcosa di importante!"

"Credo proprio di sì, Miss Pony," osservò Suor Maria, abbassando la voce, "ma non sono sicura se sarà un bene o un male".

Appena sceso dall’auto, l’uomo pagò l’autista, tirò un profondo respiro e rivolse lo sguardo alle due donne.

"È il momento delle spiegazioni, temo," disse fra sé e sé prima di rivolgersi a loro, "Buon pomeriggio, Miss Pony, Suor Maria, è un piacere per me rivedervi".

"Sig. Gran . . . Graham," rispose Miss Pony, la prima a trovare il coraggio di parlare, "Anche per noi è un vero piacere rivederLa, ma devo ammettere che siamo anche piuttosto sorprese".



"È del tutto comprensibile, signore," accennò l’uomo, la cui identità sarà già chiara da tempo al lettore, "Sono dolente di presentarmi qui senza preavviso. Temo che comparire al vostro cospetto senza essere invitato sia una mia imperdonabile abitudine. Sareste così indulgenti da accordarmi il vostro perdono?" concluse con un lieve inchino e Suor Maria ebbe la netta sensazione che stesse chiedendo perdono per qualcosa di più di una semplice visita inattesa.

"Figliolo, Lei sa bene che non c’è bisogno di alcun perdono," sorrise Miss Pony, affascinata dai modi rispettosi che il giovane aveva sempre avuto nei loro confronti, "ma La prego, non stia qui fuori al caldo, entri e prenda un the freddo con Suor Maria e me. È arrivato nel momento più tranquillo della giornata e possiamo riceverLa come merita, venga".

"Vi ringrazio," rispose Terence, sebbene gli ci volle ancora un attimo per trovare il coraggio di muovere un passo dal punto in cui si trovava. "Ecco, ora non posso più tornare indietro ", pensò. Tirando un silenzioso sospiro, finalmente entrò in casa. Un profumo misto di mela, cannella e noce moscata gli invase le narici mentre il vecchio pavimento di legno scricchiolava ad ogni suo passo. Ora era sotto lo stesso tetto di “lei” ed il solo pensiero gli scatenava brividi lungo la schiena.



Ad ogni passo aumentavano l’ansia ed il fremito che lei potesse comparirgli davanti da un momento all’altro.

Le due donne lo guidarono nel piccolo salotto e lo invitarono ad accomodarsi. Per un instante fu colto da un senso di déjà vu. Ma sebbene gli sarebbe piaciuto evocare i ricordi di un passato pieno di speranze, le circostanze erano purtroppo drammaticamente diverse rispetto ad allora. Era talmente cambiato rispetto al ragazzo che era stato lì una sera nevosa del 1913 che non si riconosceva quasi più.

Il suono di un liquido versato in un bicchiere lo riportò alla realtà.

"Viene da New York, Sig. Graham?" chiese Suor Maria per rompere il ghiaccio.

"Ebbene sì, sono arrivato a La Porte ieri sera," rispose.

"Deve essere esausto, allora," disse Miss Pony porgendogli il the freddo che gli era stato promesso.



"Non proprio," rispose, "Sono piuttosto abituato a viaggiare, signora".

"Oh sì, immagino sia così per chi fa il Suo lavoro. Non si trovava in tournée all’estero con il Suo Amleto fino a poco tempo fa?" chiese Suor Maria. Terence sorrise, sentendo la tensione allentarsi con il procedere della conversazione con le due donne, "Le facciamo le nostre più sincere congratulazioni per il Suo grande successo", aggiunse la suora con un cordiale sorriso.



"Certamente, Sig. Graham, siamo state molto fiere quando abbiamo letto della sua magnifica performance alla prima di New York e successivamente a Londra," aggiunse Miss Pony accomodandosi nuovamente nella sua poltrona.

"Vi ringrazio, vedo che siete ben informate, signore," rispose, "E sì, sono rientrato dall’Europa solo qualche giorno fa. Ora mi sto godendo qualche settimana di riposo ed ho colto l’occasione per venire qui…a trovarvi," aggiunse, completando la frase lasciata inizialmente a metà. . .Esitò per un secondo e improvvisamente mormorò, "a trovare Candy . . . Vive qui, non è vero?" riuscì finalmente a chiedere, non senza difficoltà.

Le due donne si scambiarono un breve sguardo ma carico di significato. Sapevano che prima o poi sarebbe accaduto. Le loro espressioni si fecero serie e Terence capì all’istante che era giunto il momento tanto temuto.

"Sì, Sig. Graham, Candy vive qui" esordì Miss Pony dopo una breve pausa, con un’ombra di dolore che offuscava il suo sguardo "ma desidero chiarire subito una cosa e La prego di non fraintendermi. Suor Maria ed io siamo le Sue più grandi ammiratrici e siamo onorate della Sua visita. Tuttavia, dubito sinceramente che sia opportuno che Lei veda Candy in circostanze così delicate".



"Per circostanze delicate, Miss Pony intende la notizia del Suo imminente matrimonio pubblicata recentemente sui giornali," spiegò Suor Maria in uno dei suoi consueti slanci di onestà, "IncontrarLa sarebbe oltremodo imbarazzante per Candy, temo. Per non parlare di quello che potrebbe pensare la Sig.na Marlowe se venisse a sapere che Lei ha fatto tutta questa strada per vedere la nostra Candy. Non lo considero decoroso," concluse la suora, il cui viso esprimeva apertamente tutto il suo disappunto.

Terence abbassò lo sguardo e tirò un profondo sospiro. Sapeva che sarebbe accaduto e sapeva di meritare ogni rimprovero e riserva espressi dalle due gentili donne.

"Dovete considerarmi un mascalzone incallito," disse finalmente, la tensione del momento evidente sulle sue tempie, "So che il mio comportamento è stato tutt’altro che irreprensibile. Ho fatto molte cose per le quali nutro un profondo rimpianto, Vi prego di credermi. Tuttavia, la mia visita qui oggi, sebbene possa sembrare impudente e persino arrogante, è tutt’altro che disonorevole. Non temete che i limiti della decenza possano essere infranti dalla mia visita. Sono certo che capireste che non c’è nulla che possa macchiare il buon nome di Candy, se solo mi deste la possibilità di spiegarmi".

Alle due donne si strinse il cuore nel vedere l’ombra di pentimento che attraversava il volto del giovane. Le sue parole sembravano così sincere ed il suo dolore così evidente che la loro iniziale reazione di difesa perse intensità. Tuttavia, in virtù del loro ruolo di madri, le due gentili donne erano sinceramente preoccupate del dolore che questa visita avrebbe potuto causare alla loro adorata figlia.

"Si spieghi, allora, figliolo " disse infine Miss Pony, cercando di sembrare rassicurante, "ma lo faccia in fretta. La nostra Candy non c’è al momento, è in visita presso una delle fattorie vicine con il maggiore dei nostri ragazzi, ma tornerà per l’ora di cena. Sono certa comprenderà che preferiremmo chiarire le cose prima che torni".

image078hl





Che bel pomeriggio avevano trascorso! Il sole stava lentamente abbassandosi dopo aver raggiunto lo zenit. I raggi più obliqui del pomeriggio coloravano i campi di oro e magenta. Adorava la vista della sua casa da lontano inondata dalla luce estiva. Dire che era stanca non rendeva l’idea. Correre su e giù con i bambini per la fattoria del Sig. Cartwright avrebbe messo a dura prova chiunque. Eppure si sentiva felice e appagata.

"Vorrei sentirmi così spensierata e serena più spesso", pensò, ancora fortemente provata dalle emozioni causatele da una lettera inattesa contenente un ritaglio di giornale con una certa notizia. "Ma oggi è stata una giornata perfetta; così intensa e piena di allegria", continuò. "Devo sforzarmi di mantenere questo umore…questa tranquillità. So che ce la posso fare, se mi impegno. Posso dimenticare. . . "

I bambini dormivano sul sedile posteriore dell’auto, mentre lei guidava. Solo Mark era sveglio. Il ragazzino dodicenne che le sedeva accanto era il maggiore dei bambini della casa di Pony ed in un certo senso sentiva che era suo dovere star sveglio per tenere compagnia al suo ‘capo’.



"È stata una giornata fantastica, non è vero Mark?" disse infine rompendo il silenzio, nel tentativo di scacciare i pensieri tristi.

"Oh, sì, capo," rispose il ragazzo, "Abbiamo mangiato benissimo, ci siamo divertiti tanto e Jimmy ci ha dato tutta quella carne e quel pane. Miss Pony e Suor Maria ne saranno contente, non è vero Candy?"



"Ci puoi scommettere," disse lei dandogli un buffetto affettuoso. "Ora però, aiutami a svegliarli. Siamo quasi arrivati," chiese al ragazzo, che prontamente obbedì.

Candy fermò l’auto mentre gli sbadigli e le voci allegre dei bambini iniziavano a risuonare nell’aria. La vista delle torte appena sfornate poste a raffreddare sul davanzale della cucina salutò i nuovi arrivati con una dolce promessa. Finalmente erano a casa!

Miss Pony comparve subito sulla porta, cosa che faceva sempre quando i bambini tornavano da una delle gite con Candy. La giovane era abituata a vedersi accogliere con un sorriso dalla sua adorata madre, rispondendole con un sorriso altrettanto aperto e dolce.

"Salve, Miss Pony, siamo tornati sani e salvi," disse Candy scendendo dall’auto, "Il Sig. Cartwright ci manda delle provviste," aspettandosi il consueto entusiasmo di Miss Pony alla vista di tanti regali e ricevendo invece dall’anziana donna solo un sorriso ed un breve cenno del capo.

"Metto subito il pane e la carne nella dispensa e poi porterò l’auto nella stalla," disse la giovane, chiedendosi se non ci fosse qualcosa che non andasse, cercando tuttavia di scacciare i propri dubbi seguendo la consueta routine.

"Credo che sia meglio che se ne occupino Mark e Suor Maria al tuo posto," disse Miss Pony e Candy non poté che corrugare la fronte dinanzi a tale stranezza.

"Cara, c’è una persona che è venuta a trovarti e ti attende dalle tre", spiegò Miss Pony nel tentativo di rispondere all’implicita domanda di Candy.

La giovane guardò l’anziana donna con un’espressione sorpresa. Poi improvvisamente si illuminò.



"Albert! È arrivato Albert!" esclamò Candy battendo le mani con gioia.



"No, Candy, è una persona che non ti aspetti di vedere," rispose Miss Pony, sempre più agitata.



"Davvero? La trovo piuttosto misteriosa oggi, Miss Pony," disse Candy, smorzando il suo entusiasmo mentre sollevava un sopracciglio con espressione interrogativa, "ma se è così, è meglio non fare aspettare oltre questa persona, uomo o donna che sia. Dove posso trovarla?"



"Nel mio ufficio, cara," rispose Miss Pony, evitando di specificare se si trattasse di un uomo o di una donna, "Ma ti prego, dammi il tuo grembiule," disse l’anziana donna avvicinandosi a Candy e sistemandole persino alcuni riccioli ribelli che le incorniciavano le tempie. Quindi, le rivolse uno sguardo carico di significato, che tuttavia Candy non decifrò.

"Si comporta in modo strano oggi, Miss Pony," sorrise divertita Candy.

"Dici? Su, figliola, vai a salutare il tuo ospite," esclamò Miss Pony, mandando Candy al suo incontro con il destino.

"Vediamo un po’, chi potrebbe essere?" pensò Candy mentre si avvicinava all’ufficio di Miss Pony, la stanza più isolata e silenziosa della casa. Le venne in mente un’idea assurda, "Spero proprio non si tratti di Iriza perché non sono dell’umore di compiacere Sua Maestà", ridacchiò tra sé e sé al pensiero della giovane altezzosa che veniva a cercarla in un luogo così improbabile.

Candy bussò alla porta e la aprì con la sicurezza di chi è in casa propria. La luce del tramonto la accecò mentre la finestra dell’ufficio di Miss Pony che si affacciava ad ovest lasciava che gli ultimi raggi di sole della giornata inondassero la stanza. Una figura vestita di un completo chiaro si voltò verso di lei. Un attimo dopo Candy si perse in due occhi blu profondo che la osservavano nervosamente.



"Finalmente sei arrivata!", risuonò nelle sue orecchie una voce tanto profonda quanto familiare. Candy era senza parole.

Per un breve istante l’atmosfera sembrò così tesa che si sarebbe potuta tagliare con un coltello. Cosa fare? Nessuno dei due lo sapeva. Candy, la meno preparata dei due, restò a bocca aperta, come in trance…lui era lì! Non si trattava di una foto su una rivista, non era una visione o un sogno, né una figura distante su un palco. Terence Graham era lì in carne ed ossa, più alto e più bello che mai. A pochi passi da lei, la osservava intensamente.

Candy sentì che le ginocchia le cedevano. D’istinto, si appoggiò alla libreria vicina in cerca di un sostegno.



"Oh mio Dio! Terence! Sei proprio tu!" riuscì finalmente a dire con un filo di voce. . .

"Sì, come vedi," riuscì a borbottare lui, sentendosi scioccamente paralizzato, "Tu . . .tu stai . . .bene, suppongo", fu la prima cosa che gli venne in mente di dire nel tentativo estremo di iniziare una conversazione.

"Sì . . .credo . . .grazie," rispose . . . "Stai . . .bene anche tu . . . vero?"

“Certamente. . ." continuò Terence, sentendosi letteralmente inchiodato al pavimento, incapace di muoversi né di esprimersi come avrebbe voluto. "I tuoi . . . I tuoi amici . . . di Chicago, stanno bene anche loro?" chiese, con nervosismo crescente ad ogni irrilevante domanda che usciva dalla sua bocca.



"Oh, sì . . . stanno bene . . . grazie per avermelo chiesto" rispose Candy, sforzandosi di trovare subito una replica appropriata alla sua domanda. "Ora dovresti informarti di come sta la sua fidanzata", pensò, senza tuttavia trovare il coraggio di farlo. Candy si sentiva scoppiare la testa. Perché Terence era venuto a trovarla…e soprattutto adesso? Era sul punto di perdere tutto il suo autocontrollo e temeva cosa avrebbe potuto dire se ciò fosse accaduto.

"Perché non ti accomodi?" chiese dopo un secondo di silenzio, facendo appello agli ultimi sprazzi di lucidità che le restavano.

Sentendosi sollevata dall’essere riuscita a mantenere una certa compostezza, la giovane invitò il suo ospite a sedersi. La stanza, sebbene arredata con semplicità, era perfettamente in ordine e si poteva notare qua e là un certo tocco femminile. Candy si accomodò su un piccolo divanetto vicino alla finestra, mentre Terence prese posto su un’austera poltrona. Senza rendersene conto, la giovane aveva scelto un punto da cui il sole del pomeriggio illuminava al meglio il suo volto. Pertanto, da dove era seduto, Terence poteva ammirare la naturale bellezza della giovane incorniciata dall’affascinante sfondo della sua dimora. La osservò in silenzio, riconoscendo tutti quei piccoli dettagli che lo avevano sempre fatto impazzire. Dal naso all’insù alle mani di porcellana che teneva in grembo, tutto di lei lo attraeva. Oh mio Dio, quanto gli piaceva quell’ostinato ricciolo che le accarezzava la tempia destra e quanto amava il suo portamento. Le sembrava una principessa, anche adesso che indossava un semplice vestitino a fiori. Quanto aveva desiderato rivederla ed ora lei era lì, proprio davanti a lui!

"Suppongo che tu sia nel bel mezzo di una delle. . . tue tournée," esordì Candy una volta accomodatasi, inconsapevole di aver interrotto l’esame che Terence stava attentamente facendo del suo aspetto.

"Veramente ne ho appena conclusa una," rispose lui, cercando di mantenere una certa padronanza di sé; "Al momento mi sto godendo un po’ di riposo".

"Capisco . . . avete avuto una buona stagione, presumo," proseguì la giovane. Chiacchierare del più e del meno non era mai stata una sua particolare dote ed ora che il suo cuore batteva all’impazzata, le risultava ancora più difficile.

"Sì certo, possiamo dire di sì," rispose il giovane.

Ecco, mantenere la conversazione su un argomento neutro era un’ottima cosa, pensò Terence. Aveva bisogno di calmare l’ansia del momento prima di affrontare la questione che lo aveva spinto a questo incontro. Pertanto, si dilungò per un po’ a parlare del suo ultimo ruolo e del lavoro in generale, evitando accuratamente di nominare persone che entrambi potessero conoscere. Candy ascoltava con attenzione, limitandosi a intervenire qui e là ove necessario. Interiormente, però, la giovane era intenta a fare lo stesso esame che prima era toccato a lei.

"Non c’è niente da fare, Terence", pensò, "Sei sempre una visione, sia su quel triste palco di Rockstown con indosso quei vestiti logori che ora, con il tuo aspetto da distinto gentiluomo. Proprio quando ormai credevo che non potessi diventare più virile e affascinante, hai scelto di presentarti alla mia porta in forma smagliante e in tutta la tua imponenza. Dovrei odiarti. E pensare che una volta quest’uomo era mio!" si rammaricò Candy. "Ma ora basta!" si rimproverò la ragazza, "Appartiene a un’altra. Accidenti, Terence, perché non mi togli dall’imbarazzo e te ne vai!" Il suo cuore doleva con una tale forza che dovette raddoppiare i propri sforzi per controllarsi.

"Vedo che conduci una vita piena di emozioni," gli disse Candy nel tentativo di cambiare il corso dei propri pensieri, senza tuttavia riuscirci.

"Più o meno. . . invece mi sembra che tu ti sia stabilita definitivamente qui " aggiunse lui, cambiando improvvisamente argomento.

"Ebbene sì…con tutti i tuoi viaggi in giro per il paese e per l’Inghilterra, temo che la mia vita qui ti sembrerà piuttosto noiosa e solitaria".

"Non proprio", rispose lui, incerto se fosse il caso di esprimere ad alta voce il pensiero che gli balenava nella mente da un po’. Tuttavia, dopo un attimo di riflessione, prese coraggio e disse, "Ti confesso che mi domando per quanto tempo un’anima inquieta come la tua possa restar qui, lontana dal brivido del pronto soccorso e dalla sala operatoria. Che cosa è successo, Candy? Cosa ti ha spinto a mettere da parte le ambizioni professionali di cui andavi tanto fiera?" le chiese.

Questo è troppo! si disse lei. Come osava impicciarsi della sua vita privata? Cosa gli faceva credere di avere il diritto di mettere in dubbio le sue decisioni? Cos’era lui per lei? Null’altro che un’ombra del passato venuta a turbare la sua tranquillità. Come poteva rimanere calma e cortese in tali circostanze?

"Oh, Terence, cosa. . cosa sei venuto a fare qui?", sbottò improvvisamente lei, bloccandosi a metà frase, "Voglio dire. . . Io . ." ma non riuscì a continuare, non riconoscendosi più.

Cosa sei venuto a fare qui?

La domanda di Candy aleggiò nell’aria per un secondo, soffocando definitivamente i tentativi profusi da entrambi di intrattenere una conversazione cordiale. Terence sembrava non trovare la voce per rispondere. Dopo un tempo che era sembrato un’eternità, dopo tutte le sue traversie, i suoi programmi e le sue decisioni, lei era lì davanti a lui, ponendogli una semplicissima domanda. Eppure non riusciva a pensare ad altro che non fossero i suoi riccioli d’oro legati da un semplice nastro rosa ed i suoi grandi occhi verde smeraldo che lo osservavano sorpresi. Forse quello sguardo così intenso significava quello che lui più agognava?. . . la speranza che segretamente nutriva? O piuttosto, il suo tono improvvisamente duro non era altro che un segno che la sua visita era inopportuna come aveva temuto? Tuttavia, la sua domanda era sempre lì, sospesa, e apparentemente non vi era alternativa se non quella di rispondere.

"Sono venuto a parlarti di una questione estremamente importante," riuscì finalmente a dire, distogliendo i suoi occhi da quelli di lei per paura di non essere più in grado di continuare.

"Una questione estremamente importante. . ." gli fece eco lei, confusa.

Cosa poteva essere così importante da indurlo a rompere il giuramento che avevano silenziosamente stretto quella notte a New York? "Il tuo destino è di rendere felice un’altra donna" pensò, "Non dovevamo vederci più. . . non così presto, almeno. . . Oh Terence! È ancora troppo presto. Non capisci che ancora non riesco a considerarti come un semplice amico?" Candy avrebbe voluto gridare quello che aveva dentro e scappare via da Terence, in un posto sicuro dove non dovesse più preoccuparsi della sua pericolosa vicinanza. . . Eppure, non si mosse.

"Sì . . . sono accadute delle cose importanti e ti riguardano. . . o quantomeno, nutro la speranza che ti possano riguardare," si corresse. "Sai, è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti," disse, nel tentativo di spiegarsi meglio.

"Quattro anni e mezzo," disse lei, pentendosi, però, subito dopo di avergli dato prova di ricordare tutto perfettamente.

"Proprio così . . ." rispose Terence, mentre un piccolo barlume di speranza si accendeva nel suo cuore. "Avrai sicuramente saputo delle mie vicissitudini in questi anni. Temo che a causa della stampa sia stato reso tutto di pubblico dominio," aggiunse il giovane, abbassando lo sguardo e mal celando una traccia di vergogna.

"Non ne so molto," rispose lei, giocando nervosamente con le balze della gonna, mentre si interrogava ancora una volta su dove volesse arrivare Terence. "So solo che hai lasciato New York per un po’ e nessuno sapeva dove fossi, per poi ricomparire e ottenere un grande successo," mentì. Non aveva alcuna intenzione di rivelargli di essere stata a Rockstown quella sera.

"Capisco . . .in realtà le cose sono state un po’ più complicate di così," rispose Terence e per la prima volta si sforzò di guardarla negli occhi con estrema franchezza. . . "Candy, temo che non mi considereresti più tuo amico se sapessi come mi sono comportato".

"No, Terence, ti prego", lo ammonì lei. . . "Perché ora vuole parlare di questo?" pensò con orrore. Intendeva forse fare ammenda confessandole i suoi peccati? Di certo lei non era la persona più indicata ad ascoltare una tale confessione.

“Non c’è bisogno di scendere nei dettagli", disse ad alta voce.

"Al contrario," rispose lui, mentre una leggera brezza soffiò nella stanza portando con sé il profumo della sera, "Devi sapere cosa è successo. Ho vissuto dei momenti duri. Ho perso il mio lavoro…me stesso, la mia dignità, l’onore. E questa tragedia senza senso si è consumata solo perché ho permesso all’alcool di prendere il controllo su di me, sentendomi intrappolato in un dilemma morale. Incapace di prendere una decisione che soddisfacesse la mia coscienza ma anche i miei desideri più intimi. Mi sono crogiolato nell’indecisione, giungendo alla conclusione che l’unica soluzione fosse quella di fuggire, come se potessi fuggire da me stesso".

"Ma mi sembra di capire che ora tutti i tuoi dubbi siano stati fugati," intervenne Candy, desiderosa di cambiare il corso della conversazione. Più lui si addentrava in questioni così delicate, mostrando sul suo viso i segni del dolore che lo aveva attanagliato, più lei doveva fare appello a tutta la sua forza per controllarsi e non gettarglisi tra le braccia. Era una situazione insostenibile! La sua attrazione verso di lui era tale che anche se continuava a colpevolizzarsi davanti a lei, lo amava sempre più!

"In un certo senso hai ragione" rispose lui, "Finalmente ho preso una decisione. Il mio dilemma è risolto".



"Ecco, l’ha detto!" pensò la giovane. Sicuramente si riferiva al suo recente fidanzamento con Susanna. Era questo che era venuto a dirle? In questo caso si trattava senza dubbio della più crudele e irrispettosa delle ragioni per fare tutta questa strada e turbare la sua tranquillità. Candy stava per andare su tutte le furie.

"Bene, sono davvero felice che ora tu sia in pace con te stesso," replicò lei piuttosto accalorata. 



Terence si accorse immediatamente del mutato atteggiamento di lei, da smarrimento a rabbia, e fu assalito dalla confusione.

"Ti ringrazio per la tua comprensione ma, se mi consenti, lasciami dire che le mie decisioni mi hanno condotto ad una svolta. . ."

"Della quale siamo tutti perfettamente consapevoli, Terence," lo interruppe lei alzandosi in piedi nel tentativo di porre fine al più presto a quel colloquio senza senso, "Che cosa sei venuto a fare qui, Terence?" lo incalzò nuovamente lei, questa volta con maggior fermezza, "Sei forse venuto ad invitarmi al tuo imminente matrimonio?"

Terence aggrottò la fronte sorpreso dall’improvviso attacco verbale di Candy. Eppure sapeva che sarebbe accaduto da un momento all’altro.

"Ti sbagli! Non ci sarà nessun matrimonio", rispose freddamente lui alzandosi dalla poltrona.

Nessun matrimonio! Queste due parole risuonarono nelle orecchie di Candy mandando in frantumi la sua presenza di spirito così difficilmente riconquistata.

"Ma come? Io . . . Io l’ho letto sui giornali. . . era . . . era . . . già tutto deciso . . . solo qualche settimana fa! Tu . . . tu avresti dovuto sposarti una volta rientrato. . dalla tournée in Europa", riuscì a balbettare lei.

"Non era che una terribile menzogna," replicò lui, con una scintilla di rabbia che gli accendeva lo sguardo. "Non sposerò Susanna né ora né mai," disse con decisione. "Ma non mi sorprende che quelle voci siano giunte sino a te. Qualcuno stava cercando di vendicarsi di me pubblicando tutte quelle bugie, ma non riuscirà nel suo intento. Ho già provveduto a smentire tutto. Le mie dichiarazioni in merito saranno pubblicate a breve ed ogni equivoco sarà chiarito".

"Ma, perché. . . hai detto che il tuo dilemma era risolto. . . e poi, era quello che avevamo deciso," mormorò timidamente lei.

"Vuoi dire quello che tu e Susanna avevate deciso e che io avevo vigliaccamente accettato," rispose Terence, sentendo di essere finalmente giunto al punto che desiderava chiarire. "Ti prego, Candy, siediti. Dobbiamo parlare".

Ancora confusa, Candy obbedì, mentre Terence la imitava attendendo un secondo prima di trovare la forza di continuare.

"Ho riflettuto molto", disse Terence con tono agrodolce abbassando ulteriormente la voce. "Le decisioni prese allora, quella notte in ospedale, non erano altro che il risultato di un inganno, erano tutt’altro che oneste".

“Cos’altro potevamo fare?" lo interruppe Candy. "C’era lei, vittima di una situazione totalmente assurda. Dovevamo forse abbandonarla a sangue freddo?"

"C’è una fondamentale differenza!" intervenne lui con forza. "È legittimo offrire aiuto ad un’amica in difficoltà come atto di riconoscenza e gratitudine, ma fare una promessa che non si è in grado di mantenere solo perché ci si sente in colpa è assolutamente sbagliato! Dio mio, Candy, è stato immorale offrire la mia mano in matrimonio a una donna che non amavo. . . che non avrei potuto amare!" disse lui accompagnando le sue parole con un deciso gesto delle mani.

"Ma lei ti amava così tanto!" controbatté Candy.

"Quello non era amore, Candy. Non lo capisci?" le rispose lui, alzandosi in piedi e iniziando a percorrere la stanza a grandi passi. "È possibile amare qualcuno e obbligare comunque l’oggetto del tuo amore a soffrire, quando è in tuo potere liberarlo da tanta sofferenza? Forse la sua non era che un’infatuazione, una perversa ossessione nei miei confronti per qualche assurda ragione, ma sicuramente non era amore. . . Ne sono certo. . . So riconoscere l’amore quando lo vedo. . . è qualcosa di troppo nobile per essere guidato dall’egoismo. Lo so perché l’ho provato in passato". E nell’affermare queste parole, si girò a guardarla con uno sguardo carico di significato che lei non fu in grado di sostenere.

"Temo che a volte l’amore sia sopravvalutato. Può anche causare un profondo dolore, Terence," rispose lei, come se parlasse tra sé e sé.

"Pensi che non lo sappia?" disse il giovane volgendo lo sguardo verso la finestra per cercare di tenere a freno le proprie emozioni e trovare la forza di continuare, "ma nel mio caso, posso ritenermi l’unico responsabile del dolore che ho patito. Se fossi stato più forte, se avessi avuto una maggiore lucidità, avrei offerto a Susanna tutto l’aiuto possibile senza sensi di colpa, senza ferire quello che amavo di più…che amo di più," disse con grande sincerità. "Senza ferire te," avrebbe voluto dire, senza però trovare il coraggio di farlo.

"Che cosa hai fatto, allora, Terence? L’hai lasciata? Alla fine hai deciso di voltare le spalle a Susanna?" chiese Candy nel disperato tentativo di aggrapparsi alle convinzioni del passato che improvvisamente, però, sembravano sgretolarsi davanti alle parole di Terence. "È così che hai risolto il tuo dilemma? Abbandonando colei che ti ha salvato la vita?"

"Accidenti, Candy! Vuoi smetterla di parlare di lei come se fosse una creatura indifesa? Perché non lo è affatto, te lo assicuro," disse il giovane con evidente irritazione. "Inoltre, nessuno l’ha abbandonata. Tutte le spese mediche legate all’incidente ed alle successive terapie sono state sostenute dalla Compagnia Stratford. Io, da parte mia, ho fatto in modo che possa vivere in modo più che dignitoso finché le andrà," sbottò lui mentre dava un rapido sguardo alla stanza modesta in cui si trovavano. “Con uno stile di vita molto più dispendioso di quello che riservi a te stessa, Candy, che sei così altruista e testarda", pensò.

"Ho fatto quello che dovevo, Candy", proseguì. "Ne ho abbastanza dei sensi di colpa. Vedi, nel periodo in cui mi sono allontanato da New York, anni fa, non ho fatto che tormentarmi nella mia indecisione, ma dopo il mio ritorno, dopo essermi rimesso in carreggiata, la nebbia ha iniziato a diradarsi".
Terence si era nuovamente accomodato di fronte a Candy, il corpo proteso verso di lei, i gomiti sulle ginocchia come se volesse avvicinarsi il più possibile.
"Suppongo che una mente sobria funzioni decisamente meglio di una annebbiata dall’alcool," riuscì ad aggiungere, riportando alla luce qualche traccia del suo ben noto umor nero.

Candy alzò nuovamente lo sguardo. "Signore, ti prego", implorò, "Non lasciarlo avvicinare oltre".





"Quando ho ritrovato il mio lavoro ed il mio orgoglio, ho iniziato a vedere le cose sotto una luce diversa. Ho osservato il comportamento di Susanna, la sua totale dipendenza da me, la sua ossessiva insistenza ad essere trattata come un’invalida, i suoi modi capricciosi, i repentini cambi d’umore ed i tentativi costanti di manipolare le mie decisioni. Credimi, Candy, non è la ragazza di buon cuore che credi tu, né una donna per la quale potrei mai provare rispetto e amore".

"Ci hai provato, Terence? Puoi onestamente affermare di aver fatto del tuo meglio?" chiese Candy. Sebbene le sarebbe costato una fatica immensa digerire il racconto di Terence dei tentativi di amare un’altra donna, sentiva di doverlo chiedere, spinta più dal suo senso di giustizia e rettitudine che da altro.

"Sì, l’ho fatto," rispose lui abbassando nuovamente lo sguardo, non aveva voglia di scendere nei particolari, "Volevo mantenere la mia parola, mettere da parte gli errori del passato, renderla felice come avevo promesso. . . a te; ma non ci sono riuscito".

Il giovane sapeva che era giunto il momento di dirle tutto, ma non riusciva a trovare il coraggio. Si alzò nuovamente in piedi e inizio a percorrere la stanza in silenzio. Il rumore dei suoi passi sul pavimento di legno faceva eco al battito del cuore di Candy. Sentiva che stava per esploderle nel petto! Le venne in mente la strana lettera che aveva ricevuto da Susanna qualche settimana prima. Allora si era domandata perché l’attrice le avesse scritto. Tuttavia, animata sempre e solo da buone intenzioni, Candy non aveva avuto alcun motivo di credere che con quella lettera Susanna potesse avere ben altro fine. Ora, in base a quanto Terence le aveva raccontato di lei, Candy iniziò a dubitare.

"Forse Susanna voleva farmi credere che il suo rapporto con Terence andasse a gonfie vele, mentre lui aveva già rotto il fidanzamento? Quindi la lettera e tutte quelle menzogne non erano altro che un disperato tentativo di soffocare sul nascere ogni possibilità di riconciliazione tra Terence…e me?!!"
Candy si sentiva scoppiare la testa.

"Se vuoi sapere tutta la verità, Candy," continuò lui, inconsapevole dei pensieri che stavano torturando la ragazza in quel momento, "i difetti e le mancanze di Susanna non erano l’unica ragione che mi impediva di ricambiare il suo interessamento, se così lo si può definire, dato che sicuramente non si trattava di amore. Hai una vaga idea di quali fossero i miei reali impedimenti?" chiese finalmente Terence, mal celando un pizzico di incertezza nella sua voce.

"Dovrei saperlo?" chiese lei, con il cuore che andava a mille.

"Sì, dovresti! Semplicemente non è possibile donare il proprio cuore ad un’altra donna quando non si ha più un cuore da donare, Candy," rispose lui sentendosi attraversare da un’ondata di calore. "È questa la questione importante di cui sono venuto a parlarti oggi," disse con fermezza inginocchiandosi davanti a lei e, con il tono più dolce che lei avesse mai sentito, aggiunse, "Sono venuto a reclamare il mio cuore che è nelle Sue mani, milady".

Prima che Candy potesse reagire in alcun modo, lui le aveva preso entrambe le mani e lei percepì che stava tremando.

"E se posso essere ancora più impudente, amore mio, dopo tutte le delusioni ed il dolore che ti ho causato, sono venuto a chiedere il tuo perdono. Puoi perdonarmi per non aver difeso il mio amore per te come avrei dovuto? Per averti lasciato stupidamente andare, quando eri tu, e non Susanna, a possedere la mia vita ed il mio cuore?"

"Non c’è nulla da perdonare," sussurrò lei dando libero sfogo alle lacrime, causando in lui una profonda commozione. "Non c’era alcuna promessa ufficiale tra me e te allora," mormorò.

"Forse non c’era un accordo in senso tradizionale con il consenso della famiglia, le pubblicazioni e tutto il resto, ma sapevamo entrambi di appartenere l’uno all’altra. . .tu sapevi che ti appartenevo. . . vero?" chiese con un filo di voce, aggiungendo con trepidazione: "Nulla è cambiato. Ti avevo fatto venire a New York con l’intenzione di non lasciarti più andare, qualunque cosa fosse accaduta," riuscì finalmente a confessare, accarezzando Candy sia con la sua voce che con le sue mani.

"Sul serio?" gli chiese lei, guardandolo tra le lacrime. Un barlume di rinnovata speranza si accese nelle verdi profondità dei suoi occhi. Non le aveva mai parlato con tanta passione e schiettezza, non aveva mai sentito un tale brivido al tocco delle mani di lui sulle sue.

"Sì, Candy. . ." rispose lui con lo sguardo offuscato dall’emozione, "ma poi c’è stato l’incidente e tutto è diventato così confuso. Puoi perdonarmi per aver commesso un così grave errore?" le chiese nuovamente.

"Ti perdono, Terence," rispose dolcemente lei, stringendo leggermente le sue mani. Le speranze del giovane si fecero sempre più forti come non aveva neanche osato sognare.

"Questo è troppo!" sussurrò. "Potresti…potresti essere così generosa da nutrire ancora dei sentimenti per me? I miei non sono mai cambiati. Io. . .Io ti amo. . . disperatamente, come e più del primo giorno." . . . "Ecco, l’ho detto", pensò; "ora sono nelle sue mani".

Per un momento regnò il silenzio, torturando Terence con l’aleggiare del dubbio. Aveva osato troppo? Eppure, se avesse saputo cosa passava per la mente della giovane in quel momento, sarebbe stato ben più sicuro del suo successo.

“Io ti amo…disperatamente, come e più del primo giorno".

La confessione di Terence, la prima che Candy avesse mai ricevuto dopo tutto questo tempo, aleggiava ancora nell’aria. "Oh mio Dio! Lui mi ama!" si ripeté incapace di proferire parola. Tutte le sue considerazioni su Susanna erano svanite, prive di valore oppure no, come l’attrice che le aveva ispirate; svanite anche le sue paure e le segrete promesse fatte a sé stessa di non innamorarsi mai più. Terence era in ginocchio a pochi centimetri da lei, le teneva le mani e la guardava con una tenerezza indescrivibile. In quel momento, tutto il resto del mondo era come scomparso.

"Io . . . Io ho. . . Io ho tentato di smettere di amarti," disse timidamente lei, "ma non ne sono stata capace. Temo di amarti ancora. . . moltissimo, Terence".

Incapace di controllare oltre le proprie emozioni, i due giovani si gettarono uno nelle braccia dell’altra, godendo finalmente della gioia delle reciproche confessioni. Lei singhiozzava sulla sua spalla, mentre lui tentava di consolarla accarezzandole i capelli ed il viso. Quante volte aveva sognato di tenerla così stretta! Finalmente ora era tutto vero!

"Amore mio," le sussurrò all’orecchio, "ti prego, smetti di piangere. È tutto passato. Siamo insieme adesso, come avrebbe dovuto essere fin dall’inizio".

Candy sollevò la testa rivolgendo lo sguardo verso di lui. Non era più in ginocchio davanti a lei ma ora le sedeva accanto sul divanetto. Il suo volto era illuminato ma i suoi occhi erano pieni di lacrime come quelli di lei.

"Anche tu stai piangendo," mormorò lei, allungando una mano per asciugargli le lacrime.

"Ma di gioia, amore mio," rispose lui avvicinando il viso a quello di lei.

Un attimo dopo, le sue labbra si poggiarono delicatamente sulle sue con grande tenerezza. Candy sarebbe svenuta se non ci fossero state le braccia di Terence a sorreggerla. Sentì il suo corpo attraversato da una corrente elettrica. Cercò di ritrovare l’equilibrio appoggiando entrambe le mani sulle braccia di lui e ansimando leggermente, finendo inconsapevolmente per incoraggiare una reazione ancora più appassionata del giovane.

Lui aveva smesso di pensare nel momento in cui lei gli aveva confessato di amarlo ancora. Quando lei schiuse le sue labbra sotto le sue, pensò che si trattasse del totale abbandono che aveva così lungamente agognato. Pertanto, rese volutamente il bacio più maturo in profondità e passione.

"È mia! Oh mio Dio, lei è mia!" era l’unico pensiero intellegibile che la sua mente riuscisse a formulare in quel momento.

Candy era troppo sopraffatta per opporre resistenza. Non aveva più la forza di reagire se non con il totale abbandono. Assaporava il caldo tocco della sua lingua sulla sua con un’audacia che la sorprese.

"Dunque questo è ciò che si prova ad essere baciati con assoluta passione", pensò, mentre Terence continuava ad abbeverarsi da lei, serrandola in un abbraccio sempre più stretto che le consentì di percepire chiaramente il battito violento del cuore di lui che faceva eco al suo.

La luce era scomparsa dietro l’orizzonte e le ombre della notte li avvolgevano mentre si stringevano in un abbraccio senza tempo. Al rumore di alcuni passi in lontananza nel corridoio, Terence allentò la presa.

"Signorina Tuttelentiggini, è già buio e sicuramente le signore della casa sentiranno la nostra mancanza," disse con voce roca.

"Resti con noi per cena?" gli chiese lei, sorridendo all’uso da parte di lui del suo vecchio nomignolo, per poi rendersi conto che si trattava di una domanda dalla risposta scontata. Sapeva bene che non vi era modo di andarsene via da lì fino al mattino seguente, a meno che lei non avesse deciso di accompagnarlo a La Porte, cosa che non aveva alcuna intenzione di fare.

"Resterò qui o a La Porte, finché non sarai pronta a venire a casa con me," rispose lui, sorridendo per la prima volta dopo molto tempo.

"A casa?" esclamò lei.

"Sì, la casa che è pronta per te, come mia sposa, se accetterai la mia proposta".

I lettori sapranno sicuramente quale fu la risposta a quest’ultima domanda.

image078hl











Il paesaggio scorreva veloce mentre il treno avanzava sui binari. Il rumore della locomotiva si era trasformato in una ninnananna che l’aveva fatta addormentare. Sentiva il tepore del sole accarezzarle la guancia sinistra attraverso le tendine del finestrino. Tuttavia, non aveva voglia di aprire gli occhi. Si mosse leggermente sul sedile, riluttante a lasciare il calore delle braccia che la avvolgevano. 



"Siamo arrivati?" chiese, ancora assonnata.
"Arriveremo tra circa mezzora," rispose il giovane con la sua profonda voce baritonale che lei trovava sempre così seducente.

Stavano per giungere a New York dopo il loro matrimonio e la giovane era desiderosa di concludere il viaggio ed iniziare la sua nuova vita. Man mano che il treno avanzava, riviveva nella sua mente il ricordo della cerimonia nuziale, mentre il marito la stringeva tra le braccia.

Improvvisamente si rese conto che dopo il colloquio privato che avevano avuto nell’ufficio di Miss Pony non avevano più avuto molto tempo per stare soli e parlare. Tra fiori, inviti, pubblicazioni e amici che desideravano congratularsi con loro, tutti e tutto avevano cospirato per tenerli sempre impegnati con cose da fare e persone da vedere.

Lentamente, le tornarono alla mente una serie di domande ancora senza risposta.

"Terence," osò chiamarlo, "Sei sveglio?"

"Sì, non ho dormito granché," confessò.

"C’è qualcosa che ti preoccupa?" gli chiese alzando la testa per guardarlo in viso.

"Veramente no. Stavo solo ripensando a tutto quello che è successo. Non capita tutti i giorni di sposarsi," le disse, con un dolce sorriso che gli accarezzava le labbra.

"Ebbene, signore, siamo nella stessa barca, suppongo," aggiunse lei ricambiando il sorriso. "Comunque tu dovresti essere il meno sorpreso dei due. Intendo dire che eri avvantaggiato rispetto a me, perché avevi pianificato tu il nostro incontro. Solo un mese fa, non avrei mai immaginato quali fossero le tue intenzioni”.

"Hai mai. . ." azzardò lui, desideroso di scoprire qualcosa in più dei sentimenti che lei aveva nutrito nei suoi confronti durante la lunga separazione, "Voglio dire, ti sei mai chiesta se un giorno saremmo tornati insieme?" domandò con uno sguardo carico di malinconico desiderio.

"In un angolo remoto della mia mente, o meglio, nel profondo del mio cuore, lo speravo; ma la ragione contraddiceva i miei desideri, soprattutto dopo quello che avevano pubblicato i giornali. . ."

“Oh, non mi parlare di quel terribile articolo!" la interruppe lui, “stavo quasi per fare causa alla rivista per la loro irresponsabilità!"

"Ma come ha fatto una notizia del genere a giungere alla stampa?" decise di chiedergli, cogliendo l’occasione di veder soddisfatta la propria curiosità.

"È stata la madre di Susanna," disse lui con un sospiro. "Era rimasta molto contrariata dalla mia decisione di lasciare Susanna prima di partire per Londra. È stato il suo modo di farmela pagare, suppongo. Ma ora non ha più importanza, giusto? Basta guardare il mio nome inciso sul tuo anello," aggiunse con gli occhi che gli brillavano.

"Quand’è che hai deciso che non potevi più mantenere le promesse fatte a Susanna?," gli chiese lei, toccando per la prima volta l’argomento.

"L’ho deciso gradualmente, ma forse c’è stato un momento in particolare in cui non ho avuto più dubbi," esordì Terence, volgendo lo sguardo verso il panorama che si intravedeva dal finestrino.



La sua memoria tornò a quella sera. Era tornato a casa piuttosto tardi dopo una giornata lunga e faticosa. Quel pomeriggio avevano iniziato le letture di Amleto e lo sforzo emotivo ed intellettuale a cui si era sottoposto l’aveva lasciato completamente svuotato. Entrò nella sua stanza e si buttò sul letto senza neppure spogliarsi. Sfortunatamente, il sonno tardava a venire.

Una lunga sequenza di immagini gli passarono nella mente mentre teneva gli occhi chiusi. Tre anni prima lavorava in quel sordido teatro di Rockstown. Ora era di nuovo a Broadway. Era stato piuttosto difficile convincere Robert Hathaway a dargli un’altra opportunità. Tuttavia, dopo una lunga opera di persuasione, Terence era riuscito ad ottenere un modesto contratto.
La verità era che Hathaway non era così sciocco da lasciarsi sfuggire un attore come Terence, indipendentemente dalla sua imprevedibilità (d’altronde, quale personaggio del mondo dello spettacolo poteva effettivamente vantarsi di condurre una vita equilibrata?). Tuttavia, Hathaway era determinato a dargli una lezione; quindi, per oltre due anni, il giovane fu costretto a ridimensionare le proprie aspettative e ad accettare ruoli secondari rispetto al suo talento.
Ora la situazione stava finalmente volgendo a suo favore. La Compagnia aveva deciso di rimettere in scena l’Amleto, ma Robert non si sentiva più tanto giovane per la parte e non vi era nessun altro che potesse gestire una tale responsabilità al di fuori di Terence. Dunque, la decisione fu semplice, era giunto il momento per il giovane attore di dimostrare che era in grado di gestire la pressione del successo mettendo da parte i suoi problemi personali. Terence era assolutamente deciso a passare l’esame, questa volta.
Come era solito fare, il giovane aveva studiato la parte intensamente. La conosceva a memoria ben prima che iniziassero le letture e per allora era già impegnato in un difficile processo psicologico. Tutto ciò richiedeva ore di analisi, ricerca e introspezione che risultavano estenuanti e persino dolorose. L’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era di far visita alla sua fidanzata ed alla dispotica madre di lei. Tuttavia, cercava di accontentarle quanto più frequentemente possibile.

Disteso sul suo letto, Terence ripensò allo spiacevole episodio della catastrofica giornata appena trascorsa. Si tirò su a sedere con lo sguardo perso nel vuoto. La luce della luna filtrava attraverso la trasparenza delle tende, illuminando appena la stanza. Ricordò di aver dormito pochissimo la notte precedente e di aver deciso di alzarsi prima dell’alba. Quando i primi raggi del mattino entrarono a illuminare la stanza, lui era già impegnato da diverso tempo a lavorare sul soliloquio. Disperazione e perdita di ogni speranza, indecisione, odio, paura e profonda confusione, tutte queste emozioni gli erano ben note. Ma organizzarle al fine di dar vita ad un nuovo personaggio, studiando l’intensità di ogni emozione, rappresentava di fatto una sfida. Lavorò duramente fino a tarda mattinata, buttando giù solo qualcosa di leggero per colazione, con grande disappunto della sua governante.
Poi, uscì per recarsi all’appuntamento con l’artista della compagnia per il quale doveva posare per un ritratto. La sessione di posa durò fin dopo pranzo. Una volta fuori di lì, si fermò a mangiare qualcosa in un piccolo caffè di Manhattan e dopo una certa esitazione, decise di trascinarsi stancamente verso la casa dei Marlowe. La visita si svolse come di consueto. Le due donne sedevano con lui intrattenendo una banale conversazione. Dopo qualche minuto, la Sig.ra Marlowe si allontanò adducendo come scusa quella di avere delle commissioni da fare. Si trattava di una chiara strategia finalizzata a dare un po’ di privacy alla giovane coppia.

"Hai una lettura oggi, vero?" gli aveva chiesto Susanna con interesse, una volta rimasti soli.



"Sì, alle sei" rispose freddamente lui.

"Mi sarebbe piaciuto tanto esserci, ma la mamma vuole portarmi a fare compere questo pomeriggio, dice che devo prepararmi per la prima".


"Sai bene che potresti comunque venire, se volessi. Potresti tranquillamente posticipare le compere ad un altro giorno," osservò.

"Forse hai ragione, ma non vorrei contraddire la mamma," rispose Susanna abbassando la testa.

"Hai mai pensato che a volte ci sia bisogno di qualche contrasto nella vita?" le chiese inarcando il sopracciglio sinistro. Susanna lo guardò con gli occhi sgranati, cosa che lo istigò ad incalzare oltre. "Pensi di ricoprire per sempre il ruolo della figlia obbediente, Susanna? Sai, a volte anche i genitori commettono degli errori. E una persona adulta farebbe bene a pensare con la propria testa anziché seguire sempre gli ordini di qualcun altro".

"Capisco cosa intendi ma non potrei mai," replicò lei con crescente nervosismo.

"Dunque, cosa faresti se tua madre decidesse di fare qualcosa che non rientrasse affatto nei miei desideri? In che modo risolveresti il problema?" le contestò lui.

"Preferisco non pensarci. Non saprei cosa fare. Non devi dubitare del mio amore per te, Terence, ma come potrei andar contro a mia madre? Sai bene com’è fatta," osò dire lei, ritornando prontamente a dedicarsi al suo ricamo.

"Certamente, so bene com’è fatta," commentò lui, lasciando poi cadere il discorso.

Mentre si recava in teatro, Terence si soffermò nuovamente sull’ipotetico dilemma che Susanna non aveva osato risolvere. Non poté evitare di fare un confronto. Mise la mano nella tasca del cappotto, toccando il familiare tessuto del suo fazzoletto. Se lo portò alle labbra. Sebbene su di esso si percepisse chiaramente il suo profumo, gli ritornò alla mente un’altra fragranza. Non poteva dimenticare la donna che aveva segretamente conservato quello stesso fazzoletto come prova del suo affetto, smarrendolo poi una sera al Teatro Baker di Chicago. Ricordò come ella quella notte avesse sfidato i suoi superiori per vederlo recitare in Re Lear. Terence non ebbe alcun dubbio che quella stessa donna avrebbe lottato contro tutto e tutti per amor suo. Di fatto, aveva messo da parte la propria felicità pur di farlo stare in pace con la sua coscienza.

Ora, nella solitudine della sua stanza, si maledisse per la millesima volta! Aveva scambiato un diamante con una misera patacca.

"Bravo! L’hai fatto ancora, sciocco! Sei tornato sull’unico argomento che dovresti evitare" si rimproverò.



Tutto ciò non poteva che significare un’altra notte insonne. Questo tormento avrebbe mai avuto fine? Oh quanto desiderava poter dormire un po’!

"Dormire. . . forse sognare" recitò in un soffio, "Ma se potessi cambiare le cose? E se io. . . ?"

Prima di quel momento non aveva mai pensato che le cose potessero essere diverse. Iniziò dunque un insistente susseguirsi di pensieri. All’inizio, era solo una timida idea. Tuttavia, con il passare dei giorni e delle settimane, Terence si accorse che con la crescente debolezza e dipendenza di Susanna, crescevano anche i suoi desideri di annullare il fidanzamento. Forse, giunse alla decisione definitiva il giorno della prima, proprio mentre attendeva di entrare in scena per iniziare il soliloquio. Si trovava lì, in uno dei momenti cruciali della sua carriera, pronto ad eseguire una performance che gli sarebbe valsa un posto nell’olimpo di Broadway. Il suo cuore batteva all’impazzata mentre ripensava a Rockstown. Era stata Candy a dargli la forza di lasciare l’Inghilterra anni prima ed era stata sempre lei a dargli il coraggio di riprendersi da quello squallido posto dell’Illinois, affinché potesse essere lì oggi a godersi il suo momento di gloria.

Il sipario si aprì e il giovane attore si rivolse al pubblico iniziando il soliloquio. Il suo sguardo spaziava per il teatro mentre le sue labbra ripetevano le ben note battute. Nell’oscurità vi erano così tanti volti che lo scrutavano attentamente, alcuni carichi di aspettative, altri forse di ammirazione….così tanti volti…ma l’unico che avrebbe desiderato vedere, pieno di amore e rassicurazione, l’unico al quale avrebbe voluto gridare "Tutto questo è per te! Sei stata tu ad avermi reso ciò che sono oggi!" non era lì fra loro.

"Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione".






Recitò mettendo in mostra tutto il suo talento e una volta alla fine, si rese improvvisamente conto di una cosa. Non doveva essere per forza così. Poteva cambiare le cose. Non doveva ripetere gli stessi errori in cui erano incorsi altri prima di lui. C’era qualcos’altro oltre una falsa ideologia di coscienza, dovere e onore. La risolutezza era tutto ciò di cui aveva bisogno.

"È stato allora che ho deciso che ti volevo lì tra il pubblico e accanto a me. Volevo condividere con te i successi che il mio talento e l’onestà del mio lavoro potevano aiutarmi a conseguire ed avevo bisogno di te per affrontare le difficoltà del futuro. Non mi bastava più il mero ricordo del passato che avevamo condiviso, desideravo averti accanto a me nel presente!" disse a sua moglie.

"Non avevi paura delle difficoltà che avresti dovuto affrontare?" gli chiese.

"Oh sì! La cosa che mi terrorizzava di più era l’eventualità che mi avessi già dimenticato! Tremavo all’idea che potessi rifiutarmi perché qualcun altro aveva già preso il mio posto. Non hai idea di quanto mi abbia torturato questo pensiero", rispose lui, attirandola istintivamente a sé.

"Da quando ti ho conosciuto, Terence, non ho amato altri che te," lo rassicurò lei e per un po’ nessuno dei due disse più nulla mentre lui prendeva possesso delle sue labbra.







image078hl



"Ho conosciuto Terence su una nave. Era la notte di capodanno, faceva freddo e c’era tanta nebbia. La testa mi girava un po’ per via dello champagne ed era ancora viva in me la sofferenza per la perdita di una persona cara. Dunque, non credo che avessi la lucidità di capire molto di lui al nostro primo incontro. Tuttavia, mi resi successivamente conto che era estremamente diverso dalle altre persone che conoscevo. Ben presto dopo quel primo incontro, i suoi inspiegabili cambi d’umore, le sue tante contraddizioni, i suoi rari sorrisi e la sua sfrontatezza iniziarono a disorientarmi e fu così per lungo tempo durante i primi mesi della nostra amicizia. Ora che ci ripenso, devo riconoscere che malgrado il mio atteggiamento difensivo, ero terribilmente attratta da lui fisicamente. Cercai di oppormi a questa attrazione perché lo consideravo inopportuno, lui era così diverso dagli altri ragazzi che conoscevo. Eppure, mi aprì il suo cuore e mi resi conto di che persona meravigliosa fosse e di come un giorno si sarebbe trasformato in un perfetto gentiluomo. A maggio ero già innamorata cotta, ma non volevo ammetterlo. Di fatto, non lo confessai nemmeno a me stessa finché lui non lasciò la Saint Paul School. Da quel giorno a Southampton, ho avuto la certezza di amarlo disperatamente, con una forza che andava oltre la mia ragione e la mia volontà. Sono certa che questo amore sarebbe sopravvissuto anche se non ci fossimo riconciliati, ma ora non devo più preoccuparmi di reprimere i miei sentimenti. Non più!"
La giovane spalancò la finestra per fare entrare l’aria fresca del mattino. Da dove si trovava, poteva scorgere in lontananza uno stormo di uccelli che sorvolava i tetti del suo nuovo quartiere. I rumori della città iniziarono a risuonare nell’aria, mentre i primi passanti facevano la loro comparsa. Senza rendersene conto, iniziò a sorridere mentre si sistemava i biondi riccioli che le ricadevano morbidi sulle spalle. Era una mattina come tutte le altre, ma per la giovane era il giorno più bello della sua vita. La notte appena trascorsa l’aveva resa donna nelle braccia dell’uomo che amava. Sì, era il giorno più bello della sua vita.

image078hl








FINE



Edited by sailor74 - 8/6/2012, 11:48
 
Top
view post Posted on 8/4/2012, 20:25     +1   -1
Avatar

Group:
FANatic
Posts:
2,061
Location:
Milano

Status:


L'avevo già letto in Inglese--Jo è sempre grande - ma in Italiano si gode meglio e si può rileggerlo a iosa perciò:





 
Top
klimt_1974
view post Posted on 9/4/2012, 08:42     +1   -1




Semplicemente stupendo! Solo poche autrici sono riuscite ad eguagliare la grande Alys, ovviamente questa è la mia opinione personale.

Grazie anche da parte mia :tesoro: :rose rosa:
 
Top
Meidou
view post Posted on 9/4/2012, 09:04     +1   -1




CITAZIONE
"C’è una fondamentale differenza!" intervenne lui con forza. "È legittimo offrire aiuto ad un’amica in difficoltà come atto di riconoscenza e gratitudine, ma fare una promessa che non si è in grado di mantenere solo perché ci si sente in colpa è assolutamente sbagliato! Dio mio, Candy, è stato immorale offrire la mia mano in matrimonio a una donna che non amavo. . . che non avrei potuto amare!" disse lui accompagnando le sue parole con un deciso gesto delle mani.

CITAZIONE
"Quello non era amore, Candy. Non lo capisci?" le rispose lui, alzandosi in piedi e iniziando a percorrere la stanza a grandi passi. "È possibile amare qualcuno e obbligare comunque l’oggetto del tuo amore a soffrire, quando è in tuo potere liberarlo da tanta sofferenza? Forse la sua non era che un’infatuazione, una perversa ossessione nei miei confronti per qualche assurda ragione, ma sicuramente non era amore. . . Ne sono certo. . . So riconoscere l’amore quando lo vedo. . . è qualcosa di troppo nobile per essere guidato dall’egoismo. Lo so perché l’ho provato in passato". E nell’affermare queste parole, si girò a guardarla con uno sguardo carico di significato che lei non fu in grado di sostenere.

CITAZIONE




"Quando ho ritrovato il mio lavoro ed il mio orgoglio, ho iniziato a vedere le cose sotto una luce diversa. Ho osservato il comportamento di Susanna, la sua totale dipendenza da me, la sua ossessiva insistenza ad essere trattata come un’invalida, i suoi modi capricciosi, i repentini cambi d’umore ed i tentativi costanti di manipolare le mie decisioni. Credimi, Candy, non è la ragazza di buon cuore che credi tu, né una donna per la quale potrei mai provare rispetto e amore".

Sono 30 anni che aspetto che lui dicesse queste parole....

Bellissima fic! grazie mille!
 
Top
view post Posted on 9/4/2012, 10:08     +1   -1

Group:
FANatic
Posts:
343
Location:
Roma

Status:


"Io. . .Io ti amo. . . disperatamente, come e più del primo giorno"

Questo, invece, era quello che aspettavo io da più di 30 anni!!!

Baci a tutti/e
 
Top
view post Posted on 9/4/2012, 10:26     +1   +1   -1
Avatar

Group:
FANatic
Posts:
2,061
Location:
Milano

Status:


Idem come sopra!
Baci a tutti/e.


:giusy: :mizia: :mizia: :giusy:
 
Top
view post Posted on 9/4/2012, 13:53     +1   -1
Avatar

Group:
Fan
Posts:
150

Status:


Grazie! Bellissimo
 
Top
view post Posted on 10/4/2012, 10:18     +1   +1   -1
Avatar

Group:
FANatic
Posts:
2,960
Location:
Toscana

Status:


CITAZIONE
"Un attimo dopo, le sue labbra si poggiarono delicatamente sulle sue con grande tenerezza. Candy sarebbe svenuta se non ci fossero state le braccia di Terence a sorreggerla. Sentì il suo corpo attraversato da una corrente elettrica. Cercò di ritrovare l’equilibrio appoggiando entrambe le mani sulle braccia di lui e ansimando leggermente, finendo inconsapevolmente per incoraggiare una reazione ancora più appassionata del giovane.
Lui aveva smesso di pensare nel momento in cui lei gli aveva confessato di amarlo ancora. Quando lei schiuse le sue labbra sotto le sue, pensò che si trattasse del totale abbandono che aveva così lungamente agognato. Pertanto, rese volutamente il bacio più maturo in profondità e passione."

....Te l'ho già detto, ma qui lo confermo. Io invece aspettavo questo: che finalmente Candy accettasse, con la consapevolezza di una giovane donna - in Scozia, nell'anime, e alla festa di maggio, nel manga, forse era ancora troppo presto per la nostra fanciulla con i codini... - il bacio di Terence che anche lei voleva quanto e forse più di lui. Un bacio che sarebbe stato solo l'inizio di una lunga serie... forever...

Grazie Sailor...

Edited by candyforever - 1/9/2012, 21:52
 
Top
view post Posted on 10/4/2012, 14:35     +1   +1   -1

Group:
FANatic
Posts:
966
Location:
WonderLand

Status:


gif Che dire.... Semplicemente meraviglioso!!! Davvero un brano emozionante e dolcissimo.
Grazie Sailor per aver condiviso con noi la tua splendida traduzione. :wub: :wub: :wub:
 
Top
view post Posted on 15/4/2012, 14:25     +1   -1

Group:
FANatic
Posts:
300
Location:
Torino

Status:


Bella questa FF della Hymes.

Grazie Sailor per l'ottima traduzione ed interpretazione che ne hai dato, e per averla condivisa con noi. :giusy:


57HlS Vx7iQ
 
Top
goldeneye
view post Posted on 27/4/2012, 15:38     +1   -1




Ciao, ho visto che nel sito inglese è disponibile la versione inglese in pdf di The Seasons of Daffodils, che in tutta onestà è la FF straniera più bella che abbia mai letto della stessa autrice...una meraviglia per gli occhi e il cuore, che supera persino la grande Mercurio. Apparentemente Josephine Hymes ha messo in linea nel sito statunitense la versione editata della sua storia con alcuni miglioramenti, nuove immagini dell'illustratrice Rosemary555, e c'é anche lo zampino di una ragazza italiana che è stata messa nei credits per avere aiutato nell'editing e nel miglioramento della versione definitiva della storia.

https://candyterry.com/the.season.of.the.daffodils.pdf

Una meraviglia!!
 
Top
goldeneye
view post Posted on 28/4/2012, 17:32     +1   -1




Ho letto la traduzione. Da traduttrice è bello e consolante vedere traduzioni fatte da vere traduttrici professioniste e che lo fanno gratuitamente per gli altri. Spero che un giorno in questo bel sito riuscirà ad ospitare anche una traduzione pulita, precisa e professionale del lavoro più grande di Jo, The Season of the daffodils (la stagione dei narcisi), che onestamente merita un trattamento particolare e professionale che possa rendere veramente in maniera esatta quello che la meravigliosa autrice Josephine Hymes è riuscita a creare.

Non intendo scoraggiare le tante persone che si cimentano o si sono cimentate per diletto con lavori di traduzione, anzi.

Ci sono tuttavia alcuni capolavori come The Season Of The Daffodils che veramente meriterebbero un occhio di riguardo e un’attenzione maggiore, ma da parte di persone che traducono libri per professione. Il tempo mi manca ma spero che qualche professionista si possa fare avanti per fare vera giustizia a questo capolavoro (oltre alla traduzione amatoriale già esistente in un altro sito, che sono sicura sarà costata molto tempo e fatica e che ha dato già accesso a molte persone alla storia).
 
Top
Perlad'argento
view post Posted on 28/4/2012, 18:40     +1   -1




grazie della traduzione
 
Top
goldeneye
view post Posted on 28/4/2012, 19:16     +1   -1




QUOTE (klimt_1974 @ 9/4/2012, 09:42) 
Semplicemente stupendo! Solo poche autrici sono riuscite ad eguagliare la grande Alys, ovviamente questa è la mia opinione personale.

Grazie anche da parte mia :tesoro: :rose rosa:

Concordo pienamente. meravigiosa ed elegante. Letto e straletto in inglese. Grande autrice emergente.
 
Top
Andy Grim
view post Posted on 1/5/2012, 21:18     +1   -1




:andy:

Molto bella! Non vorrei far torto ad altre autrici del Forum, ma mi viene da dire che il Terence di questa storia è uno dei migliori fra i tanti "extra-originali".
Mi è piaciuto davvero il dialogo con Candy!

Complimenti all'autrice e alla sua traduttrice!

:I love candy:
 
Top
38 replies since 8/4/2012, 18:42   6783 views
  Share