Candy Candy

Candy e la rinuncia

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view post Posted on 11/11/2012, 19:46     +1   -1
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Ciao a tutti
Sulle ali del’incoraggiamento di Sciara, eccomi qui, dopo aver esposto il mio punto di vista sulle motivazioni che stanno dietro alle scelte di Terence nell’apposita discussione, a dare sfogo a una serie di altre riflessioni sull’agire di Candy e sulle scelte che Kioko Mizuki le fa compiere nel corso di tutta la storia, influenzando inevitabilmente i destini di coloro che le stanno attorno.
Ovviamente, anche qui uno dei perni della discussione non può che essere il momento della Separazione tra Candy e Terence, momento supremo che mette a nudo la loro vera essenza, mostrandoci le loro personalità senza nessuna copertura, senza sovrastrutture, due anime di fronte al proprio destino.
Su Terence tanto abbiamo discusso in questi anni e il suo travaglio interiore ci ha sempre lasciate lacerate; ma ho avuto come la sensazione che le motivazioni di Candy in quella circostanza fossero un po’ messe nell’ombra, sia dall’autrice sia dai lettori, per lasciare più ampio spazio al suo dolore successivo al ritorno a Chicago.
E invece, credo che il ruolo di Candy, lungi dall’essere quello di un comprimario, sia stato proprio quello più determinante nel decidere le sorti di tre ragazzi, non dimentichiamolo, totalmente in balia di circostanze più grandi di loro.
Non credo, come qualcuno lecitamente afferma, che Terence avesse già deciso di lasciare Candy quando lei arriva a New York. Nell’anime questo mi appare abbastanza chiaro. Leggendo il manga qualche dubbio in più mi è venuto, ma alla fine sono rimasta della mia idea. Sono diversi i fattori che mi spingono in questa direzione, ma il più importante è uno: non posso credere che, per quanto confuso e sofferente, Terence avrebbe consentito di far fare alla donna che amava tanto un viaggio così lungo, nell’inganno di credere che sarebbe rimasta con lui per sempre, sapendo già che le avrebbe spezzato il cuore. Il Terence che conosciamo non lo avrebbe mai fatto. Forse, non per un senso dell’onore (che lo lacerava sin dai tempi del conflitto con il padre) ma di sicuro per AMORE. Stiamo parlando dell’uomo che dà la svolta alla sua vita e smette di bere per amore di una donna di cui crede di avere avuto una VISIONE!
Quindi, credo che tutto fosse ancora in discussione quando Candy arriva a New York.
Partendo da questo presupposto, possiamo leggere la Separazione come una tragedia in cui ciascuno dei protagonisti scrive il proprio copione mentre lo recita.
Candy che parte dal teatro per convincere Susanna a lasciare libero Terence e, di fronte al tentativo di suicidio (non è la scoperta della gamba amputata la leva della decisione di Candy, ma la rivelazione di quanto Susanna sia innamorata di Terence al punto di volersi suicidare per lui; questo è un punto importante) decide di farsi da parte.
Terence che accetta di restare con Susanna, ma poi sembra voler trattenere per sempre Candy su quelle scale, stringendola a lui.
Susanna che altalena in continuazione tra egoismo e blandi scatti di generosità in un timido tentativo di liberare Terence.
Alla fine, più forte di tutto e tutti sarà la forza della rinuncia, vera forza motrice di Candy che, fedele al suo personaggio altruista fino all’eccesso, si sacrifica per tutti, non sapendo di condannare tutti all’infelicità.
Il concetto di rinuncia è piuttosto marcato lungo tutta la storia di Candy: sebbene volitiva e anticonvenzionale in tutto e con tutti gli altri, sembra che nel suo interagire con Terence, prevalga sempre un senso di privazione: quando entrambi lasciano la St. Paul School paiono rassegnati a non fare nulla per rivedersi e, se non fosse per una fortuita rappresentazione a Chicago, probabilmente non avrebbero mai di loro iniziativa messo in moto le forze per rivedersi.
A Candy basta una Susanna qualsiasi che le dice che Terence sta già riposando per rinunciare a vederlo, dopo averlo cercato per tutta la notte negli hotel di Chicago.
Per non parlare della notte della Separazione, quando nel giro di pochi minuti, per quanto con ancora davanti agli occhi la scena di Susanna sul punto di gettarsi di sotto, decide di rinunciare all’amore della sua vita, senza neanche pensarci su due volte e dando per scontato che sia la cosa migliore per tutti…
Ma soprattutto, l’apoteosi della rinuncia candiana nei confronti di Terence è a Rocktown.
Inconcepibile agli occhi di un occidentale la scelta di voltarsi e andarsene, lasciando Terence in quel luogo orripilante, solo con una vaga speranza che si sia ripreso.
La Candy che aveva affrontato poco più che bambina uno spaventoso viaggio verso il Messico, che aveva attraversato l’oceano da sola a 15 anni e senza un soldo, la ragazza che sfida Neal e tutta la famiglia Andrew senza paura, soprattutto l’impavida infermiera che fa di tutto per far restare Albert con lei affinchè riacquisti la memoria, con il coraggio e la determinazione di un leone e per giunta innamorata pazzamente dell’uomo in pezzi su quel palco, davvero poteva andarsene in quel modo senza averlo preso e trascinato con le sue mani fino a Broadway e alla dura riabilitazione, qualunque fossero i suoi intenti rispetto al futuro della loro relazione?
No, se si legge l’episodio con gli occhi di un’occidentale.
Poi, proprio quando stavo cominciando a pensare veramente le peggiori cattiverie verso la Candy di Rocktown, mi è capitato di leggere per puro caso un libro di un filosofo giapponese del XX secolo che mi ha parzialmente illuminata.
Premetto che non so assolutamente nulla di cultura giapponese se non ciò che ho scoperto su questo libro, letto solo perché sono una lettrice onnivora, e quindi immagino che potranno esserci persone molto più competenti di me in giro per questo forum pronte a smentirmi, ma vorrei citare il concetto di IKI.
In pratica, con questo termine si intende “tutto ciò che è degno di considerazione” e questo autore (Kuki Shuzo) sostiene che la grandezza di questo concetto sta nel racchiudere al suo interno i tre capisaldi della cultura giapponese: la seduzione, l’energia spirituale e la RINUNCIA. Tra l’altro, secondo questa cultura, la rinuncia enfatizza il potere della seduzione perché quest’ultima (che possiamo forse avvicinare al concetto di amore passionale degli occidentali) solo quando non si realizza rimane perfetta. La seduzione deve rinunciare al suo fine per essere compiuta…
Eccola qua, la sora Mizuki ha colpito ancora senza che nemmeno ce ne accorgessimo!
Dopo avere imbrigliato e costretto Terence nei dettami di un senso dell’onore e del debito di cui si è discusso a lungo in “Terence e i motivi del suo agire” ha tirato fuori dal cappello l’altro caposaldo della cultura giapponese – la rinuncia e l’IKI – per far muovere Candy nei binari della più stretta tradizione. Nonostante scriva la storia una ragazza anticonformista dei primi del ‘900, è quanto di più conservatore e tradizionalista la sua autrice potesse concepire, evidentemente in linea con le sue idee (e, sia detto questo, assolutamente senza alcuna critica, ma come semplice osservazione).
Ma chi fra Candy e Terence è sempre stato più fedele alle regole? Sicuramente non l’uomo che fumava, beveva e infrangeva tutti i codici della nobiltà fin da ragazzo…
La ribellione di Candy è più contenuta nei binari di una sana esuberanza, semmai.
Insomma, Sembra che Mizuki voglia piegare i due ragazzi al concetto di rinuncia, su quelle scale, ma solo Candy segue il copione dell’autrice, alla fine, mentre Terence, come sempre, non ci sta e si ribella. Nel momento decisivo qualcosa scatta dentro di lui e le braccia che si stringono attorno alla sua amata rappresentano proprio l’antitesi della rinuncia: trattengono, anzicchè lasciare andare.
Proprio a Terence, l’eroe che per onore avrebbe dovuto incarnare tutti i più alti dettami della cultura giapponese e poi togliersi educatamente dalla scena, per far posto al ben più rassicurante Albert, tocca il compito invece di urlare per l’ultima volta la sua ribellione verso l’autrice e la cultura che rappresenta (possibile che Mizuki non l’abbia capito, mentre scriveva?) gettando in faccia a degli spettatori ubriachi e distratti tutto il suo dolore da uno scalcinato palco di Rocktown.
Ma per fortuna ecco arrivare Candy a rimettere le cose a posto e, dopo averlo visto risorgere dalle sue ceneri come l’araba fenice, confermare ancora una volta la sua vocazione all’IKI.
Poco importa che lo stia lasciando tornare, sia pure sobrio e –forse- guarito, a quella vita che lo aveva reso così disperato. Solo nella rinuncia il loro amore trova compiutezza, come ci insegna l’IKI.
E’ un po’ lo stesso meccanismo per cui Susanna, personaggio discutibile ma coerente, tra lo stupore di tutte noi, lettrici emancipate del XXI secolo, nonostante si accorga della sofferenza dell’uomo che ama morbosamente, non lo libera nè lo libererà mai dalle catene emotive del senso di colpa, preferendo che le stia accanto, sia pure senza amarla e forse, velatamente, disprezzandola. Questo perché la cultura giapponese immagino non conosca il concetto di orgoglio, ma solo di rinuncia come benefico elemento di innalzamento spirituale.

Insomma, nell’intreccio di questi personaggi e nelle loro vicende, quasi inconsciamente Mizuki ci ha servito e fatto struggere per anni con l’ultimo paradosso frutto della sua penna conservatrice: credevamo che ci stesse raccontando la storia di un’eroina che sfida le convenzioni e vive la sua vita senza curarsi delle tradizioni e invece la nostra amata Candy, l’apparente ribelle, nel profondo e inconsciamente si rivela la più tradizionalista paladina del valore giapponese della rinuncia.

Ovviamente, si tratta solo di mie riflessioni e pensieri in libertà, senza nessun marchio di infallibilità, frutto dell’amore per questa storia e i suoi indimenticabili personaggi, che mi fa piacere condividere con tutti voi, visto il piacere che mi ha dato entrare in contatto con le vostre. Se vi va, sarò molto felice di conoscere il vostro punto di vista!

Ciao a tutti/e
CdF

Edited by cerchi di fuoco - 12/11/2012, 13:34
 
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view post Posted on 12/11/2012, 14:08     +1   -1
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Cara Cerchi, lo spaccato psicologico che hai fatto dei due protagonisti, in una chiave di lettura squisitamente giapponese, mi ha incantata! Frequento questo forum già da un po' di tempo ma non ho ancora letto il topic "Terence ed i motivi del suo agire", avendo preferito dare spazio prima all'analisi da te postata. Leggere della lacerante separazione tra questi due giovani mi fa sempre male al cuore e concordo quasi in toto con quanto da te scritto. Dico quasi perché la penso diversamente in merito alla presunta rassegnazione che Candy e Terence avrebbero riguardo alla possibilità di ritrovarsi dopo aver lasciato la St. Paul School. A questo proposito infatti io ho un'opinione diversa perché credo che le difficoltà che i due giovani incontrano fino al loro incontro a New York siano esclusivamente frutto della tecnica narrativa della Mizuki. Dal momento in cui Terence lascia il collegio tutto sembra congiurare contro di loro: il mancato incontro al porto, il non essersi incrociati per un soffio alla casa di Pony, il fugace saluto dal treno in corsa dopo che entrambi avevano passato la notte precedente a cercarsi... In tutto questo tempo però non hanno mai smesso di pensarsi, di scriversi, di amarsi, confidando e sperando ardentemente quindi di potersi ritrovare.

Il concetto di IKI come sublimazione della seduzione attraverso la rinuncia che hai portato in questa sede è bellissimo. Non lo conoscevo ma mi sembra perfettamente in linea con la concezione orientale dell'onore.

Concordo pienamente anche con la tua visione relativa a Susanna. Dev'essere forse per questo che in Final Story la Mizuki, rimettendo a posto un po' di cose e volendo dare dei tratti più decisi ai suoi personaggi, ne esalta i lati negativi, dicendo che l'attrice ha anche nascosto le lettere che Candy aveva inviato a Terence. Poi, in un crescendo di "bisogno di pareggiare i conti", la toglie addirittura di mezzo. Al di là delle opinioni, più o meno serie o scherzose che ci sono su questo forum e altrove su Susanna, credo che in fondo agli occhi di un occidentale questa possa sembrare una scelta troppo drastica, ma non certo agli occhi di un giapponese, che probabilmente ha una concezione dei valori fondamentali della vita più marcata, più a tutto tondo e ben definina, sicuramente più ricca di sfumature ma caratterizzata da minori sfaccettature e contraddizioni rispetto alla nostra. Insomma, per far sì che Terence si liberasse di Susanna era necessario che lei morisse: una semplice presa di coscienza da parte della ragazza dell'errore commesso, per averlo voluto legare a sé a tutti i costi, alla Muzuki non bastava. Il senso dell'onore di Terence doveva rimanere intatto e non so se l'autrice abbia fatto questa scelta per un grande amore verso quello che si connota come un personaggio di spiccato rilievo nella storia, nei confronti del quale forse pensava di essere (giustamente) in debito, o per amore dell'onore stesso.

Ad ogni modo trentacinque anni (1975 uscita del manga - 2010 uscita di Final Story) non devono essere passati invano neanche nel Paese del Sol Levante dal momento che la Mizuki alla fine ha premiato la sua eroina regalandole la giusta e meritata felicità accanto all'amore della sua vita. Certo, se anche noi potessimo sapere chi è saremmo magari più contenti ma... dura lex, sed lex!;).

Spero che continuerai la tua analisi in questo topic, mi è piaciuto davvero tanto leggerti. :mizia: :giusy:

Edited by candyforever - 12/11/2012, 14:40
 
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view post Posted on 12/11/2012, 15:16     +1   -1
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Questo topic è davvero molto interessante... lo stavo attendendo con molta curiosità e sono felice di averlo finalmente trovato questa mattina!

Mi è servito per chiarirmi le idee su molti passaggi del manga e mi sono affiorati nuovi dubbi. Purtroppo adesso non ho il tempo di postare le mie considerazioni perché devo consegnare un lavoro entro breve... ma mi riservo di tornare sull'argomento nei prossimi giorni... questa nuovissima discussione merita tutta la mia attenzione... non voglio avere altre distrazioni.

Per adesso ti dico solo Grazie CdF!
Grazie di cuore!
 
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view post Posted on 12/11/2012, 19:23     +1   -1
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Grazie, care amiche.
Aspetto con ansia le riflessioni di Sciara e mi fa moltissimo piacere leggere il puntuale punto di vista di una veterana come Candyforever,
Cara Candy, rispetto alle tue osservazioni sull’apparente scarsa volontà che i due protagonisti dimostrano fino all’incontro di Chicago, voglio chiarire meglio il mio punto di vista, che forse sembrava un po’ diverso da quello che penso.
Sono assolutamente d’accordo con te quando dici che per tutto il tempo in cui sono stati separati fin dalla partenza di Terence dalla St. Paul School i due ragazzi non hanno smesso di pensarsi, amarsi e sperare di rincontrarsi. Il legame tra loro non si è mai spezzato. Però, da quando Candy fa la corsa in carrozza verso Southampton fino al momento in cui apprende che Terence è a Chicago per una rappresentazione, questa speranza non si concretizza in atti materiali di ricerca di contatto. Terence avrebbe potuto scrivere alla St. Paul School (dove credeva di aver lasciato Candy) o, nel dubbio, anche alla casa di Pony (dove, di sicuro immaginava che Candy sarebbe tornata qualora avesse lasciato l’Inghilterra) ma non lo fa.
Per Candy, un po’ più difficile, l’unico legame forse poteva essere la madre di Terence, ma ammetto che era piuttosto fragile.
L’incontro mancato di poco alla casa di Pony, sebbene uno dei momenti a mio avviso più tristi e struggenti per il quale non ho mai perdonato l’autrice è fortuito: nessuno dei due sapeva che avrebbe trovato lì l’altro, nel convergere verso quel punto.
E’ come se i due ragazzi, pur totalmente innamorati e desiderando con tutte le loro forze rivedersi (lo pensano e lo dicono con continuità e forza ) lascino però nelle mani del destino la possibilità di coronare il loro sogno. Questo ruolo del destino nelle loro vite è un po’ rappresentato dalle parole che il vecchietto dice a Candy sul molo di Southampton : “nella vita ci sono gli incontri e gli addii, se si vive abbastanza un giorno ci si ritrova”. E così Candy e Terence lasciano al destino il compito di riunire le loro due anime gemelle che mantengono un filo invisibile per tutto quel tempo.
Poi, quando Terence arriva a Chicago , è come se il destino si fosse compiuto. Infatti, se non mi sbaglio, è da quel momento che entrambi ricominciano a scriversi.
Dico questo solo per chiarire che, pur in un topic sulla rinuncia, non voglio assolutamente e in nessun modo sminuire con le mie parole la forza del legame tra Candy e Terence.
Poi, sono anche d’accordo con te che questo lungo silenzio era una scelta dovuta da parte di Mizuki, per permettere alle varie pedine della storia di muoversi nella giusta direzione.

Bella anche la tua osservazione sulla coerenza di Mizuki che, a distanza di tre decenni per chiudere il cerchio del senso dell’onore orientale toglie di mezzo Susanna, non bastando una molto occidentale presa di coscienza.
"Dura lex sed lex" è fantastico potrebbe essere lo slogane la conclusione di tutte le nostre dissertazioni sugli intenti Mizukiani, non trovi?
Ah, per quanto riguarda Final story, personalmente come ha già detto qualcun altro su questo forum , “finchè non sarò sicura che è Terence, non voglio sapere chi è Anohito!”
:mizia:
E' bello condividere con voi!
A presto!
CdF
 
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view post Posted on 13/11/2012, 02:36     +1   -1
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CITAZIONE (cerchi di fuoco @ 12/11/2012, 19:23) 
Ah, per quanto riguarda Final story, personalmente come ha già detto qualcun altro su questo forum , “finchè non sarò sicura che è Terence, non voglio sapere chi è Anohito!”
:mizia:

Heheheheh, me too :P :) ;).


CITAZIONE (cerchi di fuoco @ 12/11/2012, 19:23) 
E' bello condividere con voi!
A presto!
CdF

E' vero Cerchi è bellissimo lo scambio di idee che si crea intorno a questa storia e molto spesso, almeno per quanto mi riguarda, apre la mente verso nuove prospettive nell'analisi degli avvenimenti... Ad esempio, dopo le tue osservazioni relative al mancato incontro alla casa di Pony, riconosco che il tuo punto di vista ha messo meglio "a fuoco" ;) la situazione rispetto alla visione che ne avevo io. Il mancato incontro lì è dovuto semplicemente ad una fatalità, che Candy e Terence sembrano voler continuare ad accettare almeno fino a quando le loro vite non avranno preso la giusta direzione per potersi ricongiungere. Questo sarebbe dovuto avvenire, appunto, a New York, quando lui le invia un biglietto di sola andata per la prima di Romeo e Giulietta. Lei è ormai un'infermiera diplomata e ha sfidato tutte le convenzioni sociali dell'epoca per potersi prendere cura di Albert, lui un astro nascente del teatro. Poi sappiamo che le cose sono andate come sono andate. Loro non hanno lottato: Candy decide, in pochi minuti, forse secondi, di rinunciare; lui, attonito, subisce... Dove sono la coraggiosa ragazza che lascia di soppiatto la Saint Paul School per cercare da sola la sua strada e l'adolescente che, a neanche diciassette anni, diventa cavallerescamente uomo dimostrando un senso di responsabilità da far invidia a tanti adulti ed una nobiltà d'animo di spessore ben più elevato di quello del casato da cui proviene, dato che rinuncia al nome e a tutti i privilegi che il suo rango gli concede per proteggere il suo amore? Subiscono, entrambi. O, forse, su quelle dannate scale esprimono la quintessenza del loro essere accettando in un atto di coraggio estremo (perché se di vigliaccheria non si tratta solo di questo può trattarsi) la triste strada che un destino (o forse un'autrice ;) ?) crudele ha tracciato per loro...

Mi piacerebbe avere più tempo per approfondire e discutere tutto questo ma, ahimé, il tempo è tiranno... Guarda a che ora scrivo, sigh!

Sogni d'oro... :sciara:
 
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view post Posted on 14/11/2012, 22:02     +1   -1
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CITAZIONE (candyforever @ 13/11/2012, 02:36)
Dove sono la coraggiosa ragazza che lascia di soppiatto la Saint Paul School per cercare da sola la sua strada e l'adolescente che, a neanche diciassette anni, diventa cavallerescamente uomo dimostrando un senso di responsabilità da far invidia a tanti adulti ed una nobiltà d'animo di spessore ben più elevato di quello del casato da cui proviene, dato che rinuncia al nome e a tutti i privilegi che il suo rango gli concede per proteggere il suo amore? Subiscono, entrambi. O, forse, su quelle dannate scale esprimono la quintessenza del loro essere accettando in un atto di coraggio estremo (perché se di vigliaccheria non si tratta solo di questo può trattarsi) la triste strada che un destino (o forse un'autrice ;) ?) crudele ha tracciato per loro...

Bellissime parole e giustissimo!
E questa tua considerazione mi fa venire in mente che c'è quasi una specularità tra i comportamenti di Candy e Terence in questi due momenti cruciali della loro storia.
Entrambi, in un certo senso scelgono anche per l'altro, credendo di farne il bene e invece condannadolo all'infelicità.
Terence che lascia la St. Paul School senza neanche informarne Candy se non con uno stringato e laconico biglietto che lei leggerà solo dopo la sua partenza.
e Candy che decide di lasciarlo in quel maledetto ospedale di New york senza neanche pensare di parlargli se non, se fosse per lei, per un saluto distaccato.
Sì, almeno qui, la coerenza di Mizuki è veramente impeccabile..

Parlando con voi , mi convinco sempre più che solo la grande personalità di Terence che si è ritrovata per le mani quasi senza accorgersene, nonostante fosse una sua creatura, poteva tentare di rompere lo schema della sublimazione attraverso la rinuncia.

C'è solo da capire se in FS Mizuki avrà voluto premiare o punire Terence per tanta audacia...
:risata:

Edited by cerchi di fuoco - 16/11/2012, 22:02
 
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view post Posted on 16/11/2012, 05:16     +1   -1
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Dato che non riuscirò a ritagliarmi il tempo che avrei voluto dedicare a questa discussione farò un riassunto... :)

Leggere questo topic, come dicevo, mi ha offerto nuovi punti di vista.
Innanzitutto vorrei fare una considerazione sull’autrice che ha raccontato la storia di una ragazza occidentale che ha amici occidentali, che nasce e vive in occidente ma che, pur non avendo alcun contatto con il mondo e le consuetudini orientali, pensa, mangia e si comporta come un’orientale d.o.c.. Questo, a mio avviso, a meno che la Mizuki non abbia volutamente creato e usato Candy come canale di trasmissione per fare conoscere all’occidente le tradizioni e la gerarchia di valori orientali, è un limite per uno scrittore, è incapacità a calarsi in un’altra ottica, in un altro luogo o, peggio ancora, significa non avere approfondito lo studio dei costumi del paese nel quale ha ambientato la sua storia.
:Miki:

CITAZIONE (cerchi di fuoco @ 11/11/2012, 19:46) 
In pratica, con questo termine si intende “tutto ciò che è degno di considerazione” e questo autore (Kuki Shuzo) sostiene che la grandezza di questo concetto sta nel racchiudere al suo interno i tre capisaldi della cultura giapponese: la seduzione, l’energia spirituale e la RINUNCIA. Tra l’altro, secondo questa cultura, la rinuncia enfatizza il potere della seduzione perché quest’ultima (che possiamo forse avvicinare al concetto di amore passionale degli occidentali) solo quando non si realizza rimane perfetta. La seduzione deve rinunciare al suo fine per essere compiuta…

Il concetto di rinuncia è molto affascinante, devo ammetterlo e ti ringrazio ancora, mia carissima CdF, per avercene parlato, non solo perché mi appassiona e mi stimola conoscere e approfondire i credi e le usanze di una cultura complessa e intrigante come quella giapponese, ma anche perché, per certi versi, se la storia deve per forza concludersi così, se Candy e Terence devono necessariamente separarsi, il principio della rinuncia è l’unica cosa che, egoisticamente, mi rende meno amaro questo finale. Se, infatti, la seduzione per compiersi e rimanere perfetta, deve necessariamente rinunciare a se stessa, allora questo significa che l’amore tra Candy e Terence è salvo, è eterno, è perfetto! Terence è il vero amore di Candy, e non solo per noi che sogniamo il finale col duca dimissionario, ma (ed è questa la vera novità) per la stessa autrice.
Certo… potrebbe sembrare la ricchezza dei poveri… ma in realtà non lo è… e se devo scegliere, preferisco l’unione immortale delle anime a quella effimera dei corpi.

Infine vorrei concludere con una piccola critica alla nostra amata e odiata Mizuki (tanto per cambiare). Io, e questo anche grazie a voi due e ai vostri scambi CdF e Candyfor, credo di avere finalmente messo a fuoco cosa non mi piace e non riesco a mandare giù di questa storia oltre, ovviamente, al finale di Candy e Terence lontani. Al di là delle preferenze per Albert o per Terence trovo il finale del manga troppo banale perché troppo BORGHESE!
Albert diventa un abile uomo d'affari e Candy, stando alle lettere post manga, smette di essere Candy... scrive e aspetta lettere e attende il suo uomo che rientra a casa. L'attesa un concetto che cozza con la Candy che conosciamo e amiamo noi.
Alla fine, l’unico che rimarrà sempre se stesso è Terence. L’unico vero ribelle… l’unico vero anticonformista, l’unico vero libero pensatore!
Ma credo sia meglio approfondire l'argomento nel topic che riguarda Albert!

:mizia:

PS. Chiedo scusa se ho dovuto stringere il brodo e se a tratti la lettura risulta contorta... ma alle 5 del mattino si perde un po' di lucidità!
eheheheheheeh
me rinco!
:sciara:

Edited by sciara - 21/11/2012, 15:19
 
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dopo le vostre considerazioni su cui riflettere, vi lascio questa bellissima canzone di Claudio Baglioni che in questo momento in cui mi mancano le parole (ho bisogno di raccogliere le idee ;) ) esprime quello che sento e provo alla luce di quanto da voi Cdf, Candynafor e Sciara detto. :giusy:

http://youtu.be/vvkzPHFJT-8

Edited by italia74 - 13/10/2014, 17:52
 
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Grazie Ita per la canzone postata... :giusy:

CITAZIONE (cerchi di fuoco @ 11/11/2012, 19:46) 
...mentre Terence, come sempre, non ci sta e si ribella. Nel momento decisivo qualcosa scatta dentro di lui e le braccia che si stringono attorno alla sua amata rappresentano proprio l’antitesi della rinuncia: trattengono, anzicchè lasciare andare.
Proprio a Terence, l’eroe che per onore avrebbe dovuto incarnare tutti i più alti dettami della cultura giapponese e poi togliersi educatamente dalla scena, per far posto al ben più rassicurante Albert, tocca il compito invece di urlare per l’ultima volta la sua ribellione verso l’autrice e la cultura che rappresenta (possibile che Mizuki non l’abbia capito, mentre scriveva?) gettando in faccia a degli spettatori ubriachi e distratti tutto il suo dolore da uno scalcinato palco di Rocktown.

Bellissima e suggestiva questa interpretazione... credo che tu abbia colto nel segno!


CITAZIONE (candyforever @ 12/11/2012, 14:08) 
Insomma, per far sì che Terence si liberasse di Susanna era necessario che lei morisse: una semplice presa di coscienza da parte della ragazza dell'errore commesso, per averlo voluto legare a sé a tutti i costi, alla Muzuki non bastava. Il senso dell'onore di Terence doveva rimanere intatto e non so se l'autrice abbia fatto questa scelta per un grande amore verso quello che si connota come un personaggio di spiccato rilievo nella storia, nei confronti del quale forse pensava di essere (giustamente) in debito, o per amore dell'onore stesso.

Quando ho saputo della morte di Susanna, nonostante la mia poca stima nei suoi confronti, non vi nascondo che mi sono arrabbiata parecchio, non capivo la necessità di farla fuori... ma, in questa visione, il tuo ragionamento non fa una grinza e tutto ha tragicamente senso.
 
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Ragazze, questo topic aperto da Cerchi di Fuoco è bellissimo e pieno di spunti nuovi su cui riflettere. Per me, che non conosco nulla della cultura e del modo di pensare giapponese, se non per quel poco/tanto che ho letto proprio in questo forum, riguardo soprattutto al personaggio di Terence e alle motivazioni del suo agire, è doppiamente interessante. Inoltre l'analisi della separazione tra Candy e Terence, vista anche sotto questo nuovo punto di vista che prende in considerazione il concetto di rinuncia così splendidamente illustrato da CdF, ci fa forse comprendere meglio la contorta mente mizukiana. Anche se cercare di capire sì, accettare, beh questo è un altro paio di maniche perché io la penso esattamente come Sciara: se la Mizuki avesse scelto di ambientare la sua storia a casa sua, con personaggi giapponesi e non occidentali, avrebbe potuto benissimo farli agire come ha fatto, tutto avrebbe avuto un senso e una giustificazione nell'ottica di tutto quello che è stato detto sul senso dell'onore, del dovere, della riconoscenza e appunto della rinuncia. Ma il suo grande limite è proprio quello di non aver saputo "adattare" la sua mentalità, rigida più di quella della zia Elroy, ad una storia occidentale in tutto e per tutto, con personaggi anticonformisti, ribelli, onesti e caparbi, tranne che in quel dannato istante sulle scale dell'ospedale. Io, per quanto mi possa sforzare di comprendere il punto di vista mizukiano, non penso che riuscirò mai ad accettarlo, nemmeno nella mia ferma convinzione che Anohito sia Terry. Ci sarebbero stati mille e uno modi di far tornare Candy e Terence insieme, ma la Mizuki si trova costretta, per i limiti mentali e culturali che abbiamo detto, a far morire Susanna per rendere ciò possibile, senza nemmeno dare una possibilità di redenzione a questo personaggio e rendendolo, se possibile, ancora più odioso e odiabile. Ma così, come giustamente ha fatto notare CdF, l'onore di Terry è salvo ei poco importa che abbia quasi distrutto la sua vita nell'infelicità più totale lontano dalla donna che ama. Così come, alla luce delle nuove riflessioni, è salva la stoica ed onorevole scelta di Candy di "rinunciare".

E qui concludo, non prima di aver ringraziato anche Italia per la bellissima canzone postata.

:giusy: :giusy:

Edited by candy75 - 21/11/2012, 18:45
 
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Carissime, innanzitutto devo dire una cosa: leggere i vostri pensieri mi dà una bellissima sensazione, come di calda familiarità…come quella che si prova con le amicizie dell’infanzia, quelle che hanno un pezzo di storia comune al tuo che le rende affini elettivamente, ognuna nella sua individualità che fa crescere insieme.
Quindi grazie per questo tepore quasi “familiare”…

Grazie innanzitutto a Italia, che ci ha fornito la colonna sonora perfetta per questo topic, una canzone da brrrr-ivido che non conoscevo!

Riguardo ai nuovi elementi di analisi emersi dagli interventi di Sciara e Candy75, che ringrazio tantissimo, ovviamente hanno suscitato in me un fiume in piena di emozione, immedesimazione e riflessioni. Cercherò di tradurli, scusatemi se sarò ancora prolissa, ormai forse un po’ avete imparato a conoscermi e sapete che è il mio limite!

CITAZIONE (sciara @ 16/11/2012, 05:16)
Innanzitutto vorrei fare una considerazione sull’autrice che ha raccontato la storia di una ragazza occidentale che ha amici occidentali, che nasce e vive in occidente ma che, pur non avendo alcun contatto con il mondo e le consuetudini orientali, pensa, mangia e si comporta come un’orientale d.o.c.. Questo, a mio avviso, a meno che la Mizuki non abbia volutamente creato e usato Candy come canale di trasmissione per fare conoscere all’occidente le tradizioni e la gerarchia di valori orientali, è un limite per uno scrittore, è incapacità a calarsi in un’altra ottica, in un altro luogo o, peggio ancora, significa non avere approfondito lo studio dei costumi del paese nel quale ha ambientato la sua storia.
:Miki:

CITAZIONE (candy75 @ 16/11/2012, 17:47)
se la Mizuki avesse scelto di ambientare la sua storia a casa sua, con personaggi giapponesi e non occidentali, avrebbe potuto benissimo farli agire come ha fatto, tutto avrebbe avuto un senso e una giustificazione nell'ottica di tutto quello che è stato detto sul senso dell'onore, del dovere, della riconoscenza e appunto della rinuncia. Ma il suo grande limite è proprio quello di non aver saputo "adattare" la sua mentalità, rigida più di quella della zia Elroy, ad una storia occidentale in tutto e per tutto, con personaggi anticonformisti, ribelli, onesti e caparbi, tranne che in quel dannato istante sulle scale dell'ospedale. Io, per quanto mi possa sforzare di comprendere il punto di vista mizukiano, non penso che riuscirò mai ad accettarlo

Giusto, ragazze, giustissimo! Con me sfondate una porta aperta su questo punto sul quale mi sono tanto arrovellata. Che sia di origine caratteriale e di mentalità, come sostiene Candy75, o che derivi da un suo limite da autrice che non approfondisce come dovrebbe, per rispetto ai lettori, il contesto nel quale scrive, di sicuro Mizuki ha posto le basi di tutte le incongruenze di cui – con l’enorme rispetto e per quanto mi riguarda anche affetto per aver creato questa storia che amo – da 35 anni le chiediamo conto. Per quanto riguarda l’altra ipotesi esposta da Sciara, quella cioè in base alla quale la scelta di fare pensare e agire i suoi protagonisti come nipponici fino al midollo per fargli fare da ponte di comunicazione con l’occidente sulla cultura giapponese, non mi convince per un motivo molto semplice: se il suo intento fosse stato di avvicinare con la sua storia l’occidente all’oriente, avrebbe ambientato la storia in Giappone e allora nessuno avrebbe potuto accusarla di incoerenza, anzi. Forse le scelte dei suoi personaggi ci sarebbero apparse comunque discutibili, alla luce della nostra cultura, ma in quel caso almeno saremmo stati NOI dalla parte del torto. Mi dici che se avessi ambientato a Tokio le vicende della dolce orfana e dei personaggi che le ruotano attorno avresti avuto 1/1.000 della diffusione che ha avuto la tua storia forzatamente ambientata tra America e Inghilterra, cara Kioko? Beh, allora ti rispondo che non si può aver tutto e che avresti avuto la stima e l’ammirazione di quel millesimo che avesse saputo guardare oltre!
In fondo cosa rimproveriamo a Mizuki? Di non avere fatto una scelta di campo, di avere voluto “la botte piena e la moglie ubriaca”.
Proviamo a rovesciare la visuale: quanti esempi ci sono in letteratura, ma non solo, di autori occidentali che hanno ambientato le loro storie in Oriente, prendendosi la briga e la responsabilità di studiare, conoscere, inchinarsi e piegare la propria forma mentis per creare dei personaggi che agissero coerentemente in quel contesto a loro lontano e magari anche non condiviso, per quanto ammirato.
Due esempi per tutti: “Memorie di una Geisha” di Arthur Golden (americano), in cui sembra quasi di tornare indietro nel tempo e di volare nello spazio di 10.000 Km per muoversi tra le strade di Kioto insieme alla protagonista Sayuri. E non mi pare che Golden mandi le sue geishe a mangiare un Big Mac al Mc Donald’s di Kioto per fare un po’ di promozione agli U.S.A in Giappone!
E che dire allora di “Madame Butterfly” opera meravigliosa e struggente in cui, sulla musica di Puccini, Cio-Cio-San RINUNCIA (fai attenzione, Kioko, il librettista di Puccini si è preso la briga di studiare la tua cultura, visto che inserisce il tema a te caro dell’Iki in una sua opera di più di due secoli fa) alla vita piuttosto che combattere per il figlio contro il suo amore, nonostante l’abbia ripudiata - lui è occidentale e può permettersi di essere meno che onorevole.
(Tra parentesi, la storia di Pinkerton che ripudia la donna che gli ha dato un figlio, salvo tornare dopo qualche anno, sposato di fresco, a riprendersi il bimbo che era nato dal loro amore, strappandolo alla madre per condurlo con sé oltreoceano non vi ricorda qualcosa????)
Tutto questo per dire che comunque la si metta, Mizuki ha commesso veramente la più grande delle leggerezze, da cui discendono tutte le altre nostre frustrazioni nei suoi confronti.
Ma voglio mettermi per un attimo nell’ottica dell’autrice: ammettiamo pure per un attimo (sebbene per tutto quanto detto sopra mi sembri folle) che sebbene incoerente, la scelta di Mizuki fosse voluta. Che, dopo aver vagliato le varie opzioni abbia deliberatamente scelto di assumersi il rischio consapevole di ambientare la sua storia in occidente, per darle un maggiore seguito, ma di andare incontro alle convinzioni e alla cultura sull’onore e la rinuncia del pubblico giapponese, l’unico probabilmente che conoscesse davvero…
Mi piacerebbe davvero fare la prova del nove: per me sarebbe interessante, e mi chiedo se qui nel forum abbiate già trattato l’argomento o conosciate la risposta, sapere qual è il parere di questo benedetto pubblico giapponese. Cosa si dice nei blog e nei forum nipponici su questa storia? Il dibattito sul finale è intenso e appassionato come in occidente? Migliaia o forse centinaia di migliaia di FanFiction sono state scritte con finali alternativi perché quello Mizukiano risultava francamente indigesto? Tonnellate di inchiostro si sprecano per cercare di decifrare gli indizi sull’identità di Anohito? Perché se tutto ciò non avviene, se per i nostri fan del sol levante è tutto chiaro e definito e si sentono perfettamente a loro agio con la storia di Kioko Mizuki, essendogli bastato un solo istante, poche tavole del manga, appena una sfumatura nel movimento di Terence che scioglie l’abbraccio con cui cerca di trattenere Candy sulle scale, per comprendere che la seduzione stava trovando la sua sublimazione nella rinuncia…e non c’era altro da aggiungere su questo argomento…allora Mizuki ha almeno parzialmente raggiunto il suo intento. Ma se qualche perplessità e dibattito prospera anche nel paese del sol Levante, allora, cara Kioko, è meglio se fai harakiri, perché evidentemente c’è qualcosa che non gira come dovrebbe, nel tuo incastro perfetto... :sorrisone:
Chissà, vorrei davvero conoscere il punto di vista di qualcuno originario del Giappone, ma anche fan di Candy Candy, per essere sicura di avere un punto di vista comparabile col mio…


E, infine – e concludo la mia seconda filippica del topic- vi esprimo il mio punto di vista su ciò che davvero, in fondo al mio cuore, non perdono a Kioko Mizuki: la sua rigidità, la sua mancanza di visione. Perché io posso accettare tutto: posso accettare che Mizuki avesse voluto scrivere non una storia d’amore, ma una storia di maturazione attraverso le avversità; posso accettare che per farlo abbia anche voluto decretare la morte dolorosa di due dei personaggi più amati e amabili che aveva creato (morti delle quali una strumentale e necessaria rispetto alla sua trama, ma l’altra totalmente gratuita) posso capire, anche se non accettare che abbia deciso di far muovere i suoi personaggi finto-occidentali in una cornice di valori che non appartengono loro neanche un po’; posso perfino accettare la sua propensione sfrenata ai finali aperti che io detesto…ma ciò che veramente trovo imperdonabile per un’autrice (e l'ho messo a fuoco grazie ai vostri contributi) è che, pur partendo da tutte queste premesse non abbia saputo accorgersi di quale gioiello di inestimabile valore, artisticamente parlando, si fosse ritrovata per le mani, senza volerlo, con il personaggio eroico di Terence e il legame elettivo che aveva stretto tra lui e Candy. Aveva tra le mani un’opera d’arte –creata con le sue stesse mani - e non se ne è accorta, preferendo continuare a scrivere la sua storia. Ha delineato riga dopo riga i tratti di un eroe da teatro greco, una storia d’amore shakespeariana, ed è stata così miope da non accorgersene o, peggio, così testarda e cocciuta da andare avanti per la strada che aveva già in mente prendendo per la prima volta in mano la penna, senza farsi distogliere dal suo iniziale intento letterario, senza cedere ai tentativi disperati del personaggio di Terence di sottrarsi al suo controllo, senza mettersi in discussione e, così facendo, perdendo la sua grande occasione: quella di consegnarci un’opera d’arte anzicchè un’opera letteraria. La differenza tra uno scrittore e un genio forse sta tutta nella capacità di mettere se stessi al servizio di ciò che si scrive, e questo Mizuki non ha voluto o saputo farlo, perdendo, purtroppo per lei, la sua occasione di essere eterna come la storia d’amore che le è scappata tra le dita.

Oddio! Mi sono lasciata andare di nuovo…
Merito – o causa – vostra, compagne di avventura che mi avete dato nuovi spunti e che mi aiutate a dare parole al mio pensiero….scusate se ho sproloquiato come mio solito.
Vi lascio con un enorme grazie per la compagnia che mi fate e l’aria fresca che mi sembra di respirare dialogando con voi in questo periodo per me un po’ difficile.

A presto, spero!
CdF

:mizia:

P.S. Sciara, rispondo qui alla domanda che mi hai fatto in un altro post: Sì, siciliana come te, ma da tanti anni lontana dalla nostra isola di lacrime e rabbia e amore.

Edited by cerchi di fuoco - 21/11/2012, 20:28
 
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view post Posted on 16/11/2012, 22:55     +1   -1

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Cara CdF, è davvero un piacere leggerti. La tua capacità di analisi è sorprendente e riesci a trasformare le tue riflessioni in parole, in modo straordinario. In più hai citato Memorie di una geisha, libro (e film) meraviglioso che ho amato molto.
Riguardo al tuo quesito sull'interesse dei giapponesi nei confronti di Candy, la nostra Marika saprebbe senz'altro risponderti meglio, ma da quello che ho capito loro non sono interessati quanto noi e anche l'accoglienza di FS non è stata delle più calorose, perlomeno non quanto da noi. E probabilmente non sono nemmeno così interessati a sapere chi sia Anohito. Ma, ripeto, Marika ne sa di sicuro di più, avendo fatto ricerche in rete a suo tempo e avendo contatti con amiche giapponesi.

CITAZIONE
E, a questo proposito – e concludo la mia seconda filippica del topic- mi ricollego a questa riflessione per esprimervi il mio punto di vista su ciò che davvero, in fondo al mio cuore, non perdono a Kioko Mizuki: la sua rigidità, la sua mancanza di visione.

Cito solo l'incipit del tuo pensiero, che mi trova completamente d'accordo. La Mizuki è la signora delle occasioni mancate e anche a me questo fa molta rabbia. Se solo fosse stata un po' più Candy e un po' meno zia Elroy!!!!!

 
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view post Posted on 17/11/2012, 00:02     +1   -1
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Cara Candy, grazie, grazie mille per le belle parole, non sai quanto sono gradite!
A quanto pare ho ottime capacità d'analisi ma scarsissime capacità di "sintesi"!!!! :risata:
E come non amare "memorie di una geisha"???

CITAZIONE (candy75 @ 16/11/2012, 22:55)
Se solo fosse stata un po' più Candy e un po' meno zia Elroy!!!!!

Grazie per avere dato un senso alla mia serata con questo fantastico paragone!!!!


Se le cose stanno come tu illustri, riguardo alla freddezza dei giapponesi su Candy Candy, la nostra prova del nove non ci dà il definitivo riscontro che speravo, perchè delle due l'una:

-O la serenità (tipicamente orientale) con cui accolgono il finale del manga e la FS senza neanche interrogarsi un pò su chi sia Anohito confermano che la Mizuki ha servito loro il prodotto perfetto e che non danno una minima chance a Terence, perso per sempre e senza rimpianti - e, in questo caso, un punto per Kioko.

-Oppure, nonostante tutte le forzature per rendere giapponese una storia che giapponese non sarebbe mai dovuta essere, la Mizuki ha conquistato più il pubblico occidentale (ma per motivi totalmente differenti da quelli che pensava lei) di quello del Sol Levante, che non ha premiato i suoi sforzi, obliandola - e in questo caso, gioco, partita e incontro per noi!

Insomma, dobbiamo continuare a spendere fiumi di inchiostro, ma che piacevole tormento!

Buona notte a tutte!
:mizia:
CdF
 
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view post Posted on 17/11/2012, 03:01     +1   -1
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CITAZIONE (cerchi di fuoco @ 17/11/2012, 00:02) 
Cara Candy, grazie, grazie mille per le belle parole, non sai quanto sono gradite!
A quanto pare ho ottime capacità d'analisi ma scarsissime capacità di "sintesi"!!!! :risata:

Cara CdF, a mio parere questo è un tuo punto di forza e non un tuo limite: io starei giorni (e notti ;)) su questo topic a leggere le riflessioni tue e delle altre colleghe forumelle :)... Arrivo adesso dopo gli interventi tuoi, di Sciara e di Candynuccia e avete detto tutte cose che mi hanno incantata e che in parte mi trovano d'accordo ed in parte no (Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze, Valéry docet;) ). Spero che arrivi presto anche il punto di vista di Italiuccia che intanto ringrazio per aver postato "Mai più come te": Tesò, lo sai che con Baglioni io mi sciolgo, anzi, me sCHquaglio:tesoro:.

Data la corposità degli argomenti trattati e l'ora tarda, cercherò di non dilungarmi troppo ma non so se ne sarò capace perché il dono della sintesi non arride neanche a me, sob :(!

La prima cosa che volevo dire è che, per quanto attiene al presunto imborghesimento dei personaggi alla fine della storia (parlo del manga e delle novelle precedenti Final Story), concordo anch'io con la visione di Candy75, alla quale mi riporto integralmente: Albert non viene meno alla sua natura di spirito libero, saranno il senso del dovere e dell'onore (aridaje!:)) a strangolarlo nelle cravatte di William Albert Andrew, ruolo che accetterà immolandosi sull'altare del noblesse oblige; Candy vive alla casa di Pony e scrive lettere tentando di convincere prima sé stessa che gli altri di essere felice, cercando la felicità nelle piccole cose di ogni giorno, rendendosi utile alle due donne che l'hanno sempre protetta e profondamente amata e prendendosi cura dei bambini dell'orfanotrofio. Ma si può essere felici perché si è deciso di volerlo essere? Perché si è fatta una promessa e si vuole mantenerla? A parer mio l'anestetizzazione del cuore non produce l'eliminazione del dolore che vi alberga ma solo l'ibernazione delle cause che l'hanno provocato. Chissà, forse in questa storia abbiamo assistito ad una delle prime sperimentazioni della crioterapia senza saperlo e magari senza che la Mizuki stessa si sia resa conto di averla messa in atto.
La Mizuki, già: croce e delizia. Più croce che delizia, in verità, eppure stasera, ehmm, notte, mi sento straordinariamente magnanima nei confronti di quest'autrice e vorrei spezzare qualche lancia in sua difesa, ricollegandomi al periodo in cui ha iniziato a scrivere di Candy & Co. Dunque, Kyoko Mizuki rimane orfana di padre all'età di dodici anni e, per superare il dolore, inizia a scrivere di una immaginaria famiglia, gli Andrews, che vive in Inghilterra. Ha affermato, non ricordo esattamente dove, che i personaggi da lei creati erano diventati dei veri e propri amici che l'avevano aiutata tantissimo a superare quel trauma. La scrittura, in questa fase, è stata quindi per lei uno strumento di metabolizzazione del dolore. A soli vent'anni perde anche la madre e ricordiamoci che è figlia unica. A questo punto, a mio avviso, l'originario manoscritto della storia di Candy, da cui è poi stato tratto il manga, non può non essere assurto per lei addirittura al rango di strumento catartico e non credo ci sia bisogno di spiegarne le ragioni. Non mi azzardo assolutamente ad addentrarmi in disquisizioni sulla cultura e sulla psicologia giapponesi dal momento che non sono certo preparata sull'argomento ma se, da quel poco che sappiamo, il lieto fine nelle storie sollevantine è quasi sempre negato, come avrebbe mai potuto regalarcelo proprio la Mizuki, dopo il suo vissuto? Le favole occidentali iniziano con "c'era una volta" e finiscono con "e vissero tutti felici e contenti" ma purtroppo (purtroppo :unsure: :unsure:? E perché?) qui non siamo in occidente. Purtroppo, sì, purtroppo: perché la storia è ambientata in occidente e l'hanno vista le ragazzine occidentali che noi eravamo trent'anni fa, che trent'anni fa non potevano certo decodificare i dialoghi sopra i due massimi sistemi (occidentale ed orientale) del mondo del Mizuki pensiero. A dire il vero forse non ci riescono del tutto nemmeno le donne che oggi quelle ragazzine sono diventate ma almeno ora hanno la possibilità di arrovellarcisi...

Una mentalità nipponica in un mondo americano, inglese e scozzese... Già. Perché Madama Miz non ha fatto lo sforzo di documentarsi, dite, giustamente, Sciara, Candy75 e CdF, come è stato fatto per Madama Butterfly? A proposito, Cdf, il tuo accostamento Pinkerton/Duca di Grandchester è da brividi... Non conosco, invece Memorie di una geisha. Però... anche qui mi sento di giustificarla o, quanto meno, di capirla: ricordiamoci che parliamo di una giovane donna che vede la sua storia trasformata in manga a soli venticinque anni. Per questa incongruenza, sebbene notevole, come voi a ragione rilevate, io mi sento comunque di perdonarla. Cosa che invece non mi sento assolutamente di fare nei confronti della matura scrittrice sessantenne che, trentacinque anno dopo, chiude il cerchio per pareggiare i conti solo con sé stessa e... per vederli incrementati dalla vendita della sua storia revisionata, in cui Candy è felice sì ma con chi lo sa solo lei... Su questo punto mi fermo qui perché non voglio né cedere all'acredine né andare in OT, dal momento che non siamo su un topic dedicato a Final Story.

CITAZIONE (sciara @ 16/11/2012, 05:16) 
Il concetto di rinuncia è molto affascinante, devo ammetterlo e ti ringrazio ancora, mia carissima CdF, per avercene parlato, non solo perché mi appassiona e mi stimola conoscere e approfondire i credi e le usanze di una cultura complessa e intrigante come quella giapponese, ma anche perché, per certi versi, se la storia deve per forza concludersi così, se Candy e Terence devono necessariamente separarsi, il principio della rinuncia è l’unica cosa che, egoisticamente, mi rende meno amaro questo finale. Se, infatti, la seduzione per compiersi e rimanere perfetta, deve necessariamente rinunciare a se stessa, allora questo significa che l’amore tra Candy e Terence è salvo, è eterno, è perfetto! Terence è il vero amore di Candy, e non solo per noi che sogniamo il finale col duca dimissionario, ma (ed è questa la vera novità) per la stessa autrice.
Certo… potrebbe sembrare la ricchezza dei poveri… ma in realtà non lo è… e se devo scegliere, preferisco l’unione immortale delle anime a quella effimera dei corpi.

Alla fine, l’unico che rimarrà sempre se stesso è Terence. L’unico vero ribelle… l’unico vero anticonformista, l’unico vero libero pensatore!

:mizia:

Come non quotarti Sciara? Soprattutto la parte che ho evidenziato la sottoscrivo cento volte. Vorrei poter pensare anch'io che Terence rimane l'unico vero ribelle, l'unico vero anticonformista, l'unico vero libero pensatore ma ricordati del cappio al collo che ha avuto per trentacinque anni (narrativamente parlando)! Alla fine persino la sua mamma ha deciso che doveva liberarlo :cucciolo: ;)!

CITAZIONE (cerchi di fuoco @ 16/11/2012, 21:52) 
E, a questo proposito – e concludo la mia seconda filippica del topic- mi ricollego a questa riflessione per esprimervi il mio punto di vista su ciò che davvero, in fondo al mio cuore, non perdono a Kioko Mizuki: la sua rigidità, la sua mancanza di visione. Perché io posso accettare tutto: posso accettare che Mizuki avesse voluto scrivere non una storia d’amore, ma una storia di maturazione attraverso le avversità; posso accettare che per farlo abbia anche voluto decretare la morte dolorosa di due dei personaggi più amati e amabili che aveva creato (morti delle quali una strumentale e necessaria rispetto alla sua trama, ma l’altra totalmente gratuita) posso capire, anche se non accettare che abbia deciso di far muovere i suoi personaggi finto-occidentali in una cornice di valori che non appartengono loro neanche un po’; posso perfino accettare la sua propensione sfrenata ai finali aperti che io detesto…ma ciò che veramente trovo imperdonabile per un’autrice (e l'ho messo a fuoco grazie ai vostri contributi) è che, pur partendo da tutte queste premesse non abbia saputo accorgersi di quale gioiello di inestimabile valore, artisticamente parlando, si fosse ritrovata per le mani, senza volerlo, con il personaggio eroico di Terence e il legame elettivo che aveva stretto tra lui e Candy. Aveva tra le mani un’opera d’arte –creata con le sue stesse mani - e non se ne è accorta, preferendo continuare a scrivere la sua storia. Ha delineato riga dopo riga i tratti di un eroe da teatro greco, una storia d’amore shakespeariana, ed è stata così miope da non accorgersene o, peggio, così testarda e cocciuta da andare avanti per la strada che aveva già in mente prendendo per la prima volta in mano la penna, senza farsi distogliere dal suo iniziale intento letterario, senza cedere ai tentativi disperati del personaggio di Terence di sottrarsi al suo controllo, senza mettersi in discussione e, così facendo, perdendo la sua grande occasione: quella di consegnarci un’opera d’arte anzicchè un’opera letteraria. La differenza tra uno scrittore e un genio forse sta tutta nella capacità di mettere se stessi al servizio di ciò che si scrive, e questo Mizuki non ha voluto o saputo farlo, perdendo, purtroppo per lei, la sua occasione di essere eterna come la storia d’amore che le è scappata tra le dita.

Su questo non sono d'accordo con te cara CdF e, credimi, a scriverlo le dita mi si inceppano sulla tastiera... Ma per onestà intellettuale verso me stessa mi sento di dire che è proprio la sublimazione che si raggiunge attraverso la rinuncia, sulla quale proprio tu mi hai illuminato in questi giorni, che mi porta a dissentire... E' il sacrificio, secondo me, che fa di questa storia un'opera d'arte, nel suo genere, chiaro, e non una mera opera letteraria... Accidenti alla Miz! Deve solo sperare che io non venga mai a sapere che in Final Story non ha messo le cose a posto come in tanti volevano che avvenisse, altrimenti giuro che vado in Giappone :doll: e la prendo a iIFiI0mCfY9CD :risata: :risata: :risata: !

Scusate, che cos'avevo detto? Che sarei stata sinteticax_3d08c06c ?

Edited by candyforever - 18/11/2012, 18:45
 
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view post Posted on 17/11/2012, 05:19     +1   -1
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Uffina, sempre tanta voglia di scrivere e sempre poco tempo per farlo!

Ripeto ancora una volta che questo topic è davvero appassionante... quindi sono felicissima che alla fine la nostra CdF abbia deciso di scriverlo.

Candyfor, hai perfettamente ragione a dire che Terence, con quel cappio al collo di nome Susanna, qualche limite ce l'ha... ma, nello specifico, io parlavo di ruoli all'interno della società. Terence, rimane se stesso, rinuncia al suo nome e a tutti i privilegi che quel nome può offrirgli e sceglie la sua strada anche se il suo rango la considera una strada immorale, ma piuttosto che rinnegare la sua natura Terence rinnega il suo status e senza temere il disprezzo del padre e del suo ceto.

I nuovi spunti offerti da Candyfor sulle ragioni della Mizuki sono sicuramente illuminanti. A questo punto quello che avevo già scritto, pur postandolo, al 98% lo considero ormai superato.

Per quanto riguarda la nostra Mizuki, anche io, come voi, sono più propensa a pensare che la sua sia stata più una leggerezza che una scelta ponderata e voluta. Ma volevo comunque darle una chance... del resto in teatro queste operazioni sono all'ordine del giorno. Capita spesso che un regista dia volutamente un'interpretazione diversa da quella originale. E può, per esempio, capitare che scelga autori lontanissimi da noi (sia nel tempo che nello spazio) e ce li faccia trasportare nel nostro spazio e nel nostro tempo e magari con le nostre cadenze dialettali. Magari proprio con l'intento di fare conoscere altri mondi al nostro o magari per dimostrare quanto simili siano gli esseri umani di tutte le epoche e di tutti i luoghi... le ragioni possono essere infinite! E con questa visione, in un impeto di generosità verso la Mizuki, le ho lasciato una via di scampo aperta e l'ho immaginata usare il nostro mondo, per raccontarci il suo. Del resto, come sottolinea anche CdF, è probabile che i suoi protagonisti, se avessero avuto gli occhi a mandorla, non avrebbero attraversato gli oceani. Ma ripeto, anche secondo me ha peccato di superficialità e probabilmente per motivi commerciali. Però trovo anche giusto e corretto concederle il beneficio del dubbio.


Tornando a Candy, io, senza immedesimarmi, parlo da occidentale, potrei anche concepire la possibilità che per amore si possa rinunciare all'amore stesso... ma solo nel caso in cui questa scelta comporti la felicità dell'altro. Candy lascia Terence nella disperazione... non fa il suo bene e nemmeno il bene dell'altro... è questo che non riesco a concepire anche se la spiegazione di CdF della rinuncia, allevia, come ho già detto, le mie pene e riesce quasi a farmi accettare quel finale.

CITAZIONE (candyforever @ 17/11/2012, 03:01) 
CITAZIONE (cerchi di fuoco @ 16/11/2012, 21:52) 
E, a questo proposito – e concludo la mia seconda filippica del topic- mi ricollego a questa riflessione per esprimervi il mio punto di vista su ciò che davvero, in fondo al mio cuore, non perdono a Kioko Mizuki: la sua rigidità, la sua mancanza di visione. Perché io posso accettare tutto: posso accettare che Mizuki avesse voluto scrivere non una storia d’amore, ma una storia di maturazione attraverso le avversità; posso accettare che per farlo abbia anche voluto decretare la morte dolorosa di due dei personaggi più amati e amabili che aveva creato (morti delle quali una strumentale e necessaria rispetto alla sua trama, ma l’altra totalmente gratuita) posso capire, anche se non accettare che abbia deciso di far muovere i suoi personaggi finto-occidentali in una cornice di valori che non appartengono loro neanche un po’; posso perfino accettare la sua propensione sfrenata ai finali aperti che io detesto…ma ciò che veramente trovo imperdonabile per un’autrice (e l'ho messo a fuoco grazie ai vostri contributi) è che, pur partendo da tutte queste premesse non abbia saputo accorgersi di quale gioiello di inestimabile valore, artisticamente parlando, si fosse ritrovata per le mani, senza volerlo, con il personaggio eroico di Terence e il legame elettivo che aveva stretto tra lui e Candy. Aveva tra le mani un’opera d’arte –creata con le sue stesse mani - e non se ne è accorta, preferendo continuare a scrivere la sua storia. Ha delineato riga dopo riga i tratti di un eroe da teatro greco, una storia d’amore shakespeariana, ed è stata così miope da non accorgersene o, peggio, così testarda e cocciuta da andare avanti per la strada che aveva già in mente prendendo per la prima volta in mano la penna, senza farsi distogliere dal suo iniziale intento letterario, senza cedere ai tentativi disperati del personaggio di Terence di sottrarsi al suo controllo, senza mettersi in discussione e, così facendo, perdendo la sua grande occasione: quella di consegnarci un’opera d’arte anzicchè un’opera letteraria. La differenza tra uno scrittore e un genio forse sta tutta nella capacità di mettere se stessi al servizio di ciò che si scrive, e questo Mizuki non ha voluto o saputo farlo, perdendo, purtroppo per lei, la sua occasione di essere eterna come la storia d’amore che le è scappata tra le dita.

Su questo non sono d'accordo con te cara CdF e, credimi, a scriverlo le dita mi si inceppano sulla tastiera... Ma per onestà intellettuale verso me stessa mi sento di dire che è proprio la sublimazione che si raggiunge attraverso la rinuncia, sulla quale proprio tu mi hai illuminato in questi giorni, che mi porta a dissentire... E' il sacrificio, secondo me, che fa di questa storia un'opera d'arte, nel suo genere, chiaro, e non una mera opera letteraria...

Innanzitutto concordo al cento per cento con CdF sui forti limiti mostrati dalla Mizuki (e da lei stessa ammessi) rimanendo ancorata alla sua idea iniziale... per me creare con degli schemi prestabiliti significa mettere le catene alla creatività, significa chiudere i sensi all'arte, significa mettere la museruola all'ispirazione! Un controsenso mostruoso e innaturale.
Su tutto il resto mi trovo in una via di mezzo! Anzi, ritengo che abbiate ragione entrambe. Come Candyfor penso che il dramma Shakespeariano ci sia tutto, ma come CdF ritengo che crolli proprio sul finale. Un finale di quello annulla tutta la poesia e il patos creati in precedenza, li rende vani e vacui. Non sarebbe Shakespeariano! Se i due devono vivere separati devono essere infelici. Non ci sono vie di mezzo! Candy non può essere felice con un altro... e come se Giulietta mentre cerca col coltello di mettere fine alla sua vita, viene fermata da Paride, che, rimasto miracolosamente vivo, impedisce a Giulietta di uccidersi, e mentre le dichiara il suo amore, Giulietta si rende conto di averlo sempre amato.
In stile "dramma Shakespeariano" il finale giusto sarebbe quello sulle scale o, con qualche modifica, quello dell'ultimo loro "incontro"... in quel teatrino malfamato con una compagnia di terz'ordine!

Mamma mia, ci ho messo tutta la notte a scrivere... il sonno mi ha donato i tempi del bradipo e ho lottato tutto il tempo per rimanere sveglia con la testa che mi crollava continuamente sulla tastiera...

Buonanotte! e perdonate eventuali errori... ma sugnu motta!

Edited by sciara - 21/11/2012, 18:30
 
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