Ciao a tutti
Per chi non avesse già letto la mia precedente uàn sciòt, “Intrappolati nella rete”, potrebbe essere un po’ difficile trovare un senso a ciò che state per leggere. In realtà, trovare un senso a ciò che ho scritto è pressoché impossibile comunque, ma una breve premessa è opportuna.
Ciò che qui si vuole dimostrare è come i mezzi di comunicazione moderni avrebbero potuto cambiare – e non di poco – l’esito dei momenti topici della nostra storia preferita.
Dopo aver giocato con la “Diabolica trappola di Iriza” e la drammatica scena delle scuderie della St. Paul School, sull’onda dell’incoraggiamento delle fantastiche forumelle che hanno avuto il coraggio non solo di leggere, ma anche di apprezzare l'idea, mi è nata la voglia di “aggredire”
LA scena per antonomasia: La Separazione…so di giocare col fuoco….ma quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.
Ecco quindi come sarebbe potuta andare se la tecnologia avesse potuto aiutarci.
E che nessuno dica più che la modernità ha portato solo brutture!
Questa uàn sciòt è dedicata a tutti coloro che non si sono mai rassegnati a come andò quella notte.
Buona lettura!
CINQUE TACCHE DI SEPARAZIONE
La neve fioccava e turbinava instancabilmente sulla terrazza, impedendo di scorgere alcunché a distanza di pochi metri e tutto attorno le mille luci della città erano solo piccoli puntini luminosi terribilmente sfocati. Il vento ruggiva con tutta la sua rabbia. Susanna però sembrava non accorgersi della furia degli elementi che si scatenava attorno a lei: tutto il suo mondo era concentrato su quella ringhiera ghiacciata, che replicava il gelo che provava dentro di sé.
Aveva faticato ad arrivare fin lassù, c’era voluta tutta la sua determinazione e la sua disperazione, moltiplicate dall’amore per Terence...
Prima di tutto aveva dovuto trovare una scusa per allontanare sua madre:
- Sai mamma, mi andrebbero proprio delle fragole, stasera! – mentre pronunciava quelle parole Susanna si diede dell’idiota da sola: fragole in pieno inverno? Insomma, stava rimuginando su quel piano da giorni e giorni, avrebbe anche potuto sforzarsi di trovare una scusa meno ridicola!
Sorprendentemente, la signora Marlowe non trovò assurda quella richiesta:
- Fragole? Ma certo tesoro, che problema c’è? Vado subito a comprartene un po’..tutto quello che vuole la dolce e tenera bambina di
mamma sò! – la signora Marlowe aveva origini napoletane che spesso venivano alla luce, nei momenti in cui cadeva il proprio auto-controllo – non è che vorresti anche qualche altro frutto tipicamente estivo, già che sto uscendo, tesoro? Che so, ciliegie, lamponi….
- No, grazie mamma. Le fragole andranno benissimo – rispose Susanna, sfoderando il suo collaudato tono remissivo e dolce che non mancava mai di intenerire la madre, e il suo sguardo più innocente e fanciullesco negli enormi occhi azzurri.
La signora Marlowe indossò il cappotto e uscì dalla stanza, lasciando Susanna da sola.
La giovane dai capelli color dell’oro che le ricadevano in morbidi tentacoli a incorniciarle il volto, immediatamente assunse uno sguardo glaciale e determinato: era il momento di attuare il suo piano.
Con gesti felini trasse da sotto il cuscino il suo telefono cellulare. Era contrario alle politiche dell’ospedale che i ricoverati tenessero in camera I-pod, Ipad e telefoni cellulari, ma Susanna, sfoderando la sua migliore interpretazione da “sono-una-povera-disabile-che-ha-perso-tutto-non-toglietemi-anche-il-mio-telefono” era riuscita a ottenere quello che voleva. Negli ultimi giorni aveva constatato che lo stesso copione le era servito in più occasioni, anche nell’ottenere una camera singola, fondamentale per la riuscita del suo piano.
Susanna fissò lo schermo touch-screen, scorrendo la rubrica fino alla C e al numero di Candy, che aveva copiato dall’I-phone di Terence l’ultima volta che lo aveva trafugato per cancellare la maggior parte degli sms che gli aveva inviato quella sgualdrinella.
Il suo piano era semplice ma collaudato: avrebbe mandato un sms a Candy, chiedendole di recarsi in ospedale e una volta che fosse stata lì, si sarebbe esibita nella sua migliore interpretazione della povera sventurata che aveva perso tutto e che aveva bisogno dell’amore di Terence per andare avanti.
Se non si era completamente sbagliata a giudicare quella stupida che l’anno precedente, dopo aver girato tutta la notte per gli alberghi di Chicago si era fatta mandare via in quattro e quattr’otto da lei alla semplice notizia che Terence era già a letto, Candy non avrebbe potuto di sicuro restare insensibile alla straziante storia che le avrebbe propinato tra i singhiozzi e si sarebbe fatta da parte. Tra l’altro, ripensando alla notte di Chicago, Susanna alzò gli occhi al cielo: cos’altro Candy pensava potesse fare Terence, anziché dormire, a quell’ora di notte… si aspettava di trovarlo a ballare un tip-tap nella hall? Com’era possibile che si fosse girata e se ne fosse andata senza colpo ferire? Quella ragazza non sapeva proprio cosa significasse combattere per tenersi il proprio uomo… e questo le dava fiducia di poterla battere. L’importante era che Terence non lo venisse a sapere… lui sì che era arguto e avrebbe capito che c’era stata pressione psicologica… o come accidenti si chiamava quella cosa, quando non la si voleva definire volgarmente col suo nome: ricatto!
Susanna digitò il testo dell’SMS:
“
Cara Candy. Ho assolutamente bisogno di parlarti. Ti prego, non negare quest’ultimo desiderio a una donna che ha perso una gamba, la carriera, l’amore del tuo uomo e tutti i suoi sogni. Potresti venire a trovarmi subito all’ospedale St. Jacob? XXXSusie”
E cliccò su “
invio”.
Non successe nulla.
Susanna osservò perplessa lo schermo e riprovò altre due volte, prima di rendersi conto che nella sua stanza non c’era campo…
Maledizione, erano mesi che diceva di voler cambiare operatore telefonico, ma poi non si era mai decisa, presa dai suoi guai per conquistare Terence… Il suo gestore le aveva sempre dato dei problemi di copertura…Cominciò a muovere il telefono a destra e sinistra attorno alla sua testa, in una specie di sabba schizofrenico, cercando di trovare una posizione in cui spuntasse almeno una tacca di copertura, ma niente!
Allora si alzò a fatica e, appoggiandosi a una stampella senza mollare il prezioso telefono, si avvicinò faticosamente alla finestra, sperando di trovarvi campo…nulla!
I minuti scorrevano implacabili…a quell’ora probabilmente Romeo era già in esilio a Mantova e Giulietta stava per prendere il veleno che ne avrebbe provocato la finta morte… doveva fare qualcosa.
Soffocando un’imprecazione, col telefono in una mano e le stampelle sotto le ascelle, i tentacoli biondi che si erano parzialmente scomposti per l’agitazione, si trascinò alla porta e l’aprì, guardando alla sua destra e alla sua sinistra per accertarsi che non vi fosse nessuno. Il corridoio era deserto e Susanna si avventurò, fermandosi di tanto in tanto per controllare che la linea del cellulare fosse tornata, ma niente: zero tacche!
“
Maledizione – pensò -
domani quelli del call-center mi sentiranno! Non solo hanno le tariffe più care del mercato, ma in pieno centro di Manhattan non hanno copertura, è uno scandalo!!”
Così, presa dai suoi bellicosi pensieri, era arrivata ad una rampa di scale che portava alla terrazza. La guardò dubbiosa: percorrerla con le stampelle sarebbe stato molto faticoso, ma d’altra parte quello era l’unico posto dove il telefono sicuramente avrebbe trovato la linea.
E così, arrancando faticosamente scalino dopo scalino, trascinandosi sulle stampelle e tenendo ben stretto tra i denti il preziosissimo cellulare, Susanna aveva compiuto tutta la scalata, fino ad arrivare su quella terrazza tremendamente spazzata dalla neve e da un freddo gelido che le penetrava nelle ossa.
- Accidenti a te, Terence! Sarà bene che tu ti riveli spaventosamente dotato a letto per ricompensarmi di tutta la fatica di questa sera! – mormorò rabbiosamente uscendo all’esterno. Lanciò uno sguardo al cellulare, ancora niente… avrebbe dovuto provare ad avventurarsi un po’ più all’esterno.
Frustata da raffiche di vento tremende che le avevano ormai completamente distrutto la messa in piega e con un’energia che le proveniva solo dalla rabbia e dal pensiero della causa milionaria che avrebbe intentato al suo operatore telefonico, Susanna con un ultimo sforzo si spinse verso la ringhiera e, lasciando cadere le stampelle a terra, vi si aggrappò artigliandola con una mano e guardando il monitor del telefono.
Cinque tacche! Finalmente!
Semi-assiderata dal freddo, con la vestaglia e la camicia da notte che le fluttuavano drammaticamente attorno alle gambe – pardòn, alla gamba – con la pura forza della disperazione sollevò il pollice per premere il tasto “
invio” quando improvvisamente il monitor touch-screen si illuminò a giorno, comparve una simpatica faccina che faceva “
good bye” e poi divenne completamente nero e silenzioso.
- Nooooooo!!!!!!!!
Susanna non poteva crederci…aveva dimenticato di metterlo in carica la notte precedente e chattando tutta la sera con le sue vecchie compagne di scuola aveva completamente esaurito la batteria. Quegli smart-phone avevano lo stesso consumo energetico di reattori nucleari….
La ragazza rimase lì, in preda a brividi che erano ormai di freddo misti a una disperazione senza fine con la bocca atteggiata a un ghigno, e lentamente le lacrime cominciarono a sgorgare irrefrenabilmente dagli occhi. Scivolò lentamente sul ginocchio e rimase lì, aggrappata alla ringhiera di quella terrazza sotto una vera tempesta di neve a singhiozzare tutta la sua disperazione.
Fu lì che la trovò Candy.
Candy era uscita dal teatro prima della fine della rappresentazione. Aveva sentito alcune spettatrici durante l’intervallo parlare dell’incidente di Susanna e aveva capito finalmente - con un solo giorno di ritardo, peraltro - che c’era qualcosa che non le tornava nel comportamento di Terence del giorno prima. Certo, le era sembrato strano il suo distacco e il fatto che non avesse neanche cercato di baciarla alla stazione – tra l’altro si era anche esercitata e questa volta era ben decisa a non dargli neanche l’ombra di uno schiaffo - ma aveva attribuito il tutto alla tensione per la prima di Romeo e Giulietta.
E invece era il senso di colpa per quello che era accaduto a Susanna a tormentarlo! E quella ragazza adesso voleva approfittare di ciò che era accaduto per costringerlo a restare con lei.
No, doveva fare qualcosa! E non avrebbe neanche aspettato la fine dello spettacolo. Aveva lasciato la platea e si era diretta all’esterno, dove aveva chiesto alla prima carrozza di passaggio di accompagnarla all’ospedale St Jacob.
- Susanna! Susanna!
Candy, attraverso la fitta neve che le consentiva a malapena di vedere la terrazza, gridò il nome della ragazza finché la intravide riversa in terra aggrappata alla ringhiera, i contorni sfocati nella tempesta candida. Si precipitò verso di lei e la abbracciò da dietro, convinta che stesse per buttarsi di sotto.
- Candy? – come aveva fatto a trovarla?
- Susanna, cosa stai facendo? Torniamo dentro, ci prenderemo tutte e due un malanno stando qui!
Susanna non capiva per quale incredibile colpo di fortuna Candy fosse riuscita ad arrivare lì senza aver ricevuto il suo sms, ma adesso non importava più. Era il momento di andare in scena.
- Candy! – urlò Susanna, piangendo tutte le sue lacrime e mettendosi le mani tra i capelli ormai talmente aggrovigliati dal vento da farla assomigliare a Medusa – Candy, lasciami stare, voglio farla finita!!!
Candy rimase lì, abbracciata a lei, senza capire.
Era un momento topico, le due rivali abbarbicate l’una all’altra e contro quella ringhiera senza dir nulla, la neve che turbinava attorno a loro e il vento che ruggiva fragorosamente.
- Senza di Terence la mia vita non ha senso, lasciami, voglio morireeeeeeee!!!!!! – urlò Susanna, agitandosi come se volesse divincolarsi e dando vita alla sua migliore interpretazione da sceneggiata napoletana, favorita dai cromosomi materni.
Candy continuò a guardarla senza parlare, poi facendo leva su tutta la sua forza la spinse all’indietro per farle lasciare la presa sulla ringhiera e caddero tutte e due riverse sulla neve, spossate.
Dopo pochi secondi, si misero sedute sul pavimento innevato e rimasero lì, l’una di fronte all’altra.
- Susanna – sussurrò Candy, molto colpita – tu ami molto Terence, non è vero?
- E’ tutta la mia vita – rispose lei, tirando su col naso…. Cielo, quella interpretazione era decisamente la migliore di tutta la sua vita, si complimentò con se stessa.
- Beh, in questo caso…. – Candy fece una pausa – mi dispiace molto per te, perché non ho la benché minima intenzione di cedertelo.
Susanna sgranò gli occhi, sconvolta. Che fine aveva fatto l’arrendevole creatura di Chicago?
- Con tutto il rispetto, tesoro – riprese Candy - tu avrai anche perso una gamba, ma dall’inizio di questa storia io, nell’ordine: non ho i genitori; quella st…stupidina della mia migliore amica mi ha soffiato una coppia di ottimi mamma e papà da sotto il naso, facendo pure gli occhioni languidi da vittima; ho dormito nelle stalle per colpa di due psicopatici che hanno come unico scopo nella vita quello di rompermi le palle; ho rischiato lo stupro da un lercio messicano alcolizzato; ho subito stalking da mio cugino Archie; ho rischiato la vita più volte per colpa delle invenzioni di mio cugino Stear; ho perso in un incidente il fidanzatino ricco dell’adolescenza; ho viaggiato come clandestina in una nave merci - e Dio solo sa come mai non sia stata oggetto di molestie sessuali da parte di quei marinai; il mio migliore amico ha perso la memoria; per colpa tua dopo mesi che non vedevo il ragazzo che amo, sono stata costretta ad arrancare come una pazza dietro un treno in corsa per scambiare solo uno sguardo con lui, lasciando su quel campo circa 5 anni di vita per correre alla velocità del treno….Insomma, ciccia, vogliamo fare la conta della sfiga?
Susanna rimase ammutolita di fronte a quella Candy così diversa da come se l’era immaginata, così poco remissiva e generosa, che metteva in primo piano le sue disgrazie, anziché quelle altrui.
- Vuoi dire che…che non mi lascerai Terence????
- Non ci penso neanche, cara. Però non sia mai che ti lasci così in difficoltà: durante il tragitto in carrozza dal teatro ho fatto una ricerca con il mio I-pad e ho visto che ci sono delle nuove e bellissime protesi appena inventate che fanno proprio al caso tuo, sono più belle delle gambe originali. Oh, non che con questo voglia dire che tu non abbia belle gambe…cioè, gamba…insomma, vedrai, cara, non ti accorgerai neanche della differenza! – le disse Candy con un sincero e aperto sorriso, tirando fuori dalla borsetta l’I-pad e richiamando la ricerca su “wikipedia” che aveva memorizzato.
Susanna non avrebbe mai capito se la colpa fosse dello stress di quell’ultima ora, della consapevolezza che il suo piano era fallito e che non avrebbe mai avuto Terence per sé, o del fatto che la connessione dell’I-pad di Candy fosse perfetta e velocissima, ma a quel punto qualcosa si spezzò dentro di lei.
-Ti odio! Ti odio Candy! Ti odio più di qualsiasi altra cosa al mondo, più delle arance a cui sono allergica e che mi fanno venire delle orride pustole verdi su tutto il corpo se solo ne sento l’odore da lontano!!! Ti odio, non ti perdonerò mai! – e cominciò a singhiozzare disperatamente con il viso nascosto tra le mani.
Candy l’abbracciò dolcemente e la cullò tra le braccia per farla calmare.
- Su, su Susanna, va tutto bene! Vedrai che non succederà niente di brutto. Andrà tutto bene. Ci sono qua io..
Susanna a quelle parole singhiozzò ancora più forte e più disperatamente.
Fu così che le trovarono.
In quel momento Terence, la signora Marlowe e alcuni componenti dello staff medico arrivarono trafelati sulla terrazza, dopo avere frugato palmo a palmo l’ospedale alla ricerca di Susanna. Il primario, correndo sotto la neve, pensò che ci sarebbero stati dei licenziamenti l’indomani, per aver permesso ad una paziente grave di andarsene a zonzo per l’ospedale - tra l’altro deambulando faticosamente su delle stampelle, non a bordo di un bolide da formula uno - senza che nessuno se ne accorgesse.
La signora Marlowe fu la prima a raggiungere Susanna e ad abbracciarla.
- Bambina mia, cosa hai fattooooooo???? – le urlò tra le lacrime, intensificando l’atmosfera da sceneggiata napoletana già praticamente insostenibile – Terence, aiutami a portarla di sotto!
Ma Terence non aveva occhi che per la sua Tuttelentiggini. Quando non l’aveva vista a teatro alla fine dello spettacolo si era molto preoccupato ed aveva avuto come la premonizione che stesse accadendo qualcosa di terribile. L’istinto lo aveva portato fin su quella terrazza e adesso che la trovava lì, sotto la neve, con quel cappottino rosso che le svolazzava attorno…beh, diciamo solo che desiderava ardentemente non avere tutte quelle persone attorno, per manifestarle tutto il suo sollievo adeguatamente, sperando di non ricevere in cambio qualche sberla!
- Sono sicuro che i due dottori e le tre infermiere che sono con noi potranno aiutarla benissimo anche senza il mio aiuto, signora Marlowe – la liquidò Terence, senza distogliere lo sguardo da Candy, aiutandola ad alzarsi e stringendola forte a sé.
La signora Marlowe non credeva alle proprie orecchie.
- Cosa? E cosa significa questo? – lo aggredì, mentre Susanna continuava a singhiozzare sonoramente, anche se il volto era ormai sommerso dal groviglio inestricabile e gonfio che erano diventati i suoi capelli – vuoi dire che non intendi prenderti cura di mia figlia? Che non sacrificherai tutta la tua vita, la tua felicità, il tuo amore per pagare il debito d’onore nei suoi confronti???? – gli occhi della signora Marlowe lanciavano lampi di sincera incredulità.
Terence alzò lo sguardo al cielo, staccandosi da Candy ma solo per metterle una mano attorno alle spalle e tenerla stretta al suo fianco e poi disse, fissando la madre di Susanna negli occhi:
- Per l’amor del cielo, signora Marlowe, siamo a New York nel 1914 e non nel Giappone del XVI secolo! Questa sua idea dell’onore è antiquata e non ha niente a che vedere con la nostra cultura…non capisco come faccia a non rendersene conto, lo capirebbe persino un bambino!
*I due giovani si guardarono dritto negli occhi e rimasero lì, innamorati e felici, mentre Susanna veniva riportata all’interno dell’ospedale, priva di forze.
Una volta in camera, le infermiere cercarono faticosamente, con spazzola e pettine, di ridare un senso all’informe cespuglio giallo, simile a un covone di fieno, che sormontava il capo di Susanna, e poi lasciarono sole madre e figlia.
Susanna fissava il vuoto in silenzio e la signora Marlowe cercò di distrarla dai drammatici avvenimenti della serata:
- Tesoro, vedrai, andrà tutto bene. Ci sono io qui con te. Mi dispiace, non ho trovato le fragole, ma guarda cosa ti ho portato! – esclamò soddisfatta la signora Marlowe, tirando fuori un cesto di grosse e succulente arance da sotto il letto.
Susanna la guardò inorridita, mentre orribili pustole verdi cominciavano rapidamente a diffondersi sul suo volto eburneo.
Candy e Terence stavano scendendo le scale dell’ospedale, mano nella mano. Volevano allontanarsi il prima possibile da quel posto e cominciare a pensare al proprio futuro insieme.
-Terence, mi spiace tanto non essermi fermata fino alla fine del tuo spettacolo. Mi sarebbe tanto piaciuto assistere alle ovazioni che il pubblico ti ha sicuramente tributato…
- Non preoccuparti, Candy, avrai tutta la vita per assistere ai miei spettacoli. E quanto alla standing ovation….posso fartela vedere: l’ho filmata con il mio I-phone.
Terence trasse orgogliosamente dalla tasca l’ultima e più costosa versione di I-phone che si era concesso il lusso di acquistare, dopo aver messo da parte i soldi per un biglietto di sola andata per New York, e avvicinò lo schermo a Candy.
- Dallo a me, Terence, non vedo niente così! – Candy, eccitata come una bambina cercò di prendere l’I-phone, mentre Terence stava ancora digitando sul touch-screen e nell’incrocio di braccia e mani su quelle scale successe l’inevitabile: a causa di un movimento sbagliato il costosissimo I-phone volò via dalle mani di Terence. I due ragazzi lo guardarono, come al rallentatore, compiere un arco e planare sopra le loro teste e volare poi pericolosamente verso il fondo delle scale.
Candy fu la prima a reagire e cominciò a correre giù per le scale nel tentativo di prenderlo al volo prima che si frantumasse al suolo. Terence le corse dietro con un attimo di ritardo, come svegliandosi da un sogno.
Fu una corsa di pochi istanti ma sembrò infinita, Candy che correva a perdifiato giù per la scalinata e Terence dietro di lei, con lo sguardo angosciato. Quando erano ormai a metà della rampa, con uno scatto felino Terence raggiunse Candy, le passò le braccia ai lati della vita sottile e riuscì ad afferrare al volo l’I-phone proprio davanti al naso di Candy.
I due ragazzi rimasero così, schiena contro petto, ansanti, le braccia di Terence ancora attorno a Candy, le mani che stringevano l’I-phone, e il viso affondato nei suoi riccioli biondi. Candy sentì le lacrime di Terence bagnarle la schiena..lacrime di sollievo per aver salvato l’I-phone.
- Oh, Terence, mi spiace tanto…sono sempre così imbranata!
Terence alzò gli occhi al cielo e si sforzò di non dire nulla se non:
- Candy, vorrei che il tempo si fermasse in questo momento!
THE END
* E se per caso qualche str…strega cattiva sta leggendo queste righe, ogni riferimento a fatti o persone realmente esistiti, NON è puramente casuale!
Edited by cerchi di fuoco - 16/1/2013, 10:16