Candy Candy

"La Stagione dei Narcisi" di Josephine Hymes, Traduzione di sailor74 (a.k.a. Ladybug)

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sailor74
icon12  view post Posted on 28/4/2013, 15:22 by: sailor74     +12   +1   -1

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Con il permesso dell'autrice, posto qui di seguito il primo capitolo della mia traduzione di THE SEASON OF THE DAFFODILS di Josephine Hymes. Ci tengo a precisare che con questo non intendo assolutamente mancare di rispetto a chi si è occupato di questa traduzione prima di me, a cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti ed il mio apprezzamento per l'impresa titanica a cui, sono certa, sono state dedicate molte energie e risorse. Amando particolarmente quest'autrice, ho deciso di cimentarmi nell'impresa come sfida personale nonché come puro e semplice atto d'amore nei confronti di una storia che mi ha commosso profondamente durante l'infanzia e che ancora mi fa compagnia in età adulta...Enjoy!

Ilaria



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PREMESSA


A chiunque intenda leggere questo testo



La storia qui di seguito non costituisce un’opera d’arte e non intende in alcun modo operare rivendicazioni di natura estetica rispetto alla sua composizione od agli eventi e simboli in essa descritti. Essa si basa - più o meno – su una storia scritta da Kyoko Mizuki ed illustrata da Yumiko Igarashi negli anni ‘70.
Questa stessa storia è stata successivamente rivista ed editata dalla stessa Mizuki in una recente pubblicazione dal titolo Candy Candy. Final Story (Novembre 2010). Pertanto, la presente opera di narrativa è tutt’altro che originale.

Per quanto si tratti di una storia creata da una fan, essa non scaturisce dalla creatività di un’unica persona. Di fatto, è ricca di idee partorite da molti fan di Candy Candy, specialmente coloro che ogni giorno partecipano attivamente e con grande entusiasmo alle attività del forum Candy and Terry all’indirizzo www.candyterry.com/forums. Questa fanfiction è nata proprio dallo scambio di opinioni, dai sentimenti e dalle ipotesi generate dalle traduzioni amatoriali di Final Story, nonché dal manga-anime originale. È giusto, pertanto, esprimere il dovuto apprezzamento a tutti i membri del forum che hanno ispirato questo lavoro. Un ringraziamento speciale va a Candyterry, (webmistress del www.candyterry.com) ed a Sara Nardo per aver letto le bozze di questa storia ed aver contribuito con feedback e idee preziose alla versione finale, unitamente a Rosemary555, i cui disegni sono stati utilizzati ad illustrazione della storia. A quest’ultima va il mio più profondo apprezzamento per il contributo grafico.

L'autrice si è dunque limitata ad intrecciare le proprie idee con quelle di altri fan, al fine di fornire un’interpretazione della storia che rispecchi esclusivamente le sue preferenze e idee personali su Candy Candy.
Pertanto, nel corso della lettura - se ne avrete voglia – potrete trovare cose su cui siete d’accordo o in disaccordo, cose che pensate non sarebbero mai potute accadere in un vero seguito della storia che tutti amiamo. Vi prego di non prendervela a male. Con questo tentativo, la scrittrice ha semplicemente voluto divertirsi un po’ ed allentare lo stress della sua vita professionale, nutrendo l’ardito pensiero che forse anche altri avrebbero potuto goderne. Questo è il motivo per cui viene pubblicata qui.

Nel corso della redazione della storia, sono state condotte alcune ricerche sugli usi e costumi degli anni ’20 e ‘30, epoca in cui essa è ambientata. È stata tratta ispirazione da alcuni libri, film e pezzi musicali dell’epoca, nonché da opere e poesie di Shakespeare, fotografie e voci enciclopediche. L’autrice fa presente che le immagini utilizzate e le idee che hanno dato vita a questa storia non costituiscono alcuna violazione del diritto d’autore, trattandosi di una fan fiction che non sarà mai utilizzata a scopi di vendita o commercializzazione.
Infine, per quanto riguarda la classificazione, questo testo rientra nella categoria Generale, sebbene alcuni capitoli possano essere considerati per Adulti, visto il linguaggio forte e alcune descrizioni voluttuose dell’amore; vi pregherei di considerare tutto ciò nel caso in cui non aveste piacere di vedere Candy Candy od altri personaggi descritti in questo modo.

Tutto ciò premesso, nel caso in cui potesse farvi piacere leggere una storia ‘non originale’ e dedicare un po’ di tempo a un racconto forse banale e zeppo di cliché, potreste cimentarvi nella lettura de:




LA STAGIONE DEI NARCISI
Capitolo 1
Due Lettere


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Le voci dei bambini risuonavano nell’aria. Era una di quelle magnifiche mattine d’estate nella campagna dell’Indiana, quando il sambuco è in fiore. Candy aveva raccolto un intero cestino di piccoli fiori bianchi e Miss Pony era intenta a preparare il suo famoso liquore ai fiori di sambuco. Non appena l’anziana donna ebbe versato lo zucchero nell’acqua bollente, il dolce profumo dei fiori inondò la cucina. Miss Pony chiuse per un attimo gli occhi, ormai segnati dal tempo, per assaporare il momento. Quando finalmente li riaprì, il suo sguardo si posò su Candy che era intenta a ritirare la posta dalla cassetta.
Ormai era una donna fatta, pensò Miss Pony mentre osservava la giovane dalla finestra della cucina. Il mese scorso avevano festeggiato il suo ventiseiesimo compleanno ed era stata una bellissima festa, a cui avevano partecipato tutti i ragazzi della casa di Pony, vecchi e nuovi. I Cornwell con il loro piccolo erede, Jimmy Cartwright che era arrivato direttamente da Chicago dove frequentava l’università, Patricia O'Brian che aveva fatto un lungo viaggio addirittura da Oxford....tutti avevano segretamente cospirato con Suor Maria per organizzarle una festa a sorpresa. Persino il Sig. Andrew era riuscito ad intervenire, concedendosi una tregua dai suoi interminabili viaggi in tutto il mondo.
"Le vogliono tutti molto bene", sorrise tra sé e sé Miss Pony, senza smettere di rimestare il liquore, "Come potrebbe essere altrimenti? È un vero tesoro ed una benedizione per tutti noi".
L’anziana donna ripensò alle innumerevoli occasioni in cui, nel corso degli anni, Candy si era rivelata fondamentale nelle loro vite. Aveva assistito Annie durante i difficili mesi della sua gravidanza, senza abbandonarla neppure un minuto finché non ebbe partorito. Era stata vicina a Jimmy quando il Sig. Cartwright l’aveva lasciato, esortandolo ad andare avanti. Era stato proprio grazie al suo incoraggiamento che Jimmy aveva deciso di iscriversi all’università, come aveva sempre desiderato suo padre. Fu ancora Candy a svolgere un ruolo importante durante l’epidemia di scarlattina che aveva colpito la casa di Pony. Ed era la stessa Candy cha aveva lavorato instancabilmente per raccogliere i fondi per i bambini immigrati nella scuola di Patty, prima che quest’ultima partisse per Oxford per frequentare un dottorato di ricerca.
"Mette sempre da parte le proprie sofferenze e preoccupazioni per il bene degli altri", pensò Miss Pony tirando un debole sospiro, "Mi consola sapere che almeno Suor Maria e io possiamo ancora prenderci cura di lei. Tuttavia, a volte mi domando se questo le possa bastare".
Improvvisamente, il passo veloce di Candy risuonò nella cucina, ancora inondata dal profumo dei fiori. Miss Pony spense il fuoco sul fornello e si voltò verso la giovane.
"Ci sono novità?", chiese casualmente.
"Vediamo. C’è una lettera degli Hawthorn".
"Fammi vedere", disse Miss Pony asciugandosi le paffute mani sul grembiule, "Dovrebbero averci mandato la donazione che ci avevano promesso".
Candy, che indossava un paio di jeans e una camicia a scacchi, sparse la corrispondenza sul tavolo di quercia, accingendosi a smistarla. Nel frattempo, Miss Pony era assorta nella lettura.
"Ecco qui", esordì Candy, "È arrivata un’altra cartolina di Albert e una lettera di Annie…e…..."
Miss Pony sollevò lo sguardo dalla sua lettera, notando l’improvviso silenzio. Candy si era lasciata letteralmente cadere su una sedia vicina e le sue guance avevano perso il caratteristico colorito.
"Dio mio, Candy, cosa succede?", la incalzò l’anziana donna. "Candy?", ripeté Miss Pony avvicinandosi a lei.
"Non. . . non è niente", rispose finalmente la giovane con un filo di voce.
"Candice White Andrew", l’ammonì Miss Pony, "Pensi di darmela a bere? Vuoi forse farmi credere che sei impallidita senza alcun motivo apparente? Dimmi, cosa succede?"
Miss Pony notò che le sue mani tremavano mentre stringeva la lettera ancora sigillata. Era come in trance, lo sguardo fisso sulla busta.
"Chi ti ha mandato quella lettera?", le chiese nuovamente Miss Pony.


"È una lettera di Terence!", riuscì finalmente a dire Candy, la voce quasi stridula, come se fosse stata trafitta da un dolore improvviso. Immediatamente, si alzò e corse fuori dalla cucina. Accadde tutto così velocemente che Miss Pony ebbe appena il tempo di accorgersi che aveva gli occhi pieni di lacrime
"Che sta succedendo qui?", chiese Suor Maria, entrando nella stanza.
La suora vide Miss Pony che sedeva stancamente sulla stessa sedia occupata da Candy solo un attimo prima.
"Che cosa è successo, Miss Pony, mi sembra di aver sentito Candy alzare la voce".
Con un silenzioso cenno, Miss Pony invitò l’amica e collega di una vita a prendere posto accanto a lei. Alla vista di un’espressione così seria sul viso di Miss Pony, Suor Maria comprese che stava per accadere qualcosa di veramente grave alla casa di Pony.
"Alla fine è successo, Suor Maria", disse l’anziana donna rompendo il silenzio. Tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e iniziò a pulirsi gli occhiali, "Sembra che il Sig. Grandchester abbia finalmente trovato il coraggio di contattare Candy".
Suor Maria scambiò uno sguardo d’intesa con l’amica, stringendo istintivamente la croce del suo Rosario di legno.
"Sapevamo che sarebbe accaduto quando abbiamo letto la triste notizia della scomparsa della Signorina Marlowe, non è vero Miss Pony?", rispose la suora.
"Lo so, amica mia, ma gli ci è voluto un po’ per decidersi. Stavo iniziando a credere che non l’avrebbe mai fatto".
"Se non sbaglio è passato oltre un anno", aggiunse Suor Maria sollevando lo sguardo come se stesse sforzandosi di ricordare, "Un periodo di tempo appropriato per un lutto dignitoso, credo. Il Sig. Grandchester ha sempre avuto un gran senso del decoro, malgrado i suoi modi alquanto anticonvenzionali".
"Forse ha atteso così a lungo per correttezza, o forse per paura", commentò malinconicamente Miss Pony, "ma quello che conta realmente è come reagirà Candy a qualsivoglia notizia porti la sua lettera".
"Come le è sembrata?", chiese Suor Maria.
"Era incredula e credo che stesse piangendo", rispose l’anziana donna alzandosi in piedi e avvicinandosi alla finestra. Il vecchio pioppo giallo che dominava la vista dalla collina di Pony era ancora in fiore, "Sicuramente starà leggendo la lettera all’ombra di Papà Albero".
"Spero che almeno questo le darà un po’ di conforto", aggiunse Suor Maria, per poi aggiungere, "comunque non smetterà mai di sorprendermi il fatto che non si aspettasse un tale gesto da parte del Sig. Grandchester".
Miss Pony rivolse lo sguardo alla vecchia amica con un’espressione sognante.
"È così che funziona il nostro cuore, quando è animato dall’amore; . . .sempre incerto, sempre insicuro del potere esercitato sull’amato. Credo che Candy non si aspettasse affatto questa lettera, Suor Maria. Dopo tutti questi anni aveva abbandonato ogni speranza".
"Nella sua mente, sì," aggiunse la suora, "ma ovviamente non nel suo cuore".
"Su questo sono d’accordo," rispose l’anziana donna, ritornando alle proprie faccende.

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Papà Albero fioriva fedelmente ogni mese di maggio. I suoi fiori giallo-verdi, che ricordavano le magnolie, duravano solo un mese o giù di lì, ma la loro bellezza valeva l’attesa. Candy si ricordò di quando lei e Annie, verso l’inizio di giugno, raccoglievano i fiori ormai caduti e li pressavano nei rispettivi quaderni per conservarli come ricordo della primavera. Poi, nelle lunghe e fredde notti invernali, le due bimbe solevano contemplare i fiori ormai secchi attendendo il ritorno della bella stagione.
Ora era nuovamente l’inizio di giugno. Candy sollevò lo sguardo verso gli ormai sparuti fiori che ancora resistevano attaccati al proprio gambo. La luce del sole filtrava attraverso la fitta chioma del pioppo giallo. Candy tirò un profondo respiro. Riusciva a sentire il profumo dell’estate che aleggiava nell’aria.
Teneva ancora la lettera stretta tra le mani. I suoi occhi si erano soffermati su ogni parola almeno un centinaio di volte. Temeva di leggere troppo o troppo poco tra le poche righe che lui le aveva inviato.

Stratford, 7 maggio 1924

Cara Candy,

Come stai? Non sono certo che riceverai mai questa lettera, ma ho dovuto tentare la sorte. Ho deciso di inviarla all’unico indirizzo con cui pensavo fossi ancora in contatto.
Forse sto facendo troppe supposizioni, ma credo che tu sappia che è passato più di un anno…avevo pensato, o piuttosto, sperato, di mettermi in contatto con te una volta trascorso il primo anno. Tuttavia, a causa della mia indecisione, ho lasciato che passassero altri sei mesi.
Ecco, l’ho detto. Sono solo poche righe ma se non spedisco questa lettera adesso, non lo farò mai

T.G.

P.S.
Voglio che tu sappia che nulla è cambiato per me in tutti questi anni.

Candy analizzò nel dettaglio ogni riga e curva della sua grafia. Chiara e decisa, non aveva vacillato un attimo. Di questo era certa. Tuttavia, non sapeva come interpretare il senso di quanto aveva scritto.
"Un anno e mezzo fa", sospirò tristemente Candy.
Ovviamente era perfettamente a conoscenza di quanto era accaduto a dicembre di due anni prima. Era una grigia mattina di fine febbraio quando lesse la notizia sulla pagina dei necrologi. Ricordava ancora di essersi sentita mancare il terreno sotto i piedi quando il suo sguardo si era accidentalmente posato sul titolo che annunciava la scomparsa di Susanna Marlowe. Sembra che la giovane donna avesse perso la lunga e difficile battaglia contro una rara malattia. Lei e Terence non si erano mai sposati, ma erano stati a lungo fidanzati. Fedele alle sue promesse, il giovane era rimasto al suo fianco fino alla fine.
Data la sua natura sensibile e generosa, Candy aveva provato un dolore profondo nell’apprendere la triste notizia. Sperava sinceramente che Susanna avrebbe aiutato Terence a trovare un po’ di tranquillità, dopo i travagli della sua adolescenza. Per contro, lui, pensò Candy, era l’unico che potesse renderla felice. Dopo il suo sacrificio, Susanna lo meritava…ancora una volta, le speranze di Candy erano state disattese.
La giovane sapeva che Terence aveva sofferto profondamente dopo la loro separazione di dieci anni prima: il loro ‘quasi’ incontro a Rockstown costituiva prova evidente del suo dolore. Tuttavia, Candy non credeva di essere indimenticabile. Come avrebbe potuto? Era solo una ragazza di campagna senza grandi doti, eleganza o bellezza. Era certa che Terence avrebbe finito per innamorarsi di Susanna e che avrebbero vissuto una vita felice insieme, come Candy aveva desiderato. Voleva la sua felicità più di ogni altra cosa al mondo.
Dunque, la notizia della scomparsa di Susanna era stato un duro colpo per Candy. La sua morte aveva reso Terence vedovo prima ancora di sposarsi. Temeva che la sua natura tetra e solitaria avrebbe presto avuto la meglio su di lui, facendolo sprofondare nella depressione o ancor peggio. Per settimane, fu combattuta, domandandosi se avrebbe potuto aiutarlo a trovare una qualche consolazione. Tuttavia, esitò, incerta delle sue capacità di portargli un effettivo conforto. Come si può consolare qualcuno che ha appena perso una persona così cara, come sicuramente Susanna era per lui? Inoltre, c’era sempre il rischio che le sue intenzioni fossero fraintese. Dio solo sapeva che non avrebbe mai agito per il proprio tornaconto, ma cosa avrebbero pensato gli altri? Cosa avrebbe pensato Terence? Queste considerazioni ebbero la meglio sulla sua determinazione e, dunque, decise di affidarsi alla preghiera, confidando in tutto l’aiuto possibile che essa avrebbe potuto offrire a Terence. Le sue preghiere erano state accolte, o almeno così credeva.
Con il passare dei mesi, Candy si sentiva sempre più sollevata, leggendo che lui continuava a fare la sua vita. La sua carriera era all’apice del successo e non giravano voci di depressione o abuso di alcool. Sembrava che fosse tutto a posto. Dopodiché, Candy prese coscienza di un’altra amara realtà. Ora era ufficiale; Terence l’aveva dimenticata. Era vivo e libero là fuori e andava avanti per la sua strada senza di lei.
Candy era felice per lui, sinceramente felice. Era quello il Terence Graham Grandchester che aveva conosciuto e ammirato. Eppure, nel profondo del suo cuore piangeva la sua perdita, consapevole del fatto che lui non tenesse più a lei. Un uomo passionale come Terence non sarebbe rimasto solo per sempre. Non aveva ancora trent’anni, era benestante, famoso e sicuramente più bello che mai. A tempo debito, si sarebbe innamorato di nuovo, per poi sposarsi ed avere dei figli; figli che non gli avrebbe dato lei. Con disappunto, riconobbe la ben nota punta di gelosia che ancora albergava nel suo cuore. Terence poteva averla dimenticata; ma era lei a non aver dimenticato lui.
Tuttavia, la giovane aveva tenuto sempre segrete queste dolore riflessioni. Non ne parlava con nessuno, neppure con Miss Pony o Suor Maria. "A che scopo?", si ammoniva quando il bisogno di aprire il suo cuore a qualcuno diventava più intenso. "Non ha senso piangere sul latte versato", era sempre stata questa la sua filosofia. Pertanto, nel corso dell’anno precedente, aveva raddoppiato i propri sforzi per portare a compimento le migliorie della casa di Pony che le sue due madri desideravano da così tanto tempo. Questi programmi la aiutavano a mantenere una parvenza di felicità ed era grata di tutto ciò.
Ora, improvvisamente, era arrivata una sua lettera, in cui le diceva così tanto e così poco al tempo stesso.
"Avevo pensato di mettermi in contatto con te una volta trascorso il primo anno", aveva scritto.
Era un messaggio diretto, quasi enigmatico, eppure carico di significato. Sin dall’inizio "aveva pensato" di contattarla. Candy si sentiva tremendamente confusa.
La giovane percepì un rumore sordo sull’erba. Era uno dei figli di Papà Albero, che abbandonava la sua casa natia. Candy raccolse il fiore e accarezzò dolcemente la sua corolla a forma di coppa.
"Che intenzioni hai, Terence?", si domandò rivolgendosi al fiore, “È la mia amicizia che ti interessa riacquistare? E se così fosse, perché hai atteso la scomparsa di Susanna per farlo?


Se mi avessi scritto anni fa allo scopo di rinnovare la nostra conoscenza in termini amichevoli, ti avrei risposto, Terence. Indipendentemente da quanto sarebbe stato difficile per me fingere, giuro che ti avrei risposto. Ci avevo anche pensato una volta, ti avevo scritto delle lettere che però non ho mai trovato il coraggio di spedire. Se invece stai cercando qualcosa di più, per quale motivo nutrivi già questo desiderio subito dopo la scomparsa di Susanna?"
"Non la amavi?", fu l’inconcepibile domanda che le venne in mente. "Allora per tutti questi anni, tu hai. . ."
Subito dopo, decise di porre fine a tutti i suoi ragionamenti. Non poteva essere così.
La giovane si coprì il volto con entrambe le mani. Un ben troppo noto mal di testa iniziava a martellarle le tempie. Una parte di lei desiderava che quella lettera non le fosse mai arrivata. Tuttavia, ora era lì, un fatto innegabile poggiato sul suo grembo.
Miss Pony suonò la campanella chiamando tutti per il pranzo. La giovane ripiegò attentamente il foglio e lo ripose nella busta. Poi raccolse il fiore giallo e si infilò la lettera in tasca. Non poteva restare ancora lì. Aveva mille faccende da sbrigare che la attendevano in casa.
Scendendo lentamente dalla collina, Candy decise che doveva rispondere al più presto. Eppure, non aveva idea di cosa avrebbe potuto scrivergli.


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Miss Pony e Suor Maria avevano deciso di non farle domande riguardo la lettera e Candy aveva apprezzato la loro discrezione. Riuscì a mostrarsi serena per il resto della giornata, sbrigando le solite faccende. Malgrado la sua energia, però, le due anziane donne non furono tratte in inganno. Candy appariva fin troppo tranquilla e pallida rispetto al suo solito. Quando finalmente andò a letto, dopo aver mangiato appena, le due donne si scambiarono uno sguardo. Tuttavia, mantennero i loro propositi e non fecero domande.
Nel corso della giornata, Candy aveva riflettuto trovando una spiegazione che le sembrava la più plausibile. Secondo lei, Terence stava solo cercando di ritrovare una vecchia amica. In passato, aveva temuto che Susanna potesse ingelosirsi e, non volendola turbare, aveva preferito mantenere le distanze. Ora le cose erano cambiate. Era libero di rinnovare l’amicizia. Non c’era ragione di leggere altro tra le poche righe che le aveva scritto.
Forse stava trascurando altri dettagli della lettera, come il termine di un anno che lui si era dato, ma non voleva mettere a rischio il proprio cuore con ipotesi azzardate. Pertanto, forte di questa convinzione, decise di rispondere.
La mattina successiva, dopo aver imbucato la sua lettera, aveva commentato casualmente l’intenzione di Terence di rinnovare l’amicizia.
"Non voglio che saltiate a conclusioni affrettate riguardo alla questione della lettera", aveva ammonito le due donne che la osservavano incredule, "siamo solo due vecchi amici che si ritrovano, ve l’assicuro, nulla di più".
Miss Pony e Suor Maria non la contraddissero, né fecero alcun commento.

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La sera era calda e il cielo stellato. Malgrado le luci della città, era ancora possibile scorgere le stelle. Mentre usciva dal Met, il giovane sentì il tipico calore dell’aria estiva che gli accarezzava il viso. Era stata una serata memorabile. La sua sensibilità artistica gli diceva che la prima a cui aveva appena assistito sarebbe entrata nella storia dell’arte americana. George Gershwin era senza dubbio un compositore di talento e quello appena eseguito dall’orchestra jazz di Whiteman era il più bel pezzo di Gershwin che avesse mai ascoltato. Si intitolava "Rapsodia in blu". "È un bel titolo," pensò.
Fece un cenno al suo autista, che lo stava già aspettando, per informarlo che aveva deciso di tornare a casa a piedi. L’aria della sera e un po’ di moto gli avrebbero fatto bene.

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Senza alcuna fretta, il giovane si accese una sigaretta e, con la sua caratteristica andatura, si incamminò verso casa. Sembrava un sogno sentirsi così libero, così vivo, dopo otto lunghi anni di oppressione. Era un tale cambiamento, che gli ci era voluto un po’ per abituarsi. Non che avesse di che lamentarsi.
La piacevole ouverture di Gershwin risuonava ancora nelle sue orecchie mentre ripensava agli ultimi mesi. La stagione era stata un successo ed i nuovi progetti per l’autunno successivo erano entusiasmanti. Ora poteva tornare a casa e leggere i nuovi copioni per conto proprio, assaporando ogni battuta mentre declamava ad alta voce, senza preoccuparsi di restare alzato fino a tardi. Nessun rimprovero, nessuna presenza scomoda e invadente. Sentiva che finalmente aveva il controllo del proprio destino.
Sfortunatamente era stata una vittoria amara, doveva ammetterlo. L’ultimo anno di vita di Susanna era stato terribile per la giovane donna. Poco importava quanto fosse infelice la loro relazione, certamente non avrebbe mai desiderato la sua morte. Come avrebbe potuto? La poverina era già una creatura debole e tormentata. Inoltre, la sua malattia l’aveva provata così tanto, che ella meritava la sua compassione, non il suo risentimento.
Qualunque cosa fosse accaduta in passato, non aveva più importanza. Il medico l’aveva informato del destino infausto di Susanna all’inizio del 1921. Non c’era nulla da fare, se non aspettare. Aveva avuto diversi mesi per abituarsi alla verità e prepararsi alla fine, prima che giungesse il momento. Sapeva che dopo la sua scomparsa, avrebbe dovuto prendere delle decisioni e alcune di esse non sarebbero state piacevoli. Il giorno stesso della sepoltura di Susanna aveva già in mente cosa fare.
Una settimana dopo il funerale aveva chiarito le cose con la Sig.ra Marlowe una volta per tutte. Il ricordo di quel colloquio era ancora vivo.
"Credo che ci siano alcune questioni urgenti di cui parlare, signora”, aveva esordito mentre sedeva nel salotto di casa sua.
La donna era rimasta in silenzio, come se si aspettasse il peggio dal giovane nella cui casa aveva vissuto per oltre tre anni. Ora che non aveva più la scusa di essere la sua futura suocera, si aspettava di essere mandata via prima o poi. Era consapevole di non godere delle simpatie del giovane attore.
"Temo sia giunto il momento che le nostre strade si dividano, Sig.ra Marlowe," le aveva detto tutto d’un fiato, scegliendo l’approccio diretto.
"Sapevo che sarebbe accaduto," rispose la donna con espressione stizzita, "Dammi solo un paio di giorni per racimolare le mie cose, Terence. Non ti imporrò oltre la mia presenza”.
"Si sbaglia, signora, non intendevo invitarLa ad abbandonare questa casa. In realtà, è esattamente il contrario", aveva risposto con aria indifferente.
La Sig.ra Marlowe rimase a bocca aperta, senza riuscire ad articolare alcun suono.

"Ho preso in affitto un appartamento al Village. Mi trasferirò lì domattina. Se non Le dispiace, signora, porterò con me il mobilio della mia camera da letto e dello studio. Il resto rimarrà a Sua disposizione”, le aveva spiegato.
"Ma questa casa. . ." riuscì a dire la donna.
"È sempre stata di Susanna. L’avevo acquistata per lei, quindi credo sia giusto che la tenga Lei", aveva aggiunto.
Dopodiché, non avendo altro da dirle, si alzò e infilò una mano nella tasca interna della giacca per estrarne qualcosa.
"Ecco", disse mentre le porgeva una grossa busta, "Questi sono gli atti di proprietà della casa, sono intestati a Susanna. Anche se non aveva lasciato scritte le sue volontà, essendo sua madre e l’unica parente, credo che Lei non avrà alcun problema a rivendicarne la proprietà. Nella busta troverà anche del denaro. Ho pensato che potesse esserLe utile mentre deciderà cosa fare del Suo futuro".
La donna prese la busta senza proferire parola, non sapendo come reagire di fronte ad un regalo talmente inaspettato. Nel profondo del suo cuore, la Sig.ra Marlowe sapeva che sia lei che sua figlia erano state terribilmente ingiuste con lui. Quindi, ora le risultava difficile comprendere la sua generosità.
"Domani, quando me ne andrò, la governante e l’autista verranno con me. Hanno deciso liberamente, spero dunque che non serberà loro rancore", le aveva detto con freddezza.
"Capisco," riuscì appena a bisbigliare.
"Un’ultima cosa, signora", aveva aggiunto prima di ritirarsi, con una fiamma di determinazione che ardeva nei suoi occhi, "Spero che Lei comprenderà che i nostri rapporti si interrompono qui. La prego di non aspettarsi più nulla da me in futuro”, e con questo sottile avvertimento, il giovane aveva lasciato il salotto.
Il mattino dopo aveva abbandonato la casa senza una parola alla Sig.ra Marlowe, che aveva preferito restare nelle proprie stanze. Terence non l’aveva più vista da allora e sperava di non vederla più in futuro. Anche per un animo nobile c’è un limite alla carità .

Quella era stata la parte più semplice, ricordò.

Tuttavia, l’altra questione – quella che aveva realmente a cuore – non si sarebbe risolta con un semplice trasferimento in un altro quartiere e con il ritorno alla vita solitaria di sempre. Se avesse conosciuto a fondo il suo cuore dieci anni fa come lo conosceva adesso, le cose sarebbero andate diversamente, pensò. Quella maledetta sera all’ospedale, confuso e disorientato dalle circostanze, era stato così sconsiderato da credere che sarebbe riuscito nell’impresa impossibile di sposare una donna che non amava, voltando le spalle all’amore della sua vita. Dopo anni di desideri repressi e di rimpianti si era reso conto di quanto fosse stato in errore. Ora, a ventisette anni, aveva perfettamente chiaro cosa fare. Ma l’esserne consapevole e mettere in pratica i propositi maturati erano due cose ben distinte.
I suoi sentimenti non erano cambiati. Anzi, il tempo li aveva resi più profondi e più maturi. Alcuni dicono che "la lontananza fa intenerire il cuore". Sapeva che nel suo caso era assolutamente così. Sfortunatamente, però, non è possibile sparire dalla vita di una donna per riapparire diversi anni dopo, come se nulla fosse. Al solo pensiero, il suo cuore accelerava i battiti in preda all’ansia.
Ora si poneva il problema del periodo di lutto. Non era appropriato avvicinare una signora dopo così poco tempo dalla scomparsa dell’ex fidanzata. Non che gli importasse granché delle convenzioni sociali. Era convinto di aver dato a Susanna ben più di quanto le fosse dovuto in vita, ma sapeva altresì che Candy, come la maggior parte delle donne, era molto più attenta a questi dettagli. Dopo tutti gli errori che aveva commesso, doveva quantomeno mostrarle un po’ di sensibilità.
Inoltre, c’era la questione di come avrebbe gestito le sue paure. Un mare di “se” e di “ma” gli affollavano la mente ogni volta che pensava a Candy. Credere che lei tenesse ancora a lui era una presunzione alquanto arrogante. No, non si aspettava tanto. Tuttavia, si concedeva quantomeno di nutrire la speranza che lei non gli serbasse rancore. Sapeva bene che avrebbe avuto tutte le ragioni per farlo, se così fosse stato. Credeva fermamente di essere interamente responsabile di quanto era successo in passato. Eppure confidava nella sua natura dolce e comprensiva, sperando almeno in un’accoglienza più affettuosa, come avrebbe riservato ad un qualunque vecchio amico.

Ovviamente, occorreva valutare la possibilità di riallacciare l’amicizia. Quante probabilità c’erano che fosse ancora libera? Una donna come lei non poteva non suscitare l’interesse degli uomini intorno a sé. Terence era consapevole del fatto che la sua bellezza interiore ed esteriore costituissero un tesoro per il quale molti, spinti dal desidero, avrebbero fatto di tutto. La sola idea di saperla sposata con un altro lo disgustava, ma doveva ammettere che era una forte possibilità.
Sapeva di avere poche chance. Eppure, doveva contattarla per saperne di più, anche a costo di rendersi ridicolo ancora una volta. Se dopo un primo approccio avesse scoperto che lei apparteneva a un altro, l’avrebbe accettato e sarebbe uscito dalla sua vita per sempre. Gli sudavano le mani ogni volta che i suoi pensieri andavano in quella direzione.
I suoi dubbi sarebbero svaniti col tempo, aveva pensato, cercando di farsi coraggio. Più si abituava all’idea di cercare Candy, più cresceva la sua risolutezza. "Una volta trascorso il primo anno, farò la mia mossa”. Era stato questo il suo mantra. Alla fine, il tempo era passato ma il suo cuore era ancora in ansia come la primissima volta che ci aveva pensato.
Anche se era un uomo fatto, quando si trattava di Candice, si sentiva ancora un adolescente insicuro. "Sono spacciato", pensò mentre ricordava il suo stato d’animo negli ultimi sei mesi. Proprio quando si stava avvicinando il termine che si era imposto, aveva cercato di mettere in pratica i propri propositi, ma non ne era stato capace. Prendeva una decisione un giorno, per poi ritenere il giorno successivo che la strategia scelta non fosse la più appropriata.
Fu allora che si presentò una straordinaria opportunità per la sua giovane carriera. La Royal Shakespeare Company lo invitava a unirsi a loro come guest star nella stagione invernale del 1923. Era un onore e un grandissimo successo per un attore così giovane. Sua madre era stata la prima a spingerlo ad accettare. Non che avesse bisogno di alcun incoraggiamento. Quella opportunità gli offriva la scusa perfetta per ritardare la sua decisione di un mese o due dopo la tanto temuta data. Sapeva che stava stupidamente scappando da sé stesso e dai suoi sentimenti sempre più incalzanti, ma decise comunque di accettare l’invito.

Pertanto, era partito per l’Inghilterra dove aveva passato i mesi più prosperi della sua carriera, ricoprendo una serie di ruoli diversi. Era stato entusiasmante! La compagnia aveva recitato a Stratford-Upon-Avon, Newcastle e Londra. Così, prima che potesse rendersene conto, si trovava nuovamente nella città che aveva acclamato il suo Amleto quattro anni prima. La stessa Londra dove era stato maltrattato dalla sua matrigna per il figlio illegittimo che era. Ora, veniva accolto come un attore di successo, rispettato e ammirato dai colleghi e dalla società londinese in toto. Che trionfo! Che gioia sarebbe stata se solo Londra non fosse stata così ricca di ricordi insieme a lei!
Inizialmente, il suo impegno con la Compagnia avrebbe dovuto essere solo per la “piccola stagione” da novembre a gennaio. Ma il suo successo era stato così grande che gli era stato rinnovato l’invito per alcune rappresentazioni della stagione primaverile a marzo e ad aprile. Sfortunatamente, però, la sua gloria era offuscata dai tumulti interiori. Più tempo impiegava a decidere, più peggiorava il suo umore. Questa situazione era per lui fonte di grande turbamento.

Una volta conclusi i suoi impegni professionali, aveva deciso di prendersi una pausa prima di rientrare a New York. Aveva bisogno di un po’ di tempo per riflettere seriamente sulla sua situazione e agire di conseguenza. Era ritornato a Stratford-Upon-Avon ed aveva affittato un cottage alla periferia della città. Sperava che la solitudine lo avrebbe aiutato a trovare un po’ di pace ed il coraggio che gli mancava.
Terence ripensò a quei giorni di isolamento nel vecchio cottage come ad uno dei momenti di introspezione più intensi della sua vita. Aveva pensato a mille modi diversi di incontrarla, per poi cambiare nuovamente idea, accantonando un approccio perché troppo teatrale e un altro ancora perché troppo banale.
La prima cosa a cui pensare era come contattarla. Dopo tutti questi anni, non aveva idea di dove potesse essere. Doveva semplicemente rischiare il tutto per tutto e andare a Chicago a cercarla? E nel caso, da dove avrebbe dovuto iniziare? Dalla residenza degli Andrew? E cosa avrebbe detto?
"Come stai, Archibald, sto cercando tua cugina, la stessa donna che sono stato così sciocco da lasciar andare. Sapresti dirmi dove trovarla?", aveva mormorato tra sé e sé fissando il proprio riflesso nello specchio.
"Sciocchezze! Non lo biasimerei se mi facesse secco all’istante", si era detto, accantonando l’idea.
Poi pensò alle gentili signore dell’orfanotrofio. Era certo che Candy si fosse tenuta in contatto con loro nel corso degli anni. Doveva andare lì a parlare con loro? La sola idea di affrontare quelle amabili donne che una volta lo avevano ricevuto nella loro casa con tanto affetto, lo terrorizzava.
"No, non potrei guardarle negli occhi senza provare vergogna per il mio comportamento. Ho ferito la loro adorata figlia. Come potrei andare da loro a chiedere aiuto?"
Avendo esaurito le idee, aveva infine deciso di scriverle una lettera. L’avrebbe inviata alla Casa di Pony, con la speranza che le signore dell’orfanotrofio potessero farla recapitare a Candy, ovunque ella fosse. Aveva scritto talmente tante versioni della missiva che ne aveva perso il conto.
Quale sarebbe stato l’approccio più appropriato? Semplice e diretto? Avrebbe dovuto riversare tutto il suo cuore in un’unica lettera? Fino a che punto poteva spingersi? Un semplice "Ciao" sarebbe risultato troppo freddo? “Amore mio” sarebbe stato fuori luogo? Doveva dar libero sfogo alla passione o essere cauto come se si rivolgesse ad una semplice conoscente?
Fu con questo tormento nel cuore che l’alba del 7 maggio lo colse di sorpresa. Lei compiva ventisei anni. Di getto aveva finalmente buttato giù l’inarticolata lettera che aveva poi spedito con grande trepidazione. Anche dopo averla sigillata, fece avanti e indietro dall’ufficio postale per ben tre volte prima di trovare il coraggio di lasciarvi la busta. Eppure, dopo averlo fatto, fu come attraversato da una nuova energia, aveva racimolato le sue cose in fretta e furia, aveva chiamato il suo assistente per prenotare i biglietti ed era rientrato in America, come se avesse avuto un appuntamento pregresso per il quale fosse urgentemente richiesta la sua presenza a New York.

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Terence tirò un sospiro riconoscendo la sobria sagoma del suo edificio. Era giunto al termine della sua passeggiata serale.
"Lascerò la macchina in garage", gli disse l’autista con un forte accento italiano mentre usciva dall’auto, “Pensa che avrà bisogno di me domani?"
"No, Roberto", rispose Terence distrattamente, "Non ho programmi per questa domenica".
"Allora a lunedì, Sig. Graham", aggiunse l’uomo rivolgendosi al suo datore di lavoro con il suo nome d’arte, l’unico che conoscesse.
Il giovane accennò un saluto mentre entrava nell’edificio. Il portiere stava sonnecchiando e non intendeva disturbarlo. Così, si incamminò in silenzio su per le scale.
Era stata una lunga giornata. Aveva fatto colazione molto presto con sua madre; poi aveva partecipato a una estenuante riunione con Robert Hathaway e la Compagnia Stratford. I programmi per la nuova stagione che avrebbe avuto inizio a settembre richiedevano già tutta la sua attenzione. Successivamente, aveva dovuto presenziare ad una noiosa sessione fotografica, aveva pranzato con il suo avvocato e aveva passato il resto del pomeriggio a provare in teatro per conto proprio. Dopo una giornata così pesante, si era infine concesso la serata musicale al Met.
Girò la chiave nella toppa e aprì lentamente la porta. La casa non era completamente al buio. La governante aveva lasciato le luci accese nell’ingresso. Terence apprezzava molto la delicatezza della Sig.ra O'Malley. Fu grazie a quella luce che riuscì a scorgere qualcosa di rosa poggiato sul tavolino del salotto.
Gli occhi gli schizzarono quasi fuori dalle orbite quando si rese conto che la risposta che aveva lungamente atteso era finalmente arrivata. Si era praticamente gettato sulla busta per afferrarla, ma una volta tra le sue mani, gli ci volle un po’ per aprirla. Il suo sguardo era perso a studiare ogni dettaglio della sua grafia, ancora minuta e femminile come la ricordava. Quindi, dopo un secondo di esitazione, la aprì e lesse quanto segue:

Casa di Pony, 15 giugno 1924

Caro Terence,

Sono stata piacevolmente sorpresa di ricevere la tua lettera. Sono felice che tu non me ne voglia per essere stata una pessima amica in tutti questi anni, non avendo mai trovato il tempo di scriverti due righe neppure per Natale. Prometto di essere una corrispondente migliore stavolta.
L’idea di inviare la lettera alla Casa di Pony è stata decisamente azzeccata. Vivo e lavoro qui da quasi nove anni ormai. Lavoro presso una piccola clinica e do una mano a Miss Pony e a Suor Maria con i bambini. Ultimamente, mi sono anche occupata di raccogliere fondi per la nostra adorata casa di Pony. Per cui mi capita di viaggiare per far visita ai nostri benefattori, ma sono decisamente più felice qui, in questo piccolo angolo di campagna. Sai, quest’anno abbiamo in programma di apportare delle migliorie alla casa e siamo tutti molto impegnati.
Quindi, come vedi, sono sempre la stessa ragazza semplice che conoscevi; solo un po’ più vecchia. Annie mi dice sempre che finirò zitella se insisto a vivere qui, ma questa è casa mia e la adoro.
Ebbene, temo che la mia vita ti sembrerà alquanto scialba se paragonata alle tue affascinanti avventure teatrali ed ai tuoi viaggi. Comunque, visto che sembra che tu tenga ancora alla mia amicizia, sarei veramente felice di recuperare il tempo perduto.

Con affetto, Candy

PS.
Miss Pony e Suor Maria sono ancora le tue più grandi ammiratrici. Hanno sempre seguito la tua carriera e ti salutano caramente.


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Era già l’alba quando Terence, finalmente, si addormentò. La lettera, che aveva ormai imparato a memoria, era ancora adagiata sul suo petto.

Edited by sailor74 - 28/4/2013, 16:38
 
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