Candy Candy

"La Stagione dei Narcisi" di Josephine Hymes, Traduzione di sailor74 (a.k.a. Ladybug)

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sailor74
view post Posted on 28/4/2013, 21:56 by: sailor74     +5   +1   -1

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Capitolo 9
La sciarpa, il diario ed il carillon



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Candy era sdraiata su un fianco, appoggiata su un gomito con la mano a sorreggerle il viso. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla persona che dormiva accanto a lei. Le scorse mattine era stato sempre Terence a svegliarsi per primo. Pertanto, non aveva avuto l’opportunità di osservarlo nel sonno. Riusciva a vedere solo il suo profilo, mentre era sdraiato a pancia in sotto, dato che il suo volto era semi-nascosto dal cuscino verde menta. Sembrava profondamente addormentato perché la sua espressione era insolitamente rilassata, indifesa, pressoché serena e trasparente come quella di un bambino. La solita ciocca ribelle che spesso sfuggiva al suo controllo gli incorniciava la fronte, fornendole un’altra scusa per accarezzargli il volto.

Sebbene le sue spalle e la sua schiena fossero totalmente rilassate, Candy riusciva comunque a distinguerne la definizione dei muscoli. Si era scoperto nel sonno ed era mezzo nudo. Pensando che potesse avere freddo, cercò di coprirlo, ma nel toccargli la schiena, si rese conto che era ancora abbastanza caldo, pertanto decise di lasciar perdere.

Allungò la mano sinistra per accarezzargli dolcemente la schiena. Rifletté sulle nuove caratteristiche della sua personalità che stava scoprendo grazie alla recente intimità. Su una cosa non c’era alcun dubbio ormai: il contatto fisico era di capitale importanza per Terence. Le aveva promesso che si sarebbe limitato a dormirle accanto, in attesa che terminasse il suo ciclo, ma a conti fatti non era stato in grado di mantenere la promessa. Pur senza indugiare in un rapporto completo, l’aveva guidata in altri giochi e carezze che nelle ultime quattro notti avevano rappresentato una degna alternativa. Candy non aveva di che lamentarsi.

Pensò che i due giorni che mancavano al loro matrimonio sarebbero stati piuttosto stancanti per lui. Per cominciare, quella mattina, avrebbero dovuto prepararsi piuttosto presto per partire per La Porte e da lì raggiungere la Casa di Pony. Sfortunatamente, dato che sarebbero state disponibili solo due camere degli ospiti, Terence ed Albert avrebbero dovuto alloggiare nell’unico hotel disponibile in paese, mentre i Cornwell e la Sig.ra Baker sarebbero rimasti alla Casa di Pony.
Terence non si era dimostrato per niente contento della cosa, ma né la Sig.ra Baker né la Sig.ra Cornwell avevano consentito un cambio di programma. Le signore avevano necessità di stare alla Casa di Pony per curare tutti i dettagli della cerimonia, che sarebbe stata semplice, ma non per questo ordinaria, per citare le parole della Sig.ra Baker. Candy era stata subito d’accordo, se non altro per tenere Terence a debita distanza le due notti prima del matrimonio. Sapeva che se avesse alloggiato alla Casa di Pony, avrebbe insistito per venire nella sua stanza e passare la notte con lei. Per quando desiderasse stare con lui, era consapevole del fatto che la Casa di Pony non avrebbe consentito loro di godere della relativa libertà che offriva la villa degli Andrew, date le sue dimensioni e la notevole distanza della camera di Candy da quelle dei suoi familiari. Onestamente Candy sapeva che non avrebbe potuto evitare che una delle sue insegnanti si accorgesse di quello che stava accadendo. Non potendo contraddire sua madre né la sua futura moglie, quando erano d’accordo su una cosa, il giovane dovette acconsentire suo malgrado.
Candy lo sentì rabbrividire al suo tocco e finalmente gli coprì la schiena con una coperta. Poi, si sdraiò a pancia in sotto accanto a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla. Così accoccolata, continuò ad accarezzarlo sotto le coperte mentre dormiva. Assaporando quella vicinanza, ripensò a quanto era accaduto negli ultimi giorni.

La mattina del 3 gennaio, la Sig.ra Baker era arrivata a Chicago accompagnata dalla sua assistente personale. Terence e Candice erano andati a prenderla alla stazione, ma per mantenere il riserbo, era andata soltanto Candy ad aspettarla al binario, mentre Terence era rimasto in auto con l’autista. Sebbene il giovane attore si fosse fatto strada nel mondo dello spettacolo con le proprie forze, senza affidarsi alla fama ed alle conoscenze della madre, avevano entrambi mantenuto segreto il loro vero legame. Terence aveva spiegato a Candy di aver più di una volta suggerito a sua madre di convocare una conferenza stampa per rivelare la loro parentela, ma la Sig.ra Baker si era sempre rifiutata di farlo, senza spiegargliene il motivo. Terence era convinto che sua madre – come qualunque altra donna – avesse ancora una punta di vanità e preferisse non divulgare così facilmente la propria età rivelando a tutti di avere un figlio già adulto. Non aveva idea del fatto che la Sig.ra Baker avesse altre motivazioni, ben più altruiste.

Qualsiasi cosa avesse in mente Eleanor, aveva chiesto a suo figlio di essere il più cauto possibile. Dunque, quando il suo treno era finalmente giunto in stazione, trovò ad attenderla solo la minuta Candice White Andrew, che la salutava con la mano per darle il benvenuto. Dopo un attimo, una donna alta ed elegante fasciata in un soprabito nero ed un cappello a larga tesa Coco Chanel scese dal treno.

Le due donne restarono lì a guardarsi per un attimo, prendendosi del tempo per riconoscersi. Per Candy, la Sig.ra Baker era bella e affascinante come sempre, come se non fosse invecchiata di un giorno negli ultimi dieci anni. Al contrario, la Sig.ra Baker impiegò qualche secondo a riconoscere la ragazza che aveva conosciuto una volta in quell’elegante giovane donna che indossava un cappotto beige. I lunghi capelli biondi avevano lasciato il posto ad un caschetto ondulato incorniciato da una cloche. Eppure, i suoi dolci occhi verdi, le caratteristiche lentiggini e le fossette erano sempre lì. La Sig.ra Baker aveva finalmente fatto il primo passo ed aveva abbracciato la giovane con affetto.

"È passato tanto tempo da Rockstown, signora!" disse Candy, incapace di trattenere una lacrima mentre la abbracciava.

"Talmente tanto che ho pensato che non l’avrei più rivista, Signorina Andrew", rispose Eleanor, sollevando furtivamente la veletta nera per dare un bacio a Candy, riabbassandola subito dopo.

"Mi chiami Candy", rispose la bionda con un sorriso solare che Eleanor trovò estremamente affascinante.

"In tal caso anche tu devi chiamarmi Eleanor".

"Grazie, Eleanor! Ma ora dobbiamo andare, prima che possa succedere qualcosa di imprevedibile”, la avvertì Candy affrettandosi, mentre tendeva la mano all’accompagnatrice della Sig.ra Baker per presentarsi.

Terence si mosse nel sonno, distraendo Candy dai suoi ricordi. Si girò sulla schiena e mormorò qualcosa di incomprensibile. Con un braccio attirò Candy a sé e continuò a dormire. La giovane, accorgendosi che non era ancora sveglio, poggiò la testa sul suo petto e indugiò ancora un po’ nel ricordo dei recenti eventi.

Qualche giorno addietro, Terence aveva rivelato ad Albert l’identità di sua madre, chiedendogli aiuto per mantenere il riserbo. Pertanto, per ospitare la Sig.ra Baker nella villa degli Andrew senza intromissioni da parte della stampa era stato organizzato tutto con grande cautela. Nel corso dei due giorni che avrebbe passato con loro, solo alcuni dei domestici più fidati sarebbero stati in servizio e solo i familiari più stretti, ovvero Albert, George ed i Cornwell sarebbero stati presenti. La zia Elroy era partita il giorno prima per passare qualche settimana a Lakewood e riprendersi dai festeggiamenti. Albert aveva fatto in modo che non ci fossero altri visitatori, informando i suoi conoscenti che si sarebbe assentato da Chicago per almeno una settimana.

Per Candy, mettere a parte i Cornwell del motivo per cui si fossero rese necessarie tutte quelle precauzioni era stata un’esperienza memorabile. Lei era l’unica a sapere come stessero realmente le cose. Si era ben guardata dal rivelare agli altri la vera identità della madre di Terence, tenendo per sé anche l’ossessione adolescenziale che Archie aveva nutrito nei confronti della Sig.ra Baker. Pertanto, si era goduta la scena svoltasi davanti ai suoi occhi.

Quando Terence – che aveva sempre ignorato che Archibald fosse un ammiratore di sua madre sin da ragazzo – li aveva informati che la sua vera madre non era Lady Beatrix Grandchester, Duchessa di N****(1) come credevano i suoi vecchi compagni di scuola, era già stato uno choc per tutti. Poi, quando aveva rivelato di essere figlio di Eleanor Margaret Le Breton, meglio nota con il nome d’arte di Eleanor Baker, Archibald era rimasto letteralmente a bocca aperta.
Anche Annie ne fu colpita, ma in modo decisamente più naturale. Tuttavia, non riuscì a spiegarsi il perché suo marito fosse impallidito rimanendo sbalordito, come se avesse subito un vero e proprio colpo.

"Te lo sei inventato", aveva finalmente borbottato Archie.

"Inventato? Credi che sarei disposto ad ammettere di buon grado di essere un figlio illegittimo solo per prendermi gioco di te, Cornwell?" aveva chiesto Terence, sollevando il suo solito sopracciglio.

"Non puoi essere figlio della Sig.ra Baker. È troppo giovane e bella!" aveva insistito Archie, rifiutandosi di accettare la verità.

Fu allora che Annie aveva rivolto lo sguardo verso suo marito in totale sorpresa. Non solo si stava comportando in modo offensivo nei confronti di Terence, al di là dei limiti della decenza, ma non lo aveva mai sentito apprezzare apertamente la bellezza di un’altra donna davanti a lei.

"Mi dispiace se mi consideri troppo vecchio e brutto per essere suo figlio, ma è la verità. Candy può confermarlo, conosce molto bene mia madre", aveva risposto Terence, dando poco peso alle considerazioni di Archie e non avendo intenzione di perdere tempo a giustificare il suo legame di sangue.

Archibald si era voltato verso sua cugina con sguardo interrogativo.

"Terence sta dicendo la verità. Ho conosciuto sua madre molti anni fa in Scozia. Era andata a trovarlo quando eravamo alla scuola estiva. Qualche anno dopo ho avuto occasione di rivederla qui in America", gli aveva spiegato Candy.

A quel punto entrambi i giovani si erano voltati verso Candy mal celando la rispettiva incredulità. Archie non riusciva a credere che sua cugina avesse conosciuto Eleanor Baker e non gliene avesse mai parlato, mentre Terence era confuso perché non sapeva che Candy e sua madre si fossero riviste dopo la Scozia.

"Dunque. . ." era intervenuto Albert schiarendosi la voce, "Terence ci sta chiedendo di essere discreti perché sua madre preferisce tener segreto il suo legame con lui, non essendo sposata. Siete tutti adulti e credo comprenderete la delicatezza della questione per un personaggio pubblico del suo calibro. Alloggerà qui alla villa con noi e desidero offrirle tutta la serenità e la sicurezza di cui ha bisogno. Terence ormai fa parte della nostra famiglia e se lui e sua madre hanno un segreto, è un segreto anche nostro. Intesi?"

"Sì, zio! Qualsiasi cosa di cui abbia bisogno la Sig.ra Baker sarà fatto. Saprai certamente che sono un suo grande ammiratore e niente mi farebbe più piacere che accoglierla nella nostra famiglia, non è vero Annie?" aveva ribattuto Archibald, sfoderando un’improvvisa parlantina che aveva sorpreso tutti.

"Beh, sì", lo aveva assecondato Annie, ancora perplessa dalle strane reazioni di suo marito.

Terence, che aveva seguito gli insoliti sbalzi d’umore di Archibald, aveva finalmente compreso il motivo del comportamento del suo vecchio compagno di scuola.

"Gli piace mia madre! Che stranezza!. . . . Ha la mia età!. . . . Diamine, è assurdo!" aveva pensato tra il divertito e il disgustato.

Più tardi, aveva condiviso le sue impressioni con Candy e, mentre discutevano di quanto era accaduto, Terence si era dimostrato decisamente divertito dalla cosa, così come la sua fidanzata. Tuttavia, il divertimento non terminò in quel momento. Quando Eleanor era finalmente arrivata, Archibald, sempre padrone delle sua soavi maniere, aveva fatto di tutto per iniziare una conversazione con l’oggetto della sua ammirazione, proprio davanti ad una sconcertata Annie. La Signora Baker aveva osservato che Archibald era un giovane affascinante dal gusto squisito e dalla mente brillante. Tuttavia, a giudicare dagli sguardi torvi che gli aveva lanciato Annie, Terence aveva immaginato che il successo ottenuto quella sera gli sarebbe costato quantomeno l’esclusione dal talamo nuziale per almeno una sera. Per una volta, Terence, che quella notte aveva goduto della compagnia della sua fidanzata, aveva provato pietà per il suo vecchio compagno di scuola.

Con la coda dell’occhio Candy guardò l’orologio. Erano quasi le 4:30. Pensò di aspettare ancora mezzora prima di svegliare Terence. Solitamente i domestici prendevano servizio intorno alle 6:00. Pertanto, sarebbe stato sufficiente che Terence tornasse nelle proprie stanze entro le 5 od al più tardi le 5:30.

Candy pensò che oltre all’aspetto comico dei recenti eventi, l’arrivo della Sig.ra Baker le aveva offerto l’opportunità di aprire il proprio cuore ad una donna che potesse comprendere appieno i suoi sentimenti per Terence. Due giorni dopo il suo arrivo, la Sig.ra Baker aveva chiesto a Candy di accompagnarla nelle sue stanze perché aveva qualcosa da mostrarle.

Candy ricordava perfettamente l’intima conversazione che avevano condiviso.

"Avevo bisogno di parlarti in privato, Candy", le aveva detto la Sig.ra Baker, mentre si accomodava nel salottino della sua camera da letto, invitando Candy con un gesto a prendere posto accanto a lei.

Una volta vicine, la Sig.ra Baker aveva preso le minute mani di Candy tra le sue.

"Voglio ringraziarti per aver aspettato mio figlio e per essere stata talmente generosa da perdonare le sue manchevolezze", aveva esordito la donna, i cui occhi mostravano tutte le sfumature di verde e blu che erano così simili a quelle di suo figlio.

"Credo non ci fosse nulla da perdonare, signora. Quello che abbiamo sofferto è stato il risultato di sciagurate decisioni. Siamo colpevoli in egual misura", aveva ammesso Candy abbassando lo sguardo, "Quel pomeriggio, quando ci siamo incontrate per l’ultima volta, Lei era così sicura che lui si fosse ripreso lì sul palco per via della mia presenza, eppure io non ho voluto accettarlo. Non credevo di poter avere un tale potere su di lui".

"Adesso, invece, ti è chiaro?" le aveva chiesto la Sig.ra Baker, sapendo perfettamente che Candy si riferiva al loro incontro di Rockstown.

"Sì! Se soltanto avessi creduto alle Sue parole allora. . . se invece di lasciarlo andare, mi fossi avvicinata a lui e gli avessi detto che anche io stavo vivendo un inferno, esattamene come lui, ci saremmo risparmiati non poche sofferenze. Persino anni dopo Lei mi offrì un’altra occasione di vederlo, quando mi inviò quel biglietto per la prima di Amleto. Ancora una volta, fui talmente testarda da rifiutare quell’allettante offerta. Ero scioccamente convinta della mia capacità di giudizio. . . ."

"Temo lo fosse anche lui", aveva risposto la Sig.ra Baker con un triste sorriso. "Ammettere le tue responsabilità in questa faccenda ti fa onore, Candy. Tuttavia, per quanto avrei voluto vedervi insieme già ai tempi di Rockstown, devo ammettere che all’epoca lui non era pronto per offrirti quello che meriti, mentre adesso è decisamente un uomo migliore”, aveva concluso Eleanor con il volto illuminato dall’orgoglio materno.

"Oh, sì! Non potrei essere più d’accordo! Non avrei potuto chiedere di meglio", aveva sorriso Candy, rendendo evidente il suo amore per Terence, che sprizzava da tutti i pori.

"Ne devo dedurre che è stato sufficientemente delicato con te?" le aveva chiesto Eleanor con un’occhiata d’intesa.

Candy era stata colta alla sprovvista. Eleanor aveva voluto dire quello che credeva? O era stata solo la sua immaginazione? Non aveva saputo cosa rispondere. Notando le sue riserve, Eleanor aveva aggiunto: "ieri sera sono andata nella stanza di Terence perché avevo bisogno di parlargli. Ho bussato e non ho ricevuto alcuna risposta; poi, mi sono accorta che la porta non era chiusa a chiave e sono entrata. Si era congedato presto dicendo di essere stanco; eppure, erano passate le undici e non era nella sua stanza. Penso di avere abbastanza esperienza da capire dove fosse".

"Eleanor . . . Io. . ."

"No, ti prego! Non angosciarti per causa mia, Candy. Se c’è una persona che sa cosa significhi amare un uomo oltre le convenzioni, sono certamente io. Non ti sto dicendo questo per metterti a disagio. Al contrario, volevo che sapessi che ti sono grata per l’amore incondizionato che riservi a mio figlio. Un amore come il tuo, così forte e coraggioso, è quello di cui ha bisogno, più di ogni altra cosa al mondo. Una madre non può che essere felice di vedere un così roseo futuro per il proprio figlio".

"Grazie per la comprensione"
, aveva finalmente detto Candy, confortata dalle parole di Eleanor, "e tornando alla Sua domanda, la risposta è sì. Terence è tutto quello che una donna potrebbe desiderare in un uomo. Tutto quello che c’è stato tra noi finora è accaduto con il mio consenso e considerando il mio interesse, oltre che il suo".

"Sono felice di saperlo. Ricordo che anche suo padre era particolarmente abile da quel punto di vista; diciamo che mi aspettavo che suo figlio prendesse da lui almeno in questo", aveva spiegato Eleanor con naturalezza, osservando che sua nuora aveva ancora la grazia di arrossire ai suoi commenti. "Riguardo ad altri aspetti del suo carattere, sono fiera che Terence si sia rivelato decisamente migliore di suo padre”, le aveva confessato Eleanor, mentre per un fugace momento un’ombra offuscava il suo sguardo, "intendo dire che Terence ha imparato ad essere onesto con sé stesso ed a lottare per il suo amore. Anche se devo ammettere che avrei voluto vederlo reagire prima; tanto tanto tempo fa. Comunque, sono felice che sia stato così fortunato da ritrovarsi libero quando tu eri ancora disposta a tornare con lui. Suo padre, sfortunatamente, non si rese mai pienamente conto dei propri errori finché non fu troppo tardi".

"Ma sicuramente Sua Grazia doveva averLa amata molto per sfidare la società ed avere un figlio con Lei. Forse era solo troppo debole per contraddire la sua famiglia. Immagino che l’avessero minacciato di ripudiarlo o qualcosa del genere”, aveva ribattuto Candy, sempre abituata a cercare del buono in tutti.

"Oh cara, la mia storia con Richard Grandchester è ben più complicata di quanto credi. Un Lord d’Inghilterra non può diseredare il proprio erede legittimo (2); a meno che non sia legalmente provata la sua colpa di alto tradimento nei confronti della corona. Avere un figlio illegittimo poteva essere causa di un piccolo scandalo, ma nulla di più".

Profondamente confusa, Candy aveva rivolto lo sguardo verso Eleanor.

"Intendo dire, Candy, che se veramente avesse voluto, Richard avrebbe potuto sposarmi senza perdere il diritto al titolo ed all’eredità. Ovviamente, avrebbe sofferto il disprezzo e l’ostracismo dei suoi pari e probabilmente avrebbe dovuto dire addio alla carriera politica. Ma la povertà e la perdita del diritto di nascita non sono mai state un rischio. Chiaramente all’epoca avevo solo diciannove anni e non avevo idea di come stessero le cose, pertanto, quando mi presentò lo stesso scenario che suggerivi tu poco fa, non ebbi alcun motivo di dubitare della sua parola".

"Dunque Le ha mentito!"

"Sì e per tanto tempo. Richard mi amava, ma solo nella misura in cui quell’amore fosse ammesso dal suo rango sociale. Quando si avvicinò a me per la prima volta, aveva visto il mio ritratto in una galleria di Londra. Avevo posato per fare un favore ad un artista. Ero abituata a farlo, perché la zia che mi aveva cresciuta era una grande patrocinatrice delle arti a New York”.

"Fu amore a prima vista, dunque"
, aveva azzardato Candy.

"Proprio così, credo che i Grandchester abbiano la tendenza a farsi travolgere dall’impeto della passione, ma non tutte quelle passioni sono abbastanza forti da sopravvivere al tempo ed alle difficoltà. Quando Richard iniziò a corteggiarmi, sapeva bene che avrebbe potuto offrirmi solo la “sua protezione”, come dicono loro. Il matrimonio non fu mai nelle sue intenzioni ma, ovviamente, non fu onesto con me al riguardo. Se ti interessa ascoltare una storia lunga e triste, sarei felice di raccontartela".

Candy, che aveva sempre desiderato sapere qualcosa di più dei genitori di Terence e della storia della sua nascita, aveva risposto alla futura suocera che sarebbe stata onorata di ascoltare il suo racconto.

"Vedi", aveva esordito Eleanor tirando un profondo sospiro, "avevo lasciato New York arrabbiata a disgustata dopo che il mio regista e mentore, Maurice Barrymore, mi aveva fatto una proposta indecente che non ero disposta ad accettare. Andai a lavorare a Londra, fuggendo dalla perdita del mio onore e, per ironia della sorta, finii per perderlo del tutto tra le braccia di Richard. Quando vedo come si comporta mio figlio con te, incantandoti con ogni suo gesto, rivedo suo padre con me. Sicuramente capirai quanto fu difficile per me resistergli".

Candy aveva annuito in silenzio, comprendendo che per quanto Terence assomigliasse a sua madre nell’aspetto e nella passione per il teatro, alcuni tratti del suo carattere ed i suoi modi ricordavano molto suo padre.

"Tuttavia, non avendo gli stessi principi morali di suo figlio, Richard non ebbe scrupoli a sedurre una ragazza giovane come me che non sapeva quasi nulla delle vita e non era mai stata con un uomo. Ma non aveva considerato l’eventualità di un figlio”.

"Sicuramente ebbe dei dubbi rispetto a come avrebbe dovuto comportarsi con Lei e con il bambino”.

"Immagino che abbia avuto dei dubbi, ma la soluzione al suo dilemma fu decisamente più scandalosa ed immorale del dare alla luce un figlio illegittimo".

"Cosa fece?"

"Ebbene, sebbene avesse iniziato un serrato corteggiamento nei miei confronti, era già fidanzato da tempo con Lady Beatrix. Il loro matrimonio era stato combinato per la reciproca convenienza, ma non era certo un fatto insolito tra le famiglie nobili. Malgrado ciò, il loro rapporto si era raffreddato a causa delle reciproche infedeltà e girava voce che il fidanzamento sarebbe stato annullato”.

"La matrigna di Terence aveva un amante!"
aveva esclamato Candy, portandosi le mani al volto.

"Esattamente come Richard, ma la società è sempre più dura con noi donne, ogni qualvolta osiamo andare contro le convenzioni. Richard avrebbe potuto rompere il fidanzamento senza grandi problemi e nessuno avrebbe potuto biasimarlo. Agli occhi del mondo, lui era la parte lesa, perché molti sospettavano di una relazione clandestina di Lady Beatrix. Tuttavia, anziché farlo, Richard decise di trattare con lei".

"Che significa che decise di trattare con lei?"
aveva chiesto Candy, sempre più scandalizzata dalla condotta di Sua Grazia.

"Suo padre era già malato e prima di morire era ansioso di vedere più di un erede della sua stirpe. Saprai certamente che Richard non aveva fratelli minori. Dunque, la mia gravidanza capitò al momento più propizio per il Duca e suo figlio. Vedi, Richard non aveva alcun dubbio che il figlio che aspettavo sarebbe stato un vero Grandchester, perché sapeva di essere stato il mio primo e unico amante. Al contrario, considerato il comportamento tenuto in passato da Lady Beatrix, non avrebbe potuto essere altrettanto certo che i figli che gli avrebbe dato la sua futura moglie sarebbero stati sangue del suo sangue. Pertanto, con la massima astuzia, Richard propose a Lady Beatrix di acconsentire ad accogliere mio figlio come se fosse stato suo, nel caso si fosse trattato di un maschio, e in cambio lui non avrebbe rotto il fidanzamento".

"Mi dispiace dirLe questo, Eleanor, ma non riesco a capire come si possa essere tanto insensibili".

"Per Richard si trattava di un accordo conveniente e persino nobile, perché non avrebbe privato il bambino del suo diritto di nascita, nel caso si fosse trattato di un maschio, ovviamente. Se fosse stata una femmina, la bambina sarebbe rimasta con me e Richard avrebbe provveduto a lei. In ogni caso, sposarmi era impensabile, ma in questo modo si sarebbe preso cura del bambino e avrebbe donato un erede al ducato".

A quel punto, sul volto di Candy era apparsa evidente la fatidica domanda riguardo l’intera faccenda, che però non aveva avuto il coraggio di porre ad alta voce. Eleanor, decisa ad aprire il proprio cuore alla futura nuora, aveva deciso di propria iniziativa di rispondere.

"Ho accettato non senza grandi turbamenti e non cedetti così prontamente come Richard si aspettava”, aveva spiegato. "Di fatto, quando Richard ne parlò con l’attuale Duchessa, mi trovavo in Francia. Dopo essere diventati amanti, ebbi l’impudenza di credere in Richard al punto da lasciare la mia compagnia per seguirlo a Parigi. Sebbene fossi consapevole che quello che stavo facendo era indecoroso, non ti nego che quelli sono stati indiscutibilmente i momenti più felici della mia vita. Tuttavia, finì tutto quando rivelai a Richard di essere incinta. Deve essere stato allora che concepì il suo piano, perché appena qualche giorno dopo, mi disse che doveva rientrare in Inghilterra per sistemare alcune cose con suo padre. Ero talmente ingenua all’epoca che credetti che volesse informare il padre della sua intenzione di sposarmi, così lo lasciai andare senza alcun timore e rimasi ad attenderlo a Parigi".

"Quindi quando scoprì le sue vere intenzioni?"

"Rabbrividisco al solo ricordo, Candy!"
aveva esclamato la donna, sfregandosi un braccio, come se stesse rivivendo quella sensazione. "Circa un mese dopo la sua partenza, lessi sui giornali del suo matrimonio con Lady Beatrix e della loro partenza per la Scozia. Fui sul punto di perdere il bambino a causa dello choc. Mi sentivo talmente ferita e arrabbiata per il suo tradimento, che non appena fui in grado di viaggiare senza correre rischi per il bambino, ripartii per New York, sperando che mia zia Gladys fosse disposta ad accogliermi. Fortunatamente, la sorella di mia madre si rivelò ben più leale di Richard e offrì immediatamente il suo sostegno a me ed al bambino".

"Quindi era decisa a crescere il bambino da sola. Fu molto coraggioso da parte Sua, Eleanor".

"Sì, per quanto avessi il cuore in pezzi, non potevo permettermi il lusso di indugiare nella depressione. Una madre deve essere forte per il proprio figlio".

Candy aveva annuito.

"Ma allora, come mai Terence crebbe come un Grandchester anziché un Le Breton?" le aveva chiesto incuriosita.

"Ebbene, quando Richard scoprì che non ero a Parigi ad aspettarlo, venne in America a cercarmi. Aveva sposato Lady Beatrix, ma non aveva rinunciato a me, né aveva messo da parte le proprie aspettative riguardo a un erede. Voleva avere tutto, una moglie di rango per assolvere ai suoi obblighi come Lord di Inghilterra, un’amante che lo amasse ed un primogenito che avrebbe ereditato il Ducato a tempo debito. Gli uomini come lui non sono abituati a ricevere un rifiuto, quando si mettono qualcosa in testa".

"Come lo accolse?"

"Resistetti alle sue avances, ma poi mi pregò di andare a vivere con lui e caddi nuovamente nella sua rete, con grande dolore di mia zia. Giustificò la sua decisione di sposare Beatrix dicendomi che in questo modo non avrebbe perso il diritto di nascita, ma aveva tutte le intenzioni di divorziare da sua moglie non appena preso possesso del titolo. Questa volta non gli credetti così facilmente. Eppure, a conti fatti, lo amavo ancora moltissimo e volevo crogiolarmi nell’illusione che ricambiasse il mio amore. Così accettai la sua proposta. Vivemmo insieme in una casa di campagna che aveva affittato nel New Jersey sotto falso nome. Trascorremmo il resto della mia gravidanza come se fossimo realmente marito e moglie. Devo ammettere che serbo ancora nell’animo quel ricordo".

"Non posso biasimarLa. Vivere accanto all’uomo che si ama portando in grembo suo figlio deve essere un’esperienza straordinaria".

"Proprio così, ma sono certa che la vivrai presto, senza l’amarezza e il senso di colpa che avevano offuscato la mia felicità allora".

Alle parole di Eleanor, Candy aveva sentito il calore diffondersi sul suo viso.

"Mi sentivo in colpa per aver rubato il marito di un’altra”, aveva continuato Eleanor, "sebbene sapessi che Lady Beatrix non amava Richard, e mi sentivo terribilmente triste per aver deluso zia Gladys. Ma anche quando tutto intorno a me mi faceva pensare che stessi facendo qualcosa di sbagliato, non volli vedere la verità".

"Quando scoprì le vere intenzioni di Sua Grazia?"

"Fu lui stesso a rivelarmele dopo la nascita di Terence. Di fatto, seguendo il piano di Richard, Lady Beatrix non si era più fatta vedere in pubblico a Londra ed era rimasta confinata nella villa in Scozia con la sua dama di compagnia ed un’altra domestica di fiducia. Poi, quando Richard mi seguì negli Stati Uniti, anche sua moglie partì per New York trasferendosi in una casa di Long Island. Così, fu pronta ad accogliere il bambino al compimento del suo primo anno di età ed a presentarlo in società come suo figlio. Non posso credere alla freddezza di un piano del genere che riguardava il futuro di mio figlio, senza che io ne fossi a conoscenza. All’inizio, ovviamente, rifiutai di rendermi complice di un tale oltraggio".

"E poi cosa Le fece cambiare idea?"

"Oh, Candy! La vita di un’attrice è sempre incerta ed io, nell’impeto della mia passione per Richard, avevo quasi distrutto la mia carriera sul nascere. Non avevo adempiuto al mio contratto a Londra e poi, non avendo lavorato per quasi un anno a causa della mia gravidanza, nutrivo poche speranze di poter ricominciare; specialmente quando il mio ex regista, che all’epoca era considerato il Re di Broadway, nutriva ancora del risentimento nei miei confronti per via del mio rifiuto. Sapevo che avrei dovuto faticare moltissimo per trovare un lavoro anche se fossi stata da sola, senza la responsabilità di un figlio".

"Ma la Sua famiglia. . ."

"Non potevo aspettarmi granché da loro. Mia madre era morta quando avevo solo tre anni e mio padre mi aveva diseredato quando avevo deciso di diventare un’attrice. Mio fratello maggiore si schierò con mio padre e non mi avrebbe aiutata. Zia Gladys era stata l’unica a sostenermi nel raggiungimento del mio sogno e fu una preziosa alleata persino dopo che lasciai Richard la prima volta. Sfortunatamente, non mi perdonò la mia caparbietà quando non seguii il suo consiglio di non tornare con Richard. Quindi, quando il padre del mio bambino mi mise con le spalle al muro con la sua proposta di crescere nostro figlio come il legittimo erede del Ducato, ero sola al mondo e senza aspettative. Non potei rifiutare, anche se mi ci volle una notte insonne per decidere".

"Capisco. Pensava di non avere nulla da offrire a Terence, mentre suo padre avrebbe potuto dargli tutto quello che avrebbe desiderato".

"Proprio così"
, le aveva fatto eco Eleanor, "ma anche se avevo ceduto alla proposta di Richard riguardo a Terence, non accettai la sua offerta di continuare ad essere la sua amante. Ero stata fin troppo umiliata dai vergognosi accordi sul futuro di nostro figlio che non potei digerire l’idea di restare nell’ombra come sua amante per il resto della vita".

"Capisco la Sua indignazione. Ma considerato quanto lo amava, deve esserLe costato molto rinunciare a lui".

"Puoi dirlo forte, cara. Mi ha quasi ucciso, specialmente quando lui sfogò la sua rabbia su di me. Non credeva possibile che osassi rifiutarlo. Avevo ferito il suo aristocratico orgoglio come non mai e me la fece pagare cara. Ci lasciammo molto male. Ricordo ancora il suo sguardo glaciale quando se ne andò quel giorno. Dopo quel litigio, non lo rividi per diversi mesi. Tuttavia, fedele alla sua parte dell’accordo, mi mandò un assegno mensile per sostenere le mie spese fin quando Terence restò con me. Il giorno del primo compleanno di Terence, Richard tornò a reclamare suo figlio. Era molto cambiato, talmente freddo e distante che mi fece dubitare della mia decisione di dargli mio figlio".

"Ma poi decise di farlo".

"Beh, quando si accorse della mia esitazione, mi promise che sarebbe rimasto in America, cosicché potessi vedere Terence in segreto. Con questa speranza nel cuore, lo lasciai finalmente andare".

"Ovviamente il Duca non mantenne la sua promessa".

"Per i primi due anni sì. Vidi mio figlio cinque o sei volte, credo. All’inizio, un domestico di fiducia lo portava a casa mia, ma quando Terence stava per compiere tre anni, fu Richard ad occuparsi di portarlo personalmente. Sembrava nuovamente addolcito nei miei confronti e insistette affinché passassimo la giornata tutti e tre insieme come una vera famiglia".

"Sicuramente sentiva la Sua mancanza, malgrado il risentimento".

"Lo credevo anch’io, ma ero troppo ferita e umiliata per prendere anche solo in considerazione una riconciliazione. Per Richard andavo bene come amante, ma non per crescere mio figlio e vivere al suo fianco come sua legittima moglie. Mi sentivo profondamente offesa. Gli concedevo di entrare in casa mia solo per il bene di Terence. Ma anche quella parvenza di felicità durò molto poco. Poi, il padre di Richard morì".

"Immagino che Sua Grazia dimenticò la promessa di crescere Terence in America".

"Proprio così. Portò Terence con sé quando rientrò in Inghilterra per rivendicare il titolo. Accadde tutto talmente in fretta! Quando lo scoprii, i Grandchester erano già in partenza da New York. Vedere mio figlio allontanarsi su quella nave fu la cosa più dolorosa che mi sia mai capitata, Candy. Malgrado ciò, ho mantenuto la parola per il bene di mio figlio, o almeno così credevo all’epoca. Ora so che anche se la mia decisione era il frutto delle mie più nobili intenzioni nell’interesse di Terence, fu un errore. Lo rese un bambino triste e solitario ed è per questo che sono estremamente grata al Signore per avergli dato una nuova occasione di felicità accanto a te. È diverso quando siete insieme".

Candy aveva pensato a quanto fosse triste che due donne che possedevano il cuore di Terence di diritto avessero entrambe pensato in passato che rinunciare a lui fosse la cosa migliore. Chiaramente Terence non la pensava allo stesso modo.

"Spero di non deluderLa questa volta, Eleanor".

"Oh, non accadrà, ne sono certa! Ma ora, ecco quello che volevo mostrarti"
, aveva annunciato l’attrice alzandosi dal divanetto e aprendo l’armadio. Candy aveva notato il suo improvviso cambio d’umore, riconoscendovi la capacità di Terence di alternare emozioni diverse nel giro di un secondo.

Eleanor tirò fuori una grossa scatola, al cui interno era contenuto un delicatissimo abito di pizzo bianco in stile impero lungo fino alle caviglie.

"So che stavi pensando di indossare il vestito da sposa della Sig.ra Cornwell, ma vorrei che prendessi in considerazione anche questo. Forse sto osando troppo, ma non ho potuto evitare di comprarlo. L’ho visto qualche giorno fa prima di venire qui in uno dei miei negozi preferiti e lo stile insolito mi ha subito colpita. Oggi va di moda la vita bassa e questo abito è così diverso che spicca tra tutti gli altri. Che ne pensi?"

Candy aveva osservato con profonda emozione i disegni floreali e geometrici che si sovrapponevano nel delicato pizzo trasparente. Ogni dettaglio, dalle perline dell’orlo, alle maniche corte a campana, alle piccole roselline blu sul corpetto, tutto trasudava fascino ed eleganza.

"È un sogno, Eleanor! È stata così premurosa! Ovviamente sarò onorata di indossarlo il giorno del mio matrimonio".

"Sono così felice che ti piaccia!"

"Ma come faceva a conoscere la mia taglia?"
aveva chiesto Candy, incuriosita, mentre osservata l'etichetta.

"Oh . . .ho fatto un tentativo basandomi sui miei ricordi di qualche anno fa ed alcuni dettagli che ho ottenuto da mio figlio più di recente", aveva spiegato la Sig.ra Baker con un sorriso, diventando poi improvvisamene seria. "Sfortunatamente non ho trovato un velo da abbinarvi".

"Oh! Non ha importanza", si era affrettata a rispondere Candy, "Avevo pensato di non indossarlo. . . vorrei mettere qualcosa di diverso. . . una fascia. . . per avere qualcosa di vecchio, come da tradizione".

"Davvero? Mi sembra un’ottima idea! Credo proprio che dopotutto tu abbia attitudine alla moda! "

Terence percepì il suo lieve peso sul petto. D’istinto, la sua mano si posò sulla testa di Candy. Affondò le dita nei suoi intricati riccioli finché non raggiunsero il suo collo. Lei lasciò che la accarezzasse in silenzio, mentre ricambiava le sue carezze spostando lentamente la mano sul suo petto in piccoli movimenti circolari. Dopo un attimo di silenzio, la giovane lo sentì canticchiare la melodia di Auld Lang Syne. Poteva sentire il suono della sua melodiosa e profonda voce che gli vibrava nel petto. Allungò la mano per prendere la sua, intrecciando le dita teneramente, mentre soffocava un risolino.

"Buongiorno, amore mio", le disse finalmente quando ebbe terminato la canzone.

"Buongiorno, Terence".

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Gli alberi spogli erano imbiancati dalla neve che cadeva incessantemente, seppure leggera, sul solenne suolo. La lunga lapidea processione di angeli e santi in silente veglia sembrava interminabile. Una timida, quasi lamentosa folata di vento si alzò all’improvviso facendo sollevare la veletta di Candy. Nel tentativo di trovare il coraggio che le mancava, la sua mano strinse dolcemente il braccio dell’uomo che camminava al suo fianco. Nell’altra, teneva un bouquet di fiori bianchi che aveva portato per l’occasione.

La giovane ed il suo accompagnatore percorrevano i vialetti dove eterno silenzio e solitudine sembravano regnare indisturbati. Dietro la veletta blu del suo cappello a larga tesa, Candy osservava la serenità espressa dalle pose delle statue che adornavano ogni tomba. Alcune di esse avevano le braccia spalancate, quasi a proteggere coloro che si erano addormentati in un sonno eterno. Altre erano a mani giunte sul petto, in incessante preghiera. Finalmente, dopo il triste percorso attraverso le tombe in marmo, sopraffatta dalla travolgente presenza della morte, la coppia giunse al mausoleo degli Andrew.

L’uomo, vestito di nero come di consueto, lasciò per un attimo la donna e percorse la scalinata in pietra. Estrasse una chiave dal suo soprabito ed aprì le porte dell’imponente costruzione. Poi, voltandosi nuovamente verso Candy, le tese la mano per aiutarla a salire le scale.

"È sicura di volerlo fare, Signorina Candy?" le chiese l’uomo, corrugando leggermente la fronte.

"Sì, George. Ho atteso fin troppo. È ora che lo faccia".

"Vuole che entri con Lei?" si offrì l’uomo.

"Penso che debba farlo da sola", fu la risposta di Candy, seguita da un semplice cenno di assenso da parte di George.

Senza commentare oltre, Candy lasciò il suo fianco ed entrò nel Mausoleo. Una volta dentro, si meravigliò alla vista della luce che filtrava attraverso la cupola istoriata del tetto, rendendo il luogo meno tetro di quello che si aspettava. Le sfumature di viola, giallo, bianco e blu della cupola coloravano il marmo di ogni tomba, su cui troneggiavano le targhe funebri.

Candy lesse in silenzio i nomi di quattro generazioni di Andrew che giacevano in quel luogo, attendendo pazientemente l’ultimo squillo di tromba che avrebbe annunciato la loro risurrezione. Con mal celata insicurezza, mosse qualche passo, soffermandosi sull’eco dei suoi tacchi alti sul pavimento.

Finalmente, dopo un momento che sembrò eterno, il suo sguardo si posò sulla targa che stava cercando:

In memoriam
Anthony Brown
Figlio adorato
Ottobre 1912



Candy accarezzò con lo sguardo l’epigrafe, seguita subito dopo dalla sua mano, sfiorando lievemente il nome di Anthony. Seppur fasciata dal guanto in pelle, poteva sentire sulla punta delle dita la fredda superficie dell’acciaio. Pensò che Anthony, così fulgido e raggiante, non potesse dimorare in un luogo talmente freddo e solitario.

"Sono venuta a dirti addio, ma mi sono solo illusa, Anthony", mormorò distintamente. "Per quanto vorrei che fossi qui, non è possibile che tu sia confinato tra queste mura. Sono certa che ti trovi in un posto migliore, inondato di luce; un posto dove l’inverno non porta con sé il gelo uccidendo la vita e dove i fiori non appassiscono mai".

Candy tirò un profondo sospiro e chiuse gli occhi per un attimo.

"In tutti questi anni, mi sono aggrappata al tuo ricordo e, fino al giorno in cui ci rivedremo, avrai sempre un posto nel mio cuore. Ma vedi, lui è tornato! Volevo che lo sapessi. Sono certa che nella pace celeste in cui dimori non c’è spazio per la gelosia, giusto? Dopo che te ne sei andato, ho imparato nuovamente ad amare, in modo diverso, con un amore diverso. Ma per anni avevo soffocato questo amore, come se lui se ne fosse andato, esattamente come te….eppure sapevo che era ancora là fuori da qualche parte e questa certezza mi lacerava nel profondo".

"Ho lottato invano contro questi sentimenti. Non capivo il perché avrei dovuto dimenticarlo e non vederlo più, dopo che anche tu te n’eri andato, forse per il solo generoso scopo di consentirmi di incontrarlo e di amarlo. Ma ora comprendo che abbiamo solo inconsapevolmente rimandato l’inevitabile. Voglio dirti che ti sarò per sempre grata per aver fatto parte della mia vita, sebbene il nostro tempo insieme sia stato troppo breve. Il dolore per la tua perdita mi ha dato il coraggio di lasciare l’America e mi ha consentito di incontrarlo. Lo ignoravamo allora, ma il Signore ci aveva fatto incontrare perché avevamo bisogno l’uno dell’altra. Io sono il suo faro ed il suo porto sicuro; lui è la mia ancora, il mio corpo e la mia anima".

"Grazie, Anthony. Domani, agli occhi del mondo, diventerò sua moglie ed inizierò una nuova vita. Non so dove ci porterà il futuro, ma prometto che qualsiasi cosa accadrà, sarò sempre felice. Perciò, ovunque tu sia, non dubitare. Starò bene accanto alla persona per la quale batte il mio cuore".

"Riposa in pace, mio adorato Anthony", concluse poi, lasciando tre rose nel vaso di metallo, "Albert e Archie ti mandano un abbraccio".

Poi, a pochi passi di distanza, vide la tomba di Alistair ed un sorriso illuminò il suo volto.

"Caro Stair! L’ultima volta che ci siamo visti eri così sicuro che stessi andando incontro alla mia felicità. Eppure, sono state versate molte lacrime prima che il tuo auspicio potesse tramutarsi in realtà. Però, sai, devo lamentarmi del tuo carillon della felicità! Non funziona più da molti anni. Lo aggiusterai mai?"

Candy interruppe il suo monologo ed il suo sorriso si fece ancora più intenso.

"No, Stair, amico mio, sai che sto scherzando. Fin quando Terence sarà accanto a me, perdurerà anche la magia del tuo più sincero augurio. Grazie per l’amore e la bontà con le quali hai arricchito la mia vita. Sono certa che un giorno ci rivedremo, caro cugino".

Candy mormorò una preghiera, mise altre tre rose nel vaso di Stair ed infine si diresse verso la porta.

Una volta fuori dal mausoleo, la giovane offrì a George le sei rose che le rimanevano del suo bouquet.

"Le andrebbe di portare questi fiori alla Zia Rosemary?"

Alle parole di Candy, in modo del tutto inaspettato, il volto dell’uomo si trasfigurò.

"È davvero molto premurosa, Signorina Candy. Sì, certo. . . grazie", le rispose lui, prendendo le rose che gli porgeva.

Candy rimase in attesa, lasciando che George restasse solo con i suoi ricordi. Nel frattempo, pregò per lui, chiedendo al Signore di mostrargli la via per andare avanti ed iniziare finalmente a vivere, proprio come Terence le aveva insegnato.

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Nel pomeriggio di quello stesso giorno, Candy era indaffarata a preparare le valigie. Il matrimonio si sarebbe tenuto il mattino dopo e subito dopo pranzo lei e suo marito sarebbero partiti per New York. Ripassò mentalmente la lista di tutte le cose di cui avrebbe avuto bisogno nel corso della prima settimana, in attesa che le fosse spedito il resto delle sue cose presso la sua nuova casa. Aveva sempre viaggiato leggera e non intendeva affatto cambiare le proprie abitudini.

"Se potessi, andrei in capo al mondo senza bagaglio, a condizione che Terence fosse con me in questo nuovo inizio!" rifletté, mentre sorrideva con lo sguardo al solo pensiero.

"Qualche abito ed alcuni tailleur con un soprabito da abbinarvi dovrebbero essere sufficienti", pensò. Si assicurò che tutto quello che non avrebbe potuto portare con sé fosse accuratamente imballato negli scatoloni. Osservando i piccoli oggetti che era stata costretta a lasciar fuori dall’unica valigia che aveva preparato per il viaggio, non poté evitare di tirare un profondo sospiro.

Aveva vissuto in quella stanza per più di dieci anni. Era proprio lì che aveva nascosto le proprie lacrime e pregato per lui, riversando il suo cuore a Dio, al quale non poteva celare i propri sentimenti. Il suo messale ed il suo rosario, unici compagni di quelle lunghe notti, giacevano sul suo modesto tavolino da toilette, muti testimoni dell’incredibile potere della preghiera.

La giovane decise di lasciarli a portata di mano, dato che aveva intenzione di usarli quell’ultima sera che avrebbe passato nella sua vecchia stanza. Accanto ad essi, sotto il vecchio carillon, giaceva innocentemente il libro per colorare del piccolo Alistair, che aveva la particolarità di comparire ovunque. Si raccomandò di restituire il libro al suo legittimo proprietario, prima che andasse di nuovo perso.

Candy si guardò intorno ancora una volta, verificando che non vi fosse null’altro da mettere in valigia. Pensò a quanto l’addolorasse lasciare le sue insegnanti. Separarsi da tutte le persone a lei più care era la parte più difficile di quella nuova avventura chiamata matrimonio. Eppure, si sentiva in pace, perché malgrado la sua assenza, Miss Pony e Suor Maria non sarebbero rimaste sole. Le amorevoli donne le avevano confessato di aver iniziato a cercare un aiuto sin dall’arrivo della prima lettera di Terence.

"Come facevate ad essere così sicure che alla fine ci saremmo chiariti?" aveva domandato, sorpresa dai loro furbeschi sorrisi.
"Il chiarimento era già un dato di fatto nel momento in cui hai deciso di rispondere alla sua lettera, Candy. Era solo questione di tempo, affinché tutto tornasse a posto".

Ancora una volta, le fossette fecero la loro comparsa sul viso di Candy. Lo scorso novembre a Cincinnati, nel corso del suo viaggio di lavoro, aveva consegnato una lettera alle superiori di Suor Maria, nella quale, a sua insaputa, si richiedeva l’aiuto di due giovani novizie. Dopo l’annuncio del fidanzamento, Suor Maria aveva provveduto a fare una semplice telefonata per prendere gli accordi definitivi. Le religiose sarebbero arrivate il giorno successivo alla partenza di Candy. Candy era altresì lieta che non vi sarebbero stati problemi di natura monetaria. Le donazioni che era riuscita ad ottenere per l’anno a venire sarebbero state più che sufficienti, anche con due nuove arrivate in famiglia. Inoltre, dato che Terence le aveva lasciato carta bianca per il suo fondo fiduciario, Candy aveva deciso di iniziare ad accantonare del denaro per provvedere ai fabbisogni futuri della Casa di Pony.

Dopo un ultimo sguardo al suo abito da sposa, che aveva appeso su un manichino accanto al suo letto, Candy lasciò la sua stanza per riunirsi all’allegra compagnia in salotto. Quando finalmente raggiunse gli altri, notò che sembravano tutti intenti a conversare animatamente. In un angolo, il piccolo Alistair giocava con Terence, ignaro del fatto che ben presto la sua cara zietta ed il neo-acquisito zio sarebbero partiti per allontanarsi centinaia di miglia da lui. Pensò che quello sarebbe stato il primo vero distacco per il bambino ed il suo cuore subì un fremito, consapevole del fatto che sarebbe stato impossibile evitargli un dolore.

"Gli aeroplani possono essere crandi come un treno, zio G.?" chiese il bambino allargando le braccia.

"Non ne ho mai visto uno tanto grande", rispose Terence con una risatina, "ma non si può mai sapere, forse un giorno esisterà un mostro del genere".

"Sì!" annuì Alistair con entusiasmo, "Ne ho uno crande nel mio libro per colorare. Di che colore devo farlo?"

"Un aeroplano grande come un treno, eh? Avrai bisogno di tanti pastelli, allora. Posso aiutarti, se vuoi", si offrì il giovane.

"Il tuo libro per colorare ed i pastelli sono nella mia stanza, Stair", osservò Candy unendosi ai due, "vai a prenderli".

Il bambino si alzò, tirando Terence per la mano ed implorandolo.
"Vieni con me, zio".

Terence rivolse al bambino un mezzo sorriso e, incapace di negargli la sua compagnia, seguì Alistair verso la stanza di Candy. Mentre si incamminavano lungo il corridoio, la giovane li guardava con infinita tenerezza.

"Hai lasciato il vestito nell’armadio?", chiese Annie, anche lei testimone della scena tra suo figlio e Terence.

"Non preoccuparti, Annie. Mi sono ricordata di appenderlo sul manichino per evitare che si sgualcisca", rispose frettolosamente Candy.

"Ma allora Terence lo vedrà!" disse Annie in preda al panico, "Porta male!"

Candy sorrise al pensiero che Annie non avrebbe retto allo choc se avesse saputo che Terence aveva visto ben più del vestito prima del matrimonio.
"D’accordo, andrò personalmente ad evitare che si verifichi una catastrofe", rispose la giovane in tono scherzoso, assecondando tuttavia l’insistenza di Annie, se non altro per calmare le ansie della sua amica. Sapeva fin troppo bene che una volta giunta nella sua camera sarebbe stato comunque troppo tardi.

Quando finalmente aprì la porta, Alistair si stava precipitando a recuperare il suo libro per colorare dal tavolino da toilette. Candy sentì chiaramente la voce di Terence che ammoniva il bambino.

"Wow, wow, piccolo inventore, fai attenzione! Se tirassi il libro in questo modo, faresti cadere questo carillon e tua zia non sarebbe felice se si rompesse”, disse il giovane, salvando l’oggetto dal disastro.

"Ma tanto non funziona, zio" rispose il bambino.

"Non funziona? Vuoi dire che è già rotto?" chiese Terence, prendendo il carillon tra le mani e aprendolo per osservarlo meglio.

In quel momento, con grande sorpresa di Candy, la ben nota melodia che non udiva più da anni risuonò nuovamente nell’aria.

"Suona!" disse Stair, anch’egli sorpreso.

"Proprio così!" aggiunse Candy alle loro spalle, inducendo il giovane a voltarsi per incontrare il suo sguardo.

"È così strano?" chiese Terence, incuriosito.

Senza rispondere alla sua domanda, Candy prese il piccolo carillon dalla sua mano e fece diverse prove, aprendolo e chiudendolo. Tutte le volte la musica tornò a suonare, esattamente come avrebbe dovuto accadere sollevando il piccolo coperchio.

"Non posso crederci, Terence! Questo carillon non funzionava da anni! Che cosa gli hai fatto?"

"Beh. . . in realtà niente. . . l’ho semplicemente aperto", rispose lui, stringendosi nelle spalle.

Candy scosse la testa, ridendo sommessamente. Poi, si alzò in punta di piedi e baciò Terence sulla guancia, sussurrandogli all’orecchio:

"Amore, hai aggiustato il mio carillon della felicità!"

"Davvero. . .?" le chiese lui, lanciandole un’occhiata eloquente che la fece arrossire.

"Oh beh, è una lunga storia che ti racconterò mentre aiutiamo Stair a colorare questa nuova pagina. Che ne dici, Stair?" disse, rivolgendosi al bambino, rimettendo il carillon al suo posto sul tavolino da toilette e prendendo il libro per colorare.

"È la storia di un eroe?" chiese il bambino, già entusiasta all’idea.

"Oh sì, un eroe di guerra che assomigliava in tutto e per tutto a te!" rispose Candy, toccando la punta del naso di Alistair.

Poi, Terence prese il bambino tra le braccia, mentre Candy pensava ai pastelli ed al libro. Dopodiché, il giovane li guidò fuori dalla stanza. Prima di chiudere la porta dietro di sé, scorse il vestito di Candy appeso sul manichino, ma decise di non farne parola. Il giorno dopo si sarebbero sposati. Il suo cuore iniziò a battere all’impazzata al solo pensiero.

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Mercoledì, 7 gennaio 1925

Caro diario,

Sono passati molti anni dall’ultima volta che ho scritto qui. Non riesco a credere di poter continuare questa storia con un enorme e sincero sorriso ad illuminarmi il volto. Oggi mi sposo. Indovina con chi? Esatto! Con quello stesso ragazzo di cui ero solita lamentarmi dodici anni fa, quando iniziai a riempire queste pagine (anche se non è propriamente lo stesso, perché ora non è più un ragazzo, ma un uomo). Immagino che tu possa legittimamente chiedermi perché sposo un tale pallone gonfiato, che è altresì un terribile mascalzone ed un incorreggibile maleducato. Ma sono sicura che tu sappia anche, mio caro diario, che lui non è affatto così. Dopo tutti questi anni sono certa capirai che è la persona dall’animo più gentile che abbia mai incontrato. La mia sola e unica anima gemella!

Ora posso finalmente scrivere che amo Terence con tutto il mio cuore! È già il mio adorato marito in tutti i sensi. Capisci cosa intendo? È un segreto tra noi e Dio! La cerimonia che sta per avere luogo, non appena finirò di scrivere queste poche righe, è semplicemente la conferma di quello che alberga nel mio cuore da tanto tanto tempo. È un miracolo pensare che ho fatto parte del suo cuore altrettanto a lungo. Me lo ha dimostrato con i suoi gesti, con le sue parole e con il suo corpo.

Per anni ho creduto che fosse solo un sogno e che non sarebbe mai divenuto realtà. In questo giorno, però, la mia valigia pronta mi dice che è tutto vero. Dopo pranzo partirò per New York per andare a vivere con lui. Mentre scrivo mi tremano le mani e devo reprimere le mie lacrime di gioia. Devo stare attenta a non rovinarmi il trucco. Eleanor è stata talmente brava che non voglio deluderla mettendomi a piangere prima che mi facciano una foto.

Tra qualche minuto non sarò più Candice White Andrew, ma Candice White Grandchester o la Sig.ra Terence Graham Grandchester. Anche se probabilmente molti si rivolgeranno a me come la Sig.ra Graham, dato che lo conoscono solo con il suo nome d’arte. Non sanno che non è il suo vero nome. Ci pensi che si fa chiamare Graham da anni, ma non ha mai ufficialmente rinunciato al suo nome? Immagino che ci sia qualcosa sotto. Ho un certo presentimento al riguardo. In ogni caso, avremo modo di parlarne più in là, quando arriveremo a New York.

Mio caro diario, ora devo andare. Grazie per aver dato ascolto al mio cuore, la cui voce si unisce in questo momento al suono delle campane.

CWG


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Per Candy il matrimonio si svolse in un’atmosfera del tutto irreale. Quando fu tutto finito, riuscì a stento a ricordare i volti sorridenti e le lacrime dei presenti ed alcuni dei momenti più speciali della cerimonia. Mentre la conduceva all’altare, gli occhi di Albert erano raggianti d’orgoglio. Prima del loro ingresso, le aveva confessato di essere molto fiero della donna che aveva contribuito a crescere. Candy credette di aver scorto una lacrimuccia nei suoi occhi solitamente limpidi come il cielo, ma decise di non dire nulla per evitare ulteriori imbarazzi.

Al contrario, Miss Pony e Suor Maria non tentarono neppure di nascondere le lacrime. Mentre avanzava lungo la navata, Candy notò che Suor Maria teneva tra le mani il rosario d’argento che Terence le aveva regalato per Natale. Candy sapeva che la suora stava pregando, sgranando nervosamente il rosario. E neppure il fazzoletto di pizzo di Miss Pony fu sufficiente a contenere le lacrime che spuntavano da dietro al suo volto sorridente.

Candy ricordava anche che le dita di Annie avevano esitato più di una volta mentre eseguiva la marcia nuziale sul vecchio pianoforte della cappella, malgrado la sua grande maestria come pianista. Archie, a cui per ironia della sorte era toccato l’inaspettato onore di fare da testimone a Terence, sembrava invece estremamente serio. Eppure, Candy sapeva che suo cugino si stava gradualmente abituando all’idea che Terence facesse ormai parte della famiglia. Sperava che un giorno Archie avrebbe imparato a fidarsi di Terence tanto quanto Alistair. Jimmy Cartwright, arrivato all’ultimo minuto, era in piedi in silenzio accanto a Miss Pony. Candy sapeva che Jimmy era un po’ risentito. Sperava, però, che alla fine il giovane avrebbe perdonato Terence per averla portata via dall’Indiana.

Eleanor, più bella che mai, semmai fosse possibile, nel suo affascinante abito blu, cercava in ogni modo di trattenere le lacrime. Tuttavia, nel bel mezzo della cerimonia, neppure le sue eccellenti abilità istrioniche le vennero in soccorso per nascondere la forte emozione, inducendola a fallire miseramente.

Ma il ricordo più bello di tutti era senz’altro l’immagine di Terence che la fissava con i suoi profondi occhi blu mentre gli andava incontro all’altare. Con un solo sguardo, le aveva riconfermato tutte le segrete confessioni d’amore con cui le aveva aperto il suo cuore solo qualche giorno prima. Un’altra cosa che ricordava chiaramente era la sua espressione di indubbia sorpresa quando aveva notato la sciarpa di seta bianca che le adornava il capo. L’aveva legata in modo delizioso, lasciando liberi alcuni ricci dorati ad incorniciarle il volto. Terence sorrise quando vide le sue iniziali ricamate sulla sciarpa di seta bianca che non vedeva ormai da anni. Gli occhi color giada di lei, che brillavano di riflessi d’oro, sembravano istintivamente dar voce allo stesso messaggio che avrebbero entrambi espresso a parole all’atto dello scambio delle promesse nuziali.

Candy avrebbe sempre sorriso ripensando al momento in cui si erano giurati amore eterno in una delle loro classiche manifestazioni di anticonformismo. Non aveva importanza quante volte avessero ripassato le loro promesse, perché finirono comunque per modificarle qui e là.

"Io. . ." Terence si era fermato per un secondo, lasciando gli astanti con il fiato sospeso, per poi sorprenderli subito dopo dicendo: "Se io, Terence Graham Grandchester, mi trovo qui oggi, davanti a te, Candice White Andrew, è perché sono finalmente libero dalle menzogne e dalle falsità che mi tenevano legato, libero di credere che l’impossibile sia possibile e di accoglierti come mia legittima sposa. Qui, alla presenza della nostra famiglia e dei nostri amici, prometto solennemente di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in ricchezza e in povertà, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti finché morte non ci separi…e…con questo anello io ti sposo", concluse infilandole la fede al sottile dito con mani tremanti.

La giovane gli sorrise e prendendo spunto dalle sue parole, rispose:

"Io, Candice White Andrew, riprendo te, Terence Graham Grandchester, questa volta per sempre, come mio legittimo sposo. Davanti a Dio ed a questi testimoni, prometto di amarti per tutti i giorni della mia vita. Ti accolgo con le tue mancanze e le tue tante virtù, offrendomi a te in sposa nella gioia e nel dolore, in ricchezza e in povertà, nella salute e nella malattia….finché morte non ci separi. Con questo anello io ti sposo".

Il sacerdote, incapace di arrestare la loro esuberanza, si era rassegnato ad accettare la deviazione dalla formula tradizionale. Terence sorrise maliziosamente a sua moglie, felice che per una volta nella vita avesse potuto concedersi il lusso di interpretare un testo classico a proprio piacimento senza conseguenze per la sua carriera. Candy fu felice di seguire il suo esempio, forse persino troppo per i gusti del povero sacerdote.


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Quando infine giunse il momento di lasciare la Casa di Pony, fu molto dura per tutti, specialmente per Miss Pony e Suor Maria. Sebbene si fossero preparate da tempo a quella triste separazione, fu comunque struggente e dolorosa. Ma forse la cosa più difficile di tutte fu dire addio al piccolo Alistair. Non appena il bambino aveva scoperto che non avrebbe rivisto la sua adorata zietta né il neo-zio per parecchio tempo, era scoppiato in un pianto disperato. Quando suo padre l’aveva preso tra le braccia per consolarlo, Candy aveva dovuto far ricorso a tutte le proprie forze per allontanarsi da lui.
Dopo gli ultimi saluti, gli sposi salirono nella limousine che li avrebbe portati a Chicago. Nell’intimità dell’abitacolo, mentre Candy si asciugava le lacrime in silenzio, Terence si chiese se l’amore di un solo uomo – indipendentemente da quanto fosse profondo – avrebbe mai potuto compensare la mancanza di così tanti amici e parenti, che in quel momento li salutavano con la mano, sottraendosi lentamente alla loro vista con l’avanzare dell’auto sulla strada. D’istinto, Candy nascose il viso sul suo petto e lui la strinse in un abbraccio, pregando per la prima volta dopo anni che il suo amore potesse bastarle.

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Ogni qualvolta Terence Graham viaggiava – cosa che accadeva spesso per via del suo lavoro – lo faceva con stile. Alcuni credevano fosse un bisogno dettato dalla sua condizione di personaggio pubblico. Ma, per dirla tutta, era in parte una conseguenza del suo ben radicato disgusto per l’umanità in generale, che lo spingeva a cercare il mezzo di trasporto più esclusivo per godersi un po’ di solitudine. Unitamente alle sue abitudini solitarie, doveva tuttavia ammettere che in virtù della sua natura aristocratica, aveva bisogno del lusso per sopravvivere. Pertanto, l’unico mezzo di trasporto che collegasse Chicago a New York che fosse all’altezza dei suoi standard era il Twentieth Century Limited ed era esattamente così che aveva pensato di fare rientro a casa dopo il suo matrimonio.

Gli sposi arrivarono alla stazione di LaSalle Street, da cui alle 18 sarebbe partito il loro treno. Terence aveva previsto che sarebbero arrivati giusto in tempo per cena, avrebbero viaggiato tutta la notte per giungere finalmente a destinazione intorno alle 9 del mattino dopo. Aveva fatto quel tragitto molte volte nel corso della sua carriera, ma mai con il cuore che gli batteva a mille come in quel momento. Con la sua ben nota andatura, si incamminò con decisione sul tappeto rosso che rivestiva la banchina, percependo il calore della mano di sua moglie nella sua. Dietro alla consueta espressione severa del suo volto, nascosto in parte dal cappello di feltro e dal bavero del soprabito alzato, i suoi occhi splendevano di gioia.

La giovane al suo fianco posò lo sguardo su di lui, studiando ogni suo gesto. In alcuni momenti aveva dovuto soffocare una risatina, pensando che la sua espressione arcigna non rendesse giustizia alla nobiltà della sua vera natura. La frequenza delle sue falcate la obbligò ad accelerare il passo a sua volta. Eppure, non disse nulla, perché aveva capito che la sua capacità di tollerare la presenza degli altri stava per esaurirsi, nella stessa misura in cui il bisogno l’uno dell’altra stava diventando intollerabile.

Finalmente, salirono sul treno, mentre un inserviente si occupava del loro bagaglio scortandoli verso lo scompartimento privato. Candy, che non aveva mai viaggiato nel Twentieth Century, restò affascinata dall’elegante boiserie che ricopriva le pareti dello scompartimento, rendendolo simile ad un intimo salotto. Le decorazioni sul soffitto e le piccole lampade Tiffany lasciavano intendere che la comodità non sarebbe stata abbastanza senza la bellezza.

L’inserviente posò le valigie sul pavimento e chiese loro se avessero bisogno di altro.

"Potrebbe mandarci un cameriere? Gradiremmo ordinare la cena", chiese Terence, mentre elargiva una mancia al giovane.

Una volta rimasti soli, un improvviso silenzio scese su di loro. Per la millesima volta quel giorno, lui rivolse lo sguardo verso di lei. Era intenta a sbottonarsi il soprabito con collo di pelliccia che fasciava la sua snella figura.

"Che ne pensa del Twentieth Century Limited, Sig.ra Graham?" le chiese, mentre la aiutava a togliersi il soprabito, appendendolo subito dopo accanto al suo nel piccolo armadio dello scompartimento.

"Sembra alquanto costoso", rispose lei, vagamente distratta dai brividi provocatile dalla sua vicinanza.

Lui notò che non indossava più il vestito bianco di pizzo, bensì un altro più caldo con gonna al polpaccio. La tonalità blu scuro dell’abito contrastava con il castigato scollo bianco, rendendo il suo colorito diafano ancora più splendente. Lei percepì il suo sguardo su di sé, ma prima che potesse incrociarlo, lui distolse gli occhi da lei.

"Terence resterà sempre un enigma per me? Ogni volta che penso di averlo finalmente compreso, finisce per comportarsi in modo del tutto imprevedibile”, si domandò.

Il giovane si era accomodato con aria indifferente sul grande divano, che apparentemente era il pezzo forte dello scompartimento. Candy entrò nella piccola toilette per guardarsi allo specchio. Si sistemò i capelli, che portava ancora raccolti nella sciarpa di seta, trasformata in una fascia. Mentre si passava le dita tra i riccioli dorati che le incorniciavano il volto, lo scintillio dell’anello di fidanzamento e della fede che portava al dito attirò il suo sguardo. Era tutto vero, era sua moglie e quella era la loro prima sera insieme da sposati. Eppure, si sentiva un po’ delusa dal fatto che avrebbero dovuto passare la prima notte di nozze nello scompartimento di un treno. "Certamente una signora ed un gentiluomo non potrebbero fare granché in una situazione del genere, giusto?" si domandò.

Candy fu colta di sorpresa dai propri pensieri. Non poteva credere alla piega che avevano preso. Eppure, in tutta onestà, doveva ammettere che desiderava stare nuovamente con lui, senza limitarsi alle carezze che si erano scambiati negli ultimi giorni.

"Può una moglie dar voce a certi desideri?" si domandò, osservando il rossore che si impadroniva delle sue guance. "Oh mio Dio, da quando sono diventata così sfacciata?"

Mentre era intenta a parlare tra sé e sé nella toilette, Candy udì la voce del cameriere. Sentì Terence ordinare la cena e chiedere che lo scompartimento fosse preparato per la notte, cosa che lei non comprese.

Uscita dal bagno, la giovane trovò suo marito intento a leggere con aria imperturbabile quello che sembrava essere un copione. Vedendolo così assorto, decise di accomodarsi al suo fianco, cercando di distrarsi osservando le case che apparivano e scomparivano dal finestrino, mentre il treno si allontanava rapidamente da Chicago. Dopo un po’, le case lasciarono il posto agli immensi campi che conosceva così bene. Candy avrebbe voluto prendergli la mano, se lui non le avesse avute entrambe impegnate a sorreggere il pesante copione; pertanto, appoggiò il gomito sul telaio della finestra sorreggendosi il mento con la mano, tenendo l’altra nell’incavo del braccio destro.

"È incredibile quanto sembri sereno, mentre io qui sto andando a fuoco! L’aria sta diventando irrespirabile!" pensò, fingendo di essere interessata al grigiore del paesaggio.

Poco dopo, il cameriere fece ritorno con il carrello della cena. Terence si occupò di tutto e mentre parlava con l’uomo, Candy lanciò con discrezione uno sguardo nella sua direzione. Essendo sempre stata abituata a gestire queste cose da sé, pensò che fosse un sollievo che finalmente ci fosse qualcuno a prendersi cura di quei dettagli. Quando il cameriere se ne andò, Terence ritornò al suo copione. Candy, perplessa dalla sua indifferenza nei confronti della cena che aveva insistito ad ordinare, si voltò nuovamente verso la finestra. Neppure lei aveva fame.

Spostò nervosamente il peso delle gambe sui suoi tacchi alti, sollevando la punta dei piedi. Si soffermò ad osservare le sue Mary Jane blu. Avevano un bordino bianco ed un fiocchetto che le piacevano molto. Malgrado lo sforzo di concentrarsi sulle scarpe, si sentì ben presto sciocca a perdere tempo in quel modo.

"Forse dovrei semplicemente strappargli quell’odioso copione dalle mani e baciarlo come muoio dalla voglia di fare?" pensò. "Accidenti, Candy! Non riesci a pensare ad altro?" si rimproverò.

Infine, un altro inserviente bussò alla porta. Questa volta Terence le rivolse la parola per la prima volta in quasi quindici minuti.

"Sono venuti a preparare lo scompartimento per la notte. Ti dispiacerebbe alzarti, Candice?"

Candy lo assecondò, mentre l’inserviente entrava nello scompartimento e, davanti ai suoi strabiliati occhi, trasformava il divano in un letto.
"Lo scompartimento ha un letto?" pensò con sorpresa, "Significa che Terence ha in mente di…. Oh! Santo cielo!" Candy sentì nuovamente l’intempestivo rossore coprirle le guance e dovette distogliere lo sguardo per nasconderlo all’inserviente.

Espletato il suo compito, l’inserviente li lasciò soli e Candy udì con chiarezza lo scatto della serratura, mentre Terence tirava un sospiro di sollievo.

"Pensavo non se ne sarebbero mai andati!" esclamò irritato voltandosi a guardarla, mostrandole finalmente il Terence che aveva rivelato solo a lei nei giorni passati.

"Chi?" chiese lei, non capendo a cosa si riferisse.

Lui le fece un sorriso malizioso e si diresse verso la finestra.

"Tutti quanti", le rispose, mentre tirava giù le tendine, "gli inservienti del treno, l’autista, i passeggeri, la servitù, mia madre, i tuoi amici, le tue insegnanti, la tua famiglia, la gente per strada, tutti!" esclamò in crescente esasperazione.

Mentre le si avvicinava con passo deciso, Candy iniziò a pensare che forse quel viaggio in treno non sarebbe stato così faticoso come aveva pensato. Si fermò davanti a lei e la prese per le spalle.

"Intendo dire tutti coloro che si sono messi tra di noi negli ultimi tre giorni", continuò, sollevandole il mento con un dito per guardarla negli occhi, "Pensavo che non ci avrebbero mai lasciati soli", concluse Terence poco prima di avvicinarsi a lei per accarezzarle la guancia con la sua, mentre le sue mani scendevano a cingerle la vita.

"Non ti è mancato tutto questo?" le disse, sollevandola per far sì che il volto di lei fosse al livello del suo. Le catturò le labbra, mentre Candy gli buttava le braccia al collo, lasciando che i suoi sensi esplodessero nuovamente in risposta al suo molteplice assalto al suo corpo.

"Certo che mi è mancato", pensò, "L’ho desiderato in ogni momento. . . Oh . . . . .Ah!. . . . Il modo in cui mi bacia!. . . Le sue mani su di me!. . .Oh Signore!"

La sentì tremare tra le sue braccia e si rese conto che sarebbe toccato a lui scegliere tra un veloce epilogo ed un dolce perdurarsi delle cose. Scelse la seconda opzione, liberandole le labbra per un momento.

"Credo che dovremmo spogliarci, amore mio", le disse all’orecchio, mettendola giù delicatamente.

Lei annuì in silenzio e iniziò a togliersi gli orecchini, mentre lui si sfilava la giacca di sartoria Anderson & Sheppard. Poi, quando era sul punto di rimuovere la fascia bianca, la mano di lui le impedì di farlo.

"Questa, che hai indossato per me oggi, Sig.ra Graham, ha reso perfetta la mia giornata tanto quanto le tue promesse. Non toglierla, per favore" aggiunse, sfiorando con le dita l’estremità della sciarpa che dalla sua nuca scivolava dolcemente sulla spalla.

"È stato il mio modo di restituirti quello che ti appartiene di diritto, Terence”, gli disse lei con un sorriso malizioso, armeggiando in modo seducente con i bottoni in madreperla che adornavano il suo abito.

"Cosa? La sciarpa o te?"

"Entrambe le cose", gli rispose lei con fare allusivo.

"Parole sacrosante, madame. Se quel giorno che ti fasciai il braccio con la mia sciarpa avessi saputo che mi sarebbe stata restituita avvolta ad un pacchetto così delizioso", le disse, guardando avidamente la scollatura del suo vestito, "avrei preteso di riaverla molto prima".

"Beh, ora il padrone del reame può pretendere tutto ciò che desidera", lo esortò lei, mentre lui accettava l’invito delle sue parole. . . e del suo corpo, nella misura in cui il lettore potrà ben immaginare.

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Terence si lasciava cullare dallo sferragliare del treno in corsa, ma non voleva ancora cedere al sonno. Era caldo e intimo sotto le lenzuola, con il corpo nudo di lei accoccolato accanto al suo. Sentiva il suo respiro regolare sul petto e capì che era ancora sveglia. Mentre le sue mani le accarezzavano la schiena, pensò che fosse talmente morbida al tatto da ricordargli la seta.

"Sei sveglia, vero?" le chiese.

"Sì".

"Posso farti una domanda?"

"Certo".


"Che cosa è successo dopo l’ultima pagina del tuo vecchio diario?" le chiese, dando voce all’interrogativo che aleggiava nella sua mente sin da quando aveva finito di leggerlo.

"Sono tornata in America e sono diventata un’infermiera", rispose brevemente lei.


"Questo lo so, sciocchina", rise lui, "Volevo sapere come hai fatto a tornare. Te ne sei andata prima che George o Albert ti trovassero, vero?" le chiese, incuriosito.

"Beh, sì. Credo di aver improvvisato", gli rispose con un sorriso.

Con un dito, Terence tracciò il contorno delle sue fossette, mezzo affascinato dal suo sorriso e mezzo allarmato dalle sue implicazioni.

"Cosa significa che hai ‘improvvisato’?" insistette lui.

"Non sapevo esattamente cosa fare dopo essermene andata. Sapevo solo che non avrei potuto restare in quella scuola e che volevo tornare in America. Così, feci le valigie e partii. Viaggiai su un carro, nascosta sotto il fieno, senza sapere a chi appartenesse. Pensavo che mi avrebbe portato al porto e una volta lì avrei trovato un modo per reperire il denaro per comprare un biglietto. Ma mi addormentai e mi risvegliai in una fattoria. Il proprietario, il Sig. Carson, era un vedovo burbero con tre figli. La più piccola, un’adorabile bambina, si ammalò ed io la accudii durante la malattia. Questo ritardò la mia partenza di alcuni giorni. Poi, mi aiutarono ad arrivare a Southampton, ma dato che non avevo il denaro per il biglietto, qualcuno mi suggerì di imbarcarmi clandestinamente. Ed è quello che feci".

"Ti sei imbarcata clandestinamente??? Non posso crederci!!! Dio mio, hai veramente del fegato!" disse lui, ridendo divertito dalla sua audacia.

"So che è stato alquanto irresponsabile da parte mia, ma volevo assolutamente tornare in America prima che arrivasse l’inverno. Se non potevo starti accanto, desideravo almeno che fossimo nello stesso paese, senza un oceano a dividerci. Fortunatamente, andò tutto bene e conobbi persino degli amici lungo la strada".

Commosso dalle sue parole, il giovane pensò ai pericoli a cui si era esposta a causa della sua giovanile impazienza. Tremò al solo pensiero delle mille calamità che avrebbero potuto verificarsi.

"Grazie a Dio non ti è successo niente", esclamò stringendola più forte, "Altrimenti non me lo sarei mai perdonato".

"Come bisogna fare con te, Terence? Quando imparerai che non sei responsabile di ogni disastro che accade al mondo?" ribatté lei con dolcezza.

Terence sorrise al suo commento, meravigliandosi del fatto che un semplice abbraccio avesse riacceso le sue voglie.

"Raccontami del tuo viaggio. Come hai fatto a imbarcarti?" le chiese, mentre intensificava le sue carezze.

"Io. . . io conobbi il Sig. Jenkins . . .era un marinaio. . . amico del Sig. Carson".

Candy tentò invano di continuare il suo racconto, mentre i baci di lui soffocavano le sue parole, costringendola a rimandare la conversazione a più tardi.

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(1) n**** - La famiglia Grandchester deteneva il ducato ed altri titoli sin dal XIV secolo. Per tutelare gli interessi della famiglia, il nome del Ducato e la contea originale a cui apparteneva il titolo non saranno resi noti in questa storia. Pertanto, si farà sempre riferimento al titolo quale Ducato di n****.
(2) Erede legittimo – nell’ambito della nobiltà inglese, l’Erede Legittimo è il primo in linea di successione e non può vedersi sottrarre il titolo, se non a seguito di emendamento alle regole disciplinanti la successione.
 
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