Candy Candy

"La Stagione dei Narcisi" di Josephine Hymes, Traduzione di sailor74 (a.k.a. Ladybug)

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sailor74
view post Posted on 28/4/2013, 22:54 by: sailor74     +4   +1   -1

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Quando il Duca di N***** entrò nella stanza dove Terence lo attendeva, sentì un forte desiderio di abbracciarlo. Tuttavia, essendo un Grandchester, tenne a bada qualsivoglia impulso e si affidò al proprio orgoglio. Ritenne che le confessioni che avrebbe dovuto fare quella sera fossero già abbastanza umilianti da non richiedere superflui sentimentalismi. Inoltre, era molto probabile che Terence non gli avrebbe comunque concesso di cedere ad una manifestazione d’affetto talmente inattesa. Pertanto, si limitò a fare un semplice cenno del capo in segno di saluto.

"È passato molto tempo, Vostra Grazia" esordì Terence, voltandosi verso di lui e distogliendo lo sguardo dalla finestra.

"Proprio così, Terence", rispose Sua Grazia, la cui voce era solo di qualche tono più grave rispetto a quella di suo figlio, ma molto simile per tono ed intensità.

"Prego, accomodateVi", gli disse Terence, avvicinandosi alla zona salotto che si trovava poco più in là nel suo studio.

I due uomini presero posto l’uno di fronte all’altro. Il Duca declinò il the offertogli da Terence, spiegandogli che aveva appena terminato di cenare.

"Prima di affrontare la questione per cui sono qui, Terence, desidero ringraziarti per aver accondisceso a questo incontro".

Con il gomito poggiato sul bracciolo della sua poltrona e due dita a sorreggergli la tempia, il giovane osservò suo padre mal celando un certo scetticismo.

"Non è a me che dovete esprimere il Vostro apprezzamento”, rispose freddamente. “Ringraziate mia moglie, piuttosto, perché ha fatto tutto quanto in suo potere affinché avessimo la possibilità di confrontarci".

"Sembra che tu abbia scelto bene la tua sposa”, ammise il Duca, il cui volto mostrava la stessa indecifrabile espressione di suo figlio.

"Proprio così, signore. Ma credo che Voi non abbiate fatto tutta questa strada solo per congratularVi per il mio matrimonio".

"Hai ragione. Le mie motivazioni sono decisamente più serie".

"Potrei sapere quali sono?" lo invitò Terence con un impercettibile movimento del sopracciglio sinistro.

"È già da tempo che ho iniziato a riconsiderare alcune delle più importanti decisioni maturate nella mia vita”, esordì il Duca, facendo subito dopo una breve pausa, forse in cerca delle parole giuste, “Alla luce di questa…valutazione, mi sono reso conto di alcune cose che rimpiango fortemente”.

"Ad esempio?" chiese Terence, il cui sottile tono di sfida non sfuggì al Duca.

"Ad esempio quelle riguardanti tua madre, mia moglie e te, Terence".

Questa volta, Terence non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire una risata di scherno, mentre cambiava posizione sulla poltrona.

"Una storia degna della migliore tradizione popolare, non trovate? Un uomo, due donne e un figlio bastardo”, commentò causticamente Terence.

In passato, Richard Grandchester si sarebbe sentito offeso dall’impertinenza delle parole di Terence. Ma ora era consapevole che aver acconsentito al colloquio non implicasse necessariamente la sua disponibilità a comprendere le sue ragioni. Pertanto, era venuto preparato ad eventuali commenti mordaci.

"Purtroppo hai ragione", ammise il Duca, "Molti uomini condividono con me questo disonore".

A quelle parole, gli occhi di Terence si infiammarono di un blu intenso.

"In tutta onestà, se avete attraversato l’oceano solo per parlarmi del disonore che la mia esistenza ha portato nella Vostra vita. . ."

"Figliolo, ti pregherei di farmi quantomeno il favore di ascoltare quello che ho da dirti, prima di travisare le mie parole", lo interruppe Sua Grazia, cercando di placare l’atteggiamento difensivo di suo figlio, "Non volevo lasciarti intendere che ti considero motivo di vergogna. È piuttosto il contrario".

Terence si ricordò di quello che gli aveva detto Candy una volta, riguardo alla sua tendenza ad interpretare le parole degli altri nel peggior modo possibile. Aggrappandosi a quel ricordo, il giovane si rilassò.

"D’accordo. . ." disse il giovane in tono decisamente più conciliante, invitando suo padre a continuare.

"Terence, desidero essere onesto con te riguardo ai miei sentimenti in questa questione così personale. Pertanto, lasciami prima di tutto ammettere che non sono affatto fiero del modo in cui ho gestito il rapporto con tua madre. Per molti anni sono stato in collera con lei, quando ero stato io stesso a farle un torto".

"Dare la colpa agli altri è decisamente più semplice”, fu la risposta di Terence, ma questa volta senza alcun tono pungente né accusatorio. In realtà, c’era qualcosa di malinconico nella sua voce. Il ricordo del recente litigio con sua moglie era ancora vivido nella sua mente.

"Hai ragione, figliolo, è più semplice, ma alla fine non fa che causare maggiore delusione e dolore. Affrontare la verità sarebbe stata una decisione decisamente più assennata e meno dannosa".

"Di quale verità state parlando, signore?"

"Mi riferisco ai miei sentimenti per Eleanor”, spiegò Richard Grandchester, il cui tono aveva subito un’impercettibile alterazione nel pronunciare il nome della madre di Terence, ". . . quei sentimenti che avevo erroneamente scambiato per un’infatuazione la prima volta che la vidi. Da giovane sfacciato e presuntuoso quale ero, fui incapace di guardare a fondo nel mio cuore, continuando a credere che avrei potuto porre fine alla nostra relazione in qualunque momento. Ma non avevo considerato l’eventualità che potessi innamorarmi di lei e che lei restasse incinta. Quando venni a sapere che aspettava un figlio…mio figlio…la mia gioia fu immensa, tanto quanto il mio tormento".

"Ha veramente detto gioia?" pensò Terence, sbalordito dalle parole pronunciate da suo padre.

Incapace di interpretare la reazione di suo figlio dietro la maschera che indossava, il Duca proseguì con il suo racconto.

"Improvvisamente, mi sorpresi a voler desiderare di proteggere sia Eleanor che il bambino, legandoli a me per il resto della vita, ma ero accecato dal mio rango e dal mio lignaggio. Il matrimonio era fuori questione. Quando mio padre mi propose un accordo con Beatrix, cosicché quel bambino, qualora si fosse trattato di un maschio, potesse diventare il mio legittimo erede, gli fui grato per quella possibilità. Ovviamente, Eleanor sarebbe stata esclusa dai giochi, ma giovane e sciocco quale ero, desideravo fermamente credere che sarebbe stato possibile trovare una soluzione che mi avrebbe consentito di avere tutto, senza dover rinunciare a nulla".

"Cosa praticamente impossibile, quando la posta in gioco è così alta, signore”, si intromise Terence, continuando comunque a tenere il passo della conversazione malgrado la violenza dei sentimenti suscitatigli dalle parole del padre.

"Adesso lo so, Terence, ma allora credevo di poter convincere Eleanor a sottostare al mio piano ed a restare comunque la mia amante".

"E Voi parlate di onore?" lo sfidò Terence, infuriato nel sentir parlare della madre in certi termini.

"Apparentemente l’unica persona in questa storia che sapeva cosa significasse onore era tua madre, Terence. Rinunciò a te convinta che fosse la scelta migliore per il tuo futuro, ma non acconsentì a restare nell’ombra di Beatrix per il resto della vita. Solo ora dopo tanti anni comprendo e ammiro la sua decisione, ma all’epoca ero furioso con lei. Quando mi bandì dal suo letto e dalla sua vita, perché non intendevo divorziare da Beatrix, credevo che ne sarei morto. Ma non fu così; con il tempo crebbero in me l’amarezza ed il risentimento nei suoi confronti. Adesso mi rendo conto che non era altro che un meccanismo di difesa davanti al dolore causatomi dalla sua perdita. Pensai che il mio amore si fosse tramutato in odio. Eppure, la verità è che continuai ad amarla, di un amore estremamente egoista e distruttivo".
Terence era senza parole davanti all’improvvisa franchezza di suo padre. Tuttavia, non riusciva a capire il perché avesse scelto proprio lui per confessargli certe cose.

"Non credete che io non sia la persona più adatta a cui fare queste confessioni, signore?" gli chiese il giovane.

"Mi è costato molto trovare il coraggio e la lucidità di raccontarti tutto questo, Terence. È imbarazzante per un padre confessare certe cose a un figlio, ma sono convinto che sia l’unico modo per spiegarti con chiarezza il motivo del mio comportamento nei tuoi confronti. Voglio che tu sappia che. . . che ho desiderato con tutto il cuore il figlio che Eleanor aspettava da me. Anche se si fosse trattato di una bambina avrei fatto di tutto per proteggerla. Ma quando nascesti tu e mi resi conto che avrei potuto tenerti accanto come mio legittimo erede, fu senza alcun dubbio il momento più felice della mia vita".

Di fronte a quest’ultima confessione, Terence dovette far ricorso a tutte le sue abilità istrioniche per mantenere la padronanza di sé. Il giovane non riusciva a credere di aver realmente sentito suo padre affermare che la sua nascita fosse il suo ricordo più prezioso.

Ancora una volta, il Duca non si rese conto dell’enorme peso che le sue parole avevano sul cuore di suo figlio. Pertanto, si limitò a riprendere il suo racconto.

"Sfortunatamente, per quanto sentissi un tuffo al cuore ogni volta che il mio sguardo si posava su di te, quando infine feci ritorno in Inghilterra per diventare il Duca di N*****, il ricordo di Eleanor era come una lama conficcata nel mio petto. Ogni volta che ti guardavo, il dolore del suo rifiuto si acuiva. A peggiorar le cose, man mano che crescevi, le assomigliavi sempre di più. Ogni volta che incrociavo il tuo sguardo, rivedevo gli occhi di Eleanor. A volte, pensavo di non poterlo più sopportare e temevo che in un momento di debolezza avrei finito per prendere la prima nave per l’America e gettarmi ai suoi piedi. Tuttavia, in un ultimo tentativo di riconciliazione, quando lei venne in Scozia quando tu avevi appena cinque anni, fu molto chiara con me; l’unica cosa che le avrebbe fatto cambiare idea sarebbe stato il mio divorzio da Beatrix. Da parte sua, lei sarebbe stata disposta a ritirarsi dalle scene e dedicare la sua vita a prendersi cura di te e di me. Era tutto troppo allettante. Temevo che se ci fossimo riconciliati, avrei finito per soddisfare le sue richieste. E questo avrebbe causato un terribile scandalo per il casato di N****. Ma sono un Grandchester ed il mio stupido senso dell’onore non mi ha mai consentito di cedere ai miei desideri".

"Quante volte mi sono sentito così in quegli interminabili anni passati con Susanna?", si domandò Terence.

"Per questa ragione", proseguì il Duca, "quando Beatrix mi suggerì di mandarti in collegio, pensai che fosse la soluzione migliore. Con la sua gravidanza, avevo notato la sua crescente ostilità nei tuoi confronti e temevo che la tua presenza avrebbe fatto definitivamente crollare il mio proposito di resistere ai sentimenti che provavo per Eleanor. Pertanto, nella mia stupidità, pensai che quella soluzione fosse l’unica possibile per tutelare il mio nome ed il tuo futuro dalla rovina".

"Non avete mai pensato che avrei preferito avere entrambi i miei genitori accanto piuttosto che un seggio alla Camera dei Lord?(3)" lo accusò Terence, ormai incapace di mantenere la calma.

"All’epoca no, Terence. Ero accecato dai miei pregiudizi e avevo lasciato che inasprissero il mio animo per anni. Quando venisti da me, chiedendomi di impedire l’espulsione della tua amica dalla Saint Paul School, vidi nei tuoi occhi che ti eri invaghito di lei. Dopo tutte le sofferenze a cui mi ero sottoposto per non infangare il nostro nome, ritenni erroneamente che fosse mio dovere salvarti da un probabile scandalo. Se l’avessi aiutata, sarebbe rimasta nella scuola accanto a te ed i tuoi sentimenti sarebbero diventati più forti".

"Ma se lo aveste fatto, Vostra Grazia, Vi avrei perdonato tutto quello che era successo in passato. Mi avreste regalato un altro anno insieme a lei. Non avete idea di cosa avrebbe significato per me".

Ascoltando Terence rivolgersi a lui per la prima volta con tale sincerità, soltanto a sentir nominare la moglie, il Duca comprese ancor più la profondità dei sentimenti che albergavano nel cuore di suo figlio.

"Credimi, figliolo, quando ho incontrato tua moglie la scorsa settimana e mi sono reso conto che si trattava di quella stessa ragazza, ho finalmente compreso l’importanza della richiesta che mi facesti quel giorno. Sfortunatamente, ho maturato questa consapevolezza con dodici anni di ritardo".

I due uomini rimasero in silenzio per un po’. L’eco delle cose che si erano detti aleggiava ancora nell’aria ed il loro enorme peso era tangibile.

"Candice mi ha detto che non era la prima volta che vi incontravate”, disse Terence, dopo qualche attimo di imbarazzante silenzio.

"Proprio così. Devi a quella ragazza la libertà che ti ha consentito di iniziare la tua carriera. Se ricordi bene, eri ancora minorenne".

"Sono in debito con lei per molte cose, signore".

"Lo sono anch’io", ribatté il Duca. Era la prima volta che concordavano su qualcosa dall’inizio del loro difficile colloquio.

"Terence, ti ho raccontato tutto questo perché ho finalmente compreso che il mio più grave errore è stata la mia incapacità di scindere i miei sentimenti per tua madre dal mio rapporto con te. Ho lasciato che il mio orgoglio ferito controllasse le mie azioni, dimenticando il mio ruolo di padre. Ma è successo qualcosa nel corso dell’ultimo anno che mi ha finalmente consentito di rendermene conto".

"Potreste spiegarVi meglio?" gli chiese Terence, sinceramente incuriosito.

"La scorsa primavera ho assistito ad un tuo spettacolo a Londra".

Questa volta Terence fu colto totalmente di sorpresa. In tutta la sua vita, non aveva mai ritenuto possibile che suo padre potesse abbassarsi a presenziare ad uno dei suoi spettacoli. Era assolutamente certo che la professione che aveva scelto avesse inferto un altro duro colpo all’orgoglio aristocratico di suo padre.

"Voi mi sorprendete, signore", osservò il giovane, con un’espressione indecifrabile.

"Quando venisti per la prima volta in tournée in Inghilterra diversi anni fa, mi rifiutai categoricamente di vederti recitare", ammise il padre abbassando lo sguardo, come per nascondere la vergogna. "Tuttavia, la seconda volta finii per cedere, intenerito dagli anni, immagino. Ammisi che desideravo vedere mio figlio, anche se solo sul palcoscenico. Quando entrasti in scena, mi resi improvvisamente conto che oltre a non vergognarmi affatto della professione che avevi scelto, ero orgoglioso del tuo talento. Sei persino più bravo di tua madre, sai?"

Senza rendersene conto, Terence strinse ancor più la presa sul bracciolo della sua poltrona. Ascoltare suo padre pronunciare parole di elogio nei suoi confronti gli procurava un piacere talmente estraneo al suo cuore che per un secondo dubitò di essere in grado di continuare quel colloquio.

"Quello che ho provato dopo quella sera”, proseguì il Duca, totalmente assorto nei suoi ricordi, “ha fatto crollare tutte le mie convinzioni. Ho capito che avevo sacrificato la mia felicità per tutelare un nome che tu avevi scelto di celare, come se essere un Grandchester fosse una vergogna. Fu un duro colpo".

Terence, incapace di sostenere lo sguardo di suo padre, chinò il capo. Anni addietro, si era sentito sollevato dalla decisione di affrontare il mondo come Terence Graham. Aveva avuto la sensazione che cambiare nome l’avrebbe aiutato a cancellare qualsiasi legame con suo padre, nonché tutti i dolorosi ricordi ad egli legati. Ora sapeva che le cose stavano diversamente. Suo padre, il suo passato, il suo vero nome e tutto ciò che esso implicava, non potevano essere cancellati a comando.

"Eppure, quel colpo non fu il più duro", continuò il Duca, "Quello che mi colpì maggiormente fu vedere come ti eri trasformato da ragazzo in uomo, rispettato ed acclamato da tutti. Tutto ciò acuì il mio senso di perdita. Avevo rinunciato alla mia unica possibilità di fare il padre e di vederti crescere, standoti accanto".

"Avete altri figli, signore", si intromise Terence, con un velo di tristezza nella voce.

"Sai benissimo che i figli di Beatrix non sono miei!" sbottò Richard Grandchester con palese disgusto.

"Dunque, credete anche Voi alle voci", rispose Terence, ritrovando la sua freddezza.

"Non si tratta di voci, lo so per certo. Comunque, non biasimo Beatrix. Sapevamo entrambi a cosa andavamo incontro quando ci siamo sposati. Lei sapeva che ti avrei accolto come mio erede ed io sapevo che non avrebbe interrotto la relazione con suo cugino".

Sentire suo padre disconoscere apertamente i figli di Beatrix fu un’altra sorpresa per Terence. A quel punto, il risentimento del giovane nei confronti della sua matrigna si risvegliò.

"E malgrado ciò, mi ha sempre odiato per aver usurpato il posto che sosteneva appartenesse a suo figlio”, disse Terence con tono beffardo.

"Beatrix ha giocato col fuoco, ma è stata colpa mia perché le ho consentito di fare quello che più le aggradava. Ho vissuto abbastanza da pentirmi del nostro vergognoso accordo, ma quel che è fatto è fatto. Tu sei il mio unico figlio ed erede; è questa la questione fondamentale".

"Il suo erede? È dunque questo quello che cerca? Un erede?" si domandò Terence. Quella eventualità lo spinse a mettersi di nuovo sulla difensiva.

Incapace di restare seduto e immobile, il giovane si alzò.

"Vostro figlio! . . . il Vostro erede! . . ." esclamò Terence, percorrendo la stanza a grandi passi e sottolineando ogni parola con beffarda ironia, "Tempo fa mi diceste che mi avreste diseredato, se avessi osato disobbedirVi. Non è forse vero?"

"Sei abbastanza grande da comprendere che stavo solo cercando di intimidirti. Come Erede Legittimo del Ducato, non puoi essere spogliato dei tuoi diritti per un capriccio di tuo padre".

"Mio padre?" chiese Terence in tono derisorio "E dove eravate Voi, padre, quando avevo bisogno di Voi ogni estate e in ogni vacanza? Dove eravate Voi quando avevo bisogno di qualcuno che mi insegnasse come si corteggia una ragazza, anziché rendermi ridicolo a causa delle mie dannate insicurezze? Dove eravate Voi quando ho preso le decisioni più sciocche della mia vita? E quando sono quasi affogato nell’alcol? Eravate troppo impegnato con i Lord(3) per muovere un dito per quell’alcolizzato di Vostro figlio?"

Le accuse di Terence arrivarono dritto al cuore dell’uomo, colpendolo duramente. Il Duca ignorava i problemi di dipendenza dall’alcol che avevano afflitto suo figlio e scoprirlo in quel modo non era affatto facile.

"Non posso che ribadirti quanto mi dispiace, Terence", rispose il Duca con un filo di voce, "Non posso cambiare il passato, ma sono profondamente dispiaciuto per quanto è accaduto".

L’uomo abbassò lo sguardo, vergognandosi profondamente del proprio fallimento come padre. Eppure, non seppe cos’altro dire o fare. Era impietrito e desideroso che suo figlio comprendesse la sua colpa. Ma a giudicare dal tono di Terence, temeva che quel colloquio non li avrebbe portati a nulla. Le sue speranze di giungere ad una riconciliazione si affievolirono.

Nel frattempo, la mente di Terence era occupata da ben altri pensieri. Riusciva a stento a riconoscere suo padre in quell’uomo dall'aria sconfitta, seduto nel suo studio, senza più parole ormai. Una parte di sé disprezzava ancora Richard Grandchester e tutto quello che rappresentava. Eppure, non poteva negare che le cose che il Duca gli aveva confessato avevano intaccato l’idea che aveva di suo padre e del suo rapporto con lui. Inoltre, Terence sapeva di non potersi permettere di scagliare la prima pietra. Non era più il ragazzino sedicenne di una volta.

"Vostra Signoria", esordì Terence, rompendo il silenzio, accomodandosi nuovamente di fronte a suo padre, "Vi ho trattato duramente perché sento di aver subito molti torti da parte Vostra. Tuttavia, siete stato onesto con me e desidero venirVi incontro. Se foste venuto da me dieci anni fa, Vi avrei detto che esprimere il proprio rincrescimento non basta, quando il dolore inferto è stato così grande. Anzi, è molto probabile che non Vi avrei neppure concesso l’opportunità di parlarmi…tuttavia, siete venuto da me ora che sono un uomo con la propria dose di errori e vergogna alle spalle. Vedete, signore, anche io tempo fa mi sono inginocchiato davanti a una persona a cui avevo fatto un torto, implorando il suo perdono. E nel mio caso ho avuto la fortuna di trovarmi di fronte un cuore comprensivo e indulgente, per il quale dire semplicemente mi dispiace è bastato. Ora, in tutta onestà, non mi sento di rispedirVi in Inghilterra senza accettare la Vostra offerta di pace. Ma questo non significa che io sia pronto a essere Vostro figlio. Per quello ci vorrà più tempo, temo".

Il Duca, che aveva lentamente sollevato il capo mentre suo figlio gli parlava, si sentì confortato e capì che poteva tornare a sperare.

"Credo possa bastare", rispose Sua Grazia con il suo consueto tono, "Forse dovremmo innanzitutto tentare di essere amici".

"Sono d’accordo con Voi, signore".

In quel momento padre e figlio compresero che la fine di quel colloquio rappresentava in realtà un nuovo inizio del loro rapporto, già messo a dura prova. Qualunque cosa il futuro avesse in serbo per loro, era ormai nelle loro mani.

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Era già buio quando il Duca ed i suoi accompagnatori lasciarono il Greenwich Village. Al termine del colloquio privato, Sua Grazia era stato l’unico a lasciare lo studio. Terence si era già congedato da lui ed aveva preferito restare solo per metabolizzare quanto si erano appena detti. Pertanto, spettò a Candy scambiare gli ultimi convenevoli prima che suo suocero risalisse nella Bentley grigia. Aveva appena iniziato a scendere una neve leggera sulla città, quando Richard Grandchester la salutò con la mano dal sedile posteriore.

Quando l’auto scomparve dietro l’angolo, la giovane corse verso casa. Tuttavia, una volta rientrata, attese per un po’ in salotto, anziché recarsi subito nello studio. Indecisa sul da farsi, non sapendo se Terence avrebbe preferito star solo o in sua compagnia, decise di distrarsi sfogliando una rivista. Infine, preoccupata dal suo prolungato silenzio, bussò lievemente alla porta dello studio, senza tuttavia ricevere alcuna risposta. Decise dunque di entrare, quasi in punta di piedi.

La stanza era immersa nell’oscurità. Percependo l’atmosfera ancora carica di strazianti emozioni, decise di non accedere le luci. Pertanto, si incamminò in silenzio verso la poltrona su cui era seduto suo marito. Il volto di Terence era illuminato solo dalla luce fioca proveniente dal profilo della città, visibile in lontananza dalla finestra. Quando Candy si sedette sul tappeto, proprio ai suoi piedi, si accorse che il suo viso era ancora segnato dal solco delle lacrime appena versate.

La giovane poggiò la testa sulle sue ginocchia, mentre con la mano gli accarezzava dolcemente una gamba. Per un istante rimasero in silenzio. La mano di Terence si posò lentamente su quella di Candy, come se il calore di lei gli desse coraggio, ed infine sussurrò:

"Ha detto che ha desiderato la mia nascita”, le disse il giovane con voce roca, quasi singhiozzante. "Ha detto che è stato il momento più bello della sua vita”, ripeté, come per convincersene egli stesso.

Lei rispose baciandogli la mano con leggerissimo tocco, prima il dorso, poi il palmo ed infine ogni dito. Immobile e sopraffatto dalle emozioni, lui lasciò che lei lo accarezzasse, troppo esausto per reagire. Poi, quando chinò il capo ed il suo sguardo si posò su di lei, alla vista del suo volto trasfigurato dalla tenerezza, il battito del suo cuore riprese vigore.

"Suoneresti per me la Ninnananna che abbiamo provato ieri?" le chiese d’impulso.

Lei si limitò semplicemente ad annuire, si alzò in piedi e si diresse verso il salotto, lasciando aperta la porta dello studio per consentirgli di ascoltare la musica proveniente dalla stanza accanto.

Candy non era dotata di un particolare talento musicale, ma amava la musica e amava ancor più suo marito. Pertanto, malgrado alcune incertezze durante l’esecuzione, suonò la Ninnananna un paio di volte come richiesto. Terence restò nello studio, lasciando che il suo cuore spalancasse le porte della gabbia in cui il risentimento ed il rancore nei confronti di suo padre avevano dimorato così lungamente. Quando l’ultimo di quei sentimenti ebbe spiegato le ali e preso il volo per sempre, il giovane sentì nuovamente il bisogno di avere accanto sua moglie.
Dunque, si alzò e la raggiunse in salotto, sedendosi accanto a lei sullo sgabello del pianoforte.

"Suoniamola ancora. Tu la mano destra ed io la sinistra, come facevamo a scuola”, le suggerì, cingendole la vita.

Ricominciarono da capo ed eseguirono il breve pezzo coordinando le rispettive mani e dando vita alla più dolce delle melodie. Quando l’ultima nota riecheggiò nell’aria, incapace di resistere oltre, lei si voltò, prese il volto di lui tra le mani e dopo essersi abbandonata ad un profondo bacio, gli disse:

"Stanotte sarò io a fare l’amore con te, Terence".

E fedele alla sua parola, iniziò a sciogliergli il nodo della cravatta. Lui chiuse semplicemente gli occhi, sorpreso e affascinato dalla sua inattesa offerta. Emotivamente provato dal suo tormento interiore, il giovane lasciò che la bocca e le mani di sua moglie indugiassero in prolungate e seducenti carezze su ogni centimetro del suo corpo. Crescendo in intensità, l’energia generata da lei iniziò a pervadere la loro camera da letto, finché il battito del cuore di lui riprese dapprima il suo abituale ritmo, per poi accelerare in risposta alle sue carezze. Ben prima di quanto pensasse, dovette tenere a bada il suo naturale impulso di prendere il controllo del loro appassionato incontro. Non aveva di certo sognato così a lungo una notte d’amore come quella per spezzare il suo incantesimo a causa dell’impazienza. Pertanto, lasciò che lei lo viziasse con la più dolce delle torture.

Quando finalmente lei gli spalancò la porta del suo essere, i loro corpi si persero l’uno nell’altra finché l’ultima delle ombre che gravavano sul suo cuore non fu fugata. Fuori, il freddo pungente di febbraio non poté far nulla per affievolire il loro calore.

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A notte fonda i due giovani erano ancora svegli. Nella quiete della loro stanza, Candy giaceva al fianco di suo marito, ascoltando il racconto del colloquio con suo padre.

"Lo rivedrai prima che faccia ritorno in Inghilterra?" gli chiese.

"Siamo d’accordo di incontrarci prima della sua partenza, dopodiché solo Dio sa se ci rivedremo ancora", rispose lui, con un pizzico di malinconia nella voce.

"Da come parli, sembra che ti piacerebbe vederlo più spesso".

"È strano!" disse Terence corrugando la fronte, incapace di comprendere i sentimenti contrastanti che provava per suo padre. "Per molti anni non ho pensato a lui…o quantomeno ho cercato di non pensare a lui…ma adesso, sento di avere voglia di conoscerlo meglio".

"Non è affatto strano, amore mio!" rispose Candy, scuotendo il capo. "È naturale per un figlio desiderare la compagnia del padre. Avete molto tempo da recuperare, immagino".

Continuando il suo racconto, il giovane intrecciò le dita con quelle di sua moglie.
"Non ho mai pensato che…voglio dire…non ho mai immaginato di potermi sentire così", disse incespicando con le parole, "Ho sempre pensato che mi odiasse".

"L’odio è un sentimento estraneo al cuore di un padre, Terence. Tuo padre potrà anche essere un uomo con molti difetti, sarà anche stato crudele e disonesto con tua madre, ma malgrado tutte le sue mancanze, è pur sempre tuo padre e ora hai la certezza che ti voglia bene".

"Non l’avrei mai scoperto se tu non avessi insistito. . . proprio come facesti la prima volta con mia madre”, le disse con solo un filo della sua baritonale voce.

"Nulla mi rende più felice che esserti d’aiuto".

Il giovane lanciò un amorevole sguardo in direzione di sua moglie, accarezzandole il volto e allontanandole i riccioli d’oro dalla fronte.

"Sei sempre stata il mio angelo custode, non è vero?"

"Angelo custode suona decisamente meglio di Tarzan tuttelentiggini".

In risposta al suo commento, un’espressione maliziosa comparve sul suo volto "Che
ne dici di Angelo tuttelentiggini?" le chiese con un mezzo sorriso.

"Avrei dovuto stare zitta!" sbottò lei, lamentandosi e mettendo il broncio, cosa che lui trovò talmente irresistibile da non poter fare a meno di baciarla.

Quando le loro labbra si sciolsero dal bacio, Candy si ricordò di una cosa che desiderava chiedergli.

"Terence, c’è qualcosa che volevo dirti. Quando eravate nello studio, ho invitato il segretario e l’autista di tuo padre a prendere una tazza di the insieme a me".

"Hai invitato i domestici di mio padre?" le chiese lui, divertito.

"Sì. . . fuori si gelava ed erano rimasti ad aspettarlo in auto, poverini!"

"Mio padre deve aver avuto un attacco di cuore quando ti ha visto parlare con loro", disse Terence scoppiando a ridere per la prima volta dopo diverse ore. Anche nelle situazioni più tristi, Candy riusciva a dire o fare qualcosa che lo facesse ridere.

"Beh, devo ammettere che sembrava un po’ sorpreso, ma non ha detto nulla".

"Ci mancherebbe altro. Questa è casa mia, non Buckingham Palace", rispose Terence, tornando serio. "Era questo che volevi dirmi?"

"Non proprio, volevo chiederti una cosa che mi è venuta in mente quando parlavo con i domestici di tuo padre. Ho notato una cosa".

"Ovvero?"

"Sapevi che i servitori di tuo padre ti chiamano Marchese? Che cosa significa?"

"È un semplice titolo di cortesia", rispose lui con indifferenza.

"Vale a dire?"

"Mio padre detiene una serie di titoli, oltre a quello di Duca di N****. È anche Marchese, Conte e Barone".

A quelle parole, Candy non poté nascondere la sorpresa. Non aveva mai considerato la posizione altamente privilegiata del padre di Terence.

"Incredibile! Ma cosa c’entra con te?" gli chiese, confusa.

"Al primogenito di un Duca ci si rivolge utilizzando il secondo titolo del padre, come forma di cortesia. Non significa realmente che sia il Marchese di A****. È una semplice formalità. Il primogenito di un Duca resta un cittadino comune fino alla morte del padre, quando erediterà il Ducato", le spiegò, sentendosi un po’ in imbarazzo nel discutere questioni che aveva cercato di accantonare per così tanto tempo.

"Ma ora il Ducato non spetta a tuo fratello minore? Voglio dire, quando hai lasciato la famiglia Grandchester e sei diventato un attore, non hai perso la primogenitura?"
Terence sapeva che Candy gli stava ponendo tutte quelle domande ingenuamente, ma gli argomenti trattati lo mettevano piuttosto a disagio.

"Beh, non esattamente", le disse tirando un profondo sospiro, "A Beatrix sarebbe piaciuto senz’altro, ma le leggi di successione nobiliare sono complesse. Le cose cambierebbero soltanto se fosse dimostrato che sono un figlio illegittimo. E persino in quel caso, il procedimento giudiziario sarebbe lungo e difficile e alla fine potrebbe comunque uscirne sconfitta. Non dimenticare che anche lei ha preso parte all’inganno ed è legalmente riconosciuta come mia madre. Inoltre, mio padre potrebbe vendicarsi rivelando di non essere il vero padre dei suoi figli, causando un pubblico scandalo per tutte le famiglie coinvolte. Non credo che correrebbe mai il rischio di vedere i propri figli etichettati come illegittimi. Pertanto, si trova con le spalle al muro. Ed a giudicare dalle parole di mio padre, sembra che si aspetti ancora che io gli succeda un giorno".

Candy notò che, mentre parlava, i suoi occhi erano attraversati da tante emozioni diverse.

"Ed è una cosa che potrebbe interessarti?" gli chiese lei, sentendo che quella era la questione cruciale.

"Non mi sono mai visto in quel ruolo. . . ." rifletté lui. "Per anni ho pensato di essere ormai morto per Sua Grazia. Ora che mio padre vuole riavvicinarsi a me…non ne ho idea. . . sono piuttosto confuso al riguardo".

La giovane si rese conto che quella questione stava suscitando emozioni in suo marito che rischiavano di rovinare l’equilibrio precario raggiunto dopo la notte d’amore. Pertanto, decise di sdrammatizzare.

"Oh, beh, quanti anni ha tuo padre?" gli chiese.

"Una cinquantina, credo", rispose lui, alquanto incuriosito dalla domanda apparentemente irrilevante.

"Mi sembra in perfetta salute", osservò lei sorridendo, "pertanto, in base ai miei calcoli, dovresti avere ancora una ventina d’anni di tempo per decidere se desideri diventare Duca o meno".

Prendendo atto del buonsenso delle parole di Candy, il giovane si rilassò e cogliendo il suo suggerimento, le disse:

"Per il momento mi interessa solo essere il Duca di Gloucester(4)".

"Cha paura!" rispose lei, fingendo di essere terrorizzata mentre si copriva con le lenzuola, "E pensare che proprio in questo momento in quella tua testa criminale potresti tramare la mia morte!"

"Le creature deformi e losche come me hanno altri indicibili programmi per giovani donne come te. . ." proseguì lui con fare scherzoso, "forse persino peggiori della morte. . ." Il desiderio di aggiungere qualcos’altro fu interrotto da uno sbadiglio che gli impedì di completare la frase.

"A giudicare dai tuoi sbadigli, credo che il programma migliore che Riccardo III possa concepire al momento sia quello di dormire almeno qualche ora prima delle prove".

"Forse ha ragione, milady", ammise lui, avvolgendola tra le sue braccia, come era solito fare prima di addormentarsi. Poco dopo, lei sentì il suo respiro regolare e cadenzato, segno che era già caduto in un sonno profondo.

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(1) Terence recita le prime battute del monologo di apertura di Riccardo III, apportando una lieve modifica al testo.
(2) Questa scena è una delle poche ispirate all’anime.
(3) La Camera dei Lord o Camera dei Pari è la camera alta del Parlamento del Regno Unito. È composta dai Pari di Inghilterra e da Autorità ecclesiastiche.
(4) Il Duca di Gloucester era il titolo detenuto da Riccardo Plantageneto prima della sua ascesa al trono d’Inghilterra come Riccardo III. Terence qui allude al suo ruolo da protagonista nel Riccardo III.
 
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