Candy Candy

GLI SMERALDI E LO ZAFFIRO - FF completa

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Cerchi di Fuoco
view post Posted on 17/4/2013, 15:56 by: Cerchi di Fuoco     +4   +1   -1
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Questa parte del 1° capitolo, per forza di cose, è dedicata alle mie due amiche già pronte con cappellino e trombetta a stappare lo champagne... buona lettura, Sailorina e Candina!

Il giovane medico dai capelli rossi intervenne con voce grave:
- Come ho già avuto modo di esporle in alcune delle occasioni in cui è venuto a trovarmi, Mr. Graham, ci sono cinque stadi nel doloroso processo attraversato da ciascuna vittima di amputazione: rifiuto, contrattazione, rabbia, depressione e accettazione. Di solito queste fasi vengono percorse tutte in un periodo variabile tra alcune settimane e pochi mesi. Nel caso di Miss Marlowe, non solo non è mai stata elaborata l’accettazione, ma dopo aver abbastanza rapidamente superato le prime due, si è bloccata in un limbo tra la terza e la quarta. In un’alternanza che purtroppo, come emerso in maniera piuttosto evidente nelle ultime visite che ho fatto a Miss Marlowe, sembra essere collegata proprio a lei, Mr. Graham, o meglio al modo in cui la sua fidanzata ha interpretato il proprio ruolo nell’interazione tra voi.
Terence sgranò gli occhi. Conosceva la teoria dei cinque stadi dell’accettazione, il dottor Collins gliel’aveva esposta in alcune occasioni; ma era la prima volta che il medico faceva cenno ad un collegamento tra il trauma dell’amputazione di Susanna e il suo comportamento.
Il giovane dottore scambiò un veloce sguardo con il più maturo collega, prima di proseguire:
- Ciò che sto per rivelarle, Mr. Graham, è oggetto del segreto professionale che mi lega alla mia paziente. Questo è il motivo per cui in questi anni, pur avendo cercato di lavorare molto con Miss Marlowe per arrivare alla radice dei suoi problemi di accettazione di se stessa e della propria condizione, non ho mai potuto farle cenno di quanto emerso.
Terence annuì, non sapendo esattamente quale rivelazione aspettarsi, ed il medico proseguì:
- Miss Marlowe ha sviluppato negli anni – e qui Collins lanciò uno sguardo fugace alla signora Marlowe, ancora accasciata sulla poltroncina e in preda a singhiozzi inconsolabili – una forma di mancanza di autostima e dipendenza dal giudizio altrui, parzialmente sfumata e mascherata nel periodo in cui ha cominciato a calcare le scene. Quando l’ha conosciuta e ha cominciato a nutrire dei sentimenti per lei, Mr. Graham, le sue insicurezze sono tornate alla luce con forza.
Terence capì: Susanna stava appena cominciando a liberarsi dal contorto giogo materno di senso di colpa e dipendenza, grazie alla sua appena conquistata autonomia, quando lui era arrivato nella sua vita.
- Lei deve capire, Mr. Graham – riprese il dottor Collins, allontanandosi di qualche passo con Terence e il dottor Frank verso la balaustra, in modo che le loro parole non potessero essere udite dagli altri - che quando Miss Marlowe l’ha conosciuta, i suoi meccanismi emotivi non erano quelli di una donna di vent’anni, ma a malapena quelli di un’adolescente... - il dottor Collins si interruppe cercando i termini più idonei ad esprimere clinicamente i disturbi di cui soffriva Susanna, rendendoli comprensibili a Terence, prima di riprendere:
– La personalità ossessivamente protettiva della madre ha inibito un corretto e sano sviluppo di quella forma di indipendenza di giudizio che Miss Marlowe avrebbe dovuto raggiungere passando dagli anni dell’infanzia a quelli dell’adolescenza. In breve, quando è arrivata la notorietà e l’indipendenza economica, Miss Marlowe semplicemente non era pronta, avendo completamente saltato una fase del suo sviluppo emotivo. Dal punto di vista affettivo, è con una ragazza di tredici o quattordici anni che lei si è trovato a relazionarsi, Mr. Graham.
Lo sguardo di Terence era attento e acceso di una fiamma color cobalto mentre assorbiva avidamente quelle informazioni da parte del dottor Collins. Era come se si stesse aprendo uno squarcio nelle eleganti quinte damascate di un palcoscenico, rivelando il multiforme e spaventoso caos che vi regnava dietro.
- Miss Marlowe ha cominciato a nutrire per lei dei sentimenti nuovi e per i quali non era pronta. Emotivamente immatura come una bambina, li ha gestiti nel peggiore dei modi: replicando l’unica forma di amore che conoscesse, la dipendenza nutrita dal senso di colpa che aveva caratterizzato il suo rapporto con la madre. Il fatto che lei non interpretasse il ruolo che Miss Marlowe le aveva assegnato nel proprio schema mentale ne ha messo a nudo le fragilità, e ha provocato reazioni incontrollate dal punto di vista psicologico.
Si stava a poco a poco sollevando una cortina fumogena e Terence si rese conto che la storia sua e di Susanna, purtroppo drammaticamente marchiata a fuoco nella sua mente in ogni più doloroso e frustrante dettaglio, stava acquisendo adesso dei contorni più netti e dei colori più vividi.
Sotto questa nuova luce, anche la reazione di rifiuto di Susanna di fronte all’evidenza del suo amore per un’altra donna assumeva una chiara connotazione e si spiegava l’azione, profondamente infantile, di nascondergli la lettera che Candy gli aveva spedito ai tempi delle prove di Romeo e Giulietta, salvo poi restituirgliela tra le lacrime. Proprio come una bambina che non fosse riuscita a sopportare il peso delle proprie azioni.
Susanna stava male fin da allora, da sempre.
Terence guardò la donna sulla poltrona a pochi passi da lui, che adesso piangeva calde lacrime di disperazione per la sorte della sua bambina… anzi, della donna che lei aveva congelato in uno stadio infantile a causa del suo modo distorto di darle presunto amore, rendendola insicura e dipendente dagli altri. Sì, quella era stata l’eredità della signora Marlowe alla figlia: un amore malato.
- Anche quando mi ha salvato la vita… - mormorò Terence, cui la voce si spezzò prima che potesse completare l’espressione del suo pensiero.
Il dottor Collins lo guardò con comprensione e annuì. Capiva il processo di rielaborazione del proprio vissuto che Terence stava affrontando. Un processo che avrebbe avuto bisogno di mesi di analisi e che invece, per forza di cose, il ragazzo era costretto ad affrontare nell’arco di pochi minuti.
- Susanna si è lanciata generosamente per salvarle la vita, Mr. Graham, con lo stesso slancio coraggioso e incosciente di un bambino che teme di perdere l’oggetto del suo desiderio – il medico scelse parole volutamente implacabili, era necessario che Terence capisse – ma al risveglio non è stata capace di affrontare da adulta le conseguenze delle sue azioni.
Sì, Terence ricordava perfettamente quei giorni maledetti tra quelle stesse mura dove adesso si trovavano. Ricordava i continui sbalzi emotivi di Susanna e l’egoismo con il quale gli aveva rinfacciato ciò che aveva fatto per lui salvandogli la vita, lasciando fluttuare nell’aria la logica conseguenza: “la tua vita è mia, adesso”. E rammentava anche i suoi blandi slanci di generosità durante i quali, singhiozzando, gli diceva di andare da lei. Non era una reazione alla perdita che aveva subito ed alla paura di restare sola. Era il conflitto tra la Susanna bambina e la Susanna donna, tra la rabbia e la depressione, che si stava combattendo in quei momenti, e che avrebbe condannato tutti loro a indescrivibili sofferenze.
- E questo stesso meccanismo – riprese il dottor Collins, in un virtuale collegamento alle amare riflessioni di Terence, che adesso stentava a soffocare un tremito, come ogni volta che rievocava quella notte – ha continuato a riproporsi negli anni a venire, senza soluzione di continuità, nonostante tutti i miei tentativi di scardinarli. L’unico successo che ero riuscito ad ottenere con lei finora, era stato di convogliare le energie dei suoi periodi di rabbia in un’attività costruttiva come la scrittura… con i risultati che conosciamo.
La voce del dottor Collins si spense con un accento tra il rassegnato e l’orgoglioso.
Susanna aveva scritto due opere teatrali da quando aveva abbandonato le scene e la seconda, La principessa sbagliata, era tuttora rappresentata con ottimo successo di pubblico e di critica a Broadway. Terence singhiozzò per la tristezza: chissà cosa sarebbe potuta diventare quella donna di talento, se la sua distorta visione della vita e dell’amore, e il destino che aveva assunto la forma di un riflettore che era piombato sulle loro vite, non l’avessero destinata a quel ruolo sbagliato in un copione destinato ad altri interpreti.
E lui aveva fallito. Aveva fallito miseramente nel solenne giuramento che aveva fatto quella notte: non solo non era stato capace di essere felice, svuotandosi completamente di ogni scintilla di gioia su quelle dannate scale a pochi passi da lì. Ma non era stato capace neanche di assolvere al secondo compito che il suo giudice e carnefice dagli occhi di smeraldo gli aveva assegnato: quello di rendere felice Susanna. Si era sbrigativamente autoassolto in quegli anni, ritenendo che la semplice presenza al suo fianco sarebbe stata sufficiente ad espletare quella parte del patto. Che la rinuncia alla sua vita, per viverla con Susanna, fosse quanto gli veniva richiesto. Ma no! Solo ora, attraverso lo squarcio creato dalle parole del dottor Collins, la verità lo travolgeva. Che perfetto incastro di sofferenze il fato aveva servito loro nella sua drammatica ineluttabilità! Neanche il suo venerato Bardo avrebbe saputo fare di meglio nel più tragico dei suoi intrecci.
C’era però qualcosa che strideva in tutto ciò che aveva appena appreso: il comportamento che gli aveva descritto il dottor Collins era qualcosa di seriale e ormai cronicizzato, non spiegava la crisi che aveva necessitato il ricovero di Susanna quella notte.
- E’ per questo che Susanna è stata ricoverata stasera, dottor Collins? E’ stata vittima di un attacco depressivo più grave?
- No, Mr. Graham. La depressione non è la causa del ricovero di Miss Marlowe di questa sera – intervenne il dottor Frank, facendo un passo avanti e intervenendo per la prima volta nella dolorosa conversazione – o almeno non direttamente!
Terence si voltò verso di lui in attesa, mentre una gelida premonizione lo invadeva.
- Mr. Graham, Miss Marlowe sta morendo.

Terence si voltò verso il dottor Frank. Si passò una mano tra i capelli, incredulo, e attese che il medico proseguisse.
- Mr. Graham, era a conoscenza del fatto che da alcune settimane Miss Marlowe aveva contratto una forma di infezione all’arto amputato?
Terence sgranò gli occhi e si appoggiò con una mano alla ringhiera. Le rivelazioni sulla donna con la quale aveva vissuto negli ultimi anni lo stavano sopraffacendo.
- Come immaginavo, il che conferma la mia teoria. Infezioni lievi sono piuttosto usuali in soggetti che fanno uso di protesi ortopediche. Riconoscendole per tempo solitamente possono essere debellate con una certa facilità tramite lavaggi depurativi o, nei casi più gravi, con piccoli interventi chirurgici. Il problema è che Miss Marlowe non ha parlato con nessuno dei sintomi che accusava. Febbre, battito cardiaco accelerato, dolore all’arto… deve aver avuto alcuni o tutti questi sintomi, in un quadro clinico e immunitario già compromesso dalle sue condizioni. Ma non ne ha parlato con nessuno: né con il dottor Collins, né con sua madre. Né, devo dedurre, con lei.
Il dottor Frank si interruppe, per dare il tempo a Terence di assimilare questo nuovo colpo. Il medico provava una profonda pena per quel ragazzo che sembrava portare sulle spalle, e mostrare attraverso quegli eccezionali occhi blu, un dolore senza fine.
- Non essendo intervenuti per tempo, la situazione è degenerata. Negli ultimi giorni Miss Marlowe deve aver sofferto molto, dato lo stato in cui si trova. Purtroppo, Mr. Graham, l’infezione è ormai degenerata in una forma grave di setticemia.
“Susanna! Oh Susanna, che cosa hai fatto?”
Il dottor Frank lo mise a parte di come fosse stata Mrs. Greppi a trovarla priva di sensi nella sua stanza quando quella sera si era recata in camera sua per servirle la cena. Era stata lei stessa a chiamare immediatamente la signora Marlowe e l’ambulanza che le aveva condotte fin lì.
Terence cercò di riacquisire la lucidità necessaria per porre la domanda che gli esplodeva dentro:
- Dottor Frank, mi sta dicendo che Susanna ha deciso consapevolmente di non curarsi nell’intento di togliersi la vita?
A Terence sembrava che il mondo gli crollasse addosso. Quanta sofferenza poteva sopportare un uomo in una sola vita?
- No, Mr. Graham – il dottor Collins intervenne con decisione – è proprio questo il motivo per cui le ho fatto quella lunga premessa sul quadro psichiatrico di Miss Marlowe.
Terence si voltò verso il medico irlandese, come un naufrago che cercasse un appiglio in un mare torbido dal quale si sentiva risucchiare.
- Ho motivo di credere, Mr. Graham, che questo atto sia stato l’ultimo gesto compiuto dalla Susanna bambina per attirare la sua attenzione. Io credo che la sua fidanzata aspettasse, deperendo consapevolmente giorno dopo giorno, di attirare la sua attenzione su di sé. Sia pure senza mai chiederlo direttamente, cercava un modo per costringerla ad occuparsi di lei.
E lui non si era accorto di niente. Terence si passò di nuovo le mani tra i capelli. Era stato cieco? Sordo? Eppure ogni giorno l’aveva guardata negli occhi, chiedendole come stava, ricevendone in cambio un pallido sorriso e un cenno d’assenso.
“Quale perverso meccanismo si era attivato nella tua mente, Susanna? Mi hai ingannato, hai ingannato te stessa… Ti sei resa conto dell’enormità di quello che stavi facendo?”
- Cosa… cosa dobbiamo aspettarci adesso, dottore?
- Molto poco, purtroppo, figliolo. Solo che la sepsi termini la sua opera. E non ci vorrà molto. Temo poche ore.
La compassione negli occhi del dottor Frank trovò voce in quell’appellativo, “figliolo”, con il quale si rivolse a lui per la prima volta.
- Non si torturi. Il dottor Collins stesso, che non esito a definire come il più qualificato ed esperto psichiatra di New York, non è stato in grado di cogliere i sintomi di quanto Miss Marlowe stava mettendo in atto in queste settimane. Lei non poteva far nulla. Nella sua visione purtroppo distorta della realtà, la sua fidanzata ha armato inconsapevolmente contro di sé un’arma ad orologeria di cui nessuno avrebbe potuto bloccare il meccanismo se non lei stessa, che però ne ha sottovalutato la portata.
Terence lo fissò con gratitudine, cercando in qualche modo di tenersi a galla nel mare di sensazioni che rischiavano di travolgerlo, e che tuttavia non ne scalfivano l’immagine di dignità con la quale stava affrontando quelle drammatiche rivelazioni.
- Posso vederla, dottore?
Cosa le avrebbe detto? E soprattutto, sarebbe riuscito a controllare la rabbia che a poco a poco si stava facendo strada attraverso la tristezza che lo attanagliava, al pensiero di tutto il male che Susanna aveva fatto agli altri ed a se stessa?
- Certo, anzi… credo sia opportuno non perdere altro tempo. Non so ancora per quanto tempo Miss Marlowe sarà cosciente: siamo riusciti a farla rinvenire, ma…
Terence trasse un profondo respiro, che lo aiutò a stabilizzare le sue emozioni, e si avviò verso la stanza di Susanna. Passò davanti alla signora Marlowe ed a Robert. A quest’ultimo lanciò uno sguardo talmente traboccante di rassegnazione e tristezza che l’uomo sussultò sulla sedia, come se fosse stato colpito fisicamente dal dolore di quel ragazzo che amava tanto.
Lo sguardo che corse tra il giovane e la Signora Marlowe conteneva invece tutto il non detto di quegli anni: il disprezzo per ciò che lei aveva fatto della figlia che sosteneva di amare; la rabbia perché aveva fatto leva sui suoi sensi di colpa in un momento in cui lui non aveva la lucidità necessaria per opporsi ai suoi meschini attacchi; persino la pena per il peso che quella donna avrebbe dovuto portare per il resto dei suoi giorni. Negli occhi di lei non c’erano suppliche, né comprensione, né accuse. Solo paura. Una piccola donna di fronte a qualcosa di troppo grande per lei. Sapeva. Se non avesse saputo che il peso di quanto era accaduto ricadeva in gran parte sulle sue scelte malate, si sarebbe scagliata contro di lui con tutta la forza di una madre. Ma lei sapeva, e Terence si domandò fugacemente come avrebbe fatto quella donna a convivere per il resto della sua vita con il rimorso per ciò che aveva fatto.
La superò senza dire una parola, arrivò alla porta della camera di Susanna, abbassò la maniglia ed entrò.

La camera era avvolta nella penombra. Era ormai notte fonda e l’unica fonte di luce era un lume a gas posato sull’unico tavolo che, insieme a una semplice cassettiera, alla sedia posizionata accanto al letto e ad un piccolo armadio sulla parete di fronte, costituiva l’arredamento della stanza. Tutto era di un candore eccessivo, reso inquietante dalla luce soffusa: il legno del tavolo e della sedia, le tende alla finestra e la biancheria del letto su cui giaceva Susanna, il cui volto e le labbra avevano lo stesso colore del cuscino su cui era adagiata. Sulla coperta le braccia sottili erano stese lungo il corpo. I capelli erano raccolti in due lunghe code che le scendevano sulle spalle e aveva sulla fronte una pezzuola bagnata. Gli occhi erano chiusi e, dal magma di emozioni in movimento che ribolliva dentro di lui da quando aveva parlato con i due medici, a Terence sembrò di sentire emergere una profonda tristezza e compassione.
Davanti a lui c’era la donna che gli aveva distrutto la vita e ogni speranza di felicità a causa del proprio egoismo e della propria distorta e autoreferenziale idea dell’amore. Ma c’era anche la donna che gli aveva salvato la vita. C’era la donna che lo aveva legato a sé con la forza del senso di colpa e facendo leva sulla sua ancestrale e atavica idea dell’onore. E tuttavia, non era forse giusto riconoscere che Susanna aveva egoisticamente approfittato di scelte che in ultima analisi erano state fatte da lui? Chi era, alla resa dei conti, il colpevole principale di quelle sofferenze? Negli ultimi tre anni Terence aveva altalenato attraverso tutte le sfumature di quel conflitto interiore, ed ora sentiva solo una grande stanchezza.
Susanna aprì gli occhi e lui si sforzò di rivolgerle un sorriso triste. Da quanto tempo non le sorrideva? No, la domanda era: le aveva mai sorriso?
- Terence…
- Susanna, non parlare, riposati – Terence si sedette accanto al suo letto e le prese la mano.
- Terence, sei venuto…
La sorpresa e la gioia che anche in quel momento trapelavano dalla voce flebile e stanca della ragazza strinsero il cuore di Terence. Che enorme ingiustizia e che spreco d’amore…
Amore?
- Certo che sono venuto. Susanna… avresti dovuto… avresti dovuto parlarmene. Avresti dovuto chiedere aiuto – Terence si lasciò sfuggire quelle parole e immediatamente se ne pentì.
Che senso aveva adesso rinfacciarle le scelte che la stavano uccidendo in quel momento sotto i suoi occhi? O metterla di fronte all’enormità di ciò che aveva fatto? Probabilmente lei non aveva neanche gli strumenti per affrontarlo, figurarsi per elaborarlo, soprattutto al punto in cui erano arrivati. E quindi immediatamente le chiese:
- Susanna, senti dolore?
- No, Terence, non più. Ho sofferto tanto, ma ora non più – e Terence non fu certo che lei si riferisse al dolore fisico dell’infezione che la stava divorando dall’interno, o ad altro.
- Terence… io sto morendo, non è vero?
Terence sgranò gli occhi. Poteva mentirle? Doveva mentirle?
La guardò con i suoi profondi occhi blu, le iridi di lei erano già velate.
- Susanna, andrà tutto bene – fu tutto ciò che riuscì a sussurrarle.
- Terence io… non voglio morire… aiutami….
Terence le strinse la mano più forte.
Ecco chi era la donna che aveva di fronte: Susanna che si lanciava sotto un riflettore per salvare la vita all’uomo che desiderava con tutta se stessa per poi non esitare a distruggerne la felicità, esigendone giorno dopo giorno il sacrificio. Susanna che si palesava al mondo fiduciosa e serena nei mesi del crollo emotivo del suo uomo, mentre progettava di chiederne in cambio un prezzo. Susanna autrice teatrale e Susanna che non aveva mai più voluto mostrarsi in pubblico senza Terence al suo fianco. Susanna donna depressa e bambina arrabbiata. Susanna che accoglieva ogni giorno sorridente il suo uomo indifferente e nel frattempo pianificava la propria morte, aspettando che lui la salvasse. Susanna che di fronte alle conseguenze delle sue azioni chiedeva aiuto troppo tardi per porvi rimedio. Susanna vittima. Susanna carnefice.
Susanna che adesso stava morendo.
- Susanna, sono qui con te. Cerca di stare tranquilla.
Era incredibile come i suoi occhi si stessero spegnendo minuto dopo minuto. Terence si sentiva inerme.
- Terence, non ti ho mai chiesto nulla…
Oh mio Dio! Susanna!
Possibile che la sua non accettazione della realtà arrivasse fino a quel punto? Davvero non si rendeva conto di cosa aveva causato? Terence dovette sforzarsi di tenere a mente le parole del dottor Collins per non farsi sopraffare di nuovo dalla rabbia, sia pure in quel momento doloroso.
- Ti prego… - continuò lei – ti prego, rispetta la mia memoria!
Terence la fissò. Cosa stava cercando di chiedergli? Possibile… possibile che fosse il suo contorto modo, persino in quel momento supremo, per tenerlo lontano da lei?
- Lo farò, Susanna.
Non sapeva neanche lui che impegno stava assumendosi in quel momento. Ci avrebbe riflettuto in seguito. Adesso contava accompagnare il più serenamente possibile Susanna verso ciò che l’attendeva, e cercare di trovare un modo per convivere di lì in avanti con il senso di colpa per non essersi reso conto di ciò che lei stava attuando ai danni di se stessa.
Susanna sorrise e chiuse gli occhi.
- Ti amo, Terence. Ti ho sempre amato.
- Lo so, Susanna. Adesso cerca di riposare, io sto qui vicino a te.
Chissà se l’ultimo pensiero di quella tragica figura prima di abbandonarsi al sonno fu la consapevolezza di non aver mai udito Terence rivolgerle le tanto sospirate parole: “ti amo”. Del resto, dopo la dichiarazione che lei stessa gli aveva fatto sul palcoscenico del teatro Stratford prima dell’incidente, prima del resto della loro vita, neanche lei aveva più trovato il coraggio di ripeterle, quelle cruciali parole. Da qualche parte, in qualche remoto meandro della sua mente doveva rendersi conto di cosa aveva provocato. Ma semplicemente la sua parte bambina aveva scelto di ignorarlo.
Terence rimase vicino a lei ancora per un po’ e quando fu certo che non si sarebbe risvegliata uscì delicatamente dalla stanza, cedendo il suo posto alla signora Marlowe.
Susanna morì tre ore dopo, senza più riprendere conoscenza.
Susanna, l’ultima vittima del suo amore malato.


La nera sorte di questo giorno
peserà su molti giorni ancora;
questo non è che il principio delle sventure.
Altre le porteranno a termine. *


* Romeo e Giulietta, Atto III, Scena I


...CONTINUA...
 
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36 replies since 12/4/2013, 13:40   53553 views
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