Candy Candy

GLI SMERALDI E LO ZAFFIRO - FF completa

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Cerchi di Fuoco
view post Posted on 23/5/2013, 20:33 by: Cerchi di Fuoco     +5   +1   -1
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New York,
15 aprile 1919


Il fatto che Robert Hathaway alla festa dei Lansing le avesse rivelato che Terence non si trovava a New York, ma in Europa, aveva dato coraggio a Candy: almeno non avrebbe corso il rischio di girare un angolo della Madison Avenue e ritrovarselo davanti per sbaglio, magari al braccio di una bellissima ed elegante giovane dama all’ultima moda, e che nel vederla avrebbe esclamato, sfoggiando un’espressione allegramente sorpresa:
- Candy, sei proprio tu? Ma cosa ci fai qui in città? E’ un secolo che non ci vediamo, non è vero? Avresti dovuto avvertirmi, ti avrei invitato a cena con mia moglie, posso presentartela? Amore, lei è Candice, una mia vecchia compagna di scuola dei tempi del collegio…
Beh, almeno sarebbe stato un modo per uscire da quell’incertezza, pensò Candy, non riuscendo però a sorridere neanche un po’ di quella surreale immagine evocata dalle proprie insicurezze, nella quale, ovviamente, la presunta moglie di Terence era la donna più bella che si potesse immaginare…
In principio, quando era scesa alla Grand Central Station insieme a Mrs. Roosevelt e a Patty in una piovosa giornata in cui la primavera stentava ancora a scalzare un tardo inverno che intonava il suo canto del cigno, come a non volersi separare da New York, Candy aveva sentito lo stomaco contrarsi e aveva dovuto quasi fare violenza su se stessa per non guardarsi attorno alla ricerca di due zaffiri splendenti tra la grigia e anonima folla che le scorreva attorno indifferente.
Con una fitta di nostalgia si rivide eccitata fino allo spasimo in un giorno d’inverno di tanti anni prima, dirigersi con sicurezza verso una figura di spalle ricoperta di un familiare mantello blu che sentiva di poter riconoscere tra mille... solo per ritrovarsi imprevedibilmente a fissare l’uomo più brutto che avesse mai visto in vita sua.
La risatina che era salita subitaneamente alle sue labbra a quel ricordo si mutò rapidamente in una espressione di struggente malinconia al pensiero della mano che in quel momento aveva circondato la sua con decisione, provocandole la nota scossa elettrica al contatto, per trascinarla via da quella imbarazzante situazione, fino al luogo appartato in cui i suoi occhi avevano finalmente potuto rituffarsi dopo tanto tempo in quelle pozze profonde di blu, la cui mancanza ancora la faceva tremare per un dolore che avvertiva fisicamente.
Candy era tornata in sé quando Patty le aveva stretto la mano in silenzio, lanciandole uno sguardo rassicurante che l’aveva rasserenata un po’. Non era sola. Qualunque cosa New York avesse in serbo per lei, stavolta sarebbe stata pronta ad affrontarlo. Cinque anni prima da quel treno era scesa un’adolescente follemente innamorata e forte di un biglietto di sola andata che la faceva sentire invincibile; era felice, ottimista, certa dei propri sentimenti e di quelli del ragazzo che stava per rivedere e dal quale, così pensava, non si sarebbe più separata. E così si era fatta cogliere impreparata e completamente senza difese dalla realtà che era piombata su di lei, con la rapidità di un falco e la sua stessa rapacità nel farle a brandelli il cuore.
New York si era dimostrata un nemico ostico e implacabile, ma stavolta Candy era arrivata in battaglia armata di una corazza più difficile da scalfire che in passato: il suo dolore e la sua paura di soffrire ancora. L’unico problema era che anche lei sembrava avere oramai perso la capacità di allentarne le cinghie, e di lasciare che le sue emozioni le suggerissero la giusta direzione da intraprendere. Decise quindi di affrontare un giorno per volta e aspettare che la vita la sorprendesse, come Miss Pony sosteneva sempre potesse accadere dietro ad ogni angolo.
Purché, ovviamente, la sorpresa non fosse costituita dalla bellissima moglie di Terence che ormai regnava sovrana nella sua mente.
La residenza dei Roosevelt, al n° 49 della East 65th Street, nell’Upper East Side, si trovava nella zona più esclusiva della città, a due passi da Central Park, dalla Fifth Avenue, dai più esclusivi negozi, musei, attici di lusso. Era il centro pulsante di quella relativamente recente aristocrazia del denaro americana che non aveva nulla da invidiare, quanto a snobismo ed esibizione di ricchezza e privilegi, alla millenaria nobiltà della vecchia Europa.
La particolarità della casa era costituita dal fatto di essere un unico enorme appartamento sapientemente suddiviso in due residenze gemelle e comunicanti, ciascuna ancora talmente grande da poter essere definita lussuosa. Una di esse era la dimora di Franklin Delano e della moglie, mentre l’altra era il regno di Sarah Ann Delano Roosevelt, la suocera di Eleanor.
Fu immediatamente chiaro a Candy e Patty che suocera e nuora avevano un rapporto assolutamente conflittuale, un’ostilità atavica che generava tra le due un’ondata di tensione e allarme in ogni loro interazione. Sembrava che Mrs. Delano Roosevelt fosse l’unica persona al mondo, o quanto meno nella vastissima cerchia di conoscenze di quella eminente famiglia, a non subire il fascino carismatico di Eleanor. Era una donna di sessantacinque anni, dai capelli candidi sempre raccolti sulla nuca, l’immancabile filo di perle su abiti dignitosi e austeri, ma paradossalmente più alla moda di quelli della nuora, e uno sguardo tagliente che sembrava perforare come affilato acciaio tutto ciò su cui si posava. Già dal momento delle presentazioni, Candy pensò subito che si trattava di una delle persone meno empatiche che avesse mai conosciuto, e sia a lei che a Patty fece tornare immediatamente alla mente l’ipocrita perbenismo di suor Grey.
Dagli scambi frettolosi e tesi che le due ragazze poterono carpire tra suocera e nuora al loro arrivo in casa, Mrs. Delano Roosevelt era una donna autoritaria e profondamente calata nel suo ruolo di grande matriarca dell’importante clan dei Roosevelt e in ogni modo, fin dai primi giorni che seguirono al loro arrivo a New York, totalmente protesa a posare la sua longa manus su ogni decisione riguardante la famiglia e l’andamento domestico, dai fiori da scegliere per i vasi al menù della cena, sia in casa propria che in quella del figlio. Eleanor, che aveva tanto colpito Candy e Patty per la straripante personalità, sembrava richiudersi come un riccio in presenza di Mrs. Delano Roosevelt. Il suo atteggiamento denotava non tanto astio o paura, quanto una totale mancanza di affetto e sintonia nei confronti della suocera e una forma di eccessiva cautela, come se stesse sempre guardinga in sua presenza, sforzandosi di parlare il meno possibile, soprattutto dei suoi interessi e delle sue attività, argomenti che invece dominavano immancabilmente ogni altra conversazione nella quale si trovasse coinvolta.
A Candy e Patty vennero assegnate due camere gemelle con vista su Park Avenue, semplicemente ma raffinatamente arredate in stile liberty. Il colore dominante era il bianco, e le linee sinuose ed eleganti del letto, del mobile da toletta e del guardaroba davano un tono allegro e piacevolmente giovanile alla stanza di Candy. Sotto la grande finestra vi era un delizioso bovindo che consentiva di godere della splendida vista delle vie più esclusive della città, fino al Central Park. Il tutto era allietato da tende e da un copriletto di raso verde mela, colore che la ragazza adorava. Candy si sentì immediatamente a suo agio in quella casa, almeno fino a quando non le capitava di incrociare i passi di Mrs. Delano Roosevelt, trovandosi costretta a scambiare con lei qualche breve frase di cortesia.
Le piaceva leggere un libro o le lettere che avevano già cominciato a giungerle da Albert, Annie e dalla casa di Pony accoccolata con le gambe raccolte sotto di sé sul bovindo della sua camera, o prendere il tè con Patty nel discreto salottino al piano terreno, che veniva utilizzato quotidianamente al posto dell’enorme salotto dagli scintillanti lampadari di cristallo, destinato invece alle occasioni di gala, quali però non si erano ancora verificate dall’arrivo in città delle tre donne.
Candy era andata alcune volte al Metropolitan Museum, insieme ad una Patty eccitata come fosse stata una bambina in un negozio di caramelle, e l’aveva seguita in religiosa ma non realmente appassionata contemplazione delle vastissime collezioni archeologiche e pittoriche uniche al mondo di quel luogo magico. Solo quando si erano avventurate, ormai alla loro terza visita, nell’ala destinata ai pittori impressionisti, Candy aveva trattenuto a stento esclamazioni di sincero e vivo stupore di fronte all’esplosione di macchie di colore simili a spettacolari fuochi d’artificio che scoppiassero sulle tele, capaci però di ricomporsi incredibilmente ed imprevedibilmente in immagini armoniose e talmente emozionanti da suscitarle una viva commozione.
Non erano mancate lunghe passeggiate lungo la Fifth Avenue e la Madison Avenue e, come di rigore a New York, una visita al famoso gioielliere Tiffany, dove però Candy era stata colpita più dalle originalissime lampade in vetro colorato a fogge floreali o animali che non dagli sfarzosi gioielli e dalle sfavillanti gemme preziose adagiate sul velluto rosso e crema delle vetrine di cristallo pregiato.
Due o tre volte alla settimana si recava con Mrs. Roosevelt presso l’ospedale che quest’ultima stava allestendo per i bambini vittime di incidenti sul lavoro, grazie al contributo della fondazione Roosevelt e della fondazione Andrew. Candy la stava aiutando con grande passione e dedizione a selezionare il personale infermieristico.
Più di tutto, però, le piaceva passeggiare per Central Park da quando, in quei giorni di metà aprile, la primavera aveva finalmente trionfato sugli ultimi strascichi di un lunghissimo inverno.
Quel pomeriggio, lei e Patty stavano camminando lungo uno dei viali che costeggiava la grande pista di pattinaggio. Chiacchieravano alacremente dell’argomento del giorno: quella sera sarebbe finalmente giunto da Boston Harold Clement, il fidanzato di Patty, per trascorrere le vacanze di primavera a New York.
- E così, Patty, finalmente conoscerò questo instancabile grafomane, che nelle ultime settimane ti ha sommerso con almeno tre lettere a settimana. La vita ad Harvard deve essere una continua fonte di sempre nuove ed eccitanti avventure, a giudicare dall’enorme mole di informazioni che il tuo fidanzato condivide con te al riguardo! - scherzò Candy, divertendosi a prendere in giro l’amica e godendosi il rossore che immediatamente le aveva acceso le guance a quelle parole.
- Candy, non prendermi in giro, ti prego… Tu sai bene quanto mi sarebbe piaciuto poter frequentare un’università prestigiosa come Harvard. La vita ha deciso diversamente. Se solo avessi avuto un decimo della tua determinazione, adesso sarei forse lì anch’io! – La voce di Patty aveva una nota nostalgica e malinconica.
- Patty, tu hai fatto grandi cose. E io ti assicuro che vorrei avere un decimo della tua determinazione. Quella che ti ha fatto affrontare il distacco più doloroso che si possa immaginare, arrivare al fondo del dolore e poi risalire. Io non sono stata altrettanto brava, lo sai, sebbene mi faccia piacere atteggiarmi ancora, come se fossi la vecchia brillante e inossidabile Candy.
- Invece io la vedo proprio qui davanti a me… mi sembra che potresti arrampicarti su uno di quegli alberi proprio in questo momento. Venire a New York è stato il primo passo... adesso dobbiamo occuparci solo di quello sfavillio negli occhi che da troppo tempo non vedo più. Potrei dirti esattamente quando è stata l’ultima volta che ha illuminato il tuo sguardo – le sorrise Patty, ripensando alla festa che avevano fatto all’appartamento Magnolia la sera prima della partenza di Candy per New York.
Avevano cantato, ballato, riso e goduto della semplice gioia di essere tutti insieme. Anche Terence, pur non essendovi fisicamente, sembrava aleggiare tra loro, tanta era l’intensità del desiderio di Candy di bruciare quelle ultime ore che li separavano, per lanciarsi tra le sue braccia. Allora non potevano sapere che sarebbe stata l’ultima volta che sarebbero stati tutti uniti, prima della partenza di Stear per la guerra e della separazione di Candy da Terence.
Per fugare l’ombra che era calata tra di loro, Patty si affrettò a cambiare argomento mentre, sempre continuando a passeggiare, le due ragazze uscivano da Central Park e si avviavano lungo Fifth Avenue dirette verso casa. A quell’ora probabilmente Harold stava per arrivare. Il programma della serata prevedeva una cena fredda in compagnia delle due signore Roosevelt e poi i tre giovani sarebbero andati a teatro, mentre Eleanor sarebbe intervenuta in qualità di oratrice ad una conferenza della Women’s Trade Union League, con sommo disappunto e onta della suocera.
- Candy, Flanny Hamilton era una tua vecchia compagna alla scuola per infermiere, vero? Quella che andò in Francia come crocerossina volontaria allo scoppio della guerra, no?
Candy guardò Patty stupita: non si aspettava assolutamente di sentir nominare Flanny da Patty, che non l’aveva mai conosciuta, ma alla quale aveva parlato di lei in alcune delle lettere che si erano scambiate nel periodo in cui Candy studiava alla scuola Mary Jane e Patty era ancora alla St Paul School. Che memoria di ferro aveva la sua amica cervellona!
- Sì, Patty. Come mai me lo chiedi?
- Ecco, mi è venuto in mente che dovesse essere lei: quest’oggi all’ospedale è arrivata una lettera di referenze per il posto di capo-infermiera da parte del direttore della Croce Rossa di New York. Pare che la tua amica si sia distinta particolarmente nell’ospedale militare dove ha prestato servizio, e che abbia ricevuto diversi encomi per il suo coraggio e la sua dedizione.
Sì, era proprio Flanny.
Candy ripensò ai mesi in cui avevano convissuto alla scuola Mary Jane, al rapporto necessariamente conflittuale che si era istaurato tra lei e l’algida e impeccabile compagna di camera che rappresentava il suo esatto e perfetto opposto. Ripensò anche alla lettera che aveva spedito a Flanny quando aveva letto sul giornale dell’encomio solenne da lei ricevuto in occasione di un’azione particolarmente impegnativa di salvataggio di un gruppo di feriti nella battaglia di Ypres. Si era scusata con la vecchia collega per aver cercato di forzare la sua riservatezza quando erano compagne di stanza e per averle imposto, con l’esuberanza dei suoi felici sedici anni, una confidenza evidentemente non gradita. Flanny aveva risposto dalla Francia alla sua lunga lettera solo con un freddo e laconico messaggio di ringraziamento. Era piuttosto evidente che non desiderava averla tra le sue amicizie, e da allora Candy non le aveva più scritto.
- Sono certa che Flanny è la persona più adatta a rivestire l’incarico di capo-infermiera all’ospedale per bambini di Mrs. Roosevelt, anche se non la vedo da tanto tempo – confermò quindi Candy a Patty, lieta che la sua vecchia compagna di corso avesse raggiunto gli alti livelli che si era sempre prefissa nella sua professione.
Nel frattempo le due amiche erano arrivate a casa. Sempre assorbite nella loro fitta e spensierata conversazione, salirono i sette scalini di arenaria ed entrarono dall’elegante portone d’ingresso, per venire accolte dal maggiordomo che immediatamente prese i loro soprabiti e le fece accomodare nel salottino.
Qui trovarono Mrs. Eleanor Roosevelt, sua suocera e un giovane vestito di un completo giacca e pantaloni color tortora, camicia bianca dal colletto perfettamente inamidato e cravatta scura, compostamente seduto in poltrona con una tazza di tè in mano.
- Hal, sei già arrivato! Oh, come mi dispiace non essere stata qui ad accoglierti! – esclamò Patty, gli occhi color nocciola che si accendevano improvvisamente di gioia vibrante, e la voce limpida di felicità.
Harold Thomas Clement rappresentava perfettamente l’immagine del futuro avvocato di New York: i capelli di un biondo ramato erano pettinati ordinatamente con una netta riga laterale, a incorniciare un volto aperto e serio sul quale spiccavano occhi di un verde-castano accesi da una luce di brillante intelligenza. Il tratto dominante della sua persona era l’altezza: doveva essere alto almeno un metro e ottantacinque centimetri e, quando la minuta Patty si avvicinò a lui per abbracciarlo, dovette chinarsi di parecchio per baciarla sulle guance e guardarla con sincero affetto e trasporto negli occhi. I due ragazzi rimasero lì in silenzio uno di fronte all’altra, tenendosi entrambe le mani un po’ imbarazzati della presenza degli altri, mentre una palpabile ondata di affetto correva dall’uno all’altra sotto lo sguardo dei presenti. Mrs. Delano Roosevelt, una mano a reggere elegantemente il piattino di delicata porcellana, li fissava con la tazza di tè nell’altra mano e un gelido sguardo di pura disapprovazione per quelle manifestazioni di affetto assolutamente inappropriate. Mrs. Roosevelt, invece, sorrideva apertamente, anche se sarebbe stato difficile per Candy affermare se fosse per il piacere di vedere due giovani innamorati, o per il fastidio che ciò tanto evidentemente suscitava in sua suocera.
- Candy, finalmente posso presentarti Hal… Harold T. Clement! Hal, lei è Candy… ehm! Candice W. Andrew, la mia migliore amica.
Harold allungò verso di lei una mano curata ma virile, e la guardò con un aperto e franco sguardo di simpatia che a Candy piacque moltissimo. In un modo o nell’altro, sebbene fossero diversissimi nel fisico e nell’atteggiamento, quel giovane le ricordava molto la purezza di Stear, e capiva molto bene come Patty potesse essersene innamorata.
- Sono veramente molto lieto di fare la sua conoscenza, finalmente, Miss Andrew! Patricia mi ha parlato molto di lei.
- Spero che non le abbia raccontato di alcune delle mie più gravi intemperanze dei tempi della scuola, Mr. Clement. Quelle vorrei riservarle per quando la nostra conoscenza sarà un po’ più avanzata… e la prego, mi chiami Candy, ci terrei molto!
- Molto bene, Candy! Dunque tu chiamami Hal..
- A quali intemperanze allude, Miss Andrew? – intervenne una subito in allerta Mrs. Delano Roosevelt, con acuto tono indagatorio.
Candy si rivolse a lei cercando di mascherare un sorriso malizioso e fortemente tentata di raccontarle davvero di qualcuno dei suoi voli da un ramo all’altro del giardino della St. Paul School per recarsi nottetempo nel dormitorio dei ragazzi; e arrivò addirittura a trastullarsi con l’idea di narrarle di quando era scappata di prigione in quel radioso giorno di maggio per recarsi allo zoo di Londra con una tartaruga. Per fortuna Mrs. Eleanor Roosevelt la precedette intervenendo:
- Candy stava solo scherzando, Sarah… ai giovani piace scherzare al giorno d’oggi.
Mrs. Delano Roosevelt stirò la bocca in una linea rigida e dura che lasciava chiaramente intendere come non ritenesse affatto divertente la mancanza di serietà delle nuove generazioni, e Candy dovette fare sempre più fatica per trattenere la risatina che premeva per sgorgare. Quella donna davvero le ricordava sempre di più Suor Grey! Chissà come si sarebbe divertito Terence a farla uscire di senno, canzonandola con qualche fine gioco di parole che lei non avrebbe neanche compreso…
Terence!
Eccolo lì, sempre al centro dei suoi pensieri, pronto a cogliere ogni minima scusa per occupare la sua mente con quell’impudente sorriso di sfida al quale solo lei sapeva tenere testa un tempo, e lo sguardo più blu del più terso dei cieli che le sembrava di poter sfiorare ogni volta che quegli occhi la accarezzavano.
Chissà come stava il Duca di Granchester… Candy si augurò con tutto il cuore che i dissapori del passato fossero superati; nessuno, tranne lei, aveva mai avuto accesso ai nascosti segnali di affetto per il padre che Terence era invece maestro nel nascondere sotto cumuli di indifferenza e astio. D’altra parte Candy capiva meglio di chiunque altro che il ragazzo non avrebbe sofferto tanto per i rifiuti e l’anaffettività del genitore, se non lo avesse amato.
- Bene ragazzi! Adesso dovete proprio andare a prepararvi per il teatro. Vi accompagnerò con l’autista, Broadway mi è di passaggio. Al termine dello spettacolo verremo a riprendervi – la voce di Mrs. Roosevelt interruppe le sue riflessioni e Candy, Patty e Hal si scusarono, dirigendosi ciascuno nella propria camera per prepararsi per la serata.

Candy e Patty, cui Harold offriva orgogliosamente il braccio, scesero dalla lussuosa Isotta Fraschini Tipo 8 nera davanti all’ingresso del teatro New Amsterdam.
Candy, vestita di un elegante abito rosa, si sentiva piuttosto agitata e i ricordi del passato le erano ripiombati addosso, mentre in macchina percorreva Broadway, lasciando scorrere davanti ai suoi occhi sgranati le mille luci, i colori, il movimento e la frenesia che ricordava così bene. La Great White Way era ancora più strabiliante di quanto ricordasse. Sembrava che gli abiti delle donne fossero più eleganti e magnifici, gli uomini più affascinanti. Nuovi e sorprendenti spettacoli di vaudeville, tra i quali spiccava il cartellone dei quattro surreali fratelli Marx al Palace Theatre, cominciavano a rompere l’atavico dominio delle rappresentazioni classiche, quali l’acclamatissimo Amleto di John Barrymore. Ciascuna insegna era come una girandola impazzita di luce e di titoli che si sfidavano con caratteri sempre più luccicanti e cubitali. Le voci e i suoni rappresentavano perfettamente la grande eccitazione di quella metropoli che, dopo la fine della guerra, sembrava voler raddoppiare gli sforzi per gustare al massimo ogni occasione di divertimento, prima che il proibizionismo giungesse a limitarne l’esplosività dal primo gennaio dell’anno successivo.
A Candy sembrava di rivedere una più giovane e felice se stessa, semplicemente vestita di verde, ammirare per la prima volta quello spettacolo variopinto, ma senza riuscire a coglierne appieno la portata, totalmente protesa verso la prima di Romeo e Giulietta alla quale stava per assistere. Ripensandoci adesso, le sembrava di vedere l’immagine di un bersaglio mobile pochi istanti prima che un cecchino sparasse il suo colpo mortale.
Con il solito inconsapevole gesto dal quale cercava sempre di trarre forza nelle difficoltà, Candy portò la mano all’inseparabile ciondolo di zaffiro e lo strinse forte, come a chiedere di darle forza a quella pietra che rappresentava per lei l’unico colore della felicità. Non per la prima volta si chiese se non avesse preteso troppo da se stessa, sfidando il destino e venendo a New York. Dopo aver parlato con Albert, aveva deciso di dimostrare a entrambi di essere sufficientemente coraggiosa per affrontare il passato dal quale si era impegnata a fuggire negli ultimi cinque anni, ma mai come quella sera si sentiva debole e inerme. Le sembrava di vedere lo sguardo intenso di Terence dappertutto.
Entrando nel foyer del teatro, Candy, oltre che dall’agitazione per il suo passato più doloroso che vedeva di nuovo scorrerle davanti agli occhi, come nei fotogrammi di uno dei film muti che allora cominciavano a spopolare, si sentiva anche in preda a uno strano, oscuro presentimento.
Le vennero alla mente i versi del capolavoro letto mille e più volte fino a impararlo a memoria, mentre rievocava i toni profondi e caldi, vibranti di passione e acerbo talento con i quali Terence glieli aveva letti nella loro indimenticabile estate sulle rive del lago Loch Lomond. La tragedia i cui versi non troppo lontano da lì, allo Stratford Theatre, aveva udito in quella notte fatale recitare a Terence per l’ultima volta, prima di alzarsi e lasciare la platea per dirigersi incontro al suo cecchino:

“Il mio spirito è oppresso
dal presentimento di casi
ancora sospesi nelle stelle,
che potrebbero prendere l’avvio
al loro amaro corso funesto
proprio dalla mascherata di stasera:
ed anche segnare il termine
di quella vita perduta che mi chiudo in petto
con l’infamia di una condanna ad immatura morte.
Ma chi regge il timone del mio viaggio,
manovri la mia vela!” *




Dopo aver lasciato i leggeri soprabiti primaverili alle guardarobiere, Candy, Hal e Patty, elegante e deliziosa nel suo semplice abito bianco, furono accompagnati ai loro posti in una platea gremita e allegramente rumorosa, dove l’inserviente consegnò loro i programmi della serata.
Sedutasi, finalmente Candy si concesse di rilassarsi un po’ e, lasciando Hal e Patty alla loro conversazione incentrata su un importante professore di Harvard, che a quanto pareva aveva raccomandato Hal per un importante studio legale di New York, abbassò lo sguardo sulla copertina del programma, raffigurante un’immagine dal tono esasperatamente fiabesco di un principe con tanto di cappello piumato che si allontanava sullo sfondo del tramonto, tenendo tra le braccia una damigella dal lungo abito drappeggiato e baciandola appassionatamente.
Lesse l’intestazione e il respiro le si spezzò in gola.

locandinasusanna



Candy non poteva credere ai suoi occhi…
Susanna Marlowe!
SUSANNA MARLOWE!
SUSANNA MARLOWE!
Sembrava che, come in un riuscito effetto ottico, quel nome si ingrandisse sempre di più davanti agli occhi sbarrati di Candy, fino a coprire ogni altra immagine e ad invadere la sua mente.
Nel tentativo di sfuggire al ricordo di Terence era finita dritta tra le braccia di Susanna Marlowe!
Si guardò istintivamente a destra e sinistra come a cercare una via di fuga, le dita della mano destra che stringevano freneticamente il ciondolo color fiordaliso.
Ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, le luci si spensero e, accompagnato da un caloroso applauso, il sipario si alzò.

______________________________



* Romeo e Giulietta, Atto I, scena IV.

...CONTINUA...

saradelanoroosevelt

Sarah Ann Delano Roosevelt in un ritratto ufficiale.



Edited by cerchi di fuoco - 23/5/2013, 22:51
 
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