|
| Ed eccoci al capitolo più bruttto di tutto questo Bat RR... Prima di postare vorrei precisare che pirina non mi tirera pomodori insieme a poche altre solo perché è Albertiana... So già che il Terence di questo capitolo farà storcere la bocca... ma pazienza! Così l'ho pensato in quel momento e così ve lo beccate... Buona lettura e scusate il ritardo, e siccome sono in ritardo non l'ho nemmeno riletto. Qualsiasi errore segnalatemelo CAPITOLO QUINTO: Rivelazioni “Senso dell’onore senza macchia
senso dell’onore senza macchia
” queste erano le parole che rimbombavano nella testa di Terence da quando, lasciata la St Poul School, aveva infine deciso di accettare l’ospitalità di suo padre in Scozia. Se solo lei avesse saputo, se avesse anche lontanamente immaginato quanto il suo senso dell’onore si era macchiato solo fino a qualche settimana prima, l’avrebbe di certo guardato con altri occhi, pieni di biasimo e di rimprovero. Era certo che i due bellissimi occhi verdi che riempivano i suoi pensieri lo avrebbero crocifisso! Eppure non poteva tornare indietro e quel che era stato ormai non poteva essere cambiato. Aveva resistito a fatica alla tentazione di riabbandonarsi all’alcol, perché sarebbe stato davvero imperdonabile da parte sua sprecare quella visione angelica che lo aveva aiutato a risalire la china a Rocktown, ma inconsapevolmente aveva cercato e trovato altri modi, che non prevedevano l’annebbiamento della ragione, per flagellare la sua anima con la consolazione di deliziare il suo corpo, e tutto al solo scopo di trattenere quella visione a lui, anche se solo brevemente nei suoi sogni. Il maniero era silenzioso in quel momento e, diversamente da quanto accadeva di solito, in quel posto, dove ogni ricordo parlava di Candy e della loro estate speciale, quella sera Terence chiuse gli occhi e si abbandonò ad un’altra serie di ricordi, più recenti e meno onorevoli. Poggiò la testa sullo schienale della sedia, chiuse gli occhi un momento sprofondando nella totale indolenza e rivide il sé stesso di qualche settimana prima, quello che combatteva contro i propri incubi eppure li cercava insistentemente. Ricordò
ricordò
... Ricordò di aver aperto gli occhi una mattina e, dopo infiniti secoli passati a fantasticare, di averla vista lì, sdraiata al suo fianco, la testa voltata dalla parte opposta. La schiena scoperta faceva si che potesse ammirare la curva che terminava all’attaccatura del fondoschiena, i capelli sciolti la incorniciavano, bellissima ed eterea come sempre l’aveva immaginata. Ricordò di essersi voltato verso di lei e con il cuore colmo di amore di averla quasi toccata, ma nell’attimo esatto in cui la sua mano stava per godere di quel contatto la forma della ragazza si era dissolta, disattendendo le sue aspettative. Ricordò di essersi infine svegliato davvero, al calore delle lacrime che gli rigavano il viso, e di aver mugugnato piangendo “No, no, non di nuovo!” Lentamente si era seduto sul letto con la testa tra le mani e, ripensando a quell’incubo meraviglioso che lo perseguitava ormai da tempo, aveva lasciato che alcune di quelle gocce di rugiada fluissero liberamente dai suoi occhi blu, passassero per le sue guance bruciandole e arrivassero alle sue labbra per essere assaporate. Si era poi voltato alla sua destra e aveva osservato indifferente la donna che dormiva inconsapevole accanto a lui. Ventenne forse, naturalmente bionda, con la pelle chiara e liscia come il marmo e due occhi ingannevolmente verde smeraldo. Non ricordava nemmeno il suo nome, e come lei quella della sera precedente e di quella prima ancora, ma in fondo che importanza poteva avere, era solo una pallida imitazione dell’originale che avrebbe dovuto trovarsi lì se il destino con lui non fosse stato così impietoso. Solo l’ennesima delle sue innumerevoli ammiratrici, poco diversa da tutte le altre, un mezzo che gli permetteva di incontrare in sogno la sua Candy. Era un po’ ormai che la storia si ripeteva e, da qualche settimana, dopo gli spettacoli teatrali, era solito prendere la mano di una delle sue ammiratrici e condurla con lui sulla vettura che lo aspettava, tra lo stupore della prescelta e lo sconforto delle altre. Tutto era iniziato per caso, quando, dopo essere tornato a vestire i panni del grande attore Terence Graham, chiusa la parentesi di Rocktown, aveva conosciuto Betty. Al termine delle prove in teatro, con la camicia già quasi completamente fuori dalla calzamaglia pronta per essere lanciata sul sofà, aveva aperto la porta e scorto questa figura dai capelli biondo grano di spalle nel suo camerino. Per un attimo, solo per un attimo, aveva pensato fosse lei, la sua dolce Candy, che lo stava aspettando. Nonostante più volte avesse sognato una cosa del genere, per un lunghissimo istante il cuore aveva cessato di battere lasciandolo senza fiato, ma proprio mentre stava per chiamarla con voce tremante, la ragazza si era voltata spezzando l’incantesimo. Deluso e amareggiato le aveva inveito contro credendola sulle prime un’ammiratrice riuscita ad eludere la sorveglianza, errore che avrebbe potuto evitare se solo l’avesse osservata meglio. “Chi è lei? Che cosa ci fa qui?” le aveva chiesto in malo modo. “Mi perdoni Signor Graham, mi chiamo Betty e sono qui per le pulizie.” Aveva risposto lei mortificata a capo chino. “Le pulizie? E che ne è stato della signora Smith?” Aveva chiesto allora lui ancora adirato. “La signora Smith si è dovuta assentare per motivi familiari. Mi hanno mandato a sostituirla. Ma non si preoccupi, tra due giorni sarà di ritorno. Ad ogni modo io ho terminato, stavo andando via.” Aveva concluso la ragazza tenendo sempre lo sguardo basso. Rendendosi forse conto di averla terrorizzata Terence aveva addolcito un poco la voce. “Va bene Betty, scusa se ti ho aggredita, credevo che fossi qualcun'altra. Sappi però che non mi piace avere gente intorno, quindi per le prossime volte ti prego di finire le tue faccende prima del termine delle prove” “Certo Signor Graham. Sapevo già di dover rispettare l’orario ed infatti pur essendo qui da una settimana non mi ha mai vista. Oggi purtroppo ho avuto un contrattempo che mi ha fatto tardare. Non succederà più, e domani comunque sarà il mio ultimo giorno, come le ho detto tornerà la signora Smith.” Così dicendo per la prima volta la ragazza aveva alzato lo sguardo per un secondo, mostrando due meravigliosi occhi verdi, e abbandonato in fretta la stanza lasciandolo solo. ‘Dio quanto le somiglia’ aveva pensato lui mentre la guardava andare via, e, nel tempo che aveva trascorso a cambiarsi, si era scoperto a pensare a lei con accesa curiosità! “Le somiglia si, ma solo fisicamente!” aveva poi concluso quasi a volersi giustificare per quell’inspiegabile interesse. “Quella ragazza sembra così remissiva. Candy non si comporterebbe mai così” Sapeva che se fosse successa con Candice una cosa del genere, la sua Signorina Tuttelentiggini gliene avrebbe dette quattro, ne era certo! Un sorriso amaro si era dipinto sul suo volto al pensiero di lei che lo redarguiva, così come tante volte aveva fatto in collegio. “Ma chi ti credi di essere, Signor Graham dei miei stivali?! Credi che essere un grande attore ti dia il diritto di trattare male il prossimo?! Sei solo il solito sbruffone maleducato!!” aveva detto a voce alta davanti allo specchio scimmiottandola come avrebbe fatto se fosse stata presente. Poi era scoppiato a ridere, ma la sua rimaneva una risata triste. “Sai una cosa? Hai ragione amore mio! Sono solo uno sbruffone maleducato. Senza di te non sono niente” aveva concluso ancora davanti allo specchio mentre, terminato di vestirsi, accendeva una sigaretta. Non aveva più pensato a Betty fino al giorno successivo, quando, realizzando che era il suo ultimo giorno e che non avrebbe più avuto modo di vederla, si scoprì a cercarla tra le quinte durante le prove. Qualcosa di lei lo aveva colpito, probabilmente la somiglianza con Candy ed incredibilmente aveva voglia di rivederla. Accusando un mal di testa, aveva lasciato il palco con venti minuti di anticipo sperando che non fosse troppo tardi. Quasi correndo aveva raggiunto il camerino fino a che, scorgendola da lontano che lasciava la stanza, aveva rallentato, preso a camminare con passo sicuro a testa bassa e finto di urtarla per caso. “Signor Graham?! Mi perdoni! Stavo andando via!” cercò subito di scusarsi lei. “Ma... Ma, sono in ritardo?!” farfugliò involontariamente dando un occhiata all'orologio sulla parete. “No Betty, tranquilla. Sei in perfetto orario! Sono io che sono tornato prima!” l’aveva rassicurata lui portandole una mano sulla spalla. A quel contatto la ragazza era arrossita visibilmente. Terence, che ci stava prendendo gusto, aveva portato le mani alle tempie e da grande attore quale era aveva esclamato, entrando nel camerino: “Ho un terribile mal di testa. Hai per caso qualcosa da darmi?” Sperava con quella scusa di trattenerla ancora per un po’. “No Signor Graham, purtroppo non ho nulla con me, ma se vuole posso recuperare qualcosa nella farmacia qui all'angolo. Ci metto solo qualche minuto.” “Faresti questo per me?!” le aveva chiesto lui incredulo, pensando nuovamente a quanto questa ragazza le ricordasse Candy; anche lei quando lo aveva creduto necessario era corsa a cercargli delle medicine, anche se lui in quell'occasione si era dimostrato davvero un ingrato andandosene senza aspettarla. “Certo. Ho finito qui. Sono libera. Ha preferenze?” chiese Betty distogliendolo da quel ricordo “Cosa?” domandò lui che sovrappensiero stava già dimenticando il suo mal di testa “Sulla medicina da prendere. Ha preferenze?” “Ah, no, no! Prendi quello che hanno, qualsiasi cosa!” rispose infine tornando a recitare e accasciandosi platealmente sul sofà. “Va bene, cerchi di riposare Signor Graham, tornerò subito!” disse lei facendo per uscire. “Betty?
” la fermò lui sulla porta “Si, Signor Graham?” “Non chiamarmi Signor Graham, ti prego, mi fa sentire vecchio! Sarei felice se volessi darmi del tu chiamarmi Terence” le aveva detto con il solito sorriso amaro, il meglio che riuscisse a fare. “D’accordo Signor Gr
ehm
Terence. Ora vado” Era già con un piede fuori che lui la fermò di nuovo. “Betty?
” Lei si voltò ancora, cercando di mascherare con un sorriso smagliante gli occhi che guardavano involontariamente al cielo in un’espressione esasperata. “Si? Terence
” Lui sorrise nell'accorgersi di quella piccola smorfia e questa volta il suo sorriso, incredibilmente, non aveva ombra di tristezza. “Grazie!” le disse solamente “Di nulla” rispose lei, e scappò via prima che lui potesse fermarla di nuovo. Rimasto solo Terence aveva avuto tempo di realizzare quello che stava accadendo. Stava indubbiamente flirtando con Betty e questo non andava bene. Non era giusto approfittare di quella ragazza che si era dimostrata così gentile e premurosa. Sapeva di stare solo giocando con lei, sapeva di non poterle offrire nulla di concreto se non qualche ora di piacere, sapeva che nessuna mai avrebbe potuto prendere il posto di Candy nel suo cuore, eppure non voleva che questa caccia alla volpe che lo stava eccitando come non gli capitava da tempo, finisse così presto. Inoltre gli era sembrato che anche lei stesse flirtando con lui e la cosa non gli era affatto dispiaciuta. Quando l’aveva chiamata l’ultima volta e lei gli aveva risposto con quel “Si Terence...” gli era sembrato di intravedere un filo di malizia nei suoi occhi verdi, o forse, pensò, era quello che aveva voluto vedere e si stava sbagliando. Tutti i suoi sensi erano in allerta nell'attesa di sentirla tornare, ma senza dubbio avrebbe dovuto tagliare corto. Si, avrebbe dovuto
Stava quasi per convincersi a lasciar perdere che lei era tornata, decisamente troppo presto e, con un sorriso, frantumato tutti i buoni propositi che era riuscito a malapena a elaborare. “Deve prenderne metà. Sono molto forti, ma mi hanno assicurato che il mal di testa passerà in pochi minuti” disse avvicinandosi al carrello e riempiendo un bicchiere d’acqua che porse poi a lui ancora steso sul sofà. Terence si mise a sedere, prese dalle sue mani la mezza pasticca e il bicchiere e, approfittando del fatto che lei fosse di nuovo voltata, avvolse l’una in un fazzoletto che aveva in mano per gettarla nel cestino nascosto all'angolo del sofà e bevve un sorso d’acqua dal secondo fingendo di ingoiare. Non gli piaceva prendere medicinali, soprattutto se non ne aveva alcun bisogno! “Grazie ancora Betty, sei stata molto gentile” le aveva poi detto guardandola dritta negli occhi. “Oh, Sig
ehm, Terence, non è stato nulla. Avevo finito il turno e potevo farlo. Non mi è costato davvero niente.” Aveva risposto lei abbassando il viso incapace di tenere il contatto visivo che lui cercava. “Vorrei fare qualcosa per sdebitarmi” incalzò lui. “Non è necessario. Ti ripeto che non è stato nulla di che, volevo farlo e l’ho fatto con piacere. Diciamo che mi sono fatta perdonare il ritardo di ieri.” “Non avevi niente da farti perdonare, ed io sono stato troppo precipitoso. Quindi sono ancora in debito. E quella cosa che mi hai dato era davvero forte perché credo che il mal di testa stia passando. Permettimi solo di offrirti la cena. Dovrai pur mangiare no?! Ed io sono affamato!” “Io
non credo sia il caso!” aveva risposto lei più per pudore che per vera e propria voglia di rifiutare. Ogni singolo muscolo le si era contratto, il suo stomaco era ridotto ad uno straccetto strizzato e il cuore stava per schizzarle fuori dal petto. Avrebbe voluto gridargli ‘altro che cena, io con te verrei anche in capo al mondo ’ ma non poteva, perché la ragione le diceva che doveva rifiutare. Sapeva che era ufficialmente legato a Susanna Marlowe, la giovane attrice che per amor suo aveva rischiato la vita rimanendo invalida, tutti lo sapevano. Proprio pochi minuti prima infatti, andando in farmacia, si era rimproverata per aver istintivamente ammiccato una o due volte mentre lui le parlava lasciandosi confondere e ammaliare dal suo indiscutibile fascino, pur sapendo che era impegnato e che probabilmente, data la sua innegabile bellezza e certamente favorito dalla popolarità, faceva il cascamorto con tutte quelle che gli capitavano a tiro. Ma Betty non sapeva quanto la sua convinzione fosse lontana dalla realtà. Certo, non si poteva negare che c’era stato un tempo in cui Terence si era concesso ben più di una distrazione e sarebbe stato da ingenui credere che fosse ancora illibato, ma questo risaliva a un tempo che sembrava ormai remoto, prima di conoscere Candy. Una volta, pensandoci, si era accorto di aver avuto all'epoca una netta preferenza per le ragazze more; un qualsiasi psicologo da quattro soldi avrebbe detto, e probabilmente a ragione, che questa sua predilezione era da attribuirsi al rifiuto per il rapporto conflittuale che aveva con la madre, quella madre che tanto lo aveva fatto soffrire e con la quale evitava qualsiasi accostamento. Ma poi era arrivata lei e tutto aveva preso una nuova piega. Candy aveva cambiato ogni cosa, e quel colore di capelli ora, vitale come il sole, era la tonalità che più amava. Ma era stato il suo carattere a farlo innamorare perdutamente di lei, quel suo modo di trattarlo e di rispondergli a tono. Lei era stata l’unica a non trattarlo con condiscendenza; anche quella mummia di Suor Gray aveva un occhio di riguardo per l’eccentrico figlio del Duca di Granchester e sopportava le sue insolenze senza troppe lamentele. Ma lei no! Lei gli teneva testa, fregandosene di chi fosse suo padre e insensibile al fatto che un giorno lui stesso avrebbe potuto essere Duca. Con lei Terence riusciva ad essere sé stesso più di quanto avrebbe voluto confessare, ed anche se gli piaceva credere di essersi innamorato di lei dai tempi dell’incontro sul Mauritania, con il tempo aveva dovuto ammettere a se stesso che invece l’aveva trovata buffa e insopportabile, ed aveva iniziato ad amarla solo in seguito, giorno dopo giorno, apprezzando sempre più ogni più piccola angolazione della sua personalità. La sua scimmietta era riuscita a capirlo come nessuno aveva mai fatto, ed era stata l’unica a non cadere vittima del suo fascino, era immune al suo sex-appeal, o almeno così credeva all'epoca, e questo particolare la rendeva ancora più interessante. Quando chiunque altra avrebbe smaniato per avere le sue attenzioni, quella vipera di Iriza ad esempio e un’altra ventine di studentesse, lei era stata capace di rifiutarlo e mollargli un ceffone appena aveva provato a baciarla. Con la comparsa di Candy aveva imparato cosa significasse davvero amare, le brune conquiste erano cessate e le era rimasto fedele nonostante Susanna avesse tentato più volte di avvicinarlo e implorato di lasciarsi amare. Ma questo gli era impossibile, il disprezzo che provava gli impediva di avvicinarsi a lei. Come avrebbe mai potuto essere felice con Susanna se ogni volta che la guardava gli tornavano in mente tutti i motivi per i quali non era riuscito a realizzare i suoi desideri? Come avrebbe mai potuto amarla se nel profondo del suo cuore tutto di lei lo urtava? Provvedeva al suo mantenimento, soddisfaceva i suoi bisogni materiali, seguiva costantemente i suoi progressi per il reinserimento in società, quella società che l’aveva vista inevitabilmente allontanarsi a seguito dell’incidente, ed era in attesa di ricevere una risposta da Robert per un possibile intervento risolutivo con un suo amico chirurgo, ma questo non significava di certo rispettarla e tanto meno amarla. In cuor suo la odiava per averlo costretto a infrangere quella promessa di essere felice che si era scambiato con Candice su quelle maledette scale.
E nonostante tutto, proprio cercando di tener fede a quella promessa, ci aveva provato una volta. Con la disperazione nel cuore e il volto di un condannato a morte aveva accettato, credendo doveroso fare almeno un tentativo. Senza alcuna emozione aveva provato a lasciarla fare e impassibile si era sdraiato al suo fianco, ma appena lei aveva avvicinato le labbra al suo collo tentando con una mano di sbottonargli la camicia, istintivamente si era ritratto e l’aveva allontanata, poi, senza dire una parola, si era rialzato ed aveva abbandonato la stanza lasciandola li da sola a sbraitare ed inveirgli contro in maniera melodrammatica, che era la cosa che le riusciva meglio. “Mi dispiace” era riuscito solo a sussurrarle sulla porta, due parole che gli erano costate una fatica immane e che lei non aveva nemmeno sentito, tanto era impegnata a lagnarsi; ma poco importava, in fondo nemmeno lui sapeva se erano davvero rivolte a lei, se le aveva pronunciate a sé stesso o se inconsciamente addirittura a Candy, proprio per non esser riuscito a mantenere quella maledetta promessa. Aveva appena avuto la conferma che non avrebbe mai e poi mai potuto onorarla e questa consapevolezza lo disgustava. Umiliato e mortificato, era stato così male che aveva dovuto trovare conforto in mezza bottiglia di whisky. Da allora comunque i rapporti tra lui e Susanna erano peggiorati ulteriormente e non c’erano stati altri tentativi, nonostante lei continuasse a chiedergli di darle una possibilità. Aveva infranto la promessa si, ma era rimasto fedele al suo unico grande amore, almeno fino a quel giorno. “Ora sarà meglio che vada, grazie dell’invito.” Aveva detto Betty facendo per andarsene, ma lui l’aveva afferrata per un polso costringendola a voltarsi. “Ti prego, aspetta
“ le aveva detto solo, e la sua volontà era già naufragata dentro quegli occhi del colore del mare in tempesta. “Non rifiutare! Una cena veloce e ti riaccompagno a casa, va bene?” aveva chiesto di nuovo. “Una cena veloce” aveva acconsentito alla fine lei, già sapendo che non sarebbe riuscita a negargli niente altro! Quella notte, con Betty che dormiva di fianco a lui, per la prima volta aveva sognato Candy e l’aveva sognata così come la desiderava! Era stato talmente realistico che provare di nuovo, appena ne aveva avuto l’occasione era venuto naturale, così dopo Betty c’era stata Myriam e poi Judy, e così di seguito quasi ogni notte fino a che non aveva avuto più importanza nemmeno conoscerne i nomi, tanto per lui erano tutte Candy e la realtà si era confusa al sogno. A ripensarci ora, nel silenzio del maniero, dopo averla rivista, dopo averla abbracciata ed aver assaporato il gusto fruttato delle sue labbra, si rendeva conto di quanto fosse stato stupido e di quanto la realtà fosse assai più bella del sogno. Ma il senso dell’onore a cui lei faceva riferimento, dopo quello che aveva fatto, non esisteva più e Terence, prima di chiudere gli occhi ormai esausto, si chiese se lei avesse dovuto saperlo
*****
Albert era rimasto ospite, in via del tutto eccezionale e, certamente, grazie anche ai suoi trascorsi di ottimo finanziatore dell’istituto, in una delle stanze all'interno del collegio; questo gli permetteva di rimanere quanto più possibile accanto alla sua piccola Candy ogni momento che non era occupato dai suoi impegni e che ella riusciva a ritagliarsi tra i turni di guardia e il tempo che passava vicina a Stear. Ancora non riuscivano a credere di averlo ritrovato! Eppure, quando se lo era visto davanti agli occhi, con quella ferita il cui dolore gli impediva persino di rimanere cosciente, dimagrito e indubbiamente con un’espressione più matura di quanto lo ricordasse, non aveva avuto alcun dubbio sul fatto che fosse proprio lui; e quando poi aveva infine riconosciuto la cugina e pronunciato il suo nome, ogni più piccolo sospetto era stato fugato e il suo cuore aveva potuto gioire a pieno in quella che era stata la giornata più bella della sua vita fino a quel momento. Certo, non c’era stato tempo di pensare granché al come e al perché di quello che stava accadendo e avevano dovuto immediatamente preoccuparsi di curare Alistear e il suo compagno d’avventura prima che fosse troppo tardi. Ci sarebbe stato modo in seguito per le spiegazioni, ora bisognava correre contro il tempo. L’operazione di pulizia e sutura era stata più lunga e complicata del previsto, in quanto, benché il proiettile non fosse rimasto all’interno dell’arto, il ragazzo aveva perso molto sangue ed era estremamente debole; Candy però aveva giurato a se stessa che non lo avrebbe mai e poi mai lasciato fuggire di nuovo e, con la tenacia che la contraddistingue, aveva lottato con tutte le proprie forze riuscendo, grazie al prezioso aiuto del Dott. Cox, a salvargli la vita e anche la gamba! Solo due giorni dopo il giovane aveva già riacquistato conoscenza e aveva potuto dare le sue spiegazioni, apprendendo a sua volta l’incredibile rivelazione sull’identità dello zio William. In alcuni momenti ad Albert sembrava che tutto stava andando per il meglio per lui e per i suoi cari, almeno quando riusciva a sorvolare sul piccolo particolare della guerra che incombeva, sulla scomoda esistenza di un nipote inetto e di una nipote ancor peggiore di lui, ma soprattutto su un fantasma dal nome Terence Granchester che tornava ad occupare prepotentemente i pensieri di Candy con una fiammella di possibilità e speranza. Spesso si domandava cosa volesse realmente Candy e la risposta che si dava era sempre la stessa. Voleva Terence, certo! E se non fosse stato legato a Susanna non ci sarebbe mai stato spazio per lui su quel fronte. Ma, se razionalmente sapeva che era così che stavano le cose, in cuor suo non era questo che aveva percepito dai baci e dal corpo di Candy dopo essersi messo a nudo ai suoi occhi! Dopo quell’esplosione di sentimenti non era più sicuro di essergli stato sempre “indifferente” ed era giunto alla conclusione che forse aveva sbagliato a non dichiararsi prima. La reazione che aveva ricevuto era stata più rosea di quella che lui stesso avesse mai sperato immaginare; lei gli si era donata con un trasporto che non si aspettava e questo lo aveva un po’ spiazzato e portato, purtroppo, ad un eccesso di ottimismo destinato a scemare nei giorni immediatamente successivi. Quell'arrendevolezza, quello slancio inaspettato infatti non si era più ripetuto ed Albert aveva avuto l’impressione che lei si fosse quasi pentita di essersi lasciata cosi andare, tant'è che nei due giorni che seguirono nessuno dei due toccò più l’argomento, né tentò la ricerca di alcun contatto fisico. Albert, che si era preparato da tutta una vita alla pazienza, non avrebbe certo iniziato ora a metterle fretta e, anche se dopo la sua reazione iniziale aveva sperato di non dover attendere chissà quanto, aveva momentaneamente lasciato da parte i propri sentimenti per concedere a Candy il tempo necessario per capire quali fossero i suoi, approfittando del diversivo ottenuto dalla ricomparsa del suo amato nipote. L’altro nipote in compenso, quello meno amato e per niente amabile, era ancora a Londra disgraziatamente, in quanto, nonostante le sue intenzioni di rispedirlo dritto a casa e le sue conoscenze influenti, non era riuscito a farlo tornare da quelle due dolci arpie che erano la madre e la sorella. L’ordine che lo teneva a Londra per il momento era irrevocabile e il generale aveva fatto sapere che non aveva tempo da perdere con stupide questioni familiari e non avrebbe cambiato i suoi piani nemmeno per la richiesta del capofamiglia degli Andrew, questo anche in virtù del fatto che il giovane Legan era riuscito, inspiegabilmente, a svolgere i compiti che gli erano stati assegnati in maniera ineccepibile. Se Albert avesse voluto, avrebbe potuto chiedere ancora più in alto, magari a qualche amico senatore, ma non voleva smuovere troppo le acque; sperava solo di non doverselo trovare più davanti in nessun modo, perché ogni volta che pensava a lui e a quello che aveva tentato nuovamente di fare a Candy, il sangue gli ribolliva nelle vene e provava solo una gran voglia di prenderlo a calci. Per un attimo, quando lo aveva scorto a posare le sue luride mani su Candy, aveva creduto di poterlo uccidere senza pensarci due volte, poi per fortuna, la ragione aveva vinto sull’istinto e si era limitato a dargli una lezione. Non valeva la pena rovinarsi il futuro per un simile verme in fondo. Tirando le somme dunque, Albert si accorgeva di aver fatto un passo avanti e tre indietro con Candy, perché lei ora, anche se cercava di non mostrarlo, era più distante di quanto fosse mai stata.
*****
Se Candy avesse dovuto scegliere un aggettivo per descrivere sé stessa sarebbe stato senza dubbio: confusa. La dichiarazione di Albert, che in quel momento le era sembrata come la cosa più naturale del mondo e l’aveva riempita di gioia, iniziava a renderla inquieta perché la metteva di fronte ad una scelta che non voleva fare. Sapeva che se avesse deciso di concedere il suo amore ad Albert, il nome di Terence sarebbe dovuto sparire dalla sua mente e dal suo cuore una volta per tutte, perché Bert non meritava un amore mutilato. Al suo angelo spettava di diritto il meglio, perché lui era il meglio! Il meglio che fosse mai esistito dai tempi in cui Adamo era stato l’unico uomo sulla terra, il meglio che sarebbe mai potuto esistere fino alla fine dei tempi. Aveva diritto ad un amore esclusivo il suo Bert, ad una donna che pensasse solo a lui e che riuscisse a venerarlo come meritava, da Dio dell’Olimpo quale era ai suoi occhi. Ma sarebbe mai potuta essere lei quella donna? Sapeva che non avrebbe mai e poi mai potuto giocare con i suoi sentimenti e che anche il solo più piccolo dubbio l’avrebbe dovuta far desistere dal concedersi alle sue attenzioni, e allora perché si era lasciata così andare? Perché la sua volontà e il suo corpo sotto le mani di lui erano stati così cedevoli? Ora più che mai, si domandava se era pronta a lasciarsi Terence alle spalle? E soprattutto se lo era in questo momento che una piccola speranza pareva riaccendersi? Adorava Albert! Lui era stato ed era ancora tutto il suo mondo; l’amico incondizionato, il confidente silente, il benefattore, la spalla su cui piangere e il cielo in cui volare. Avrebbe potuto amarlo si, avrebbe potuto, e sarebbe stato semplice
Come era possibile non amare uno come Albert?! Eppure non era certa di volerci nemmeno provare, perché il suo cuore gridava ancora a gran voce il nome di Terence ad ogni battito, perché al solo pensiero di lui le sue gambe tremavano, perché il ricordo dei suoi baci e delle sue braccia che la stringevano, provocava scosse di brividi lungo tutto il suo corpo e un languore inspiegabile alla bocca dello stomaco. Ma non erano forse le stesse sensazioni provate nel corrispondere il bacio di Albert? Si che lo erano, lo ricordava bene quel momento accaduto solo qualche giorno prima e del quale nemmeno lei era riuscita a capacitarsi. Era possibile essere innamorate di due persone, e per giunta così diverse? E perché nel ricordare quel momento quelle stesse sensazioni non la assalivano di nuovo come avveniva quando pensava a Terence? Per un attimo pensò che forse, tutto sommato, anche lei poteva classificarsi nella sciocca donna media che rincorre e si strugge per un amore impossibile e rimane cieca di fronte alla felicità che ha a portata di mano. Ma poteva essere solo questo? Terence era davvero solo il frutto proibito? Senza dubbio al momento non aveva la mente lucida per pensare, figurarsi per decidere. E nonostante le dispiacesse immensamente tenere Albert appeso ad un filo, non poteva farne a meno. Terence non si sarebbe fatto vedere, almeno per le prossime settimane, il Dott. Cox era stato chiaro: l’operazione di Susanna non era prioritaria rispetto ai feriti che continuavano ad arrivare e pertanto avrebbero dovuto attendere. Sarebbero passati mesi prima di doverlo rivedere, mentre sulla pazienza di Bert non aveva alcun dubbio e nonostante non volesse approfittarne si sarebbe concessa un po’ di tempo per riflettere. Le emozioni di quei giorni l’avevano sopraffatta e una grande stanchezza si stava impossessando di lei man mano che le ore passavano; aveva davvero bisogno di riposare. Una cosa però non poteva più essere rimandata, così prima di coricarsi prese carta e penna e iniziò a scrivere.
Londra, 31 Luglio 1917 Carissima Patty, scusa se ti scrivo solo ora pur essendo arrivata a Londra ormai da settimane, ma sono stata davvero così presa che me ne è mancato il tempo. Spero vorrai perdonare questa mia negligenza. Ora però non posso più rimandare e devo ammettere che l’ho fatto da fin troppo tempo. Avrei dovuto iniziare a scriverti almeno due giorni fa. Oh, Patty ti prego di perdonarmi ancora, probabilmente non starai capendo niente con tutte queste mie frasi sconclusionate. Rimedio subito. Intanto sappi che, a differenza di quelle che non ti ho scritto, sono certa che questa mia lettera ti riempirà di gioia. La notizia che sto per darti tuttavia, potrebbe farti avere un mancamento, quindi ti prego di sederti, possibilmente su un letto o qualcosa di morbido. Oh, no, non preoccuparti amica mia, è una notizia buona, te lo assicuro, però ti prego dammi ascolto e va a sederti prima di continuare con la lettura. Sei pronta? Si?! Ok, allora posso dirtelo!!! Il nostro amatissimo Stear è vivo! Sei rinvenuta? Si amica mia, non sto scherzando, non potrei mai burlarmi di te su una cosa così seria. Stear è vivo e te lo ripeto, è vivo! Lo abbiamo ritrovato nel parco della St. Paul School. Era ferito, ma ora sta meglio. Non posso dirti altro per il momento, avrai maggiori chiarimenti quando verrai qui. Perché verrai vero? Sarai felice di sapere che la prima persona di cui ha chiesto sei stata tu! Non dirlo mai ad Archie però, sarebbe in grado di ucciderlo con le sue mani se sapesse una cosa del genere! Bert spedirà oggi una lettera anche a lui, chiedendogli però di non venire per il momento. Non è il caso che tutta la famiglia si sposti in Europa adesso che la guerra bussa ogni giorno alla nostra porta. Oh Patty, mi rendo conto solo ora di quello che ti ho appena chiesto. Nella gioia, per un attimo, avevo dimenticato della guerra. Scusami, se deciderai di non venire ti capirò e penso che se Stear sapesse che te l’ho chiesto si arrabbierebbe con me! Scrivici presto però. Questo puoi farlo senza esitazioni. Sono certa che Alistear impazzirebbe di gioia nel ricevere tue notizie e sono altrettanto certa che appena ne avrà la forza ti scriverà lui stesso! Ora devo andare. È molto tardi e i miei occhi si stanno chiudendo. Ti abbraccio con affetto, Candy.
*****
Chicago, 22 Agosto 1917 Carissima Candy, tutto quello che vorrei dirti è troppo lungo e complicato per poterlo esprimere in una lettera. Sappi solo che verrò!! Alla nonna è quasi preso un infarto quando l’ho informata della partenza, ma non posso farne a meno. Al momento posso anche prendere una pausa dagli studi, siamo in estate e le lezioni non riprenderanno prima di inizio Ottobre. Arriverò il 07 Settembre, spero di trovarti al porto. Nel frattempo porta i miei saluti ad Alistear, non vedo l’ora di riabbracciarvi tutti. Con immenso affetto, Patty.
*****
‘Suor Margareth non sarebbe proprio riuscita ad essere severa come Suor Gray, neanche volendo, meglio così. ’ Pensò Candy, mentre si dirigeva ad informare Albert della novità e rivivendo nella mente la conversazione appena avuto con la direttrice. “Oh, Candy, per quanto io possa essere felice di rivedere la Signorina O’Brien, e il Signore sa che sarei felice di rivedere anche la sua tartaruga, devo ricordarti che questa è una scuola, per giunta per metà concessa momentaneamente al governo, e non un hotel. Abbiamo già fatto un’eccezione per il Signor Andrew e anche volendo al momento non abbiamo una stanza per poterla ospitare. Purtroppo devo chiederti di trovarle un altro posto dove alloggiare.” Aveva esordito la suora appena appreso dell’arrivo di Patty. “Non deve preoccuparsi Suor Margareth, Patty può stare con me nell’area dove alloggiano le infermiere. Ci sono ancora un paio di letti vuoti. Le prometto che non si accorgerà nemmeno della sua presenza.” “Non è la sua presenza a preoccuparmi Candy, ti ripeto che sono felice di rivederla, ma
” “La prego Suor Margareth, è di vitale importanza che Patty possa alloggiare qui. Lasci fare a me non se ne pentirà” la interruppe Candy incrociando le mani in segno di supplica. “E va bene! Suor Gray non approverebbe ma io mi fiderò di te. Hai dimostrato di essere diventata una donna coscienziosa. La Signorina O’Brien potrà rimanere nell’alloggio infermiere, naturalmente se nessuna delle altre avrà nulla da ridire.” “Nessuna si lamenterà, glielo assicuro! Grazie Suor Margareth, lei è un angelo. Dovrebbero farla santa!” concluse Candy schioccandole un inaspettato bacio sulla guancia. Prese la porta e uscì sorridendo soddisfatta, mentre la direttrice, che era poco abituata a qualsiasi contatto fisico, portava la propria mano sulla gota che le pareva in fiamme. Raggiunta la stanza di Albert, ancora entusiasta per il risultato ottenuto, Candy bussò e sovrappensiero entrò senza attendere risposta. Albert era davanti a lei, più bello di quanto ricordasse; frizionava con un asciugamano i capelli color dell’oro ancora umidi e indossava solo un pantalone nero. Era a piedi nudi. “B..Bert
perdonami” balbettò Candy arrossendo fino alla punta del più piccolo ricciolo ma incapace di distogliere lo sguardo da quello splendore. “Candy cosa c’è? Non è mica la prima volta che mi vedi senza camicia! Abbiamo vissuto insieme ricordi?” cercò di sdrammatizzare lui elargendole il più splendente dei sorrisi. “Era una situazione diversa. Allora io non
Io ... io
Devo andare!” Disse lei portandosi infine le mani davanti agli occhi e girandosi per uscire dalla stanza. “Candy aspetta” la bloccò lui sulla porta mettendole una mano sulla spalla. Aveva promesso a se stesso che non l’avrebbe forzata, ma i suoi comportamenti contraddittori rischiavano di farlo impazzire. Aveva bisogno di capire, di dare una risposta agli interrogativi che affollavano i suoi pensieri in quel momento. Scappava per pudore? Scappava perché ora che sapeva del suo amore non voleva incoraggiarlo? Non era mai fuggita in quel modo imbarazzante con lui! Cosa stava succedendo alla sua piccola Candy? Rimase dietro di lei ed evitandole di doverlo guardare negli occhi tentò di chiederle quello che voleva sapere. Magari di spalle sarebbe stato più facile per lei esprimere quello che provava, magari di spalle avrebbe anche avuto il coraggio di rifiutarlo una volta per tutte. “Candy cosa c’è che non va? Cosa significava quello che hai detto? Sappi che se pensi che la situazione all’epoca era diversa perché io non provavo niente per te, ti sbagli. Io ti amavo fin da allora. Se vorrai rimanere a parlare e dirmi quello che devi nonostante l’assenza della camicia non mi illuderò nel pensare che lo fai per il piacere di quello che vedi. Penserò come facevo allora che la mia vista non ti inquieta perché per me provi solo un affetto fraterno. Oppure indosserò qualcosa, ma ti prego non te ne andare. Allontanarmi da te in maniera così rapida non mi è possibile. Non cambiamo le nostre abitudini per quello che ti ho detto. Non lo sopporterei. Magari più avanti, quando avrò sentito dalle tue labbra che non provi niente per me, quando capirò che la tua presenza è più deleteria che salutare, allora forse sarò io ad allontanarmi, ma non ancora. Ti prego, non ancora.” Disse tutto d’un fiato, per paura che se si fosse concesso un respiro non sarebbe riuscito a terminare, e sull’ultima frase non resistette e cercò di abbracciarla. Intuendo la sua presenza più vicina Candy evitò velocemente quel contatto che troppo le avrebbe ricordato un altro abbraccio, si voltò, prese le sue mani e decise che era giusto dare ad Albert una spiegazione seppur parziale. “Bert
“cercò di iniziare lei. “Non devi decide ora Candy, io posso aspettare, ti chiedo solo di non evitarmi! Ma se vuoi tagliare subito, ok, sono pronto!” sospirò lui ormai certo dell’imminente rifiuto. “Lasciami finire ti prego, ok?” chiese lei guardandolo dritto negli occhi. “Vedi, tu mi credi più buona e altruista di quella che sono! Hai pensato che fuggissi per preservare te!! Hai un’immagine di me davvero “mariana” mio dolce Bert! Ma non immagini nemmeno quanto sei lontano dalla realtà. Non scappavo affatto perché confidandomi i tuoi sentimenti sono diventata improvvisamente sensibile e riguardosa, ma perché da quel momento ho iniziato a rendermi conto di vederti con occhi diversi. Occhi di donna Albert, e quello che vedo mi piace, mi piace tanto, troppo. Sono scappata perché rimanere così vicina in questa situazione mi provoca sensazioni che non credevo di poter provare per qualcuno che non fosse
si insomma, lo sai!
“prese fiato e continuò “Quando ho cercato di andarmene sostenendo che la situazione era diversa, non mi riferivo a te ma a me e a quello che provo quando sono con te! Quando abitavamo insieme ti vedevo con occhi fraterni è vero, ma ora non più, e questo mi spaventa, e mi confonde! Non ero pronta a questo. Io
devo cercare di capire, perdonami, ma non posso restare altrimenti
altrimenti io
” si interruppe incerta se proseguire “Tu cosa Candy? Tu cosa?” la incoraggiò Albert avvicinandosi pericolosamente a lei costringendola ad appoggiare la schiena alla porta “Io
questo!!!” esplose infine avvicinandosi ancora di più, e, sollevandosi sulla punta dei piedi, poggiò le sue labbra a quelle di lui. Albert accolse la sua bocca morbida stringendole più intensamente le mani ancora intrecciate alle proprie fino a che entrambi non le sciolsero per dar vita ad una danza di carezze. Candy poggiava le sue intorno ai bicipiti definiti di lui mentre Albert ne infilò una tra i ricci di lei e fece passare l’altra dal collo, per la spalla fino al centro della schiena, provocandole un brivido. Ma, così improvvisamente come aveva cercato quel contatto, fu proprio lei altrettanto improvvisamente ad allontanarsi. “Non avrei dovuto Bert, perdonami!” cercò di giustificarsi mortificata “Stai scherzando vero?” chiese lui ancora più confuso di prima “Ero solo venuta a dirti dell’arrivo di Patty. Io, io non volevo
non dovevo
non fino a che non saprò con certezza cosa voglio. Chi voglio! E’ meglio che me ne vada!” E nel dire questo prese la porta e scappò via di corsa per evitare che tentasse di fermarla di nuovo, così rapidamente che lui non riuscì nemmeno a rendersene conto.
*****
Patricia, dopo aver affrontato un viaggio relativamente tranquillo considerando il momento storico che stavano vivendo, sbarcò a Londra, e non la riconobbe. I bombardamenti dei Zeppelin e l’esplosione della fabbrica della Imperial Chemical Industries avvenuta a Silvertown, aveva spaventato la popolazione a tal punto che la gente evitava di lasciare la propria casa quando non era strettamente necessario. La città era praticamente deserta. Una volta giunti in porto Patty si rese conto che ormai era difficile persino trovare una carrozza o taxi disposti ad affrontare il rischio di morire per la misera ricompensa di qualche corsa. Fortunatamente non ne aveva bisogno perché Candy e Albert erano lì ad aspettarla per condurla a fare i conti con il suo passato. Ricevere la lettera di Candy che rivelava la notizia di Stear l’aveva sconvolta. Non aveva avuto mancamenti ma ci era andata vicina, la nonna si era molto preoccupata nel vederla all’improvviso pallida come un lenzuolo quando solo un momento prima le sue gote erano rosee. Amorevolmente le aveva fatto preparare una tisana e l’aveva aiutata a berla fino a che lei non era stata abbastanza calma da raccontare cosa era successo da sconvolgerla a tal punto. In meno di un attimo Patty aveva deciso che sarebbe andata e con molto tatto mise al corrente la nonna dell’inaspettata rivelazione e della conseguente decisione di partire appena possibile. “No, no, e poi no!” Era stata l’immediata risposta dell’arzilla vecchietta. “Ti vieto categoricamente di andare Patricia! E’ troppo pericoloso! C’è la guerra!” Aveva urlato come se le stesse comunicando qualcosa che lei ignorava. “Andrà tutto bene nonna! Non vado mica in guerra io! Le operazioni belliche sono in altri Paesi dell’Europa, in Inghilterra non c’è un gran rischio!” “Grande o piccolo il rischio c’è! Ci sono stati i bombardamenti! No mia cara, non andrai. Sono felice che il tuo amico non sia morto e capisco la tua impazienza di rivederlo, ma questa è la mia ultima parola!” Patty sospirò al pensiero delle frasi che stava per pronunciare. Non voleva dare un dispiacere alla nonna, ma lei non le lasciava altra scelta. “Nonna, non costringermi a disubbidirti, ti prego. Io andrò con o senza il tuo permesso, scapperò se necessario, quindi, te lo chiedo per favore, acconsenti alla mia partenza senza ostacolarmi! Sono una donna ora, e lo sono soprattutto grazie a te. Saprò badare a me stessa, starò molto attenta e non mi muoverò mai dalla St Paul School se non per ritornare a casa. Non temere non succederà niente!” Nonna Martha si domandò dove fosse finita quella timida ragazza dagli occhi nascosti dietro un vetro che era sempre stata sua nipote e chi fosse questa nuova donna che le parlava con tono sicuro di se! Era sempre la sua Patricia senza dubbio, solo che nel frattempo era cresciuta e lei non se ne era accorta fino a quel momento, e non era nemmeno tanto sicura che fosse per merito suo come aveva appena tentato di farle credere la nipote. La ragione andava forse ricercata proprio in quel lutto che l’aveva colpita facendola tanto soffrire e che ora si rivelava falso! “Va bene! Ti aiuterò a partire se è questo quello che vuoi, ma cosa dirai a James? Non credo proprio che lui sarà d’accordo.” “James? Cosa c’entra James adesso?!” “Quel ragazzo ti ama Patricia! Non ti lascerà partire!” “Questo è un mio problema nonna e poi non dire queste cose! Non c’è niente tra me e James!” rispose mestamente Patty arrossendo al pensiero del giovane studente di medicina che aveva conosciuto al corso di letteratura e che le era stato tanto vicino da diventare caro al suo cuore. Alle parole della nonna, per un attimo, era tornando ad essere la timida ragazza di un tempo, ma subito si era ricomposta fingendo indifferenza. Ora però, tra la nebbia di Southampton poteva ammettere a se stessa che parlare con James non era stato facile, confermare la veridicità delle parole della nonna riguardo all'amore che le aveva dichiarato ormai da tempo e al quale non si era concessa non perché lui non le piacesse ma perché farlo le era sembrato come tradire la memoria di Alistear. Ora, che non c’era più alcuna memoria da onorare, era giunta a Londra con il solo scopo di fare chiarezza nel suo cuore! Vedere Stear era l’unico modo per sapere se provava ancora qualcosa per lui o se quello che provava per James lo aveva del tutto soppiantato. Una cosa era certa, in quel preciso istante, mentre percorreva i pochi metri che separavano la nave dalla terra ferma, mentre l’aria salmastra del porto le si appiccicava alla faccia, nonostante il volto di Candy le sorrideva dabbasso e si sbracciava per salutarla, James le mancava terribilmente. Edited by lady oscar - 7/3/2016, 09:11
|
| |
|