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Nel cuore della notte, la successiva, quando anche a prestare orecchio il più possibile non si ode alcun rumore, una figura avvolta in un lungo mantello nero cammina per le strade della città, silenziosa eppure incapace di impedire il rumore delle scarpe sul selciato.
All’improvviso un’altra figura avvolta nella medesima penombra sbuca da un vicolo e agguanta il coraggioso avventore. -Bene, Adolfo, adesso siamo solo noi due! Adesso mi dirai cosa ci fai qui a quest’ora di notte! Ti ho seguito dalla villa. Per chi lavori? Confessa! -Vi prego, signor Terence, non mi fatemi del male! Il cameriere di Villa Florio, alto e segaligno, lo implora con gli occhi di lasciarlo andare. -Ero solo uscito a fare una passeggiata, signore. La signora era stata informata, potrà confermarglielo. Non posso dirvi altro, potete pure uccidermi! -Bene, hai confermato i miei sospetti. Dimmi un’altra cosa: sei stato tu ad entrare nelle camera della signorina Candy e a manomettere il quadro, è così? Un lampo di stupore attraversa lo sguardo dell’uomo, e per Terence è sufficiente. -Come vi ho detto, signore, non posso dirvi nulla, ma sono dalla vostra parte, questo è giusto che lo sappiate! -Sai molto più di quello che dai a vedere e impiegherò pochissimo tempo per scoprirlo, sappilo…adesso torneremo insieme alla villa, a meno che tu non voglia aspettare qui con me il tuo complice! Tornati in villa la signora conferma di aver permesso ad Adolfo di uscire per andare a trovare la sua famiglia, il che rafforza i sospetti di Terence sul cameriere, quindi quest’ultimo si ritira. Il ragazzo scorge Candy sulla rampa delle scale, indossa la camicia da notte e sopra una vestaglia rossa. È molto simile a quella che indossava quella volta in Scozia, quando la madre ne lasciò una simile e la ragazza la usò per proteggersi dal freddo. Terence rimane paralizzato, ma poi si rende conto che Candy è preoccupata. -Terence, hai visto Albert? È tutta la sera che lo cerco. In camera sua non c’è, ho chiesto in giro e guardato pure in giardino, ma niente. Di solito ogni sera abbiamo l’abitudine di augurarci la buonanotte. Terence non sa perché ma pensa che avrebbe preferito un insulto dalla ragazza piuttosto che quella amara confessione. Candy e il suo tutore ogni sera si augurano la buonanotte, lei con indosso quella vestaglia, lui che distoglie lo sguardo dalle sue carte e le risponde in modo affettuoso meravigliandosi di quanto diventi ogni giorno più bella. -Vieni, Candy, aspettiamolo insieme-riesce ad articolare lui, contento che almeno quella sera il rito non avrà luogo, ma subito dopo giunge un pensiero terribile. E se la sua sparizione avesse a che fare con Adolfo, il cameriere? Siedono sul divano del salotto, Candy con le mani in grembo, imbarazzata, Terence solo apparentemente più rilassato. -Sai Terence, in tutti questi anni ho avuto lui, solo lui. È sempre stato lui a proteggermi, sin da quando avevo sei anni! È stato un fratello, un amico, il padre che non ho mai avuto. Come farei senza di lui? Inizia a singhiozzare e per Terence è naturale abbracciarla, come farebbe chiunque nella sua posizione. È lieto perché tra i tanti appellativi dati ad Albert la ragazza non ne ha menzionato nemmeno uno che potrebbe lasciar trasparire un interesse di un certo tipo, quello di cui lui vorrebbe ancora essere il destinatario. Solo dopo qualche minuto il ragazzo si rende conto di avere di fronte proprio Albert, l’alta figura avvolta in un soprabito coperto da stille di pioggia e le scarpe sporche di fango. -Scusatemi, non volevo interrompervi. Candy, che ti è successo? -Albert, ero preoccupata per te! Dove sei stato? -Ero uscito a fare una passeggiata in città e la pioggia mi ha sorpreso… -Ma come mai non ti sei fatto accompagnare da nessuno, Albert? Ero così preoccupata! -In realtà pensavo di tornare con un amico, solo che non ci siamo messi d’accordo sul luogo dell’appuntamento e così sono dovuto tornare da solo, ma non dovevi stare in pensiero, l’importante è che io sia qui. Terence inizia a capire. L’indomani dovrà fare una chiacchierata con il suo amico. |